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[IT] Il libro dell'agiografia - Gli Scolarchi

 
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Kalixtus
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MessagePosté le: Mer Juil 26, 2023 1:59 am    Sujet du message: [IT] Il libro dell'agiografia - Gli Scolarchi Répondre en citant

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Kalixtus
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MessagePosté le: Mer Juil 26, 2023 2:05 am    Sujet du message: Répondre en citant

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    San Teofrasto, primo scolarca del Liceo

    Il bambino prodigio

    Nell’anno 371 prima di Christos, naque Tirtamo, figlio di Yiorgos e Elenitsa, a Ereso nell’isola di Lesbo. Il piccolo mostrò molto presto delle particolari attitudini, cominciò a camminare molto prima degli altri bambini, disse la sua prima parola all’età di otto mesi davanti ai suoi genitori sbalorditi. Furono ancora più stupiti dal fatto che quella prima parola fosse: "Dio". Fin dalla più tenera età, Tirtamo ebbe Petros come suo precettore. L’uomo era talentuoso e gli insegnò a scrivere, la matematica e le basi della scienza. Non aveva mai visto un allievo così dotato ed era stupefatto dal vedere con quanta facilità il ragazzo assimilava il sapere.

    Petros, che aveva qualche conoscenza ad Atene, propose ai genitori del giovane prodigio di portarlo in città, affinché beneficiasse di migliori insegnamenti. Yiorgos e Elenitsa dovettero rassegnarsi all’evidenza: tenere Tirtamo con sé avrebbe significato sprecare il suo talento. Decisero così di permettergli di lasciare la casa natale, accompagnato dal suo precettore, Petros, che Yiorgos liberò dalla schiavitù. Tirtamo e il suo precettore, divenuti amici, viaggiarono fino all’immensa città di Atene. Petros ritenne opportuno presentare il suo giovane pupillo all’Accademia di Platone, poiché sapeva che, sebbene gli mancassero le eccellenti referenze necessarie per esservi ammessi, il talento del giovane sarebbe saltato agli occhi dei maestri.

    L’accademia e la conoscenza

    La fortuna era dalla parte del giovane Tirtamo: nonostante fosse di umili origini, fu scelto per essere inserito nei ranghi dell’Accademia. Attirato dal talento del ragazzo, Platone in persona andò a vedere il fenomeno. Egli seguì dunque i corsi del maestro al ginnasio, imparando a conoscere la filosofia e a perfezionare le sue conoscenze. Fu proprio in questo luogo di grande sapere che Tirtamo incontrò Aristotele. Il giovane fu soggiogato dal talento oratorio del Profeta e ascoltava le sue parole e i suoi insegnamenti, che comprendeva meglio di chiunque altro. Aristotele notò in fretta il grande talento del ragazzo, gli diede lezioni private, gli raccontò come aveva sentito la voce di Dio quand’era bambino. Tirtamo comprendeva molte delle cose di questo mondo, ne discuteva sempre con i suoi maestri, e Platone, così come Aristotele, non poteva che arrendersi all’evidenza: il giovane era molto dotato, un eccellente oratore e uno spirito acuto. Quando venne l’ora del conflitto tra Platone e il suo discepolo sulla copia delle idee, Tirtamo restò sconvolto vedendo con quale brio Aristotele riuscì a zittire il filosofo. Constatò l’evidenza con la quale Aristotele aveva dimostrato il carattere unico di Dio e decise di lasciare l’Accademia per seguire il Profeta. Con l’avvallo del suo maestro Platone, lasciò così Atene. Aveva imparato molto e aveva sviluppato numerosi talenti, in particolare quello per la botanica, scienza che aveva fondato passando ore a studiare piante di ogni sorta. Ma ciò che lo interessava di più era la teologia. Si sentiva attirato da questa scienza come un insetto dalla luce, doveva trovare le risposte alle domande che si poneva e seguire Aristotele gli permetteva di saziare quella sete di conoscenza

    Il liceo, Aristotele e la teologia

    Tirtamo sbarcò ad Asso, sulla costa della Troade, non lontano da Atene, dove Aristotele aveva fondato il Liceo e insegnava la teologia ai suoi numerosi discepoli. Si impegnò enormemente nello studio di quella nuova disciplina, ascoltando i lunghi discorsi del Profeta sulla natura unica di Dio, sulla virtù e sull’amicizia. Tirtamo divenne così il miglior discepolo e amico di Aristotele, che vedeva per lui un grande futuro. Si incontrava spesso con Aristotele e discutevano:

    Citation:
    Tirtamo : -"Maestro, sappiamo che Dio è unico, è il motore del mondo e il fine cosmico dell’universo. Ma se siamo i suoi figli, se la nostra quintessenza è divina, non siamo lo strumento della Sua volontà? "

    Aristotele : -"Vedi, amico mio, Dio è colui che vede tutto, sente tutto, può tutto. Il suo volere fu di creaci con questa terra, Egli ci ha donato quel che abbiamo per provvedere ai nostri bisogni, ma ha deciso di imporci la Sua volontà? Ci ha forzati ad amarLo?"

    Tirtamo : -"Certo che no, Egli vi ha chiesto di illuminare l'umanità sulla Sua natura."

    Aristotele : -"E perché questa scelta? Perché non è semplicemente apparso agli Uomini ?"

    Tirtamo : -"L'Altissimo vi ha scelto tra gli Uomini perché non siete di natura divina. La sua scelta fu di lasciare a un uomo il compito di guidare gli altri. Grazie a questa scelta, Egli ci ha lasciati liberi di credere alla vostre parole e, infine, di credere in Lui. "

    Aristotele : -"Hai visto giusto, mio caro amico. Se Dio si fosse imposto agli uomini, non saremmo stati, allora, altro che delle brave pecore. Che ci abbia lasciato dispensare la Sua volontà ai nostri pari, ci prova che Egli crede in noi e, di conseguenza, che ci considera come Suoi figli, capaci di apprendere e di comprendere. "


    Tirtamo divenne così l'imprescindibile interlocutore del profeta, diffondendo e trasmettendo quel che apprendeva nelle cerchie erudite della Grecia. Ad Atene un gran numero di persone lo ascoltava, al Liceo i suoi compagni vedevano in lui il prodigio che era sempre stato. Tirtamo fece numerosi viaggi attraverso la Grecia, andando a Tebe come a Corinto. Ogni volta le sue esposizioni e i suoi discorsi sull’Altissimo avevano l’avvallo dei suoi ascoltatori. La chiarezza, la concisione e la precisione dei suoi propositi furono sempre lodati ed egli era visto come una sorta di apostolo di Aristotele, ormai considerato il profeta dell’Altissimo. Tirtamo era molto apprezzato da Aristotele, egli era incantato dal fascino delle sue parole. In cambio quest’ultimo gli diede il nome di Teofrasto, che significa Divin oratore in greco. Il giovane era diventato un uomo e la sua reputazione aveva assunto un rilievo poco comune; solo il Profeta godeva di una riconoscenza ancora più grande. Teofrasto restò in Grecia quando il Profeta lasciò Atene con il suo allievo Alessandro per conquistare il mondo. Egli fu nominato insegnate da Aristotele, incaricato di sostituirlo e di formare i giovani discepoli per insegnare loro il messaggio che Dio aveva rivelato. Furono molti gli anni che egli mise a profitto per far crescere l’amore divino nel cuore dei Greci, fedele alle parole del Profeta e ai suoi insegnamenti.

    La successione del Profeta

    Aristotele tornò in Grecia, all’età di sessant’anni, aveva viaggiato a lungo al fianco di Alessandro ed era estenuato. Teofrasto aveva guidato il Liceo a meraviglia e il Profeta non poté che riconoscere, ancora una volta, il talento, il fervore e il rigore del suo discepolo. Alessandro era morto e già i complotti infuriavano per la spartizione dei territori. Numerosi erano coloro che, soprattutto dalle parti di Atene, ne ritenevano Aristotele responsabile. Lo rimproverano di aver incoraggiato troppo Alessandro ad ampliare sempre più le proprie conquiste. Coloro che volevano preservare il culto degli dei greci, lo attaccarono, dando alle fiamme la sua casa e cavando gli occhi a suo figlio, Nicomaco. Spossato e stanco, l’anziano Profeta perferì lasciare la regione per traferirsi nella Calcide e vivere lì fino alla fine dei suoi giorni. Non dimenticò di nominare il suo successore e fece di Teofrasto lo Scolarca* del Liceo nel -322. Per quanto devastato per la partenza del Profeta e per come i suoi nemici l’avevano trattato, Teofrasto decise di lottare per la sopravvivenza del messaggio del Profeta. Ingaggiò così in ogni momento una battaglia contro i sostenitori del politeismo, parlando sulla pubblica piazza per calpestare le loro teorie.

    Theofrasto:
    Citation:
    "Amici miei, non vede che questi uomini vi stanno ingannando? Hanno cacciato il Profeta e cercano di farci tacere con la violenza! Sostengono che gli dei sono in collera, che Zeus, Ade e gli altri calcheranno presto le nostre terre per punirci di avere creduto in un unico Dio. Stupidaggini! Aristotele l’ha dimostrato, non può che esserci un solo Dio, unico, onnisciente, onnipotente, onnipresente. Egli è ciò che ci compone, Egli è ciò che ci circonda. Se si rifiutano di vedere la verità, è solo perché hanno perso il potere che avevano sul popolo una volta che è stato dimostrato il carattere unico dell’Altissimo. Hanno perduto quel briciolo di controllo che avevano su di noi e da ciò deriva la loro frustrazione. Per troppo tempo abbiamo ascoltato le loro asinerie, per troppo tempo abbiamo donato offerte e denaro ai preti politeisti. Oggi sappiamo perché Dio ci ha inviato il suo messaggio attraverso la voce di Aristotele. L’Onnipotente ci ha dato la libera scelta di credere in Lui, loro ci hanno imposto i loro dei con l’odio e l’ingiustizia. Non ascoltate i loro discorsi senza profondità, non aderite alla loro retorica, poiché essa è perfida e malvagia "


    Più Teofrasto parlava alla plebe e più quella si rifiutava di credere all’esistenza di molteplici dei. Le lunghe diatribe dello scolarca avevano un impatto enorme sui Greci, soprattutto grazie al suo talento oratorio. Egli smontava gli argomenti che gli opponevano i preti, dimostrando con chiarezza come Dio si fosse rivelato ad Aristotele e come ciascun avesse in sé una parte di Dio. Aristotele venne a sapere delle imprese del suo successore e dichiarò a suo figlio che ormai era nata la speranza e niente avrebbe mai potuto cancellare quel che era stato fatto. Quando questi morì, Teofrasto fu stroncato dal dolore e giurò a sé stesso di perpetuare la sua opera e la sua memoria nei secoli dei secoli. Scrisse allora le sue memorie, che pubblicò, memorie nelle quali figuravano i numerosi dialoghi che si erano svolti tra i due uomini.

    Lo scolarca raggiunse una fama ancora più grande, gli si riconosceva la sua grandezza e la sua finezza, il suo spirito così sottile e la sua conoscenza della teologia. Attirò sempre più discepoli, sebbene non fosse raro vederlo insegnare a più di mille allievi. Il Liceo divenne imprescindibile per chi voleva apprendere la teologia e comprendere il messaggio che Aristotele aveva consegnato all’umanità. Con ancora maggiore fervore, Teofrasto trasmetteva ciò che aveva imparato. Estendeva, inoltre, il messaggio dell’Altissimo ai membri di tutte le classi, accettando allievi di ogni classe sociale, poiché preferiva istruire piuttosto che formare una ristretta cerchia culturale e teologica.

    Per più di vent’anni, Teofrasto si impegnò a diffondere l’idea che Dio era unico, spiegando che cosa erano la virtù e l’amicizia, dimostrando che l’uomo era dotato di uno spirito e di un’anima. I suoi numerosi allievi diffusero i suoi insegnamenti in ogni angolo della Grecia, permettendo così alla fede nell’Altissimo di estendersi e di ancorarsi profondamente nel cuore dei popoli. Poi fu la volta di Antioco, figlio di Seleuco, amico di Alessandro e di Aristotele, la cui fama di fervore e di virtù dalla Siria era giunta fino in Grecia. Numerosi furono coloro che, tra gli eruditi, pensarono che egli fosse il nuovo profeta. Teofrasto aveva sentito parlare di questo giovane brillante, convincente e così credente. Sapeva anche che Nicomaco, il figlio del Profeta, era stato suo precettore. Decise di andare a incontrare Antioco in persona per imparare a conoscere colui che aveva avuto il favore di Aristotele. Tornò dalla Siria, sicuro di aver conosciuto un grande uomo, saggio e fine conoscitore della teologia. I due restarono i contatto, incontrandosi poco, ma scambiandosi regolarmente missive. Antioco imparava da Teofrasto e lo scolarca imparava da Antico. Fu così fino alla morte dello scolarca.

    Gli ultimi giorni dello scolarca

    Teofrasto fu scolarca del Liceo per trentaquattro lunghi anni, anni durante i quali formò numerosi disepoli, di cui uno, in particolare, aveva attirato la sua attenzione: Stratone di Lampsaco. Quando Teofrasto scrisse il suo testamento, chiese che Stratone fosse nominato suo successore. Aveva una grande fiducia in quell’allievo dotato, partito da Atene per insegnare alla corte di Alessandria al re Tolomeo II.

    Lo scolarca durante quei lunghi anni era riuscito a far declinare il culto politeista che infestava la Grecia, guidando il Liceo e formando un’intera generazione di teologi ferventi e adepti dell’unico Dio. Redasse numerose opere su Aristotele, ma anche sulla propria vita e sull’insegnamento della teologia. Godeva di una fama immensa presso i Greci, che vedevano in lui un uomo saggio e buono, degno successore di Aristotele. Durante gli ultimi mesi della sua vita, lo scolarca s’impegno a completare le sue opere, portando a termine gli scritti che non aveva finito. Donò il denaro che aveva accumulato al Liceo per la diffusione del messaggio del profeta.

    All’età avanzata di ottantatré anni Teofrasto si spense nel sonno, circondato dalla venerazione generale. In sua memoria, i filosofi del Liceo e gli eruditi di Atene indissero un periodo di lutto. Teofrasto fu così visitato dai più grandi uomni della sua epoca, che gli rendevano un ultimo omaggio. Il suo corpo fu sepolto ad Atene, in una piccola piazza e un olivo fu piantato sul luogo della sua sepoltura. L’albero donò precocemente dei bei frutti, e molti vi videro un segno della virtù del Divin oratore.


    Tradotto dal greco da monsignor Bender.B.Rodriguez.

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    * scolarca = Rettore o direttore

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    Santo Stratone di Lampsaco, secondo scolarca


    Nascita di un rachitico

    Stratone, figlio di Arcelias, è nato a Lampsaco intorno al -330, piccola città dell'Asia Minore vicina al distretto del Bosforo, situata tra le due citta di Cyzique ed Abydos, a sud-ovest di Bisanzio. Il giovane infante era nato in anticipo, molto magro, i suoi genitori dubitarono perfino che egli sarebbe sopravvissuto ai fatidici tre giorni. In effetti, la tradizione voleva che si mettessero i neonati su di una collina, non lontana dalla città, durante i primi tre giorni dopo la loro nascita. Se essi sopravvivevano, è perché erano sufficientemente robusti. Con loro grande sorpresa, Stratone sopravvisse a questo calvario e si dimostrò, nonostante le apparenze, molto resistente. Egli trascorse così la sua infanzia, tra le sottovesti di sua madre e gli insegnamenti dei suoi precettori. Il ragazzo sviluppò molto rapidamente un talento innato per le scienze. Egli aveva delle capacità di osservazione e di analisi alquanto poco comuni e si interessò di primo acchito all'argomento della fisica. Sempre, gli facevano notare la sua estrema magrezza, il gracile bambino era del resto in preda a dei mali aventi maggior regolarità della successione delle stagioni. Egli dunque, rimaneva sovente costretto a letto o chiuso nei suoi appartamenti, a rimpinzarsi di libri e studi che gli fornivano i suoi precettori. All'età di tredici anni, egli venne inviato, su consiglio dei suoi precettori, al Liceo di Aristotele, per divenire filosofo e teologo.

    La scoperta della teologia aristotelica

    Fino ad ora, il giovane Stratone non si era mai realmente posto l'interrogativo dell'esistenza di Dio. Certamente, egli sapeva che in alcuni angoli del mondo, come la Grecia, si pensava che esisteva un unico Dio che avesse creato ogni cosa. E' accanto a Teofrasto, il rettore del Liceo, che egli scoprì che tutto ciò aveva un senso e non poteva essere contraddetto. Il rachitico, come lo soprannominavano allora, cadde letteralmente sotto la malia del teologo e si ingegnò per comprendere ulteriormente gli argomenti che trattavano dell'Altissimo. Egli dunque, trascorse una grande parte della sua adolescenza a studiare gli scritti di Aristotele e del suo maestro Teofrasto, essendo il resto del suo tempo consacrato allo studio della Fisica, scienza per la quale egli aveva sviluppato un particolare affetto.

    Egli trascorreva così la sua vita tra scriptorium e biblioteche, per dedicarsi agli studi, e terme, per curare le sue ricorrenti infezioni. I medicastri dell'epoca si strappavano i capelli e non riuscivano a comprendere come il ragazzo potesse rimanere così magro ingurgitando tre pasti al giorno. Finirono per dargli soltanto alcuni anni da vivere e predissero che egli non avrebbe superato i venticinque anni. Malgrado queste funeste previsioni, Stratone continuò ad approfondire le sue conoscenze, e fu così brillante che Teofrasto s'interessò molto di lui, prendendolo sotto la sua ala e spiegandogli i sostenitori della teologia aristotelica. Nel -305, il Liceo era già divenuto un autorevole luogo della teologia, formando numerosi discepoli alla scienza e alla conoscenza di Dio, Stratone era così considerato, dopo Teofrasto, come il migliore allievo che la scuola avesse mai conosciuto. Il giovane divenne rapidamente soprannominato il fisico per la sua eccellenza nella materia. Egli sviluppò l'idea della creazione del Mondo, opera della Natura per intercessione delle forze e della volontà dell'Altissimo, e del movimento. Secondo lui, l'evoluzione del mondo e la sua complessità, provenivano dal gioco permanente degli elementi e dall'esistenza di Dio. Egli arrivò a conciliare teologia e fisica, servendosi delle basi della creazione del mondo, dell'essenza divina, e delle sue osservazioni pratiche e scoperte teoriche. Studiò così i movimenti e le interazioni tra gli elementi, pubblicando numerose opere di riferimento sull'argomento. All'età di 30 anni, la corte di Alessandria chiese a Teofrasto che vi si inviasse un discepolo del Liceo al fine di educare il futuro Re. Lo scolarca trovò in Stratone, un precettore completamente indicato per questo compito, la sua adesione alla cultura egiziana era un vantaggio e gli avrebbe permesso di espandere la Fede nel vero Dio. Così, il giovane teologo lasciò il suo maestro per i fasti della corte d'Egitto.

    L'avventura di Alessandria

    Mettendo i piedi alla corte di Alessandria, in Egitto, Stratone sapeva che l'esistenza del Dio unico non era ancora una credenza ben radicata. I sacerdoti egiziani praticavano il paganesimo e credevano in un pantheon divino composto da molteplici divinità. Stratone allora diffidò di quest'ultimi e della tentazione di affermare troppo chiaramente l'esistenza dell'Altissimo. Gli affidarono Tolomeo II, figlio di Tolomeo I e fratello di Arsinoe II. Stratone incontrò così un giovane infante di nove anni, curioso e più sveglio rispetto alla media, gli inculcò i valori che aveva appreso al Liceo, lo introdusse alla filosofia. alla fisica e, soprattutto, alla teologia. Egli spiegò al giovane Tolomeo come Dio aveva creato ogni cosa e gli chiese di non divulgare il contenuto delle sue lezioni sull'argomento. Gli raccontò di come Aristotele fosse stato il profeta del vero Dio, e come Teofrasto aveva trasmesso la sua parola ed allo stesso tempo, il messaggio divino. Tuttavia, molto rapidamente, i sacerdoti egiziani vennero da Stratone per metterlo in guardia sul suo desiderio di insegnare ciò che essi consideravano come errori fondamentali. Stratone preferì evitare il confronto diretto, e, benché difendesse il suo punto di vista, dichiarò che si sarebbe accontentato di far apprendere al suo giovane allievo la filosofia e le scienze. Tolomeo era tuttavia più che recettivo ai suoi insegnamenti teologici, egli si mostrò particolarmente interessato ad Aristotele e alle sue opere sulla virtù e sull'amicizia. Tolomeo era votato a diventare faraone, ed i soli sacerdoti pagani potevano ratificare questo statuto, Tolomeo era estremamente intelligente e sapeva che avrebbe dovuto astenersi dal divulgare tutto ciò fino a quando non avesse ottenuto il trono d'Egitto. Tutti e due decisero di conservare segreto questo insegnamento e di non rivelare il messaggio di Dio se non una volta divenuto padrone delle terre di Alessandria.


    Per otto anni, Stratone insegnò dunque in segreto ciò che il profeta aveva rivelato all'umanità, egli illuse i sacerdoti politeisti della città ma guadagnò il più grande rispetto presso Tolomeo che lo gratificò e gli donò 80 talenti per ringraziarlo delle sue lezioni. Con i precetti di Stratone, Tolomeo si aprì alla cultura e alla Grecia, egli, del resto, diverrà il primo faraone ad avvicinare i due regni attraverso trattati di pace e scambi culturali ed economici. Il filosofo non aveva visto miglioramento nel suo stato di salute e quest'ultimo variava sempre tanto, lasciandolo a volte in punto di morte, solo il suo entusiasmo lo conservava in vita, essendo egli certo di non aver completato la sua missione sulla Terra. Stratone fu richiamato ad Atene poiché Teofrasto era appena morto e gli aveva lasciato il Liceo, designandolo come scolarca.

    Una nuova era della teologia

    Fin dalla sua adesione alla carica di scolarca, Stratone riformò il Liceo. Egli reputò necessario modificare le condizioni d'accesso e preferì imperniare gli insegnamenti intorno alla teologia. Così, lo studio degli insegnamenti di Aristotele e del messaggio dell'Altissimo divennero il pilastro della scuola d'Axios. Se Teofrasto aveva già fortemente orientato il Liceo in tal senso, Stratone, ratificò nuovi statuti che definivano lo studio della teologia quale fondamento di tutte le altre scienze. Se egli era un oratore meno bravo del suo predecessore, non restava di certo meno eccellente in materia, ed i suoi lunghi discorsi sulla natura dell'animo umano, soggiogavano i suoi allievi. Stratone si preoccupò di comprendere il divenire dell'anima umana e ciò che essa produceva in ciascuno. Dinanzi ai suoi discepoli, spiegò :

    Stratone –
    Citation:
    "L'anima ed il pensiero sono due cose ben distinte. L'Altissimo ha dotato ciascuno di noi di un'anima, che, quando periremo, raggiungerà il Suo regno. Ma anima e pensiero sono strettamente legati poiché l'uno ispira l'altro. Senza pensiero, non può essere ricevuta alcuna sensazione. Così, l'anima è il simbolo della nostra Fede e ci da la capacità di sentire. Noi sappiamo ciò che è giusto è ciò che è male, così, noi decidiamo scientemente di comportarci virtuosamente o non. E' per questo che la nostra anima influisce sul nostro pensiero ed inversamente, il nostro pensiero influisce sul divenire della nostra anima."


    La vita di Stratone venne segnata dal sigillo di Dio un giorno d'estate mentre entrava nel suo quarantesimo anno di vita. Tranquillamente sistematosi nel florido giardino del Liceo, egli sprofondò in un sonnellino riparatore appoggiato contro un vecchio albero. Durante il sonno, lo pervase un sogno nel quale egli si vide deambulare tra i verdi prati del paradiso solare, a lato degli Arcangeli, d'Aristotele e dell'Altissimo in persona. Da questo luogo, gli sembrava di vedere la terra e gli Uomini darsi da fare come delle formiche, tentando di sopravvivere in un mondo ostile. Nella sua fantasticheria mistica, egli conversava con Dio, ne ritenne dunque che diffondere gli insegnamenti del profeta sarebbe stata la sua salvezza. Fu allora che molti dei suoi discepoli lo incrociarono e lo credettero morto, così tanto era pallida la sua pelle e tenue il suo respiro. Essi furono più che sorpresi di vederlo circondato di un alone fine e luminoso e s'immaginarono che Stratone avesse definitivamente abbandonato il regno terrestre. Sul suo viso, potevasi leggere la serenità e la calma. Quando si alzò, tutti scoprirono sull'albero al quale era appoggiato, l'impronta del suo corpo. Dopo questo giorno, Stratone fu ancora più amato e rispettato da tutti, convinti che egli avesse un legame diretto con il Profeta e con Dio.

    Nel corso del suo regno, egli fu l'architetto della credenza nel Dio unico. La sua virtù e la sua disponibilità gli permisero di essere vicino al potere ateniese e di ottenere dai dirigenti dell'epoca, l'aura di una guida spirituale. Se sorgeva un conflitto tra due città elleniche, Stratone veniva consultato ed il suo parere esercitava funzione decisiva. Egli era saggio e le sue parole portavano certezze e ragione laddove sorgevano dubbi e perplessità, veniva ascoltato come un oracolo e nessuno dubitava della sua Fede nell'unico Dio.

    Lo scolarca scrisse decine di opere, riprendendo gli insegnamenti di Aristotele, ed approfondendoli su alcuni punti. Questi testi permisero di radicare un po' di più la credenza di Dio nei territori greci, e la sua trascorsa amicizia con Tolomeo assicurò alla nascente religione aristotelica, riconoscimento fino in Egitto. Stratone riprese anche i legami che Teofrasto aveva instaurato con Antioco di Siria, e, quando quest'ultimo ottenne il trono e chiese che il Liceo gli inviasse i suoi migliori teologi, il rettore accettò. Egli li scelse tra i suoi migliori discepoli ed inviò quest'ultimi ad incontrare colui che Dio aveva incaricato di evangelizzare le lontane terre d'Asia e del Medio Oriente. Stratone fu così riconosciuto per aver permesso l'estensione della Fede del Dio Unico grazie all'orientamento che aveva dato al Liceo. Ebbe numerosi discepoli, e tre di loro riceverono tutta la sua attenzione : Ippocrate, Epicrate e Licone. Ma, dei tre, solo Licone guadagnò la sua stima grazie alla sua eloquenza ed alla sua quasi perfetta comprensione della teologia. Egli lo incoraggiò a perfezionare la sua arte durante i venti anni che fu scolarca ed infine lo designò come suo unico successore a guida del Liceo.

    Una morte che entra nella leggenda

    Più invecchiava, più si diceva che egli sfidasse le leggi della medicina ed anche, che dovesse la sua longevità a Dio. Il suo corpo era così magro e la sua salute così fragile che non usciva dai suoi appartamenti che per fare lezione ai suoi allievi. All'età di sessantadue anni, Stratone era così magro che aveva un aspetto cadaverico. I medicastri s'accanivano ad alleviarlo dai dolori che invadevano il suo corpo e non riuscivano proprio a comprendere come un tale rachitico avesse potuto vivere tanto a lungo. Così, in tutta la Grecia, sorse una voce che raccontava che Stratone fosse spalleggiato dall'Altissimo, il quale gli aveva conferito una vita più lunga per proseguire la missione che gli aveva affidato. All'inizio d'inverno, minato dal freddo e dalla tosse, ancora più dimagrito di quanto sarebbe stato possibile immaginare, Stratone morì. Entrò così nella leggenda e Diogene a suo riguardo dichiarò :

    Diogene -
    Citation:
    "C'era un uomo dal corpo smagrito, ascoltami bene, dalle resistenze. Parlo di Stratone che nacque un giorno a Lampsaco. Lottando sempre contro la malattia, morì a sua insaputa senza sospettarlo."


    Così, la leggenda vuole che morì senza nemmeno accorgersene, minacciato dalla malattia. Di Stratone, la Grecia riterrà che fosse un uomo virtuoso, entusiasta, degno della più grande stima, ed eccellente in tutti i generi di studio, specialmente nello studio e nell'insegnamento della teologia aristotelica.

    Tradotto dal Greco da Monsignor Bender.B.Rodriguez.
    Tradotto dal Francese da Doron, revisionato da Kali_


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    San Licone di Troade, terzo scolarca


    Un segno dell'Altissimo

    Licone, figlio di Astianatte, nacque verso il 302 avanti Christos in una piccola città sulla costa della Troade. La sua storia è quella di un uomo sotto l’influenza dell'Altissimo e questo, fin dalla sua nascita. In effetti, il giovane Licone venne al mondo segnato con una voglia a forma di cerchio perfetto sulla nuca. La sua infanzia la passò accanto alla sua famiglia, nell'amore e nell'amicizia, conducendo una vita che tutti i bambini sognavano di avere. Fu in un giorno d'autunno, che ricevette la benedizione dell'Altissimo. Entrato in una grotta aspettando la fine di un tenebroso temporale e di una pioggia torrenziale, il giovane Licone, allora tredicenne, vide un inteso bagliore erompere dal fondo della grotta. Si avvicinò quindi per capire di cosa si trattasse ma non vide che un alone di luce sul candido granito della parete rocciosa. Improvvisamente un volto con i tratti di Aristotele apparve sulla pietra per poi prendere, prima di scomparire nell'ombra, i suoi di tratti. Il giovane non aveva grandi conoscenze ma sapeva chi era Aristotele le cui statue troneggiavano in numerose città. Comprese quindi che si trattava di un segno dell'Altissimo di cui però sapeva poche cose. Ritornato a casa, decidette di lasciare la sua famiglia per recarsi ad Axos al Liceo dove Aristotele era stato scolarca. Quando vi giunse, nel 289 avanti Christos, si presentò alle porte del Liceo chiedendo di essere ricevuto dallo scolarca. Davanti la sua aria decisa e alla sua tenacia, un discepolo lo condusse dinnanzi a Teofrasto che si intrattenne con lui. Licone gli spiegò quello che aveva visto nella grotta e come aveva interpretato quel segno. Teofrasto testò quel giovane ponendogli molte domande di logica, sulla filosofia e persino sulla teologia. Fu stupito nel vedere come, con evidente buon senso, il giovane rispondesse con precisione e con quale talento egli si esprimesse. Lo scolarca decidette così di permettergli di entrare nel Liceo e lo affidò al suo migliore discepolo perché lo guidasse nei suoi insegnamenti.

    L'apprendimento della teologia aristotelica

    Licone fu un allievo brillante, le sue capacità di comprensione superavano largamente quelle degli altri studenti e lo stesso Teofrasto restava sbalordito nel vedere con che facilità il giovane apprendesse. Egli non aveva avuto la possibilità di ricevere una buona istruzione, pertanto lavorava più che poteva per recuperare questo suo ritardo. Nonostante mostrasse un’eccellente eloquenza, restava tuttavia uno scrittore pietoso. Quando lo scolarca passò dalla vita alla morte, Stratone divenne il suo successore, e riprese l'insegnamento che il suo vecchio maestro aveva dispensato con il giovane Licone. Anche lui fu stupefatto nel vedere come in così poco tempo il giovane greco avesse acquisito una approfondita conoscenza della teologia.

    Licone passò così i suoi primi anni al Liceo, catturato dallo studio della teologia, delle scienze e della filosofia. Manifestò il suo più grande interesse verso lo studio della voce di Dio e dei testi del profeta Aristotele, cercando di capire perchè avesse ricevuto un segno. Sovente parlava di questo con il suo maestro Stratone il quale era convinto che Licone avesse incontrato la volontà divina sulla sua strada. Alle sue spalle, gli altri discepoli cominciavano ad invidiare il suo stato di allievo preferito di Stratone. Geremia, brillante studente proveniente dalla borghesia ateniese, vedeva di malocchio il giovane di origini più modeste. Contestava la validità delle sue argomentazioni quando discorreva sulla natura di Dio e sulle virtù. Licone, con grande disinvoltura, lo rispediva spesso indietro con un ragionamento impeccabile. Geremia e Licone divennero veri e propri nemici tanto che i loro discorsi prendevano spesso la strada della tenzone oratoria. E, non a caso, era sempre il figlio della Troade che aveva l'ultima parola.

    Stratone osservò per molto tempo quella avversità costruttiva per Licone che si rinfocolava sempre di più. Mostrava dei talenti fuori dalla norma negli oratorii d'Atene dove lo scolarca lo inviava regolarmente per insegnare la teologia. Le sue buone parole e le sue argomentazioni non si potevano contestare. Nonostante si servisse dei migliori insegnamenti che Aristotele aveva trasmesso al Liceo, sapeva tuttavia assicurarsi l'attenzione degli ascoltatori attraverso le sue buone parole e il suo umorismo fine e sottile. Stratone lo trovava così dotato che gli propose di raggiungere la corte d'Alessandria dove il faraone Tolomeo II, di cui egli era stato precettore, voleva rivelare il messaggio del profeta Aristotele. Licone non poté rifiutare una tale opportunità e vi si recò senza battere ciglio. Fu a contatto con il faraone che Licone cominciò a fare particolarmente attenzione al suo aspetto, comprendendo che più degli orpelli di un discorso, un bell'aspetto poteva aiutarlo nel convincere le ultime reticenze. Licone restò al fianco del faraone per molti anni, facendo avanti e indietro dalla Grecia per riferire l'evoluzione della Fede nel vero Dio in Egitto, ed abbeverando il giovane Tolomeo con la sua sapienza in materia.

    Nel 268 avanti Christos, alla morte di Stratone, fu designato per testamento di quest'ultimo come scolarca del Liceo.

    Straton de Lampsaque a écrit:
    Licone succederà a me, essendo gli altri o troppo vecchi o troppo sovraccarichi di compiti; ed essi faranno bene, come anche gli altri, ad approvare questa disposizione. Io gli dono tutti i miei libri, ad eccezione di quelli che io ho composto, e gli lascio i miei mobili da tavolo, le mie tazze e i miei abiti.



    Il regno dello scolarca

    Licone di Troade, a quei tempi trentaquattrenne, divenne il terzo scolarca del Liceo, privilegio riservato all'élite dei teologi. In Grecia, è l'inizio della guerra Cremonideana delle città contro la Macedonia. Atene, sotto la direzione di Licone, si allea con Sparta e Tolomeo II. La sua vasta conoscenza del faraone faciliterà la comprensione dei due popoli e conterrà le velleità offensive dei macedoni. Per diversi anni, il nuovo scolarca si concentrò sulla direzione del Liceo, cercando di insegnare ai giovani discepoli le parole del profeta Aristotele e il messaggio che egli aveva rivelato. Egli si dedicò particolarmente a migliorare la sua capacità di educare e divenne un ottimo pedagogo. D'altronde, su questo argomento egli affermava:

    Lycon : -"Dobbiamo guidare i giovani instillando il senso della vergogna e l'amore dell'onore, come si fa con in cavalli con speroni e briglie."

    A poco a poco, col passare degli anni, riuscì a superare la sua scrittura mediocre e pubblicò diversi saggi in materia di istruzione, testi che, in seguito, furono utilizzati dai suoi successori per migliorare l'insegnamento del Liceo. A differenza del suo maestro e predecessore, Licone si prendeva molta cura di sé e trascorreva molte ore esercitandosi ogni settimana, faceva anche una particolare attenzione ai vestiti, che indossava così bene che si fece la reputazione di un uomo eccessivamente attento e affettato. Per lui, si trattava di una questione di rispetto ed eleganza.

    Licone divenne un fine consigliere per gli Ateniesi, aiutando gli studiosi e altri personaggi di rilievo allorquando facevano appello a lui. La sua empatia e la sua tendenza caritatevole fecero di lui un uomo venerato dai suoi coetanei. Tutti gli riconoscevano una forma geniale nell'approccio alla teologia e ai suoi seguaci divenendo così abile che chi lo ascoltava non poteva che aderire alle teorie aristoteliche. Lo scolarca fu chiamato da Antioco allorché questi difese Pergamo ai confini dell'Asia Minore, sul Mar Egeo. Infatti, il re seleucide aveva bisogno di sistemarci un teologo, ma aveva scoperto una libreria di grandezza insolita, grande come quella di Alessandria. Licone quindi andò sul posto, dopo mesi di viaggio con il giovane Andonios per delegarlo alla ricostruzione della biblioteca di Pergamo. E' lì che egli incontra Eumene, che sconfisse Antioco e donò l'indipendenza a Pergamo. Più tardi, divenne amico di Attalo, il successore di Eumene e il primo re di Pergamo. Il suo lavoro al suo fianco permise di mantenere intatta la Fede in Dio che Antioco aveva portato in queste terre lontane, egli fece dono di molti libri alla biblioteca, che fu diretta da Andonios. Una rivalità sorse tra le due più grandi biblioteche del mondo civilizzato, quella di Alessandria praticava lo studio del lessico, dei testi versetto per versetto, parola per parola. A Pergamo, al contrario, si cercava il significato più profondo o addirittura nascosto, del testo, mentre ciò che era davvero significativo non necessariamente corrispondeva a ciò che era scritto.

    Lo scolarca inoltre visitò molti regni, tra cui la Siria di Antioco Theos, Sparta, l'Egitto, Babilonia, che declinava poiché abbandonata dopo Seleuco I a favore di Seleucia sul Tigri. Ovunque andasse, lo scolarca portava dei brillanti teologi, che presentava ai capi di ogni città, lasciandoli come consiglieri e insegnanti.

    Licone fu il primo scolarca a gerarchizzare il Liceo e a poi fondare la prima bozza di istituzione religiosa il cui dogma era costituito dal messaggio di Aristotele. La sua reputazione presso i suoi contemporanei ed i governanti del mondo gli portò un'aura considerevole, che fece di lui il consigliere di tutti coloro che avevano Fede nell'Altissimo. Lo scolarca dirigeva così il Liceo e i suoi migliori discepoli, una volta divenuti insegnanti, affinché fossero in grado di farsi carico di ritrasmettere gli insegnamenti d'Aristotele. Ogni settimana, riuniva un cenacolo, costituito dai suoi amici insegnanti, dove ciascuno aveva un ruolo preciso. Uno era incaricato di raggruppare le domande esterne al Liceo in materia di Teologia, un altro era incaricato di archiviare i discorsi tenuti nella pubblica piazza, un altro ancora era incaricato delle relazioni con i governanti dei differenti regni che godevano del favore del Liceo. Il cenacolo divenne un vero e proprio organo che gestiva il funzionamento del Liceo, che era costituito da Rulone, Callino, Aristone, Anfione, Pitone, Aristomaco, Eraclio e Licomede.

    Degno fino alla morte

    Per quarantaquattro anni, Licone di Troade diresse il Liceo e promulgò la teologia aristotelica con l'idea di una religione gerarchica e organizzata. All'età di settantotto anni, Licone si era guadagnato l'amicizia di un gran numero di governanti e ne aveva visto uno altrettanto imponente perire a causa della guerra o di assassinio. Egli era riconosciuto in tutto il mondo greco e nei regni circostanti, ivi compresa la Macedonia e l'Egitto. La sua opera restò poi una delle più importanti, poiché sviluppò il funzionamento del Liceo per farne un vero attrezzo per la gloria dell'Altissimo.

    Durante i suoi ultimi anni, lo scolarca soffriva di un male incurabile che lo obbligava a camminare appoggiato a un bastone. Nonostante il dolore, egli continuò ad insegnare ai suoi discepoli e a consigliare gli ateniesi. Tutti gli raccomandavano di riposarsi, ma lui, desiderava prima di tutto portare a termine quello che aveva iniziato da lungo tempo. Nel suo desiderio di cambiamento, mentre ogni scolarca fino a quel momento designava il suo successore, egli decise che il cenacolo del Liceo avrebbe provveduto a scegliere colui che sarebbe stato meglio in grado di guidare la Scuola d'Aristotele. Fu Aristone di Ceo che ottenne i voti da parte dei suoi coetanei insegnanti del Liceo e assunse la successione dello scolarca.

    Fu in una notte dell'autunno del -224 che Licone di Troade morì, vestito con il suo più bell'abito e sempre affettato come per incontrare un grande Re. Il suo amico Attalo I, dichiarò circa la sua morte:

    Attale Primo:-""Io non posso tacere sulla sorte di Licone, che è morto afflitto da un male senza uguali; mi sorprende che dovendo compiere il lungo cammino dell'altra vita e avendo sempre avuto bisogno di aiuto per camminare, egli l'abbia fatto nella notte.""


Tradotto dal greco da Monsignor Bender.B.Rodriguez.

Tradotto da Franciscus_bergoglio, revisionato da Doron


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MessagePosté le: Mer Juil 26, 2023 2:19 am    Sujet du message: Répondre en citant

Citation:


    Sant' Aristone di Ceo, quarto scolarca 


    Infanzia

    Aristone venne al mondo a Lulide nell'isola di Ceo, situata sul mare Egeo, intorno all'anno -269. Si conoscono solo poche cose della sua infanzia, eccetto che era nato dalla nobiltà locale e che, come ogni cadetto nelle famiglie di Ceo, fu mandato ad Atene per diventare erudito. A quell'epoca, Atene non era che il riflesso di se stessa, passata nel giro di un secolo sotto il dominio dei macedoni, ora affondava poco a poco nell'oblio, anche se conservava una grande influenza culturale in tutta la Grecia ed al di là dell'Impero Persiano e della Mesopotamia.

    Saggezza, teologia e medicina

    Il ragazzo di Ceo si integrò come studente nel Liceo, fondato da Aristotele nel -335, e diventò il discepolo di Licone di Troade, all'epoca scolarca e responsabile degli insegnamenti in teologia. Seguì con assiduità i corsi dispensati e fu un brillante allievo. Apprese velocemente i precetti lasciati dal profeta dell'Altissimo e la sua Fede nel Dio Unico lo indirizzò ben presto al sacerdozio. All'età di appena vent'anni, Aristone diventò uno dei discepoli i più in vista del Liceo, assimilando con precisione e saggezza le parole di Aristotele. Il giovane uomo si interessò da vicino ad un'altra disciplina allora poco in voga, la medicina. Viaggiò fino in Egitto per perfezionare la sua arte e studiò brillantemente la fisiologia umana e la medicina accanto a Erofilo di Calcedonia, fondatore della grande scuola medica di Alessandria. Ritornò cinque anni più tardi, dopo la morte di Erofilo, con le borse cariche di pergamene che trattavano di questa scienza così particolare.

    Al suo ritorno, di fronte all'eccellenza dei suoi discorsi sull'argomento e di fronte alle magnifiche argomentazioni del giovane Aristone, Licone di Troade decise di assegnargli la cattedra di medicina. Quando parlava della sua arte, il giovane uomo era semplicemente fiammeggiante, unendo con adeguatezza le teorie mediche e la teologia aristotelica.

    Aristone di Ceo : -"Aristotele non ci ha detto di integrarci pienamente nella città? Non ci ha insegnato a vivere nell'amicizia e a praticare la virtù? Per questa ragione, io dico che, se siamo esperti in un'arte come la medicina, dobbiamo diffonderla per il bene della città! Portare miglioramenti e cure ai malati, ai bisognosi e ai diseredati, è un concetto che si accorda in ogni punto con l'amicizia virtuosa e con l'interesse collettivo. Se Dio ci ha donato il sapere della medicina, non è per brillare nelle serate mondane, ma per usarla su coloro che sono vittime dell'ingiusta disgrazia dell'afflizione."

    Fu così che nel -234, Aristone fondò il primo dispensario di medicina ad Atene. Assunse i suoi migliori discepoli nella materia e portò cure e terapie a coloro che soffrivano dei peggiori mali. Praticò questa scienza così come l'aveva insegnata, in modo volontario, senza chiedere mai il vile denaro. Per potere provvedere alle spese, fece appello al mecenatismo che fu accolto da numerosi nobili greci. Questi, davanti all'incomparabile e scintillante verve di Aristone, donarono edifici e materiali per permettere ai curanti di compiere la loro opera. Il dispensario curò migliaia di malati e, se tutti non guarivano, in compenso ciascuno riceveva qualcosa con cui meglio sopportare la sua sofferenza e la sua pena.

    Quando Licone decise di riformare il Liceo e creò il cenacolo, invitò Aristone, che si fece carico delle missioni caritatevoli. A quell'epoca, vecchio di una quarantina d'anni, il medico diventò uno dei discepoli più amati dello scolarca, e col passare del tempo, il rapporto tra maestro e allievo si trasformò in amicizia. In seno al cenacolo, ogni decisione presa era convalidata da un voto, mentre lo scolarca era il responsabile della decisione finale. Licone cercava sempre l'appoggio dei suoi consiglieri, ogni insegnante del Liceo, ed ogni amico del rettore. Quando morì nel -224, al contrario dei suoi predecessori, non aveva designato alcun successore, ma aveva lasciato in consegna che i membri del cenacolo scegliessero da loro stessi il prossimo scolarca. Fu così che, dopo tre lunghi giorni di dibatti e discorsi, Aristone di Ceo fu eletto quarto scolarca del Liceo.

    Uno scolarca che incarna la virtù

    Dedito ai precetti di Aristotele ed al proselitismo, Aristone, illuminato dell'aura dei suoi predecessori, continuò a trasmettere gli insegnamenti del profeta, fondendoli ai diverse conclusioni sulla virtù, la morale e l'amicizia, che erano state apportate successivamente. Finì la riforma del Liceo incidendo sul marmo lo statuto del cenacolo, il suo funzionamento e la sua organizzazione. Nel giro di alcuni anni, il Liceo assunse una nuova ampiezza in seno al mondo greco, diventando il luogo ideale dove fornire consigli e precetti per i dirigenti e i nobili dei quattro angoli dell'impero macedone. Aristone inviava i suoi migliori teologi attraverso i regni, tanto bene in Egitto quanto in Persia, passando dalle prime terre dell'Asia.

    Non potendo più occuparsi del dispensario, nominò un successore che fece entrare nel cenacolo con la carica che occupava lui precedentemente. Molto deciso a diffondere i benefici fondati delle sue scelte, fece creare numerosi dispensari convincendo i dirigenti degli imperi e dei regni vicini della necessità di portare cure ai malati. I suoi grandi discorsi eloquenti sull'argomento commuovevano coloro che li ascoltava, essi si sentivano investiti di una missione di ordine divino e praticavano il mecenatismo un po' ovunque dove i dispensari vedevano la luce. Aristone era convinto che doveva ristabilire la giustizia nei ceti bassi, portare un poco più di equità a coloro che erano vittime di ingiustizie e che morivano di mali di cui si conoscevano i trattamenti. Fu così che dedicò molto del suo lavoro per promuovere le cure per i bisognosi. I dispensari che aveva fatto aprire in tutto il mondo ellenico accoglievano migliaia di malati e vari sofferenti, che cure termali e piante medicinali riuscivano a guarire. Quest'opera fu notevole e contribuì a rendere decisamente migliore la vita di molti dei suoi concittadini. Sempre Aristone anteponeva gli insegnamenti di Aristotele e l'amore dell'Altissimo, ne aveva fatto un dovere l'apportare solidarietà alla città e alla comunità degli uomini. Sia credenti che non credenti, tutti coloro che oltrepassavano le porte dei suoi dispensari ricevevano il più caloroso benvenuto. Anche se trascorreva molto tempo al Liceo per occuparsi del suo funzionamento, insegnare teologia, fornire consigli ai dirigenti e ai nobili, Aristone visitava i luoghi di cura che aveva delegato ai suoi discepoli. Sempre trovava il tempo per incontrare i malati e per fornire loro assistenza quando i ciarlatani invece li mandavano all'altro mondo.

    È all'epoca di una delle sue visite che si svolse una storia particolare. Un giovane indigente che soffriva di dolori intensi si era recato nel dispensario di Atene. Dalla sua più tenera infanzia, soffriva senza che nessuno potesse sapere il perché, i suoi dolori lo laceravano ed il suo corpo martoriato non faceva che sopravvivere. Mentre i ciarlatani diagnosticarono presto la sua morte nelle peggiori sofferenze, Aristone andò al suo capezzale. Il giovane uomo gli apparve come virtuoso e amorevole, accontentandosi di vivere nella miseria senza reclamare nulla, accettando il suo dolore senza poterla fare finita. Lo scolarca gli raccontò allora le parole di Aristotele e l'amore di Dio, gli prese la mano per condividere un poco la sua sofferenza. Quel giorno, accadde qualcosa di straordinario, un intenso calore si liberò dalle mani dello scolarca, sorprendo lui tanto quanto il giovane uomo. Dopo una notte di sonno meno agitato del solito, l'indigente si svegliò senza il minimo dolore, guarito dalla parola dello scolarca e dall'apposizione delle sue mani. Chiese allora di vedere Aristone per rendergli omaggio e quest'ultimo gli manifestò affetto e rispetto con queste parole:

    Aristone : -"Mio giovane amico, non devi ringraziarmi o pagarmi per essermi preoccupato per te. Non c'è nessun uomo nel nostro mondo che dovrebbe subire l'indifferenza e la sofferenza come tu le hai conosciute. Aristotele ce lo ha insegnato e l'Altissimo, nella sua bontà, ci ha esortato di aiutarci a vicenda. D'ora in avanti, vivi la tua vita come avresti sempre dovuto fare e non dimenticare di aiutare coloro che sei in grado di aiutare."

    Il giovane uomo non ricadde più nella malattia e, per tutta la vita, portò la sua amicizia ed il suo aiuto a coloro che, come lui, avevano sofferto più dell'immaginabile. Quanto ad Aristone, grazie a questa guarigione eccezionale, aveva acquisito il soprannome di "Medico di Dio". Sempre continuò a fornire cure e terapie ogni volta che poteva.

    Intorno all'anno -200, la repubblica di Roma cominciò ad estendersi sopra gli imperi del Mediterraneo. Roma, Pergamo e Rodi si allearono contro Filippo V di Macedonia innescando così la seconda guerra macedone. Lo scolarca ebbe il coraggio di affrontare entrambe le parti, enunciando le sue intransigenti conclusioni riguardo le ostilità guerriere per mezzo del cenacolo. Aristone considerava questa guerra insostenibile poichè illegittima e inutile, lottò caccanitamente per fermare i combattimenti, ma invano. Tuttavia, attraverso la sua influenza, riuscì ad aiutare la Greca ad ottenre la sua indipendenza.

    Nel corso del suo governo come scolarca, che durò trentanove anni, Aristone portò in atto la mutazione del Liceo che, da luogo di insegnamento teologico e filosofico, diventò un luogo di decisioni basate sui precetti e sugli insegnamenti del profeta. Anche se il Liceo restava un luogo di sapere e di conoscenza, ebbe uno sviluppo considerevole durante questi anni e diventò una sorta di concilio di teologi, ascoltato e rispettato da numerosi dirigenti.

    Tra i suoi numerosi discepoli, Aristone aveva Critolao di Faselide, che nominò membro del cenacolo a venticinque anni, incaricato della diplomazia. Diventò presto amico di questo giovane teologo, da cui era rimasto stupito per la sua conoscenza in materia di comportamento umano. Diceva di lui:

    Aristone di Ceo: -"È così fine di spirito e così scrupoloso nell'osservazione del minimo gesto corporale che può capire se si sta tenendo un discorso menzognero senza nemmeno porre la minima domanda!"

    Una morte nell'amicizia

    E' nel -185 che Aristone di Ceo passò a miglior vita, portato via dalla vecchiaia all'età di ottantaquattro anni, e circondato dell'amicizia dei membri del cenacolo. Tutto ebbero come prima preoccupazione di mostrargli quanto fosse impprtante per loro. Ciascuno andrò a trovarlo quando era morente e gli declamò alcuni versi sul loro passato comune. Si racconta che Aristone annotò nelle sue memorie ogni singola parola che gli era stata detta e che fece consegnare una copia di queste a ciascuno dei suoi amici. Infine, su ogni dispensario che aveva visto la luce grazie a lui, fu inciso sul marmo il nome di Ariston e una massima:

    "Se posso salvare un'anima da una morte nella sofferenza, almeno avrò salvato la mia! [Aristone di Ceo - Fondatore del dispensario]"

    Conformemente alle disposizioni che prese ed instaurò nello statuto del cenacolo, Aristone non designò il suo successore. Il cenacolo dovette incaricarsi di questo compito. Il quarto scolarca fu inumato come i tre precedenti, nella cripta del Liceo, ed i suoi scritti furono pubblicati a titoli postumi dai suoi discepoli. Ariston segnò il Liceo con la sua impronta, fatta di Fervore e di Virtù.


    Tradotto dal greco da Monsignor Bender.B.Rodriguez.
    Tradotto da Adhominem, revisionata da Kali_

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MessagePosté le: Mer Juil 26, 2023 2:22 am    Sujet du message: Répondre en citant

Citation:


    San Critolao, quinto scolarca 

    Quando l'afflizione porta il dono

    Persa sulla costa e situata in Asia minore, Faselide era una città Licena sotto dominazione macedone dalla liberazione di queste terre per mano di Alessandro il Grande. E' lì che Critolao, nel -220, aprì gli occhi sul mondo e crebbe tra i suoi. Suo padre, nobile di Faselide, aveva lasciato il piccolo alle cure di sua madre che era afflitta da un pesante handicap, dal momento che ella non poteva emettere il minimo suono. Il giovane bambino dovette imparare a comunicare con lei e a comprendere ciò che lei tentava di manifestargli, senza intendere la minima parola. Egli sviluppò una straordinaria capacità nel comprendere il genere umano e nell'analizzare i suoi fatti ed i suoi gesti, riuscendo spesso a trarne delle chiaroveggenti conclusioni. Davanti a questo fenomenale ragazzo, suo padre decise di mandarlo a studiare in Grecia, presso dei teologi-filosofi per divenire erudito. Raggiunse il Liceo all'età di cinque anni, allora diretto da Aristone di Chio.

    Un discepolo esemplare e superdotato

    Fin dall'inizio del suo insegnamento, Critolao manifestò delle grandi disposizioni nella comprensione della teologia. Egli fu molto presto notato dal maestro del Liceo che pose in lui grandi speranze. Il ragazzo continuò a lavorare sulla scienza del comportamento, affinando la sua arte al punto tale da diventare un maestro nella materia. Di tutti i suoi discepoli, Aristone diceva che lui ne era il migliore, in modo particolare perché sapeva quando assestare l'argomento fatale per smontare un discorso erroneo. Critolao sapeva quando si era presi dalla paura, l'angoscia, la sicurezza o la fiducia. Egli sapeva servirsi intelligentemente di ciò ogni volta che avesse da dibattere su un argomento filosofico o telogico. Critolao avrebbe ben potuto usare questo metodo per colpire e smontare argomenti fallaci ma non lo fece mai. Al contrario, egli preferì sempre servirsi di questo metodo per andare là dove non si voleva andare, per centrare ciò che l'oratore che gli era di fronte non dominava.

    E' all'età di venticinque anni che fu nominato insegnante, la precocità di questa nomina dimostra la sua eccellenza nel dedicarsi a grandi discorsi teologici. Come sempre, l'uomo prendeva spunto da ciò che interpretava dagli altri, servendosi a meraviglia del suo talento per minare i suoi avversari oratori e concludere attraverso il verbo con una magnificenza quasi assoluta. Molto presto, Aristone lo nominò al cenacolo del Liceo, al posto di incaricato per la diplomazia. Il cenacolo, organo decisionale e funzionale del Liceo, era garante dei precetti di Aristone in tutto l'impero macedone, così come in Mesopotamia e nell'impero seleucide. Il ruolo di Critolao, nel cenacolo, consistè nell'incontrare i principali reggenti e gli uomini di potere greci e macedoni e di sottometter loro le proposte del Liceo in materia di teologia ma anche di virtù e di amicizia. Lo scolarca aveva ogni fiducia in lui e Critolao fu più che degno di questa fiducia. E' lui che accompagnava Aristone quando un conflitto esplodeva ed il Liceo cercava di porgli termine nel nome dell'amicizia virtuosa tra i popoli. Critolao fu all'origine di numerosi trattati di non aggressione e di cessate il fuoco.

    Uno scolarca a Roma

    Critolao aveva appena trentacinque anni quando Aristone di Chio decedette, lasciando il Liceo senza scolarca. Come era stato deciso alcuni anni prima negli statuti del cenacolo, avrebbe presto avuto luogo una elezione per designare il suo successore. I dibattiti non furono lunghi perché i membri rivolsero unanimemente la loro scelta su Critolao di Faselide. E' così che nel -185, egli divenne il quinto scolarca del Liceo, fedele e fervente successore del profeta Aristotele.

    Le relazioni che aveva costruito col passare degli anni con i dirigenti del mondo greco, macedone, mesopotamico e seleucide gli servirono ad aumentare l'influenza del Liceo e a diffondere largamente la parola del profeta dell'Altissimo. E' così che il culto del Dio Unico trovò un nuovo riferimento senza tuttavia porre termine al paganesimo ed agli altri riti pagani. Un anno dopo il suo accesso al titolo di scolarca, nella repubblica romana, fu nominato Catone alla carica di censore romano. Quest'ultimo vedeva molto di malocchio la crescita di influenza della cultura greca nella vita romana, E' così che egli prese per principale bersaglio Critolao, rappresentante supremo di una certa cultura greca. Si oppose accanitamente a lui con lunghi discorsi veementi ed indiavolati. Nonostante fosse un uomo colto, restava non meno di un idiota di prim'ordine in materia di teologia e la sua credenza nei culti pagani del pantheon romano fu, attraverso numerose risprese, abbattuta dallo scolarca.

    Critolao vide così passare gli anni, gestendo il Liceo ed impegnandosi nella vita greca con Fede ed amicizia, fu sempre più rispettato dal suo popolo che, all'inizio aveva visto in lui un arrivista della peggior specie. Più il tempo passava, più si accorgeva che egli era un uomo di eccezione, ad immagine dei suoi predecessori. La sola cosa che davvero lo rattristava, era l'avanzata della repubblica romana che diventava sempre più espansionista e prelevava forti tributi dai popoli conquistati o integrati. Sebbene la Grecia fu sempre indipendente, essa era tuttavia sotto la dominazione romana da circa cinquanta anni.

    E' nell'anno -155 che accadde uno degli eventi più importanti. Roma, sempre in preda alle sedizioni degli imperi e dei regni conquistati, volle danneggiare Atene mediante una tassa eccezionale ed impose il sequestro di numerose opere d'arte e di numerose opere di eccellenza, così come un tributo talmente importante che avrebbe lasciato la città sul lastrico. Critolao propose allora a Diogene di Babilonia, capo della scuola Stoica, e a Carneade di Cirene, capo dell'Accademia Platonica, di andare a Roma per parlamentare con il Senato romano. Fece inviare un messaggio all'attenzione dei due consoli affinché questi aprissero una ambasciata straordinaria con l'obiettivo di esprimersi di fronte ai rappresentanti del potere repubblicano. L'ambasciata fu accettata. Il più serio discepolo di Critolao si chiamava Diodoro, ammesso al cenacolo per la sua grande virtù e per la sua eccellenza nell'uso del verbo, lo scolarca, che l'aveva avuto come allievo per molto tempo, l'incaricò di accompagnarlo a Roma per trascrivere i dibattiti. L'assemblea durò una settimana durante la quale, Diogene, Carneade e Critolao poterono esprimersi per difendere ciò in cui credevano. Catone, il veemente censore, selvatico oppositore alla salita in potere della cultura ellenica nella repubblica, tentò di impedire la tenuta di questa assemblea, convinto che lo scolarca era sul punto di convertire il Senato ed il popolo romano al Dio Unico.

    Il discorso di Critolao

    L'assemblea si svolse davanti al Senato romano, e fu Carneade che esordì con un discorso di due giorni che fece sensazione. Il terzo giorno gli susseguì Diogene, ed anche lui ricevette gli applausi dei senatori. Infine toccò allo scolarca prendere la parola, ben deciso a piegare il Senato ed a forzarlo a ritornare sulla sua decisione, pure istillando la Fede nell'Altissimo nei cuori dei senatori. Purtroppo, malgrado le sue straordinarie competenze in materia di comportamento, si accorse rapidamente che i senatori erano già, per la magggior parte, corrotti. Il suo discorso trattò di una ed unica domanda : "Il piacere o la virtù ?". Critolao si sforzò di dimostrare ai senatori che essi erano infossati nell'errore, preferendo rotolarsi nel piacere delle loro posizioni piuttosto che fare uso della virtù ed operare nell'interesse generale del popolo romano.

    Critolao da Faselide : - "La virtù non è un dono né una scienza, essa consiste in un giusto mezzo, determinato dalla morale. Ed infatti si tratta di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato. Non parlo solamente di un'attitudine, ma di un modo di vivere, e di ciò che, alla fine, costituisce la nostra anima. Ogni essere umano deve fare entrare la virtù nel più profondo della sua anima, al fine di fare sempre le scelte che rappresentano un buon sovrano. Perché sì, il bene non è il piacere, non è neanche la ricchezza o l'onore, no, il bene supremo è al di sopra di ogni considerazione particolare e desidera l'interesse generale. Dunque, senatori romani, io vi dico, riconsiderate la vostra repubblica, ritornate alla virtù, per la Grandezza dell'Altissimo e per l'amore del genere umano."

    Critolao raccolse una pioggia di applausi da coloro che volevano vedere il Senato ritrovare la sua purezza mentre ricevette i fischi ed i lazzi da coloro che avevano già troppo a lungo navigato nelle acque torbide della corruzione. Al contrario, l'evocazione del Dio Unico ebbe non più che l'impatto che egli si augurava. Catone si convinse che occorreva agire al più presto prima che il culto monoteista ponesse termine alle credenze romane. Lo scolarca ritornò al Liceo, aureolato da un discorso fiammeggiante e da una nuova reputazione dovuta alle sue prodezze oratorie in seno stesso al senato romano. Critolao divenne ancora più rispettato nel mondo greco. Fino ad ora, egli non era stato che il catalizzatore della Fede nel Dio Unico, trasmettendo gli insegnamenti del profeta.

    Sotto la protezione dell'Altissimo

    Mentre la sua vita avrebbe potuto continuare così fino al suo termine, lo scolarca visse un'esperienza abbastanza unica nel suo genere. In una fresca mattina di primavera, un distaccamento romano entrò con la forza nel Liceo ancora addormentato. Condotti da un centurione agguerrito, i soldati avevano per unico scopo l'eradicazione di Critolao, allora considerato come il più pericoloso nemico di Roma. Alcuni discepoli tentarono di mettersi di traverso sulla sua strada e ne ricavarono un colpo di gladio che li lasciò al suolo, a nuotare nel loro proprio sangue. La ferocia con la quale venne realizzato questo atto rassegnò gli altri discepoli, che preferirono restare in vita piuttosto che morire per le lame romane. Il distaccamento intimò allora che gli fosse portato Critolao, cosa che fu fatta. Lo scolarca non poteva lasciare una tale barbarie svolgersi senza agire. Convinto che stesse per terminare i suoi giorni in quell'istante, fece fronte ai soldati. Minacciato dalle armi ed intimato di arrendersi senza resistere, Critolao ribattè :

    Critolao : -"Voi osate entrare qui, in un luogo di sapere e di Fede, minacciando con le vostre armi dei poveri bambini innocenti. Non vi permetterei di fare più del male che avete compiuto e chiedo perdono per coloro che avete ferito, poiché non sapete ciò che avete fatto. Che l'Altissimo ci protegga dalle vostre mani insanguinate."

    I soldati divennero più minacciosi e lo scolarca cadde in ginocchio davanti ad essi, tendendo il suo collo come per autorizzarli a metterlo a morte. Vedendo ciò, il decurione sfoderò la sua arma per ucciderlo. Quando si avvicinò allo scolarca per finirlo, cadde al suolo in un grido di dolore e morì all'istante. I dieci soldati che l'accompagnavano restarono stupefatti, tuttavia, uno di loro, a sua volta avanzò, e subì la stessa sorte del suo capo. Vedendo ciò, gli altri lasciarono le loro armi e si prosternarono davanti a Critolao, chiedendo perdono per avere osato recare offesa all'integrità dei suoi discepoli. Gli allievi del Liceo che assisterono alla scena compresero allora che Dio non autorizzava che si uccidessero coloro che lo servivano attraverso la virtù e l'amicizia. Tutti rimasero convinti che si trattasse della prova dell'Onnipotenza dell'Altissimo. La storia fece rapidamente il giro del paese e giunse anche fino a Roma che contava sempre di farla finita con lo scolarca. Ma, davanti alla reputazione così grande di Critolao, il Senato decise che fosse vano farne un martire agli occhi dei greci ed i senatori vietarono ogni azione mirata a fargli il minimo male così come ai suoi discepoli. Così, lo scolarca continuò durante tutto il suo regno a lottare contro la violenza, andando regolarmente a Roma per predicarvi la Fede in Dio, restando ascoltato dagli uni ed umiliato dagli altri. Malgrado tutto, ogni uomo che lo incontrò non potè che constatare che egli fosse talmente virtuoso e così pieno di amicizia, che era difficile opporsi a lui. Solo i più corrotti ed i sostenitori del culto romano avevano visto in lui il peggiore dei pericoli.

    La scomparsa dello scolarca

    E' al termine di una vita molto piena e di una reputazione ampiamente meritata che Critolao di Faselide si spense. Portato dalla vecchiaia all'età di settantadue anni, lo scolarca lasciò dietro di lui un lavoro centrale nella sua epoca. Lo scolarca segnò il suo tempo con la sua virtù e la sua saggezza. Numerosi furono gli amici che lo piansero, numerosi furono anche i suoi nemici a rimpiangerlo, poiché, da un punto di vista come dall'altro, tutti si accordavano nel trovare in lui un uomo d'eccezione.

    Critolao di Faselide fu inumato nella cripta del Liceo ed il suo nome fu inciso nel marmo sotto quelli dei precedenti scolarchi, sulla stele che sovrasta l'entrata del cenacolo. La storia tramandò di Critolao il suo famoso discorso a Roma, l'episodio dell'attacco al Liceo e le sue eccezionali qualità di diplomatico associate ad un uso fervente e magnifico della teologia aristotelica.

    Tradotto dal greco da Bender.B.Rodriguez.

    Tradotto da Doron, revisionato da Franciscus_bergoglio



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Kalixtus
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MessagePosté le: Mer Juil 26, 2023 2:24 am    Sujet du message: Répondre en citant

Citation:


    San Diodoro di Tiro, sesto scolarca 

    Citation:

    Alle origini della Fede


    Tiro è una grande e lontana città situata sulla costa fenicia: è la che nacque Diodoro nel 181. La città, sotto la dominazione seleucide da una ventina d'anni, era un porto fondamentale nell'antichità. La chiesa Oanista, religione ufficiale dell'impero seleucide, aveva realizzato una perfetta fusione tra i precetti di Aristotele e l'eredità di Oane sotto la guida di Antiocho primo. Così, fin dalla giovinezza Diodoro fu educato dai padri spirituali oanisti, teologi affermati, la maggior parte dei quali avevano seguito l'insegnamento del Liceo di Aristotele.

    Imparò a scrivere, a leggere ed a pensare tramite l'insegnamento religioso, scoprendo la storia di Oane ed il messaggio del Profeta dell'Altissimo. Diodoro mostrò presto doti eccellenti e divenne rapidamente il discepolo preferito dei suoi precettori. Il suo apprendimento durò per tutta la sua gioventù fino all'età di tredici anni. Una mattina, Diodoro fu colpito da un uomo dall'andatura molto strana. Era vestito con una lunga toga bianca e splendeva nella penombra dell'alba. Lo osservò senza comprendere, quindi gli chiese :


    Citation:

    Diodoro: -"Chi siete signore? Siete il mio nuovo precettore?"
    Giorgio: - "Bambino mio, sono Giorgio, arcangelo dell'amicizia, inviato dall'Altissimo per illuminare la tua strada. Tra tutti i fanciulli, ti ha scelto per diffondere l'amicizia là dove è stata perduta. A Est si alza una nuova minaccia, quella dei pagani che rifiutano di riconoscere Dio come l'unico creatore di tutte le cose".
    Diodoro: - "Cosa posso fare? Ho soltanto tredici anni..."
    Giorgio: - "Poiché il tuo Cuore è virtuoso e la tua anima è pura di qualsiasi macchia, l'Altissimo ti infonde il verbo Divino: così risplenderai per sempre. Fanne saggio uso e colma questo mondo d'Amicizia e Virtù."

    La figura scomparve nell'ombra della camerata, lasciando il giovane ragazzo stupefatto e pieno di speranza. Aveva scoperto l'amore di Dio e l'amicizia accanto alle guide spirituali oaniste, e questa apparizione fu la sua rivelazione. Diodoro divenne il migliore e spiccò ancor di più nei suoi studi, mostrando una pertinenza ed una acutezza mai vista agli occhi dei teologi. Dinanzi all'eccellenza di quest'allievo, decisero di inviarlo al Liceo per perfezionare le sue conoscenze.


    Dall'amicizia deriva la virtù

    Diodoro entrò nel Liceo nel 168: fu presto notato per il suo spirito e per le sue doti oratorie dallo scolarca Critolao. In pochi anni, divenne uno dei migliori allievi del Liceo. All'età di 17 anni, le sue conoscenze sorpassavano già quelle della maggior parte degli altri allievi. Fu nominato teologo e ebbe anche il diritto di insegnare. Ottenne inoltre il posto di scriba dello scolarca e fu incaricato di dare forma definitiva ai discorsi di Critolao. Ciò che caratterizzava particolarmente Diodoro, era l'amicizia di cui dava sempre prova. In ogni occasione cercava di pacificare le persone; su tutte portava avanti le idee di giustizia e di equità. Di lui si diceva sempre che fosse la persona più degna di fiducia: uno su cui si poteva contare. Durante gli anni in cui studiò al Liceo, diede più volte prova di solidarietà, fino a creare un ufficio per bisognosi che chiamò Ufficio della Carità d'Aristotele. In tal modo cercò di ridurre le disuguaglianze e le sofferenze di coloro che non potevano protendere ad onori quali la plebe. Non era mosso da desiderio di gloria o orgoglio: Diodoro era sinceramente disinteressato; gli importava solo l'uguaglianza e la giustizia tra gli uomini.

    A 20 anni, nel bel mezzo di una distribuzione di viveri, una pattuglia romana lo convocò. Il decurione si avvicinò e spinse uno dei mendicanti a terra mentre questi stava prendendo dalle mani di Diodoro una pagnotta.

    Citation:

    Decurione : -"Spostati, pezzente! E tu, che stai facendo? Chi sei?"

    Diodoro : -"Sono Diodoro, teologo dell'Accademia: offro la carità ai poveri ignorati dalla nostra società."

    Decurione : -"Vedi di smetterla subito e seguirmi, prima che ti denunci."

    Diodoro : -"Amico mio, perché quest'ira? La vista di quest'uomo ti dà tanto fastidio che non sopporti che possa vivere e nutrirsi in tal modo? Questo atteggiamento è degno di compassione e mostra fin dove è arrivato il tuo egoismo. Dovresti vergognarti, nel fare un uso così malvagio del tuo potere. Chi ti aiuterà quando sarai tu ad avere bisogno? Ti piacerebbe essere gettato a terra e lasciato morire di fame ?"

    Decurione : -"Chi ti credi di essere ? Sarai pure un teologo, ma assaggerai i miei pugni se non la smetti subito !"

    Diodoro : -"Un'altra dimostrazione della tua perfidia, amico mio: minacce, solo minacce, mentro io cerco solo di rendere meno dura la vita di queste povere persone. Colpiscilo anche una sola volta e sarà la collera dell'Altissimo che riceverai !"

    Decurione : -"Prova a dirmi ancora una volta quello che devo fare e riceverai un calcio tra le gambe !"

    Il decurione disperse la folla e condusse Diodoro poco più lontano. Gli diede una gragnola di colpi che lo lasciò sul selciato, come un cane rognoso, prima di andare via senza chiedere il resto. Diodoro avrebbe potuto avvertire lo scolarca e chiedere un risarcimento per un gesto così odioso, ma non lo fece non nutrendo alcun rancore per quest'uomo perduto, che non era stato illuminato da Dio. Alcuni mesi dopo, mentre faceva nuovamente un atto di carità in un quartiere malfamato, rivide il decurione, vestito di stracci, notevolmente dimagrito, sporco e evidentemente malato. Diodoro fu sorpreso di trovarlo lì e gli offrì generosamente un po' di pane e un buon bicchiere di vino. Seppe così che l'uomo aveva commesso delle infrazioni ed era stato condannato dai suoi superiori. Per evitare il peggio, aveva preferito fuggire e si era ritrovato in totale povertà. Diodoro, con un suo atto di carità, gli mostrò la via della virtù e l'ex-decurione la imboccò senza mai più lasciarla. Venne accettato nel Liceo con l'aiuto del teologo e in seguito lasciò la Grecia, per viaggiare per il mondo e parlare della bontà dell'amicizia virtuosa.



    Un regno simbolo d'unificazione


    È nel -148 che Diodoro passò al rango di scolarca. Infatti, dopo la morte di Critolao, il cenacolo, riunitosi in assemblea straordinaria lo nominò dopo un voto unanime. All'età trentatre anni, divenne uno degli uomini più influenti del mondo ellenico. Se fino ad allora, il Liceo si era limitato a trasmettere il messaggio del Profeta e ad organizzare un abbozzo di religione, il nuovo scolarca si impegnò nel rifondare l'istituzione. Essendo stato eletto dalle guide Oaniste seleucide, decise di invitare i sapienti della Chiesa ufficiale dell'impero vicino. La chiesa Oanista Seleucida aveva perso un po' della sua influenza dopo l'epoca di Antioco I, soprattutto a causa delle guerre interne che avevano minato e rabbuiato i confini dell'impero. Tuttavia, i religiosi rimanevano, in tutto il territorio, guide spirituali rispettate. Erano a conoscenza del Liceo e rispettavano le parole degli scolarchi, ma quest'ultimi non avevano autorità nell'ambito della chiesa. Così, Diodoro propose loro di unire le proprie forze ed integrare nell'insegnamento del Liceo, i precetti Oanisti.

    Citation:

    Diodoro : - "Miei cari amici, è un immenso privilegio ricevervi qui. Se vi ho invitati, è perché sono cresciuto coi vostri valori, coi vostri principi che mi sembrano in perfetta sintonia con gli insegnamenti del Profeta. Da soli, non siamo niente, la verità e la parola dell'Altissimo sono il mio unico obiettivo. Così, vi propongo di rifondare il Cenacolo del Liceo per integrarvi i Superiori di ciascuno dei vostri templi. Mi auguro che la chiesa Oanista ed il Liceo agiscano insieme per la grandezza dell'Onnipotente e per l'amicizia tra i popoli."

    Le guide Oaniste scelsero di accettare ed il Liceo ne fu rivoluzionato. Oramai, gli insegnamenti contenevano i racconti Oanisti e tennero conto dei valori di questa chiesa. Il cenacolo diventò così ancora più influente con grande disappunto di Roma che, malgrado una forte opposizione, fu costretta a lasciare fare, al rischio di provocare una rivolta che non sarebbe potuta essere dominata. La repubblica romana si indeboliva di giorno in giorno, le disuguaglianze che si creavano tra la plebe ed i medici, i senatori che godevano di un potere quasi senza limite e le guerre si fecero sempre più numerose.

    La chiesa Oanista si rimise dunque alla decisione del cenacolo. Quest'organo divenne il maggior luogo di decisione nella scelta degli orientamenti teologici, nella diffusione delle scritture e delle parole attraverso il mondo ellenico e seleucida. Diodoro fu ancora più rispettato per questo gesto e nessuno potè mettere in discussione le sue azioni che costituivano un'evidenza.


    Una morte in martirio


    Durante il suo regno, lo scolarca influenzò i suoi contemporani, agendo sempre nella ricerca della giustiza e dell'uguaglianza attraverso l'amicizia. Scrisse numerosi testi autorevoli. Ma a Roma si accettava sempre meno di buon grado quest'influenza che si espandeva anche sugli strati inferiori della repubblica. Le guerre successive condotte da Roma avevano creato un fossato tra i cittadini più ricchi e i più bisognosi. Indebolita, la società romana fu molto influenzata dalle idee e dai valori del Liceo. Deciso a opporvisi, il console romano ordì un complotto per uccidere lo scolarca: inviò così i suoi uomini migliori, in veste di plebei greci, nei pressi del Liceo. Mentre Diodoro passeggiava circondato da una quindicina di studenti nei giardini del Liceo, i romani si avvicinarono con fare minaccioso e sguainarono le armi. Uno di loro fece un passo avanti.

    Citation:

    Romano : -"Diodoro di Tiro, morirai e le tue idee con te!"

    Diodoro : -"La morte non mi fa paura, amico mio: ho servito l'Altissimo per tutta la mia vita e mi riunirò a lui nella Sua gloria."

    Romano : -"Dopo averti ucciso, appiccheremo il fuoco al tuo Liceo e uccideremo i tuoi amici: il regno del tuo Dio così terminerà."

    Diodoro : -"Il regno di Dio non può terminare, poiché Egli è l'Onnipotente, l'Unico e il Creatore di ogni cosa. Tu sei il Suo sangue e il Suo amore: non riconosci la Sua bontà? Se mi uccidi, non cambierai nulla, Dio è nel cuore e nell'animo di ciascuno dei Suoi figli, anche coloro che non credono in Lui !"

    Mentre gli sgherri del console si lanciarono in direzione dello scolarca, i discepoli che lo seguivano si frapposero e fecero blocco per proteggerlo. Diodoro cercò di dissuaderli, ma loro continuavano ad opporsi ai miscredenti. Questi ultimi, sorpresi da una simile resistenza, esitarono un attimo, poi decisero di farli fuori tutti. Fu un ignobile massacro e il sangue colò a fiotti sulle lastre del pavimento, lasciando una pozza rossa. Gli assassini furono quindi di fronte a Diodoro che si lasciò andare afflitto :

    Citation:

    Diodoro : -"Su, facciamola finita! Ma non dimenticate che Dio giudicherà i vostri atti quando morirete. Non ho paura, poiché conosco il cammino che mi attende : la gioia e l'amicizia, per sempre al fianco di Dio e Aristotele."

    Diodoro si inginocchiò e scostò la toga dal collo in segno di sottomissione. I romani, davanti a un simile coraggio, decisero di giustiziarlo con un colpo di gladio sulla nuca. In un attimo, lo scolarca crollò nella pozza di sangue lasciata dai suoi discepoli. Messi in allarme dal rumore, numerosi altri studenti accorsero e, visti quanti erano, i romani scapparono come vili ladruncoli, rinunciando così al proposito di bruciare il Liceo. Quegli assassini al soldo di Roma non dovettero attendere a lungo la loro ora. Infatti, solo sette giorni dopo la morte di Diodoro, morirono tutti in atroci sofferenze.

    I teologi ed i membri del Liceo, sconvolti davanti ad un tal gesto e per amore di Diodoro, gli resero un ultimo omaggio e lo inumarono con i suoi predecessori. Fu così che, nel 110 A. C. Diodoro ascese al paradiso solare per l'eternità.


    Tradotto da Titania87, Revisionato da Doron



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