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[IT] Testi di Riferimento Dogmatici - Testi di Riferimento

 
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Kalixtus
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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 7:27 pm    Sujet du message: [IT] Testi di Riferimento Dogmatici - Testi di Riferimento Répondre en citant

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Dernière édition par Kalixtus le Ven Juil 28, 2023 8:02 pm; édité 1 fois
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Kalixtus
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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 7:32 pm    Sujet du message: Répondre en citant

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    Piccola Guida del Credente Aristotelico


    Citation:
      Prefazione
      Questa piccola guida vi è offerta per guidarvi nel corso della vostra vita aristotelica. Essa riporta le idee e le grandi linee della Chiesa aristotelica, la descrizione dei sacramenti e la lista delle virtù e dei peccati. Speriamo che questa possa rispondere alle vostre domande più frequenti e che sia un manuale per la vostra vita intera.

      Padre Pobelcourt, teologo ed autore


      Introduzione alla Chiesa Aristotelica
      Dio ci ha creati a partire da Lui. Siamo quindi parte di Lui e la nostra esistenza è votata a servirlo.
      Per questo, vivere seguendo la virtù significa vivere come Dio vuole. Vivere nel peccato consiste nel negare la volontà divina e dunque negare la nostra propria natura divina. Questo significa negare noi stessi, attraverso la negazione di Dio.
      Pertanto, gli umani sono naturalmente esseri sociali, poiché vivere in comunità significa vivere in accordo con il nostro status di componenti di Dio. È in questa la logica che si traduce la comunità aristotelica, permessa dal sacramento del battesimo.
      Dio è perfetto. Riunisce quindi in se stesso tutte le virtù, dando loro pieno significato. Allo stesso tempo, essendo composti di spirito e di materia, noi esseri umani possiamo tendere a questa perfezione, ma mai raggiungerla. Un santo (o una santa) è dunque definito come una persona si avvicina alla perfezione della virtù, ma non come una persona che l'abbia effettivamente raggiunta, perché non siamo Dio.
      Il peccato assoluto sarebbe la negazione totale della natura di Dio. Poiché tutto fa parte di Dio, questo stato di peccato assoluto è impossibile da raggiungere, poiché sarebbe la negazione totale di ciò che siamo. Nessuno, nemmeno Dio, può raggiungere questo traguardo, benchè la nostra natura di essere imperfetti ci renda capaci di tendervi.
      La virtù perfetta, di natura divina, è divisa in sette virtù, affinché possiamo più facilmente avvicinarcene: l'amicizia, la conservazione, l'altruismo, la temperanza, la giustizia, il piacere e la convinzione. A ciascuna di esse si oppone un peccato: (rispettivamente) l'avarizia, la golosità, l'orgoglio, l'ira, l'invidia, l'accidia e la lussuria.
      Ogni essere, tranne Dio, si trova dunque tra ciascuno di questi due estremi. Così, ogni essere, tranne Dio, si trova tra l'amicizia e l'avarizia. Non potrà mai raggiungerli. Solo Dio è perfetta virtù e nessuno è peccato assoluto.
      Per questo, non dobbiamo sperare di raggiungere la perfezione in una o più virtù, perché è impossibile, e quindi peccato di orgoglio. Dobbiamo invece cercare il giusto mezzo tra ogni virtù e ogni peccato.
      Il giusto mezzo non è da intendersi come un mezzo matematico, a metà strada tra questi due estremi, ma come la tendenza a muoversi verso la virtù pur essendo coscienti dell'impossibilità di raggiungerla.


      I sacramenti della Chiesa Aristotelica

      Il Battesimo

      Il dogma dell'Amicizia Aristotelica precisa:
      Citation:
      L'Amicizia Aristotelica, in senso largo, è una comunità di vita: tramite il battesimo ogni battezzato sarà introdotto in un'unione spirituale in potenza che sarà dunque un contatto spirituale con tutti gli altri battezzati.
      Il battesimo introduce il fedele in un'unione con gli altri battezzati ed in comunione con i Santi.

      Il battesimo, o rito d'entrata nella Chiesa Aristotelica, dà al nuovo credente le premesse dell'amicizia Aristotelica perfetta. Quest'amicizia è ancora in potenza e ha bisogno di essere sviluppata attraverso il contatto con Dio nella preghiera e nei sacramenti, e anche attraverso la dimostrazione di gentilezza e compassione con gli altri.

      Il battesimo introduce dunque in una famiglia divina ed umana. Divina poiché mette in relazione con Dio. Umana poiché integra nella società umana della Chiesa Aristotelica.


      Il battesimo possiede questa dimensione spirituale ma possiede anche un valore giuridico. Come tale, alcune formalità devono accompagnarlo.

      *Battesimo dei bambini:

      Per un bambino o un sempliciotto di spirito, la presenza di un padrino e di una madrina in occasione della cerimonia è obbligatoria. Il loro dovere sarà di vegliare all'istruzione religiosa del bambino. I parenti possono esercitare il ruolo di padrini aristotelici.
      Se il bambino non ha l'età di comprendere il senso di questa cerimonia, non deve essere iscritto ai registri e lo farà egli stesso soltanto il giorno che chiederà conferma di questo battesimo.

      *Battesimo degli adulti (o conferma per un adulto che è stato battezzato da bambino):

      A) Devono richiedere esplicitamente il battesimo.

      B) Devono essere riconosciuti sani di mente ed capaci di comprendere il significato della cerimonia

      C) Non devono già essere battezzati
      Per coloro già battezzati, ci sono 2 casi che richiedono nuovamente il battesimo:
      C1) Se il candidato è parte della Chiesa Aristotelica si può celebrare una confermazione del battesimo (è questo lo scopo qualora il credente abbia già, per ragioni RP, dichiarato di essere battezzato). La confermazione è in generale praticata dagli adulti che sono stati battezzati da bambini, o quelli per i quali le registrazioni del battesimo sono state perdute o accusate di irregolarità.
      C2) Se il candidato ha ricevuto il battesimo da una chiesa eretica o da una religione pagana, egli deve prima di tutto abiurare pubblicamente la sua vecchia fede, ammettendo il suo errore . Sconterà poi una penitenza in ragione del livello d'eresia della sua vecchia religione. Poco prima di ricevere il sacramento dovrà dichiarare chiaramente e sinceramente che egli rinuncia alla sua vecchia fede per essere pienamente e totalmente parte dell'amicizia aristotelica. In caso di una ri-conversione (avendo lasciato la chiesa e chiedendo di rientrare) la presenza di un padrino battezzato è obbligatoria.

      D) Devono essere registrati nei registri vaticani.

      E) E' il compito del parroco la responsabilità di organizzare questo sacramento; in caso di impedimento o se non ci fosse nessun parroco o diacono, il celebrante può essere un chierico riconosciuto dalla chiesa aristotelica riconosciuto e non soggetto a interdizioni.
      Nel caso del battesimo di persone nobili o importanti, il chierico responsabile può chiedere al suo vescovo o cardinale di guidare la cerimonia.

      F) La presenza di un padrino è altamente consigliata ma non è obbligatoria, ad eccezione delle riconversioni. Tuttavia il padrino o la madrina devono essere battezzati e non soggetti a interdizioni.


      La Confessione

      Coloro che possono ricevere la confessione:

      Tutti i credenti

      Cos'è la confessione:

      Un radicale riorientamento di tutta la vita, un ritorno, una conversione a Dio con tutto il nostro cuore, una cessazione del peccato, un'avversione al male, con una ripugnanza nei confronti delle cattive azioni che abbiamo commesso. Allo stesso tempo, essa comporta il desiderio e la volontà di cambiare la vita con la speranza della misericordia divina e la fiducia nell'aiuto della sua grazia.

      Cosa procura la confessione:

      Gli effetti spirituali del sacramento della Penitenza sono:
      - la riconciliazione con Dio mediante la quale il penitente recupera la grazia;
      - la riconciliazione con la Chiesa;
      - la remissione della pena eterna meritata a causa dei peccati mortali;
      - la remissione, almeno in parte, delle pene temporali, conseguenti al peccato;
      - la pace e la serenità della coscienza, e la consolazione spirituale;
      - l'aumento delle forze spirituali per la lotta aristotelica.


      L'Ordinazione

      Diaconato

      Al grado inferiore della gerarchia, si trovano i diaconi, ai quali sono imposte le mani "non per il sacerdozio ma per il servizio". Per l'ordinazione al diaconato, il parroco (o il vescovo) impone le mani: questo significa così che il diacono è legato in modo speciale al parroco o al vescovo nei compiti della sua "diaconia".
      Il sacramento dell'ordinazione segna un'impronta ("carattere") che nessuno può rimuovere. D'altra parte, è compito dei diaconi assistere il vescovo ed i presbiteri nella celebrazione dei divini misteri, assistere ai matrimoni e benedire, predicare, presiedere ai funerali e dedicarsi ai vari servizi della carità.

      Sacerdozio (i preti)

      Ai vescovi è legittimamente trasmesso l'onere del loro ministero, così come ai vari membri della Chiesa e secondo vari gradi. La loro funzione ministeriale è stata trasmessa ai preti in misura minore: sono stati nominati tramite l'ordinazione al sacerdozio per essere i collaboratori del clero episcopale nello svolgimento della missione apostolica affidata dall'Altissimo.

      Sacerdozio Episcopale

      A testimonianza della Tradizione, tra i vari ministeri che operano nella Chiesa fin dall'esordio, il primo posto appartiene a coloro che, nominati per l'Episcopato, sono i rami grazie ai quali si trasmette il seme apostolico e la cui linea si continua dalle origini.
      La consacrazione episcopale, insieme alla funzione di santificare, conferisce anche l'incarico di insegnare e di governare... In effetti, con l'imposizione delle mani e le parole della consacrazione, è impresso il sacro carattere, in modo che i vescovi, di aspetto eminente e distinguibile, prendano il posto dell'Altissimo stesso, di Maestro, Pastore e Pontefice e svolgano il proprio ruolo. Quindi, i vescovi sono essi stessi composti da veri e autentici maestri della fede, pontefici e pastori.


      Il Matrimonio

      Il dogma dell'Amicizia Aristotelica precisa:
      Citation:
      L'Amicizia Aristotelica, in senso largo, è una comunità di vita: tramite il battesimo ogni battezzato sarà introdotto in un'unione spirituale in potenza che sarà dunque un contatto spirituale con tutti gli altri battezzati. Questo punto raggiunge la nozione tradizionale del battesimo che introduce nella comunione dei Santi.


      Quest'unione spirituale con tutti battezzati si esprime in particolare tra il coniuge ed la coniuge nel quadro del matrimonio. I coniugi, con un amore puro ed disinteressato, sono destinati a formare quest'amicizia perfetta che è l'impegno della santità aristotelica. Attraverso quest'unione così bella dei coniugi è Dio stesso, fonte di qualsiasi amore, che è glorificato.
      Così l'amicizia aristotelica si incarna particolarmente nel matrimonio e vi trova una realizzazione autentica.
      Il matrimonio è indispensabile all'amore incarnato, poiché fonda una comunità di vita che emergerà sulla messa al mondo di bambini e la fondazione di una famiglia, al fine di rendere presente la fecondità dell'amore. È un impegno fermo e forte, nel quale i coniugi si promettono di lottare insieme contro i germi di odio e di disordine, al di là delle difficoltà della vita quotidiana.

      Della Sessualità

      La sessualità è il mezzo scelto da dio per rendere presente sulla terra la fecondità dell'amore, per garantire la fondazione di una famiglia unita e per saldare con i gesti intimi l'affezione dei coniugi.
      Il primo scopo del matrimonio è quindi quello di partecipare alla creazione di Dio attraverso la messa al mondo dei bambini. Violare ciò sarebbe scalzare le basi stesse dell'amicizia aristotelica all'interno del matrimonio.

      Dell'indissolubilità

      Dato che il matrimonio è fondato sulla creazione di una comunità di vita e di un'unione profonda dei coniugi, non può essere considerato come una semplice formalità che sarebbe destituibile a piacere. L'unione spirituale dei coniugi non è mai una cosa acquisita e definitiva, occorre lottare per costruirla e mantenerla. Così un semplice disaccordo dei coniugi non può mai giustificare una separazione. La via che conduce al paradiso è stretta, e richiede molti sacrifici.
      Tuttavia, un matrimonio può essere annullato in alcune circostanze, quando l'amicizia dei coniugi è resa impossibile da atti gravi e definitivi. L'annullamento di questo matrimonio non dà tuttavia licenza di risposarsi, eccetto giudizio contrario per ragione eccezionali.

      Degli ostacoli al matrimonio

      In alcuni casi, degli ostacoli si presentano ad impedire ai coniugi di raggiungere l'amore aristotelico nel quadro del matrimonio. Questi casi sono i seguenti:
      - Uno dei due è già sposato, o non può risposarsi.
      - I due sono legati da consanguineità di quarto grado almeno.
      - Eccetto esenzione speciale accordata dalla Chiesa, i chierici ed i religiosi non possono essere sposati.

      Il battesimo è richiesto per il matrimonio.
      Il certificato di battesimo può essere richiesto. Se si verifica che nessun certificato è stato fatto, una lettera del celebrante del battesimo sarà allora richiesta.
      Per il matrimonio occorrono due testimoni che confermeranno la buona fede, la libertà ed il consenso reciproco dei coniugi. La loro firma apparirà sul documento depositato negli archivi.
      Qualsiasi sacerdote o diacono possono ufficiare un matrimonio. Preferibilmente il curato del villaggio della sposa.



      Le differenti virtù e peccati
      • L'Amicizia è la facoltà di preoccuparsi per la sorte altrui. E' empatia, carità, aiuto reciproco, reciprocità delle relazioni sociali, amore per il prossimo. Contrapposta all'amicizia è l'avarizia, che è il vizio di essere egoisti ed è pari solo al disprezzo dell'altro.
      • La Conservazione è la capacità di lavorare per la propria sopravvivenza. È la coscienza dei propri bisogni primari di cibo, acqua, sonno. Alla conservazione è contrapposta la golosità, che è l'abuso del piacere delle prime necessità, vizio di coloro che non hanno la misura delle necessità per la propria sussistenza.
      • L'Altruismo è la capacità di sacrificarsi per il bene della comunità aristotelica e per lo stato, a prescindere dalla propria individualità. E' la consapevolezza di essere parte di un tutto. Il dono di sè è contrapposto al vizio dell'orgoglio, che è la convinzione di essere in grado di vivere al di fuori della comunità, o essere in grado di raggiungere la condizione divina.
      • La Temperanza è la capacità di moderarsi, di seguire la via del giusto mezzo tipica dello status di credente, di mostrare comprensione verso i propri simili. Opposta alla temperanza è l'ira, che è il vizio di colui che si abbandona al suo odio verso altro, o che con tutte le sue forze tenta di lottare contro la sua condizione.
      • La Giustizia è la facoltà di dimostrare magnanimità, di riconoscere il valore degli altri, di individuare gli interessi degli altri. La giustizia è contrapposta all'invidia, che è il vizio di chi desidera beneficiare di un giusto compenso attribuito ad altri, o di chi aspira i beni o la felicità dei propri simili.
      • Il Piacere è la capacità dell'uomo di cercare di soddisfare le condizioni della propria felicità. E' la coscienza di sé, del proprio corpo, della propria anima e delle necessità di questi per rendere la propria vita felice e facile. Il piacere è contrapposto all'accidia, che è il vizio di coloro che entrano in depressione spirituale, di chi rimane passivo, che non hanno più gusto per la vita e che ignorano la propria soddisfazione.
      • La Convinzione è la speranza per un futuro pieno di promesse. È in senso più ampio la consapevolezza delle necessità e degli interessi futuri della comunità dei credenti, delle necessità della conservazione della specie (e quindi la riproduzione). Alla fede è contrapposta la lussuria, il vizio di colui che si compiace dell'abuso delle cose carnali e del nichilismo più totale.



      Credo Aristotelico
      Citation:
      Io credo in Dio, l'Altissimo Onnipotente,
      Creatore del Cielo e della Terra, degli Inferi e il Paradiso,
      Giudice delle nostre anime nell'ora della morte.

      E in Aristotele, suo profeta,
      Figlio di Nicomaco e Phaetis,
      Mandato ad insegnare la sapienza
      E le leggi divine dell'Universo agli uomini fuorviati.

      Credo anche in Christos,
      Nato da Miriam e Ioseph.
      Ha sacrificato la sua vita per mostrarci la via del Paradiso.
      Così dopo aver sofferto sotto Ponzio,
      Morì martire per salvarci.
      Si è unito al Sole dove l'attendeva Aristotele alla destra dell'Altissimo.

      Io credo nell'Azione Divina,
      Nella Santa Romana Chiesa Aristotelica, Una e Indivisibile,
      Nella Comunione dei Santi,
      Nella remissione dei peccati,
      Nella Vita Eterna.

      Amen



      Fonti
      - Dogma Aristotelico
      - Diritto Canonico RR
      - Libro delle Virtù

      Teologo ed autore: Padre Pobelcourt

      Fatto nell'Abbazia Cistercense di Noirlac il 22 agosto 1454 da Padre Pobelcourt, al tempo Gran Priore.

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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 7:37 pm    Sujet du message: Répondre en citant

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    L'Effluvio del Male (Demonologia, Possessione e Bestiario)


    Citation:
      L'effluvio del male da parte di Charles di Beauvais

      Mi sono avvicinato al male come uno dei pochi teologi che hanno avuto il coraggio e la forza di non affondarvi. Ho analizzato i nostri testi sacri, i nostri testi apocrifi ed anche alcuni scritti eretici chiusi nella torre della mia abbazia.
      Ho scoperto l'emanazione del male, essa ha un odore che mescola lo zolfo e la putrefazione, non contiene nessun odore piacevole al quale ricollegarsi, poiché l'emanazione del male è come il male stesso, l'assenza totale di bene. Quest'odore si trova nelle notti di luna piena attorno alle paludi che riflettono l'inferno sulla terra, si trova nelle profondità in cui la luce divina non giunge. È l'odore che si trova presso i suicidi che si sono chiusi per rinunciare al regalo della vita, sui campi di battaglia quando il ferro ha preso il passo sul verbo.
      Ho tuttavia voluto affrontare quest'odore per studiare le creature che rappresentano il male ai nostri occhi. Ho letto le relazioni degli esorcisti per comprendere ciò che sono i demoni che a volte si nascondono fra noi, ho confrontato le mie letture e ne traggo conclusioni che, al giorno d'oggi, all'approccio dell'anno mille, potrebbero condurmi al rogo.
      La mia prima conclusione è che i demoni sono in realtà delle anime che hanno rifiutato di intraprendere la strada verso il loro giudizio e hanno deviato dalla via tracciata dal Creatore per la razza degli umani. Non sono legati affatto ai sette principi demoni, custodi degli inferi.


      A) Tipo e scopo dei demoni terrestri:

      I demoni terrestri sono dunque anime che, rimaste sulla terra, vogliono continuare a sopravvivervi possedendo un corpo umano. Ho potuto determinare che esistono 4 grandi categorie.

        1) Il demone passionale, il tipo Egocentrico (centrato sul suo ego)

        Il demone Egocentrico pensa che Dio non abbia alcun diritto su di lui e vuole continuare a vivere la sua passione sulla terra attraverso il corpo posseduto. Utilizza in generale tutti i mezzi per ottenere del piacere, che sia con la lussuria, il furto oppure l’assassinio di coloro che l'hanno ferito in passato.

        2) Il demone morboso. Il tipo Thanatoquester (cercatore di morte)

        Il Thanatoquester è considerato molto pericoloso da parte degli esorcisti, rifiuta di farsi giudicare poiché trova ingiusto di essere morto dato che pensa che gli altri meritano 100 volte tanto di morire più di lui. Obbliga durante i deliri la sua vittima ad uccidere tutti gli esseri che le sono cari. Alla fine, spinge la sua vittima all’accidia e infine al suicidio. Si racconta che, che ogni volta che é riuscito a spingere il posseduto al suicidio, il Thanatoquester aumenta la sua forza con l'esperienza e prendendo inoltre una parte dell'energia dell’anima che ha controllato.

        3) Il demone vendicatore. Il tipo Tisirhée (flusso della vendetta)

        Ha rifiutato di farsi giudicare prima di avere potuto ottenere vendetta, e in generale se ne va dopo avere avuto la sua vendetta. Tuttavia, a volte è confuso con i demoni della morte poiché ha la tendenza di fare aumentare la mortalità attorno a lui.
        "Ira furor brevis est; animum rege: qui, nisi paret, imperat."
        (L'ira è una breve follia; controllate le vostre passioni: che, se non obbediscono, comandano.)

        4) Il demone dell'accidia. Il tipo tipo Laetitiacata (da laetitia, gioia, e da cata, in basso)

        Considerato poco pericoloso rispetto agli altri demoni, passa da corpo in corpo per portare tristezza e accidia, può spingere occasionalmente la gente al suicidio. Ha lo scopo principale di deviare gli altri dalla luce poiché egli stesso non l'ha trovata durante la sua vita.

        5) Il fantasma, o Anima Anxiosus, o Poltergeist

        Classificato spesso come demone poiché l'origine è la stessa, si potrebbe dire che il fantasma è un pre-demone, in quanto non ha preso possesso di un corpo. Non si può dunque propriamente parlare di esorcismo, anche se è spesso preferibile farlo fuggire per evitare precisamente che diventi realmente un demone "possessore". Sono generalmente gli esorcisti debuttanti, a bene vedere anche dei semplici sacerdoti, che inizialmente li combattono. Le manifestazioni dei fantasmi sono diverse, ma generalmente solo coloro che vogliono intenderli possono percepirli ed hanno l'impressione di vederli. Esistono casi dove testimoni riportano di aver visto delle anima anxiosus agire sulla materia muovendo degli oggetti, ma è praticamente sempre risultato che era uno dei testimoni che aveva agito coscientemente o inconsciamente per muovere l'oggetto. Infatti, l'anima anxiosus, per farsi intendere o vedere, agisce direttamente sulla nostra anima come se effettuasse un mini possesso. Le cose sono viste allora un po' come in un sogno, in cui la verità e l'immaginazione sono mescolate.



      B) Le altre creature terrestri:


        Le 3 leggi naturali

        Le tre leggi che disciplinano le reazioni delle creature sono "la sottomissione all'umano, la necessità di riprodursi e la necessità di nutrirsi". Se l'equilibrio tra le tre leggi è rispettato, la creatura conserva il suo posto nella creazione. A volte, quando la necessità di nutrirsi non è soddisfatta, certe creature violano una delle altre due leggi e possono rivoltarsi contro la loro progenie ed i loro simili, oppure, in casi ancora più rari, verso l'essere umano. È per questo che gli animali selvaggi, meno vicini all'uomo che gli animali domestici, possono occasionalmente attaccare e divorare gli esseri umani. Non è dunque una ragione demoniaca, neanche una punizione divina, che fa che i lupi uccidano a volte dei viaggiatori isolati: è piuttosto una rottura dell'equilibrio delle tre leggi della vita animale. Non essendo la vita vegetale sottoposta a queste leggi, quando c'è squilibrio, la vita vegetale si ferma semplicemente.

        Gli altri demoni terrestri

        Secondo le mie ricerche, sembra che non ci siano tracce confermate e inconfutabili sull'esistenza di creature demoniache terrestri, nemmeno di semplici creature sovrannaturali, differenti dalle anime smarrite di cui ho parlato precedentemente. D'altra parte, non ci sono spiegazioni semplici di alcuni eventi che ci sono stati in passato. Dogmaticamente parlando, ed essendo credenti, non si può ammettere che delle creature di Dio possano deviare della legge di Dio poiché non hanno ricevuto il libero arbitro. L'albero segue il ciclo che è suo, come fa il maiale, la mucca e la pecora. Tuttavia, delle circostanze estreme possono scatenare delle reazioni estreme. È così che, nonostante l'obbligo fatto per la creazione di essere sottoposta all'umanità, a volte alcune creature della creazione si rivoltano contro di noi quando c'è squilibrio nelle tre leggi della natura.

        Vampiro, licantropo ed altre creature demoniache

        Queste creature demoniache abitano le nostre superstizioni, ma non hanno una realtà tangibile. Se esistessero, sarebbero sottoposte alle tre leggi e non sarebbero sottoposte al libero arbitro come l'essere umano lo è naturalmente.
        Queste sono dunque nei fatti degli esseri umani che non hanno più la loro ragione e che credono di essere diversi, è una forma di eresia poco diffusa ove l'umano disconosce la sua umanità, dopo essere stato sottoposto ad un possesso demoniaco per la maggior parte del tempo, o esserne ancora posseduto. E' stato provato che, in occasione dei possessi, se il combattimento tra l’anima residente e l’anima demoniaca è violento, possono verificarsi delle modifiche fisiche. È da questi casi che provengono le leggende che parlano di creature polimorfe come i licantropi. I vampiri sono probabilmente, nella realtà, umani posseduti da demoni di tipo Laetitiacata diventati pazzi che fuggono così tanto la luce divina che escono soltanto la notte, e che cercano così tanto di ritrovare la loro umanità che tentano di prendere quella degli altri bevendo il loro sangue.
        Da notare che il dolore mentale può causare un forte dolore fisico e così trasformare anche il corpo. Allo stesso modo, si sono delle persone con una pelosità aumentata o dei denti più acuminati in seguito ad un'infezione. In sintesi, esisteno dunque al giorno d'oggi soltanto due tipi di creature terrestri, gli umani e quelle sottoposte all'umano.


      C) La nozione di diavolo e la Creatura senza nome:


      La sola creatura non legata alle leggi della creazione, è la Creatura senza nome. Tuttavia, la maggior parte dei teologi concorda nel dire che è un'allegoria per rappresentare la parte di dubbio che è in noi, e che, se effettivamente essa è ben esistita, ha dovuto finire sola e morire dopo il suo incontro con Christos. Vita di Christos capitolo 5: "Immediatamente, la creatura senza nome, che strisciava ai suoi lati, scomparì, lasciandolo alle porte del deserto".
      Alcuni dicono che erra ancora, ma essendo unica e senza potere, deve vivere nel timore dell'umanità molto più che di quanto noi abbiamo timore di essa. Alcuni la chiamano "il maligno" per ricordarci che il suo solo potere è di essere particolarmente dotata per farci accettare come giusto ciò che non lo è.

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    Dell'Amore Pragmatico di Dio


    Citation:


    Dell'Amore Pragmatico di Dio: Piccolo Discorso sulla Paura degli Inferi

    Io, Odoacre, figlio di Corinto e interamente dedicato a Dio, Aristotele, Christos e a tutta la Corte Celeste, vi presento sotto forma di piccolo discorso questa riflessione sulle paure mortali legate al divenire post-mortem delle nostre anime immortali.
    Dedico questo piccolo trattato al mio padrino ed amico, il Magnifico Cardinale, Duca di Beaujeu e Pari di Francia, per tutti i suoi benefici ed il suo santo patronato.


    Numerose sono le anime semplici ad amare Dio per timore del suo Castigo, per timore di vedersi condotte nella compagnia dei Demoni dopo la loro morte ed annegare per l'eternità in un oceano di sofferenza.
    Numerose sono le anime semplici a dubitare dell'amore di Dio, a credere che sia Ingiusto con essi e che malgrado tutti gli sforzi per essere dei buoni e virtuosi Aristotelici, non saranno amati abbastanza dall'Onnipotente per assaggiare la Beatitudine eterna.

    Certi chierici e persone che osano dirsi di Chiesa pretendono di giocare con queste paure, questi timori, terrori e dubbi per meglio attirare queste anime alla sottomissione, che essi credono Santa e Necessaria; tuttavia, la Fede non può essere il frutto di tali Strategie, Tattiche e Coercizioni. La Fede deve essere pura, generata dall'Illuminazione personale corredata di Ragione e di Logica: è con questa Ragione e questa Logica che conto di dimostrarvi che Dio vi ama e che siete degni di andare in Paradiso.

    Quando scegliamo di morire definitivamente - perché Dio nella sua infinita clemenza ha dato agli uomini la scelta della risurrezione infinita per permetter loro di progredire nella loro Fede e nella loro Virtù - i nostri corpi mortali si disgregano, ma le nostre anime immortali sopravvivono per essere giudicate dal Creatore. Gli uni saranno salvati ed andranno in Paradiso, per vivere nella completa comunione con Dio, tra gli Angeli; gli altri, i dannati, saranno in compagnia dei demoni per le eterne torture.
    Il Libro delle Virtù ci insegna che il Paradiso si trova sul Sole, astro Solare che riscalda la terra come anima, e che gli Inferi si trovano sulla Luna, astro Vampiro di cui la pallida luce serve solamente alle azioni perverse e malintenzionate della Notte.
    Dalla Notte dei Tempi, e ancora al giorno d'oggi, gli Osservatori del Cielo e dei Corpi Celesti hanno calcolato ancora la taglia, la massa ed il peso delle stelle: la loro conclusione unanime è che la Luna è molto piccola, più piccola che la stessa Terra, mentre il Sole é immenso, ben più imponente della Terra.
    Il Libro delle Virtù ci dice giustamente che Dio fu il Creatore di ogni Cosa; di conseguenza, è Egli che decise sia la taglia del Sole e sia quella della Luna.

    Che cosa concludere da tutto questo? Ci sono più posti disponibili nel Paradiso che nel Inferno, il numero degli Eletti, di coloro che furono, che sono e che saranno salvati è ben più importante del numero dei Dannati destinati agli Inferi. E' quindi con la Fede, la Ragione e la Logica, che io posso parlare dell'Amore pragmatico di Dio, che ama necessariamente più di quanto non rinneghi, salva più di quanto non danni, bacia più di quanto non castighi.
    Vi metterò tuttavia in guardia per pregarvi di evitare di andare alla deriva, che consisterebbe in credere che il Creatore sarebbe costretto a Salvare le vostre anime a causa della taglia dei Corpi Celesti: le sue vie sono impenetrabili e per la divina Onniscienza che lo costituisce di Natura, l'Onnipotente ha semplicemente previsto che meno anime sarebbero Dannate in proporrzione alle altre Salvate e che il Paradiso avrebbe bisogno di una più grande capacità di accoglienza che gli Inferi.
    Ciò è semplicemente la Prova della Fiducia incrollabile di Dio nella Chiesa Aristotelica e nei suoi Pastori, poichè Sa che per la sua Azione, il suo Insegnamento e attraverso la sua Pastorale, sarete condotti sulla Strada delle Virtù, e che è questa Certezza, costitutiva della vostra Fede, ad essere la sola Chiave che vi aprirà le Porte del Sole.

    Odoacre di Corinto

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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 7:40 pm    Sujet du message: Répondre en citant

Citation:

    Guida alla Famiglia Aristotelica


    Citation:
    La Famiglia Aristotelica

      Prologo:
      La "Famiglia Aristotelica" è un manuale che vi servirà ad educare i vostri bambini nella religione Aristotelica e di mostrare il posto a ciascuno nella famiglia.

      Introduzione:
      Un uomo ed una donna uniti in matrimonio formano con i loro figli una famiglia. Questa disposizione viene prima di qualsiasi riconoscimento da parte dell'autorità pubblica: si impone ad esso. E' considerata come lo standard di riferimento, in funzione del quale devono essere valutate le diverse forme di parentela. Creando l'uomo e la donna, Dio ha istituito la famiglia umana e la ha dotata della sua costituzione fondamentale. I suoi membri sono persone uguali in dignità. Per il bene comune dei suoi membri e della società, la famiglia implica una diversità di responsabilità, di diritti e di doveri.

      Il rispetto ed i doveri dei bambini:
      Il rispetto per i genitori è dato dal riconoscimento nei confronti di coloro che, con il regalo della vita, il loro amore ed il loro lavoro, hanno messo al mondo i loro bambini ed hanno permesso loro di crescere in altezza, in saggezza ed in grazia. "Con tutto il cuore, glorificate vostro padre e non dimenticate i dolori di vostra madre. Ricordatevi che vi hanno messo al mondo."
      Fino a quando il bambino vive al domicilio dei suoi genitori, il bambino deve obbedire ad ogni richiesta dei genitori motivata per il suo bene o per quello della famiglia. "Bambini, obbedite in tutto ai vostri genitori, poiché ciò è gradito a Dio". I bambini devono inoltre obbedire alle prescrizioni ragionevoli dei loro insegnanti e di tutti coloro ai quali i genitori li hanno affidati. Ma se il bambino è persuaso in coscienza che è moralmente cattivo obbedire a tale ordine, non lo farà.
      Crescendo, i bambini continueranno a rispettare i loro genitori. Anticiperanno i loro desideri, solleciteranno volentieri i loro consigli ed accetteranno i loro ammonimenti giustificati. L'obbedienza verso i genitori cessa con l'emancipazione dei bambini, ma non affatto il rispetto che resta sempre dovuto.

      Il dovere dei genitori:
      La produttività dell'amore coniugale non si riduce alla sola procreazione dei bambini, ma deve estendersi alla loro educazione morale ed alla loro formazione spirituale. I genitori devono intendere i loro bambini come figli di Dio e rispettarli come persone umane. Istruiranno i loro bambini a compiere il loro dovere verso Dio, mostrandosi essi stessi obbedienti alla volontà del Padre dei Cieli.
      I genitori sono i primi responsabili dell'educazione dei loro bambini. Dimostrano questa responsabilità inizialmente con la creazione di un focolare domestico, dove l'amore, il perdono, il rispetto, la fedeltà ed il servizio disinteressato sono di regola. Il focolare è un luogo adeguato all'insegnamento delle virtù. Ciò richiede richiede l'apprendimento di un giudizio sano e del controllo di sé, condizioni di ogni vera libertà. I genitori insegneranno ai bambini a subordinare le dimensioni fisiche ed istintive alle dimensioni interne e spirituali. Il focolare costituisce un ambiente naturale per l'iniziazione dell'essere umano alla solidarietà ed alle responsabilità comunitarie.
      L'educazione alla fede da parte dei genitori deve cominciare fin dall'infanzia più tenera. Si fornisce già quando i membri della famiglia si aiutano a crescere nella fede con l'esemplarità di una vita aristotelica in accordo con il Libro delle Virtù. L'insegnamento religioso familiare precede, accompagna ed arricchisce le altre forme d'insegnamento della fede. I genitori hanno la missione di far apprendere ai loro bambini a pregare e a scoprire la loro vocazione di figli di Dio.
      Diventando adulti, i bambini hanno il dovere ed il diritto di scegliere la loro professione ed il loro stato di vita. Si prenderanno queste nuove responsabilità nel rapporto di fiducia con i loro genitori, a cui chiederanno e riceveranno volentieri i pareri ed i consigli. I genitori si obbligheranno a non forzare i loro bambini né nella scelta di una professione, né in quello di un coniuge. Questo dovere di riserva non proibisce loro, al contrario, di aiutarli con pareri giudiziosi, particolarmente quando questi prevedono di fondare un focolare domestico.
      Alcuni non si sposano, al fine di prendersi cura dei loro genitori, o dei loro fratelli e sorelle, o per dedicarsi più esclusivamente ad una professione o per altre ragioni onorabili. Possono contribuire moltissimo al bene della famiglia umana.

      Epilogo:
      I bambini devono ai loro genitori rispetto, gratitudine, giusta obbedienza ed aiuto. Il rispetto filiale favorisce l'armonia di tutta la vita familiare. I genitori devono rispettare e favorire la vocazione dei loro bambini. Si ricorderanno ed insegneranno che la prima chiamata dello aristotelico è di seguire l'esempio di Christos. Ecco allora perché i genitori e bambini hanno il dovere di vivere in armonia nell'amore di Dio e nell'amicizia Aristotelica.


      Teologo ed autore: Padre Pobelcourt
      Fatto nell'Abbazia Cistercense di Noirlac il 22 agosto 1454 da Padre Pobelcourt, al tempo Gran Priore.

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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 7:42 pm    Sujet du message: Répondre en citant

Citation:

    Riassunto della vita di Aristotele


    Citation:
    LA VITA DI ARISTOTELE
    Aristotele nacque a Stagira, città della Grecia, figlio di Phaetis e del medico Nicomaco che fu, più tardi, il medico del re del Macedonia.
    A cinque anni, ricevette una rivelazione divina mentre visitava il Tempio di Appolo. Giurò, da allora, di dedicarsi alla ricerca della Verità.
    Quando la sua famiglia si installò a Pella, capitale del Macedonia, seguì i corsi di Epimanos fino all'età di quindici anni, epoca in cui i suoi genitori morirono.
    Fu affidato allora ad uno dei suoi parenti, Prosseno, che lo fa lavorare nei campi; ma, molto rapidamente, quest'ultimo, per sbarazzarsene, lo mandò ad Atene.
    Fu così che, a diciotto anni, si ritrovò a seguire i corsi del filosofo Platone, prima di separarsi da lui, in seguito ad una controversia sulla natura delle idee.
    Aristotele si installò allora ad Asso, dove fondò un'Accademia che tramanderà, alla fine della sua vita ad, uno dei suoi discepoli.
    Nel frattempo, era diventato precettore e protetto di Alessandro il Grande e si trasferì ad Atene. Dovette poi fuggire in seguito alla morte di quest'ultimo, perseguitato da coloro che gli rimproveravano la sua credenza in un Dio unico.
    Si rifugiò allora a Calcide dove morì, avvelenato da un schiavo originario di Atene.

    LE SUE IDEE
    1. L'unicità di Dio:
      Molto presto, Aristotele fu convinto dell'esistenza di un Dio unico e si impegnò tutta la sua vita a provare la veridicità della sua affermazione mostrando, per esempio, che esiste solamente una sola causa finale, dunque che Dio è unico, o affermando che: "Il divino è un Tutto unico e il divino è la perfezione, quindi la perfezione è unità. L’unità è la forma ideale delle cose."
    2. La ricerca della perfezione:
      Mostrò anche che il mondo è simbolo di perfezione, poiché organizzato secondo la forma perfetta delle sfere, la Terra è lei stessa tonda, e che questa perfezione era il riflesso della perfezione di Dio.
      Da allora, fu convinto che, per trovare la strada del bene, bisognava studiare il divino perché è la sola strada che conduce alla perfezione.
    3. La strada della Virtù:
      Aristotele distinse sette virtù, scaturite dalla Virtù divina (l'amicizia, la conservazione, l'altruismo, la temperanza, la giustizia, il piacere e la convinzione) ed il peccato assoluto, la negazione di Dio, composto di sette peccati che erano opposti alle virtù (l'avarizia, la golosità, l'orgoglio, la collera, l'invidia, l'accidia e la lussuria).
      Ora, a causa della sua imperfezione, l'uomo si trova sempre tra i due, non potendo né tendere alla Virtù divina, né al puro peccato.
      La strada della Virtù consiste dunque, per lui, in una "una tendenza a dirigersi verso la virtù essendo coscienti dell'impossibilità di raggiungerla", cercando la via mediana, il Giusto mezzo tra i due ("Non dobbiamo quindi sperare di raggiungere la perfezione in una o più virtù, perché ciò è impossibile e dunque peccato di orgoglio. Dobbiamo ricercare piuttosto il Giusto Mezzo tra ogni virtù ed ogni peccato.").
    4. Una vita dopo la morte:
      Inoltre, era convinto dell'esistenza dell'anima umana ("La curiosità dell'uomo ci garantisce l'esistenza della sua mente"), affermò l'immortalità di questa anima, e di conseguenza, l'esistenza di una vita dopo la morte.
      E' per questo che, conclude, gli uomini devono dedicare la loro vita terrestre a prepararsi per questa vita dopo la morte.
    5. Le idee sono legate alle cose:
      Infine, contrariamente al suo maestro Platone che pensava che le idee sono indipendenti delle cose, Aristotele inclinò per l'idea secondo la quale: "L’idea viene alla mente solo finché la cosa esiste. Facciamo parte di un tutto, e se un elemento diventa intelligibile, è proprio perché esiste."
    6. La Città ideale:
      Dedicò l'ultima parte della sua vita a riflettere sulla Città ideale.
      Per lui, questa è organizzata in tre cerchi, ciascuno con una funzione precisa: quelli che lavorano, quelli che combattono e quelli che pregano e formano la classe dei dirigenti politici e religiosi, per assicurare l'armonia del mondo.
      Non credeva nell'uguaglianza degli uomini, perché, diceva, "Non c'è amicizia possibile tra persone troppo diseguali. Un re si non può aspettare nulla da un mendicante; quest'ultimo è incapace di aiutarlo in caso di bisogno, mentre la mutua assistenza è la base dell'amicizia."
      Era convinto che la natura dell'uomo è di vivere in collettività, dunque la Città è il modo di organizzazione, e che ogni uomo doveva dedicarsi ad assicurare le condizioni dell'armonia in seno a questa.
      Di conseguenza, la sua condanna agli eremiti, accusati di essere i nemici del genere umano, fondamentalmente egoisti ed indifferenti ai loro fratelli.
    7. L'annuncio della venuta di Christos:
      Al tramonto della sua vita, Aristotele apprese che Seleuco, vecchio compagno di Alessandro e fedele ai principi che aveva insegnato tutta la sua vita, aveva appena avuto un figlio chiamato Antioco. Volle vedere allora questo bambino e profetizzò ciò che segue: "Giovane Antioco, il tuo destino sarà ispirato da Dio. Per mezzo di te, migliaia di uomini di popoli diversi si convertiranno alla parola del vero Dio. E fra questi popoli se ne troverà uno nel quale nascerà colui che finirà ciò che ho cominciato." E, sul suo letto di morte, rivelò che costui avrebbe portato il nome di Christos.

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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 7:43 pm    Sujet du message: Répondre en citant

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    Della Bellezza dell'Universo, del Numero d'Oro e dei Disegni dell'Altissimo


    Citation:
      Secondo numerosi studiosi aristotelici ed illustri teologi romani del passato, esiste una misura divina che renderebbe bello tutto ciò che risponderebbe a questa proporzione molto precisa. Questo numero divino avrebbe delle proprietà matematiche ed estetiche favolose. Sarebbe la materializzazione della scintilla divina nella natura ed il tentativo umano di rendere omaggio all'Altissimo costruendo dei monumenti alla sua gloria rispettando le divine proporzioni. Noi vi vediamo anche la rappresentazione fisica del concetto filosofico complesso del giusto mezzo Aristotelico al quale ogni uomo ed ogni cosa devono tendere per raggiungere il disegno divino.

      Il "numero di oro" si dice anche "Phi", in omaggio ad un teologo ed architetto greco chiamato Fidia, a cui si deve il Partenone dell'Acropoli di Atene. Meraviglia del mondo antico, il Partenone sarebbe infatti stato costruito secondo delle misure divine molto precise, al punto che la sua facciata si inserisce in un "rettangolo d'oro", vale a dire che il rapporto delle lunghezze è uguale a Phi. Il Sant'Uffizio ci insegna che questo numero è in effetti la risoluzione di un'equazione di secondo grado relativamente semplice: x² - x - 1 =0. La soluzione positiva si chiama " phi", è nota in valore esatto come (1 + √5) / 2 (dove "√" è la radice quadrata) ed è uguale a 1.6180339887498...
      Che Dio grande e bello, l'universo è la sua immagine!

      Ma in che cosa questo numero strano, generato dei disegni dell'Altissimo, può ben essere sinonimo di bellezza? La risposta si trova in origine in Egitto: migliaia di anni fa, fu costruita Cheope, la più alta piramide dell'epoca faraonica. L'altezza di una delle sue facce triangolari divisa per la metà del lato della base ci dà infatti "Phi", la cui rivelazione è stata data agli uomini dall'Altissimo. Le piramidi sono infatti il simbolo spirituale dell'antico Egitto, e sono la prima testimonianza storica dell'uso della proporzione divina. In seguito, il segreto del numero d'oro sarebbe stato tramandato grazie ad un altro precursore pre-aristotelico, il teologo e geometra Pitagora, e poi in tutta la civiltà greca, che se ne sarebbere servita per creare un buon numero dei loro edifici religiosi di "divine" proporzioni aristoteliche.

      Lo stesso profeta Aristotele ha scritto nella sua "Poetica", in un capitolo sull'estetica metafisica, che la bellezza della natura risulta dalla presenza di certe proporzioni, certe misure e ritmi armoniosi. La Santa Chiesa Romana Aristotelica ha così seguito l'ispirazione del suo profeta e, a sua volta, ha adottato il numero d'oro per materializzare i disegni dell'Altissimo. Lo si ritrova infatti a partire dal XII secolo in alcuni edifici. Questo è particolarmente vero per la cattedrale di Amiens, divinamente bella. Molte delle sue dimensioni corrispondono infatti alla divina proporzione. Tra le altre cose, la lunghezza della cattedrale, dal portale (le cui dimensioni dipendono dal Phi) fino all'altare, divisa per il Phi, dà esattamente il centro della cattedrale, sopra la navata centrale. Anche le facciate di numerose altre cattedrali hanno ugualmente rivelato l'uso frequente della divina proporzione, creando una sottile armonia, mescolando devota teologia e razionalità aristotelica.

      Veniamo alle divine proprietà matematiche del numero d'oro. Ne ha perlomeno due sconcertanti: il suo quadrato si ottiene aggiungedogli 1, ed il suo inverso togliedogli 1. Inoltre, un celebre teologo e matematico italiano ha un mezzo che permette matematicamente di ottenere un'approssimazione sempre più precisa di questo numero. Si tratta della famosa sequenza di Fibonacci: F(n) = F(n-1) + F(n-2) ove F(n) è l'ennesimo numero di Fibonacci. Ciascuno dei termini della sequenza è uguale alla somma dei 2 numeri precedenti. Questi sono i primi che si ottengono: 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89... Infatti, 3+5 = 8; 5+8 = 13; 8+13 = 21 ecc.

      Fibonacci ottenne questa sequenza a partire da una domanda sulla riproduzione e la proliferazione di una popolazione di conigli: "Possedendo inizialmente una coppia di conigli, quante coppie si ottengono in dodici mesi se ogni coppia genera ogni mese una nuova coppia a partire dal secondo mese della sua esistenza?". Il legame col numero d'oro? Compare a partire dal numero 3, dividendo ogni termine per il suo precedente. Più si avanza nella sequenza, più questo rapporto si avvicina al numero d'oro.
      Ecco un esempio:
      3/2 =1.5
      5/3 = 1.666...
      89/55 =1.61818...
      10946/6765 =1.61803399...
      Questo, a confronto, realizza già un'approssimazione di più di un milionesimo del numero di oro... La sequenza di Fibonacci appare anche quando si cerca di calcolare tutti i gradi di Phi.

      Ma cosa potrebbe ben corrispondere al Phi generato dai disegni dell'Altissimo, nell'ideale della bellezza? Questo numero, a parte i capogiri, non ha un gran che di estetica, assomiglia piuttosto ad un gioco di matematici. Ma, in realtà, la proporzione divina permette di fabbricare il dodecaedro. Si tratta di un poliedro a dodici facce, che fa parte dei cinque solidi di Platone. Ci sono infatti:
      - il tetraedro, simbolo del Fuoco;
      - l'ottaedro, simbolo dell'Aria;
      - l'icosaedro, simbolo dell'Acqua;
      - l'esaedro (il cubo), simbolo della Terra;
      - il dodecaedro, simbolo dell'Universo.
      Quest'ultimo ultimo infatti è il più complesso e si forma curiosamente a partire da Phi, che trova, grazie alla simbologia del dodecaedro, tutto il suo interesse estetico.
      Così, oltre alle sue sorprendenti proprietà matematiche, il numero d'oro rientra in una prospettiva religiosa, e permette a qualsiasi oggetto che soddisfi le sue proporzioni di essere più vicino a Dio, e così di una bellezza quasi divina.

      Ma questa bellezza che infonde il numero d'oro a tutto ciò che risponde alle sue proporzioni, che cos'è? Noi possiamo dare parecchi significati. Si può infatti trovarla come un'applicazione diretta del pensiero di Aristotele, perché l'armonia risultante da proporzioni (come quella divina qui trattata) diventa allora il fondamento stesso della bellezza del mondo. Ma la bellezza si trova ugualmente anche nelle teorie del suo professore Platone: il mondo è un'immagine più o meno esatta dei principi assoluti chiamati Idee ("eidos" in greco). Le Idee si incarnano negli oggetti, attraverso i quali il saggio può riconoscere la bellezza. Una cosa è bella se è esattamente ciò che dovrebbe essere per sua natura, vale a dire se si avvicina al massimo grado possibile all'Idea stessa di ciò che è. Dunque, la divina proporzione permette alle cose di essere più belle, avvicinandole al mondo delle Idee che solo la ragione può cogliere. Ma si tratta ugualmente di Bellezza, in quanto principio estetico assoluto e divino, apprezzabile dall'Uomo, qualunque siano le sue opinioni su qualsiasi norma estetica.
      Così, qualsiasi creazione che riconosce la divina proporzione deve essere apprezzabile dall'umanità intera, perché questa può vedere il sublime e la perfezione della creazione dell'Essere divino. Perché l'opera di Dio non è essa stessa la sublime per eccellenza?


      Scritto da Etiled, curato di Narbonne, e Frate Roger, Teologo del Santo Uffizio.

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    L'Umiltà


    Citation:
      O il Fiore dei Santi

      Io, Lodovicus, prete aristotelico al servizio dell'Altissimo, ho deciso in questo giorno di mettere per iscritto la mia meditazione sull'umiltà che voglio chiamare "Fiore dei Santi." Prego Dio che ispiri la mia penna e benedica il mio lavoro volto all'opera della santificazione di tutta la Chiesa. Con l'esempio e l'intercessione di San Bynarr e del Beato Morgan di Sauvigny, che sono modelli di umiltà, che Egli benedica anche me e mi insegni ancora più quest'umiltà.
      Quest'opera tratterà della definizione dell'umiltà, del carattere fondamentale di questa virtù per il servizio della Chiesa, e la bellezza che essa dona alla vita dei santi.

      Che cos'è l'umiltà?
      Umiltà... umile... umiliato...humus... Che rapporto c'è tra queste parole?
      Quale di queste parole di umiltà ci fa paura mostrandoci uno svuotamento estremo? L'umiltà è il principale avversario dell'orgoglio, della superbia e dell'arroganza. Tutti questi mali che deformano il nostro dono di sè a Dio, questi mali che provengono dall'eterna tentazione dalla Creatura Senza Nome e che ci fanno sentire superiori e ci fanno ribellare di fronte a Dio.
      L'umiltà non è la modestia. La modestia è non essere troppo orgogliosi, è non mostrare di essere fieri in attesa di venire lusingati dagli altri, molto spesso per orgoglio. Questo è l'approccio di umiltà, ma senza Dio. Perché l'umiltà è inutile senza Dio: se Dio non è, allora questo mondo mortale è di vana importanza , quindi gli onori di questo mondo sono solo dei beni da afferrare e l'uomo ha il potere di imporsi agli altri uomini.
      Essere umili, e umiliarsi, è rigettare l'idea di riconoscere il nostro potere e riconoscere invece il potere di Dio, il nostro eterno Creatore: "Non a me, mio Dio, ma a Te, il potere, l'onore e la gloria!" come dice un antico salmodio. Umiliarsi davanti a Dio è riconoscere che è Egli è l'unico che ha il potere di colmare il nostro cuore e di darci riposo, pace e felicità. A un Dio che ci ha creati e ci conosce da prima che il mondo esista, a cui dobbiamo tutto, che ha scelto di uscire dal nulla, per dare vita alla nostra anima, la lode eterna!
      Ma essere umili è anche umiliarsi davanti agli uomini e agli eventi della vita. A volte, il nostro amor proprio, il nostro onore è messo a dura prova a causa di altri uomini che vogliono schiacciarci con il loro orgoglio o che adulano il nostro. In questi momenti, occorre dimenticarsi nella preghiera e nella lode a Dio, che nella sua onnipotenza si fa umile accanto a noi, con la sua presenza confortante. A volte, è dalla malattia, dalla sofferenza, dalla morte, dall'insuccesso, dalla coscienza del peccato che dobbiamo imparare l'umiltà. In questi momenti, come Christos sulla croce, noi dobbiamo offrire la sofferenza per la redenzione del mondo e pregare Dio per liberarci dal peccato.
      Questa umiltà che dobbiamo apprendere è l'humus, il terreno fertile della fede. La fede senza l'umiltà non porta alcun frutto, resta magra e l'orgoglio, stringendo il nostro cuore, la fa lentamente morire: per legarci alla Chiesa, con la quale non saremmo più in comunione, non ci resterebbe che l'abitudine, le funzioni, i titoli, l'onorabilità e l'ambizione; tutto ciò che ci lega al mondo, altro non fa che tagliare il nostro rapporto con Dio e gonfiare il nostro orgoglio.

      L'umiltà: l'humus della fede, il cemento della Chiesa
      Senza umiltà, la fede non può crescere e svilupparsi. La fede fa la Chiesa, l'unità di questo grande organismo proviene dalla sua fede. Ma l'umiltà è una necessità vitale perchè la Chiesa, insieme dell'assemblea dei fedeli, non può, non deve funzionare per l'ambizione ma per il servizio dei fratelli. Ciascuno deve conoscere il posto che Dio gli ha riservato e conservarlo. Ciascuno deve sentirsi chiamato là dove egli desidera essere inviato, perché un uomo che non è al suo posto non può essere un buon servitore. Essere al proprio posto è essere umili, ma, se non bisogna sopravvalutarsi, non bisogna nemmeno sottovalutarsi e degradarsi, perché Dio, creandoci, ci ama, e sa il nostro valore.
      Il servizio della chiesa deve appoggiarsi su un dono di sè totale e definitivo. L'uomo che desidera votare la sua vita a Dio non deve farlo a metà, e nel suo dono, non deve cercare il suo interesse, altrimenti metterebbe in pericolo tutto l'equilibro dell'edificio. La Chiesa non è opera di uomini, è nel mondo, al servizio del mondo, ma non è il mondo. La sua missione non è sembrare buona, non è dire ciò che tutti vogliono sentire, non è introdursi nei salotti mondani: no, questo è solo orgoglio e vanità. La sua missione non è quella di essere grande, potente ed imponente. No, deve agire alla luce del Sole, a piccoli passi, per formare un popolo santo ed una nazione di santi. Importa poco il numero, importa poco la forza: se ha la qualità, se tende a Dio, condurrà a Lui tutte le anime.
      Spesso, sento dire che la differenza tra un incarico di Vescovo ed un incarico di Duca è che la prima è di ordine immateriale e spirituale, e che l'altra di ordine puramente temporale! Tutto questo è vanità!
      Se un Duca è fedele alla fede, casto nei suoi rapporti umani, e dirige secondo i valori aristotelici il suo ducato, non pensate che faccia meglio la volontà di Dio che un Vescovo assente, sognante la sua porpora, altezzoso davanti all'ignoranza dei fedeli e violento nei confronti delle loro incredulità? E credete di mantenere tutti i vostri titoli in paradiso, ammesso che andrete lì? No, sarete giudicati solamente secondo l'amore che avrete rivolto a Dio ed ai vostri fratelli, e secondo il modo con cui avete servito la Chiesa; i vostri titoli sono solo temporali.
      Così, l'umile servizio della fede, costruendo l'amicizia, alla quale siamo chiamati da Aristotele, distruggendo la concorrenza, l'invidia e la gelosia, rinsalda i fedeli tra loro; questo è il motivo per cui l'umiltà è il cemento della chiesa.

      Il Fiore dei Santi
      L'umiltà è la bellezza della vita dell'aristotelico, è il suo fiore. Un fiore che sboccia, che rende gli uomini felici e che porta frutti, seminando i suoi pistillli.
      Il carattere più notevole della vita dei Santi è l'umiltà. Non sono lontano dal pensare che è anche l'elemento costitutivo della santità. Tra un umile ignorante che offre ogni momento della sua vita ad operare secondo la volontà dell'Altissimo e tra un nobile brillante di intelligenza, dalla maestà insolente, fiero dei suoi exploits militari e di aver condotto i suoi intrighi a buon fine, chi è il più santo?
      L'umiltà rende l'uomo bello, perché vediamo in lui la scintilla di Dio: cos'è che permette a quest'uomo di amare e donarsi senza misura? È Dio. Gli intrighi, le ritorsioni, le rivalse. Queste sono causa dell'odio e del male degli uomini, che, negando Dio, perseguitano gli uomini che sono segnati dalla felicità che Egli dà.
      Questa umiltà è espressa nella vita di due uomini che ho conosciuto nella mia gioventù: San Bynarr di Sémur ed il Beato Morgan di Sauvigny.
      Entrambi hanno adoperato tutta la loro vita per la gloria di Dio e per la Salvezza del mondo con discrezione. Senza mostrarsi più di quanto non occorresse.
      San Bynarr fu cardinale, aveva la sua sede presso la Curia e portava la sua saggezza nel corso dei dibattiti a quali prendeva parte. La sua dolcezza calmava le anime tormentate e leniva la collera. Ma la saggezza e la dolcezza venivano solamente da un focolare: la sua fede che cresceva in una grande abnegazione.
      Il Beato Morgan di Sauvigny è meno conosciuto, ma quelli che se ne ricordano sono illuminati ancora del suo passaggio tra noi. Anche lui era caratterizzato da saggezza e dolcezza, spinto nell'umiltà più profonda e nella preghiera più fervente. Di onori, non ne voleva, di incarichi, non più di quelli che poteva sostenere. Ogni cosa cominciata, voleva finirla nel migliore dei modi, senza distrazioni. Servire Dio e tendere alla santità, ecco la sua sola ambizione. Per questo, aveva redatto una piccola regola di vita che tentava di seguire giorno dopo giorno. Vita di preghiera, vita di servizio, vita di missione, dove il peccato doveva essere combattuto senza tregua. La sua debolezza di essere umano, la conosceva e l'accettava nella sua umiltà, ed è per questo che è riuscito a superarla.
      Le vite dei santi devono essere un modello per tutti noi. Essi rendono la fede viva e accessibile. Ho cercato qui di presentarvene due per cui ho una grande devozione e che ci possono insegnare un valore che credo sia essenziale per la vita della Chiesa, e che, paradossalmente, è la sua forza: l'umiltà. Possiamo trovare la forza di essere umili davanti a Dio e agli uomini.


      Dato alla Chiesa il 18 maggio 1456

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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 7:48 pm    Sujet du message: Répondre en citant

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    La Santa e Giustificata Violenza


    Citation:
      Per i cavalieri crociati, che sicuramente combattono per l'Altissimo, senza timore di peccare uccidendo i loro avversari, né di perire, se si fanno uccidere loro stessi. Che la morte sia subita, che sia data, è sempre una morte per l'Altissimo: non ha niente di criminale, è molto gloriosa. In un caso, è per servire la fede; nell'altro, permette di guadagnare il Sole: l'Altissimo permette infatti che si uccida un nemico per vendicare la fede, e l'Altissimo allora si donerà più volentieri ancora al cavaliere per consolarlo. Così, dicevo, il cavaliere crociato dona egli stesso la morte senza temere niente; ma muore con ancora più sicurezza: è lui che beneficia della sua propria morte, l'Altissimo della morte che egli dà.

      Perché non è senza ragione che porta la spada: è l'esecutore della volontà divina, sia per castigare i malfattori o per glorificare i buoni. Quando mette a morte un malfattore, non è un omicidio, ma, se oso dire, un malicidio. Vendica l'Altissimo da quelli che fanno il male; difende gli aristotelici. Se è ucciso egli stesso, non perisce: raggiunge il suo obiettivo, l'obiettivo di tutti gli aristotelici, l'ultima tappa del cammino della virtù: il Sole. La morte che infligge è a profitto dell'Altissimo; quella che riceve, al suo proprio. Dalla morte del pagano, l'aristotelico può ricevere gloria, poiché agisce per la gloria dell'Altissimo; nella morte dell'aristotelico, la generosità di Dio dona sfogo: fa venire il cavaliere a lui per ricompensarlo. Nel primo caso, il giusto si rallegrerà vedendo il castigo; nel secondo, dirà: "Poiché il giusto ritira del frutto della sua giustizia, c'è senza dubbio un Dio che giudica gli uomini sulla terra."

      Tuttavia, non conviene uccidere i pagani se si può trovare un altro modo per impedire loro di assillare o di opprimere i fedeli. Solo i più dotti prelati, i nostri cardinali, possono giudicare se sia meglio che i pagani siano uccisi, piuttosto di lasciare la minaccia che rappresentano i peccatori sospesi "al di sopra della testa dei giusti", per paura di vedere i giusti lasciarsi trascinare a commettere iniquità.

      Che siano rigettati lontano dal Sole, quelli che commettono iniquità, quelli che si sforzano di togliere le inestimabili ricchezze che Gerusalemme riserva al popolo aristotelico, quelli che vogliono sporcare i Luoghi Santi e appropriarsi del Santuario di Dio. Che le due spade dei fedeli siano sollevate sulla testa dei nemici, per distruggere chiunque si alza contro la fede di Dio, ovvero quella degli aristotelici, "affinché le nazioni non dicano: dove è il loro Dio?"


      Testo redatto dal defunto monsignore Zabouvski,
      sotto l'ispirazione dell'opera di San Bernardo e soprattutto della tematica delle crociate in Terra Santa

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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 7:51 pm    Sujet du message: Répondre en citant

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    Sulla Scomunica Apostolica


    Citation:
      La natura, gli effetti e le conseguenze per i fedeli che ne sono colpiti.

      Introduzione

      La scomunica è uno stato in cui il credente si trova a commettere un peccato la cui gravità supera la misura comune degli errori commessi dagli uomini durante la loro vita. La scomunica è un risultato derivato dalle scelte dei singoli fedeli e del loro libero arbitrio. Per metonimia, la scomunica è l'atto o la sentenza con la quale i fedeli sono indicati dall'autorità ecclesiastica come fedeli in uno stato di scomunica. La distinzione di questo duplice uso del concetto di scomunica è necessario per una comprensione della dottrina della scomunica; senza di essa, non si può cogliere la piena portata della condizione scomunicato fedeli.


      Suii Diversi tipi di scomunica

      La scomunica è una censura ecclesiastica diversa da altre: essa si differenzia da altre censure come sospensioni, divieti, interdizioni e anatemi. Poiché si tratta di una grave censura di scomunica che ha due caratteri diversi. Possiamo distinguere la scomunica latae sentenciae e scomunica ferendae sentenciae.

      Questa differenza risiede in una qualche forma di gravità del reato, ma soprattutto per la natura di esso, e per gli ammonimenti generali e perpetui prodotti dal reato. I casi di scomunica latae sentenciae sono quasi sempre chiario ed evidenti. Si tratta di un atto la cui natura intrinseca viola le leggi e le basi più elementari della Chiesa. Oltraggiando i Libri delle Virtù, contaminando intenzionalmente o dissacrando una chiesa, negare pubblicamente o in privato un punto fondamentale del dogma, omicidio in modo turpe fedele, attaccando violentemente il Papa, impadronirsi di una cattedrale o di un vescovato, ... ognuno di questi è un atto la cui natura e la stessa intenzione forniscono un chiaro messaggio di insulto, di falsa testimonianza e di negazione della fede. Sia che tali atti sono commessi in segreto o pubblico, i fedeli rei di tali azioni si trovano senza dubbio in un tenebroso stato di scomunica, perché la loro azione è commessa dinnanzi agli occhi di Dio o della Comunità quando commessa alla luce dei fedeli, e tali atti fanno si che tale fedele scomunicato sia relegato inesorabilmente fuori dalla sua comunità in quanto tali atti riflettono un rifiuto della stessa.

      I casi di scomunica ferendae sentencia vengono seguiti da un processosistematico davanti ai tribunali della Chiesa, dopo un attento studio del caso da parte dell'autorità ecclesiastica, o vengono seguiti da ammonizioni da parte dalle autorità religiose. Viene emessa una scomunica in caso di ostinazione colpevole nel voler rimanere in stato di errore, errore che va definito e dimostrato dal giudice o dall'autorità ecclesiastica. E 'attraverso il mancato riconoscimento del magistero della Chiesa e l'interpretazione dei dogmi, mettendosi in netto contrasto come le dottrine e i canoni che il fedele reo di tali atti è condannato per apostasia.


      Sulla natura della scomunica

      Tutti i fedeli possono quindi in qualsiasi momento condurre se stessi in questo stato di scomunica, dopo un grave peccato da loro commesso. Ci si viene così a trovare al di fuori della comunità cristiana dal momento che si ha avuto più rispetto per il peccato che dolore per aver ferito e tradito l intera comunità aristotelica. Che si tratti di peccato commesso in pubblico o commesso in segreto, tale fedele cade in stato di scomunica ; egli è quindi "scomunicato". Se dovessimo usare una parabola per far capire meglio il quadro della distinzione tra stato e sentenza, potremmo scegliere quella di falsa testimonianza, quella di un uomo, per esempio, che promette fedeltà al Signore e poi lo ha tradito in segreto rompendo il suo giuramento. Anche se nessuno è consapevole del suo tradimento, sarebbe tuttavia falsa testimonianza, e qualsiasi dichiarazione successiva sarebbe solo un formalizzare il suo atto e la sua errata convinzione. Ciò vale anche per l'atto ecclesiastico di scomunica, il quale conferma solo uno stato precedente. Il colpevole è colui che ha perpetrato un azione sotto il libero arbitrio dato agli uomini,e la scomunica viene data ipso facto all l'autore del reato,criminale e vassallo del peccato e traditore del suo signore.

      Si noti, tuttavia, che il peccato è riconosciuto come tale solo dal momento in cui i fedeli che hanno commesso peccato giungono a rendersi conto che il loro atto è contrario alla virtù aristotelica. È per questo che la Chiesa rivolge ammonimenti che informano il peccatore della illiceità del suo atto e la violazione della fede di cui egli è colpevole. Poi il fedele viene anche invitato a ritrattare e a riconoscere il suo errore.


      Così, la Chiesa "colpisce di scomunica" come recita la formula classica, una volta studiato il caso del peccatore, e valutato se il peccatore ha commesso peccato producendo come risultato uno stato di scomunica. Ed è soltanto alla fine di questo studio che la Chiesa applica questo stato, e non retroattivamente, ai suoi i fedeli. Inoltre, se si finisce per colpire gli imputati di scomunica, questa scomunica non si applica al momento della pubblicazione dell'atto, ma tale atto riconosce con effetto retroattivo che il peccato commesso dal fedele autore del reato a partire da quando commise il suo errore, tale stato di scomunica. Allo stesso modo, e se prendiamo il nostro esempio, il vassallo è reo di falsa testimonianza non solo dal momento della sentenza del tribunale, ma dal momento in cui ha rotto il suo giuramento al suo signore. La sentenza non fa che segnalare e confermare nella sua portata giuridica, lo stato di crimine come uno stato di scomunica.

      Stabilire una scomunica apostolica come sentenza, è compito dell'autorità pontificia o per delega, dell'autorità dei Cardinali, a nome della Chiesa di Dio e a gloria della potenza dell'Altissimo, dal momento che il primo tra apostoli, Titus, ha ricevuto il potere di legare e sciogliere sulla terra. Si tratta di una censura ecclesiastica che esclude i fedeli della comunità aristotelica e in virtù della quale vi è la privazione dei legami con la società dei fedeli. Questa condanna è più che una separazione fisica che vieterebbe la convivenza con la Comunità ma una separazione sacramentale dalla Chiesa, e quindi della sua funzione spirituale medicinale da un vero e proprio abbandono dei fedeli al mondo della Bestia senza nome privandoli formalmente dalla sicura intercessione Apostolica.

      Sulle conseguenze della scomunica

      Questa marginalizzazione dei fedeli scomunicati è immagine di quella presente nel libro della creazione in cui la Creatura senza nome è condannata da Dio in ombra e solitudine per aver osato confrontarsi, sfidare vedere, il Creatore durante l'episodio narrato nel testo:

        « Poiché sei così sicura della tua scelta, ti lascio l'occasione di provarlo. Conserverai il tuo spirito, ma il tuo corpo sarà fatto d'ombra. Così, vivrai, sola, accanto agli umani, fino a che ti libereranno dalla tua pena. Così, nessuno la vedrà e nessuno la nominerà, poiché io stesso ho deciso di non farlo. »


      Alla luce di questo rapporto creazionale, la Chiesa mette alla prova i fedeli scomunicandoli nell'anticamera del mondo attuale, come Dio ha fatto con la Creatura senza nome condannandola all ombra e mettendola fuori rispetto alle creature della comunità dell'Onnipotente. Ciò espone il peccatore a sperimentare una situazione insostenibile perché fuori dalle grazie di Dio, abbandonato a se stesso. Un esperienza spirituale piena di potere del male e del male che corrompe il mondo fuori della Chiesa non può che portare alla ricerca e al desiderio di essere restituito alla comunità che porta il vero fedele alla vita e alla sicurezza. La scomunica provoca paura della vita eterna in un eterno inferno, e mostra ai fedeli le disgrazie che ha generato attraverso le proprie azioni contro i giusti, come la sensazione avuta da Iosippo nel vedere nel sogno la punizione finale che l'Onnipotente intendeva infliggere i peccatori:

        « Ho guardato la pozza d acqua in cui mi sono state fatte vedere tutte queste immagini orribili. Tremavo in tutta la mia anima, per la sofferenza e le grida delle poveri vittime di queste quattro calamità che ancora risuonavano mio cuore. Ho pianto calde lacrime, per quanto era orribile la sorte di questi poveri.

        Così Dio, con una voce calma e soave, mi ha detto: "Guarda, come il rischio di veder finire il mondo che amo così tanto. Esso sarà distrutto da acqua, terra, vento e fuoco. [...]

        Se, ancora una volta, ti allontanerai da me, quello che hai visto nella pozza si compirà. »


      Per i fedeli battezzati, lo stato della scomunica dovrebbe essere una situazione di conflitto personale e spirituale. Questa situazione è sia una punizione sia una penitenza, punizione e rimedio, in quanto punisce l'uomo da una situazione di tormento, permettendogli spiritualmente di guarire ponendogli davanti gli errori commessi, effetto ora della sofferenza punitiva.

      Si hanno quindi diverse dimensioni. In effetti, la scomunica, che è una privazione della comunione dei fedeli che hanno il privilegio di ricevere i sacramenti, è un problema sociale che coinvolge la relazione della persona con la città; ma è anche spirituale dal momento che al fedele scomunicato viene proibito di ricevere i benefici normalmente propri della comunità militante e trionfante. Ora questi benefici sono indispensabili in quanto aiutano a mantenere i fedeli sulla via della virtù e offrono la protezione contro gli attacchi da parte del male e l'odio del maligno. Così Dio, nello stesso sogno della Fine dei Tempi, disse a Iosippo:

        "Ho fatto si che aspirino alla virtù, e ho fatto in modo che se uno di voi l avesse praticata, l avrebbe potuta comunicare agli altri.»


      Lo Scomunicato pertanto non gode più dei benefici della comunità militante, della speciale grazia accordata dall Onnipotente attraverso l'azione divina e dall'opera dei Santi. La pena della scomunica è davvero un abbandono alla Creatura senza nome, la quale acquista un potere più grande per essere scatenarsi contro la condotta del reo ormai privo della protezione offerta dalla famiglia aristotelica.

      Infine, la funzione medicinale della scomunica risiede più nella dimensione spirituale di quest'ultima che nella sua dimensione sociale: è nell'esperienza e nella realizzazione della miseria spirituale che il peccatore può essere a conoscenza della misura della sua colpa sua. Privati ​​della comunione dei fedeli e dei santi, la speciale grazia di Dio e il culto sacramentale, i fedeli scomunicati che comprendono la portata dei loro errori cercano di lasciare la loro posizione di tormento cercando inesorabilmente un ritorno alla chiesa senza la quale e fuori dalla quale è impossibile vivere nella pace. Per virtù del primo sacramento che è il battesimo che da voce alla vita nella comunità aristotelica dei fedeli si richiede che richiede venga fatto crescere spontaneamente e nutrito nella verità e nella Chiesa di Dio che è colei che amministra sacramenti in nome dell'Onnipotente ed è la voce della sua parola. Se la Chiesa mette da parte i fedeli, che non abbandona definitivamente così sia! Così procede allo stesso modo in cui Dio ha fatto con la distruzione di Oanylone lasciando agli uomini la possibilità di fuggire dalla città condannata prima della sua fine; una perdita che ha fatto loro riscoprire il frutto del lavoro e dei benefici consegnati alla Terra dal Creatore (Preistoria, capitolo VI e VII): di fronte alla miseria, l'uomo si rende conto di che cosa ha perso!

      Conclusione

      La potenza e la funzione della scomunica è molteplice. Guarisce, punisce e conduce alla fede. Tuttavia, resta di esclusiva responsabilità dei fedeli che per i loro peccati, si trovano al di fuori della comunità aristotelica. E 'per questa ragione che la Chiesa e l'autorità ecclesiastica possono "generosamente graziare" perché non è in loro potere cambiare una situazione. Essi possono solo constatare. Infatti, come abbiamo dimostrato, non è la Chiesa che pone i fedeli fuori di essa, ma i fedeli liberi di scegliere, lo fanno "liberamente". E 'solo lavorando su se stessi, avendo fatto confessione di tutti i peccati con l'espressione di un sincero rammarico, richiedendo il perdono a Dio per i reati commessi, e ricevendo il sacramento della confessione, che lo scomunicato può essere ripristinato nella comunità fedele dei fedeli, attraverso il dono dell' assoluzione.



      Aaron de Nagan,,
      Arcivescovo di Cesarea.


      + Padre Napoleone87
      Traduttore


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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 7:55 pm    Sujet du message: Répondre en citant

Citation:

    Revisione critica del Testamento del pseudo-Aristotele


    Citation:
      di sua eminenza Aaron de Nagan, arcivescovo di Cesarea.

      Dopo la scoperta di documenti di grande importanza in Grecia, che sembrano essere fondamentali per la fede e la dottrina della Comunità aristotelica, è risultato necessario esaminare attentamente l'integrità, alla luce dei testi sacri e le tradizioni ecclesiastiche, di questo "testamento di Aristotele" attribuito al Santo Profeta e da alcuni sostenuto d' essere autentico e genuino. L'esame critico segue quindi indubbiamente la veridicità di questo lavoro e cerca di stabilirne l'autenticità.


      È importante, prima di tutto, per interrogare l'origine e la pertinenza di un documento di tale importanza storica e spirituale confrontandolo con altri documenti scritti nello stesso tempo. In effetti, la maggior parte degli scritti del Santo Profeta hanno attraversato le età e, per i testi più importanti e fondamentali, ci siamo riusciti a pieno, direttamente o tramite i Padri e i Dottori della Chiesa. L'insegnamento di Aristotele, di ispirazione divina, dopo la sua morte, è stato tramandato alle nuove generazioni, che a loro volta hanno fatto gioire di ciò i loro figli, in attesa, nei secoli, della venuta del secondo profeta annunciato.

      Aristotele, emblema della ragione, ci invita a prendere qualsiasi nuova teoria con prudenza, saggezza e riflessione al fine di definire le verità autentiche. È pertanto legittimo mettere in dubbio l'autenticità di questo documento, tenendo a mente questa domanda: Come può un documento di tale importanza che non è stato trasmesso al resto della didattica dal Santo Profeta? Rimasto nascosto e ignorato dalla morte di Aristotele, come mai l'esistenza o il contenuto non è stato rivelato da Christos tre secoli più tardi?

      Considerando rivelazione divina quella basata sugli insegnamenti di Aristotele e Christos come le due fonti della fede, è necessario studiare questa volontà nei confronti di diverse previsioni dei profeti. Infatti, è l'unione dei due insegnamenti che hanno dato origine alla dottrina della Santa Romana Chiesa Aristotelica. Uno non sostituisce l'altro, l'insegnamento di un non è meno importante rispetto agli altri. Entrambi sono complementari. Così, come ha rivelato giustamente un teologo della Abbazia in Noirlac MCDLIII: "Lo studio della filosofia e della teologia deve essere sviluppato in questo spirito di unione. [...] Così i Sacri Libri della Rivelazione Christos e quelli della Rivelazione della Parola scritta da Aristotele deve essere letto insieme e si completano a vicenda. "

      Che cosa guardare, su cosa concentrarsi e che che cosa fare?

      Al fine di non dare per certo ciò che non è ancora ufficiale, non assegniamo immediatamente il testo al Santo Profeta, ma in attesa di nostre conclusioni finali alla fine di questa revisione, parleremo dell'autore come "pseudo-Aristotele" al fine di affrontare distintamente Aristotele e gli scritti che noi attribuiamo ad esso.

      A prima vista, non è sciocco credere che l'Altissimo, nel suo desiderio di trasmettere la verità alle Sue creature, ha lanciato nello spirito di Aristotele un nuovo sogno di mettere in guardia le future generazioni dai potenziali eccessi tirannici negativi di una classe sull'altra. Quindi, se accettiamo il fatto che il secondo sogno raccontato nella volontà del pseudo-Aristotele è vero ed è di origine divina e anzi che Aristotele ha vissuto questo sogno, ci si può legittimamente interrogare sulla revisione e sui Commenti fatti da pseudo-Aristotele.

      La prima domanda posta pseudo-Aristotele affronta la falsità del suo ipotetico primo sogno.

        Il primo sogno sarebbe una bugia inutile, una fantasmagoria invano? – Testamento del pseudo-Aristotele.


      Sembra improbabile, e del tutto impossibile da immaginare che Aristotele, è destinato dall' Altissimo all'insegnamento della verità divina, ed è stato in grado di basare gran parte delle sue teorie su un sogno che si sarebbe rivelato essere falso. Infatti, come possiamo immaginare che Dio, onnisciente e onnipotente, ha avviato un tale insegnamento della Sua Parola mediante l'inclinazione impresa fin dall'inizio attraverso la definizione di teorie profetiche su una menzogna? Se si parte dal presupposto che un profeta viene inviato dall' Altissimo, la parola di questo messaggero non poteva che essere vera dall'eternità, come ispirato dall'Onnipotente stesso e voluto da lui. Ma Aristotele fu un profeta, che un aristotelico non potrà mai negare. Considerando questo, possiamo guardare dire che in materia di fede e di dottrina un profeta, per non parlare di Aristotele, può contraddirsi o contraddire Christos, del quale ne annuncia l'arrivo? Può basare una serie di rivelazioni di vita su un principio sbagliato, rendendo obsoleto un buon insegnamento?

      Fin dall'inizio poi sorge un'altra domanda: E 'possibile pensare che Dio è sia la fonte del primo che del secondo sogno mentre tutti sembrano riflettere sul fatto che i due siano diametralmente opposti e immagine della Città Ideale? In termini assoluti, la risposta è sì, per l'Altissimo,i profeti in maniera mirabile hanno voluto mettere in guardia contro gli eccessi degli uomini. Tuttavia, ciò che fondamentalmente è un problema, questo non lo è, come abbiamo già accennato, ossia l'aspetto di questo secondo sogno, ma piuttosto l'interpretazione che il pseudo-Aristotele da.

      Se il pseudo-Aristotele non decide chiaramente l'autenticità divina del suo primo sogno, ma lascia la domanda senza risposta - ciò che sembra, almeno strano sapendo che Aristotele basa il suo insegnamento su questa prima rivelazione che considerava la sua vita come divino - noi affermiamo che la prima visione è davvero divinamente ispirata. Dio, onnisciente, non può abbandonare il suo profeta primario che avrebbe implicazioni fondamentalmente inevitabili per la regolamentazione e la costruzione della società umana per più di quindici secoli. Inoltre, Christos, annunciato da Aristotele nella rivelazione del messaggio divino, dovrebbe avere l'attenzione della gente sulla fallacia dell'interpretazione aristotelica del sogno e rivelato l'esistenza del secondo sogno. Infatti, se la prima visione della Città Ideale e la sua interpretazione non fosse una realtà, ma una fantasia direttamente dalla fantasia del Santo Profeta, come mai l'Onnipotente è stato in grado di condurre gli uomini a credere che tale falsa realtà trionfasse a tal punto da fondare una società e la sua Chiesa su un grave errore? Come ha fatto l'Onnipotente a non approfittare della venuta di Christos per correggere, tre secoli dopo, un errore che avrebbe avuto ripercussioni incalcolabili sul funzionamento della società e la sua istituzione sulla Terra? Come mai Christos stesso da profeta e saggio, non ha ritenuto di dover apportare modifiche o chiarimenti sul pensiero aristotelico?

      Sembra quindi altamente improbabile che l'Onnipotente ha lasciato un tale errore nell'insegnamento della Sua Parola e la Sua volontà.

      Al di là di queste domande fondamentali, se continuiamo lo studio di questa volontà, troviamo che la relazione del sogno mette in guardia chierici contro potenziali abusi che possono indurre la loro funzione: l'isolamento, arroganza e l'egoismo.

        «Considerando più attentamente la politica, mi sono reso conto che i re-filosofi, almeno quelli che sono nobili e sacerdoti sono stati collocati lontano da altri cittadini. Solo educato in filosofia e sacri misteri, proibirono gli altri cittadini di filosofare, che è quello di meditare sul significato dei testi sacri » – Testamento del pseudo-Aristotele.


      Lo Pseudo-Aristotele dice che la visione è questa:

        «Ed è davvero un peccato; si appropriano della libertà di dirigere le cerimonie necessarie per accogliere gli uomini di fronte a Dio, e che la libertà la concedono attraverso l'adorazione, come se la pietà non era sufficiente per dedicare un uomo Dio. Pertanto, essi diventano molto diversi come uomini di casta, anche rifiutando di produrre prole che avrebbero potuto passare attraverso il sangue, la natura dell'anima » – Testamento del pseudo-Aristotele.


      Questo commento solleva molte domande. Lo Pseudo-Aristotele critica infatti il fatto che i chierici sono i custodi dei sacramenti e conducono le cerimonie che offrono ai fedeli; mette in dubbio la pratica del culto come contraria alla fede; Infine, egli critica il celibato dei preti. Ha studiato alla luce delle dottrine e gli insegnamenti del secondo profetica, questi punti sembrano contraddire gli insegnamenti di Christos, lo stesso Aristotele, e la cosmologia della religione aristotelica.

      Quando ha istituito la Chiesa come comunità dei credenti e come istituzione, Christos la diede ai suoi Apostoli suoi successori posti sotto l'autorità di Tito. Durante l'inaugurazione, il profeta dice:

        « I fedeli di Dio, coloro che hanno imparato l'insegnamento di Aristotele, e che vogliono seguire il percorso a contrassegnare, dovrebbero formare una comunità di vita. [...] Per guidare il popolo, io sarò il padre di questa comunità, li voglio erigere principi, e dei miei successori farò lo stesso dopo di me. [Voi] trasmetterete la buona novella a tutte le genti, contribuendo a creare con Tito mia chiesa. Quindi, ti do guide per fedeli di Dio » – Vita di Christos, 11.


      Christos mette quindi nelle mani dei suoi successori i principi da lui stesso formulati per erigere la Chiesa di Dio. I suoi successori saranno i libri della comunità.

      Inoltre, i capitoli 12 e 13 della Vita di Christos ci insegnano la santità dei sacramenti e la loro centralità per il senso di comunità. Eretta in linea di principio, per volontà di Christos, ispirato da Dio e inviato da Lui per completare il messaggio aristotelico che i sacramenti sono stati posti sotto la protezione del clero della Chiesa in modo che essi non sono né travisati o alterati nella forma e nel vigore. Più che guida, i successori di Christos sono quelli che devono guidare la comunità e organizzare il culto dell'Onnipotente.

      Considerando poi la nostra prima affermazione che l'Onnipotente può fare: Il Filosofo dice una cosa e Christos un'altra che è vero il contrario, dal momento che ognuno dei due è ispirato alla volontà divina nella comunicazione della Parola e la volontà dell'Onnipotente, sembra dubbioso che Aristotele poteva, anche al crepuscolo della sua vita e alla fine di questo nuovo sogno, interpretarlo in questo senso, vanificando in futuro l'istruzione e il suo complemento con Christos.

      Allo stesso modo, quando lo pseudo-Aristotele mette in discussione il culto aristotelico affermando che esso è solo il sufficiente pio, l'autore contraddice le parole e le azioni di Christos che stabilisce che la Chiesa istituì il culto divino e la necessità di rendere grazie all'amore di Dio e la grazia che Egli profuse. Oane, è il primo ad aver istituito il fatto di rendere grazie a Dio per aver fatto i Suoi figli sotto sua forma e di rendere culto verso l'Onnipotente. Sfidando le domande del culto lo pseudo-Aristotele mina l'intera struttura ecclesiale fondata da Dio per mezzo di Christos e progettato per organizzare e condurre il culto.

      Infine, lo pseudo-Aristotele sembra contraddire l'argomento stesso di Aristotele leggendo il capitolo V della sua Vita dove il profeta sfida il culto di molti dèi, ma non una sola volta, anche invitando i contadini a rendere grazie a un solo Dio, l'Altissimo, che avrebbe rivelato la sua intera faccia umanità con il messaggio di Christos.

      Infine, in questo passaggio, l'ultimo, lo pseudo-Aristotele contraddice la dottrina della Chiesa e dei profeti che si basa sulla conclusione fatta dall'autore sul voto del celibato sacerdotale. Noi rispettosamente ricordiamo:

        « Così, diventano molto diversi gli uomini di casta, anche rifiutando di produrre prole che dovrebbero passare attraverso il sangue, la natura dell'anima" » – Testamento del pseudo-Aristotele..


      Lo Pseudo-Aristotele qui mette in discussione il celibato sacerdotale, rivelando il divieto di procreare come assurdità. Tuttavia, l'insegnamento di Christos, il cui messaggio è complementare a quello di Aristotele, non suscita alcun dubbio circa la legittimità del voto di celibato e della castità dei successori degli apostoli:

        «E voi, amici miei, come ci si dovrà dedicare completamente a Dio, come faccio io, l'amore umano in ciò che il personale sarà sempre vietato. È necessario come l'Umano, e non un essere umano. In questo, il matrimonio non è per voi, o addirittura l'atto di carne "- Vita di Christs, 13.


      Un interpretazione sul tema potrebbe non essere possibile. Christos vieta ai suoi successori il sacramento del matrimonio e l'atto di carne. Poi torniamo al problema di contraddizione tra gli insegnamenti di Aristotele e Christos, e, quindi, supponendo che le parole di un profeta sono guidate dalla volontà divina, alla conclusione che l'Onnipotente può anche contraddire stesso. Ma ogni credente saranno d'accordo che quest'ultima affermazione non può essere vero, perché Dio, perfetto e infinito, non commette un errore. Se non può essere vero, allora i messaggi di Christos e Aristotele sono il risultato migliore, nel peggiore dei casi, di non contraddire. Di conseguenza, che la volontà è di Aristotele è un falso, o il testo del Christos Vita è un falso, perché i due non possono coesistere, rivelando due contraddittorie verità divine.

      Inoltre, lo pseudo-Aristotele sembra affermare che i chierici, generando prole, veicolano la natura della loro anima ai loro figli. Ora è detto in precedenza che la pietà ha prevalso, e il diritto di filosofeggiare e meditare sulle Scritture dovrebbe essere concesso a tutti. Quindi possiamo legittimamente porre il problema della necessità dello pseudo-Aristotele sembra essere dato alla trasmissione della natura dell'anima come appare attraverso questo testo che ognuno ha un potere religioso. Inoltre, mettendo in discussione la struttura ecclesiale, nel culto e l'onere dei chierici di interpretare le Scritture,poichè inviare qualsiasi tipo di anima "clericale", in quanto questa classe sembra svuotata di sostanza, e della sua funzione e della sua dignità nello stesso pseudo Aristotele.

      In conclusione, affermiamo sulla base di questa manifestazione e da questi esempi che il "Testamento di Aristotele" è un falso e non può essere un autentica rivelazione del profeta. Troppe contraddizioni tra il Testamento di Aristotele e la Vita Christos e, tra il testo e il Libro di Virtù in quanto il Testamento stesso ci porta a sfidare qualsiasi carattere profetico o divino di questa rivelazione.


      Aaron de Nagan,
      Arcivescovo di Cesarea,
      Cancelliere della Sede Apostolica.


      Scritto nella Città Eterna il IX maggio dell'anno di grazia MCDLXI, corretto e ampliato il XXIII luglio dell'anno di grazia MCDLXII.

      + S.E Mons. Napoleone Barberini
      Traduttore


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