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[IT] Il libro dell'agiografia - Gli Apostoli

 
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Kalixtus
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MessagePosté le: Mer Juil 26, 2023 2:33 am    Sujet du message: [IT] Il libro dell'agiografia - Gli Apostoli Répondre en citant

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Kalixtus
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MessagePosté le: Mer Juil 26, 2023 2:39 am    Sujet du message: Répondre en citant

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    Agiografia dell'Apostolo Tito, il primo Papa della Chiesa Aristotelica


    La vita di Tito, il Grande, il Bello, l'Intelligente

    Tito nacque in Galilea, vicino il lago di Tiberiade, un decennio prima della nascita di Christos. Trascorse un’infanzia felice in una famiglia di pescatori. Suo padre guadagnava abbastanza per sfamare la sua famiglia, e Tito crebbe in un certo agio, anche se non conobbe mai grande lusso. Risparmiato dalla fame, nutrito in maniera sana, e cresciuto in grandi spazi aperti, Tito raggiunse un’alta statura. Si disse di lui che era una roccia sulla quale poter fare affidamento. A forza di mangiare pesce era intelligente quanto forte, qualità riconosciuta dai pescatori. Quando per suo padre fu sufficientemente cresciuto (perché era già grande e forte), cominciò a pescare con lui. Il suo entusiasmo, la sua devozione e il suo vigore gli fecero ottenere il rispetto in tutta la regione. Tito viveva per la sua famiglia, per la pesca e per la sua comunità. All’età di 18 anni, sposò una giovane ragazza del villaggio, ma da questa unione non nacque alcun bambino. Tito serbò a lungo una grande amarezza tanto era il desiderio di un figlio.

    Aveva vent’anni quando scoppiarono disordini in seguito all’occupazione romana. Costoro volevano comprare sottocosto dai pescatori della Giudea, favorendo così le popolazioni più fedeli all'impero, esportando il pesce verso di esse. I pescatori di Tiberiade andarono a manifestare pacificamente a Gerusalemme, la capitale della provincia. Lungo il cammino, incontrarono altri gruppi, e così fu una gran folla che arrivò dinanzi al palazzo del rappresentante di Roma. Grazie alla sua intelligenza, alla sua levatura e alla sua reputazione, Tito divenne il rappresentante dei pescatori, e negoziò con i Romani, sempre diplomaticamente, senza mai cedere alla violenza. Ottenne un buon compromesso e tornò a casa con un’eccellente fiducia che gli fece guadagnare reputazione. Fondò insieme con gli altri un’associazione di pescatori di cui diventò il coordinatore. Questa esperienza gli fu molto utile in seguito.

    Vita dell'apostolo Tito il Santo, discepolo di Cristo

    Un bel giorno un pescatore straniero arrivò al villaggio, il suo nome era Christos. Parlava bene ed aveva un gran carisma. Tito, che fino ad allora non si era mai interessato all’Altissimo, fu affascinato dai discorsi di quell’uomo, dalle sue parole. Discussero a lungo, sulle sponde del lago o mentre pescavano. Christos amò tanto quest’uomo forte e giusto, oltretutto intelligente, quest’anima pura che non chiese nulla che la semplicità. Fu così che Tito divenne uno degli apostoli di Christos. Per seguire il suo nuovo mentore, Tito dovette separarsi dalla sua compagna. Dal momento che non vi erano figli, egli sentiva che il matrimonio non aveva portato i suoi frutti, senza che fosse colpa di uno dei coniugi. Domandò il parere di Christos, che lo rafforzò nella sua convinzione e diede la sua approvazione per la separazione. Appena fu proclamata la separazione, Tito accordò alla sua antica compagna la metà dei suoi averi e la casa coniugale. Poi Tito partì per la sua strada.
    Durante gli anni che seguirono, egli fu compagno di viaggio di Christos. Discreto ma sempre disponibile e sorridente, fu rispettato da tutti gli altri apostoli.
    Ecco cosa dice la Vita di Christos:

    Citation:

    Christos si volse allora verso Titus, che se ne stava là…
    “Tito, amico mio, avvicinati. Tito, tu sei forte e vigoroso. Mi puoi aiutare nel portare avanti questa comunità; tu sarai il mio secondo. Ora Tito, tu sei un titano, ed è con l'aiuto della tua forza che costruirò una Chiesa titanica!”


    La scomparsa di Christos fu uno shock per Tito come per tutti gli altri. Ma fedele alla sua reputazione di roccia su cui poter fare affidamento, specialmente per l'ncarico di fondare e guidare la Chiesa Aristotelica, che Cristos gli aveva dato, appariva sempre di buon umore, la sua serietà diventò un punto di riferimento, un pilastro al servizio dei compagni. Presto gli apostoli si separarono. Ciascuno scelse una via, un modo del tutto particolare di servire Christos e il suo messaggio. Poco prima della separazione, egli distribuì a ciascun apostolo un anello con una pietra di color porpora, un rubino, in memoria della loro amicizia e della loro missione. L’anello di Dagiu fu consegnato ad Anacleto, un giovane uomo che era divenuto amico di Tito e Samot. Tito prese poi una decisione storica: partire per Roma, il centro dell’impero e presto della loro Chiesa! Ma non partì da solo, Samot e Anacleto lo seguirono nel suo viaggio.

    Sbarcati in Puglia, Tito ed i suoi due compagni passarono per le città degli Abruzzi e in particolare nella capitale, L’Aquila, dove soggiornarono per alcuni giorni. Approfittò della propria presenza in quelle terre per insegnare i precetti di Aristotele e di Christos alla popolazione locale, che li aveva accolti con un ospitalità degna del Libro delle Virtù. Il fervore aristotelico fu tale nella capitale degli Abruzzi che i suoi abitanti edificarono una chiesa in ogni mercato.[Nota del copista: Samot non è chiaro, precisa nelle sue memorie che Tito aveva donato agli Aquilani il suo bastone, la cui estremità superiore si arrotondava in volute. Oggi chiamato più comunemente pastorale o guida, il detto dono è custodito religiosamente nella cattedrale della città. Non lo toccano che ogni 29 giugno, durante una processione a lui dedicata.]

    Vita di "Papa" Tito

    Finalmente a Roma, Tito, Samot e Anacleto acquistarono un appartamento in un insula sull’Aventino, vicino al Tevere - là dove sarebbe sorto il futuro Santo Seggio - ed ognuno di loro si mise a diffondere il messaggio di Christos. Pescando di giorno, predicando di notte, Tito fece qualche adepto. Concentrò i suoi sforzi sulle persone che conoscevano già il messaggio d’Aristotele, mettendo in evidenza la continuità dei messaggi e la complementarità degli insegnamenti. Molti dei convertiti si rivolsero a Samot e al culto che aveva messo in atto. Tito continuò il suo cammino, come un macigno rotola lungo il pendio dei Sette Colli, distruggendo ogni empio ostacolo.

    Un giorno, mentre mangiava con gli altri apostoli nel loro appartamento romano, accadde un evento straordinario. Samot stava leggendo una lettera di Paolo sulla necessità di scegliere un capo e ricordò ai presenti che Christos aveva espressamente designato Tito. Ma questi lo contestò modestamente, poi tacque. Fu allora che qualcuno aprì una finestra. Una colomba entrò dentro la stanza e volò sotto le travi. La colomba staccò delle erbe che vi erano appese, e dei rametti di basilico, la spezia dei re, caddero sulla testa di Tito. Tutti vi riconobbero un segno della regalità spirituale di Tito. Tito si alzò e disse:

    Citation:

    Tito: «Miei amici, fratelli, io non sono un re! Io non sono che il servo dell’Altissimo, e tutta la potenza quaggiù non viene che dalla riconoscenza per i suoi simili.»

    Samot: «Tito, tu sei il nostro re spirituale. Tutti noi lo riconosciamo. Sei la nostra guida, la roccia della saggezza, nostro padre, il nostro papà.»


    Fu così che Tito divenne il primo papa, e svolse questo compito con fervore e umiltà. Si scontrò con l’Imperatore che, geloso delle sue prerogative, preferì l’antica religione che gli consentiva di mantenere la popolazione in uno stato di servitù e dipendenza. Ma forti della loro nuova condizione, una volta arrivati a Roma, Samoth e Tito erano diventati maestri delle dottrine teologiche che presto sarebbe divenute quelle della chiesa, il numero dei fedeli aristotelici crebbe rapidamente grazie ai loro sforzi. Esasperati da questo proselitismo, i Romani arrestarono Tito e i suoi discepoli e subirono un processo per disturbo dell’ordine pubblico.

    Restò in prigione per alcuni lunghi giorni, perché la Carta dei Giudici non permetteva di più all’Imperatore. Durante la sua prigionia, Tito non potette nutrirsi e subì dunque le conseguenze a ciò legate, finì per diventare scheletrico, ma era mantenuto in vita fino all’uscita dal carcere per non farne un martire. Cosciente che Christos gli aveva affidato la sua fragile figlia affinché fosse forte come il suo Tito, questi scrisse una missiva a uno dei suoi amici ancora liberi e che aveva individuato per la sua successione; messaggio che gli fu certo recapitato, visto che ne conosciamo il contenuto, che è il seguente:

    Citation:

    Ti scrivo questo testo dalla mia prigione, perché penso che la mia missione si avvicini alla sua fine.

    Scrivo a te, Lino, amico mio, perché desidero che tu prosegua dopo di me ciò che il nostro salvatore Christos ha cominciato in Giudea e per la quale è morto martirio.

    Non so che sia stato degli altri apostoli e ti incarico di ritrovarli e di organizzare la diffusione della fede e la formazione dei nostri preti. Non cedete alla tentazione del ferro, ma cercate di non morire più inutilmente martiri, perché la vita è un regalo prezioso che il nostro creatore ci ha fatto.

    La Chiesa deve divenire una società visibile, che si riconoscerà da quattro tratti distintivi, essa deve essere: Una, Santa, Aristotelica e Apostolica.

    Il legame che riunisce la divina quintessenza per mantenerci vicini al creatore non esiste che per la Sua volontà attraverso Christos e i suoi apostoli. Perchè è in primo luogo a noi che questo legame è stato donato; e sarà trasmesso grazie all'infinita carità di Dio verso coloro che restano fedeli al messaggio dei profeti.
    Il messaggio divino, diffuso dai profeti, dovrà essere sempre custodito e difeso dai vescovi che abbiamo ordinato, affinché per la Chiesa di Christos sia impossibile errare e infrangere il dogma.
    E' inoltre necessario allontanare tutte le altre società che usurpano il nome della Chiesa. Poiché, essendo guidate dallo spirito dell'eresia o della creatura senza nome, esse indulgono in perniciosi errori, sia per la dottrina, sia per i costumi.
    La strada sarà lunga, ma ho visto in sogno che tu verrai a Roma per finire la costruzione che sarà il cuore della nostra società di fedeli alla parola che ci è stata insegnata dal messia in persona.

    Io conto su di te, amico mio, per continuare il cammino che ho intrapreso con Chirene, Calandra, Adonia, Elena, Ofelia, Urania, Tanos, Paolo, Niccolò e anche quell'infedele di Daju...

    Il latore di questo messaggio ti porterà anche un mazzo di chiavi, una delle quali apre la cripta dove ci riuniamo in segreto; egli potrà guidarti e proteggerti, ma siate discreti, perchè i nostri nemici cercano di farci sparire. Nella cripta troverai anche sette porte, ciascuna aperta da una delle chiavi che ti ho fatto recapitare, dietro la settima porta c'è la lista dei nostri fedeli più devoti, con loro potrai portare avanti la nostra opera.



    Non volendo vederlo morire in progione, con il rischio di farne un martire, i Romani proposero a Tito di partecipare ai giochi del circo. Tito accettò in cambio della liberazione di alcuni suoi compagni. Dentro il circo furono innalzate nove croci enormi, pesanti più di cento chili ciascuna, una per lui e le altre otto per i suoi amici; l’imperatore di Roma gli disse che per ciascuna croce sradicata dal terreno lui o uno dei suoi sarebbe stato rilasciato…
    Tito riuscì a inclinare e sradicare le prime otto croci, lasciò solo la sua… ma a malapena stava in piedi…

    Tito varcò la porta della prigione sostenuto da un legionario. Era debole, emaciato, malato. I suoi amici riconobbero a stento la “roccia di Dio”. Samot gli andò incontro, lo sostenne, portandolo di nascosto nella cripta dove si riunivano. Là resto in quello stato tra la vita e la morte, senza parlare, come se l'Altissimo non lo desiderasse ancora, sebbene i suoi discepoli fossero rimasti al suo capezzale per vegliarlo. All'indomani del terzo giorni, dei nobili romani si presentarono alla porta, erano stati toccati dal suo spirito durante i giochi del circo in cui avevano visto Tito.

    Ma non erano soli, giunsero principi da tutto l'impero e anche oltre.
    Fu così che quel luogo e i dintorno si popolarono di lingue, volti, colori. Tutti in una calma inquietante attendevano il proprio turno. Quella folla sorprendente veniva per adorare, o piuttosto rendere omaggio a colui che considerava ormai il nuovo primus inter pares, il pontifex maximus. I patrizi e i principi giuravano fedeltà al primo papa della storia.
    E qualche giorno più tardi, quando tutto si era finalmente calmato...

    Citation:

    “Lasciatemi morire in piedi, di fronte al mio creatore”, disse Tito, cercando di alzarsi.


    Allora si scostarono tutti i suoi discepoli, futuri quadri di quella chiesa nascente, che i sovrani temporali avevano appena riconosciuto e che non ostacolavano più, per non incorrere nell'ira dell'Altissimo, che stava per chiamare a sé, vicino ai Profeti, il suo emerito servitore.

    Citation:
    ”Mio Dio, io vengo a te. Perdonami, ma la mia missione non è terminata, ma io sono pronto!”



    E morì là, nella luce del mattino, che l'aveva appena strappato a Samoth e ai suoi compagni. Si sarebbe detto che una mano invisibile sostenesse il suo corpo per stenderlo dolcemente sul freddo suolo. Era il 29 giugno... Le sue spoglie furono trasportate nella cripta, dove fu scavata una tomba. Oggi la Basilica San Titus è costruita su questa cripta, dove una stauta distesa rappresenta la “roccia di Dio” sulla quale riposa la Chiesa.

    Tradotto dal francese da Hipazia, revisionato da Sir.Johnny



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MessagePosté le: Mer Juil 26, 2023 2:42 am    Sujet du message: Répondre en citant

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    Agiografia di Chirene


    Chirene è, a tre anni, cadetta di Christos. Insegnante di storia ellenica, era dotata di grandi conoscenze nell’ambito della filosofia aristotelica, viveva per insegnare ed era attratta in modo naturale dall’insegnamento di Christos. Allo stesso tempo, predicando l’amore e la tolleranza assoluta, era riuscita a convertire un esercito di antica tradizione, che depose perciò le armi, preferendo il perseguimento di una pace costruttiva con i Romani agli infruttuosi tentativi di utilizzo della forza.

    La visione dell’amore, svelata da Christos, la condusse ad essere la prima donna ad accettare di diventare uno degli apostoli dell’Amore universale, sempre alla ricerca dell’amore disinteressato. Ella predicava già accanto a Lui, e fu l’autrice della citazione «amatevi gli uni gli altri: come Christos ci ama, così dobbiamo fare noi. Amatevi gli uni gli altri: in questo modo, tutti sapranno che voi siete Suoi discepoli, se mostrate amore gli uni per gli altri».

    Dopo la crocifissione, continuò a predicare l’Amore e la compassione, poiché la morte di Christos aveva reso più salda, in lei, la convinzione che era preferibile accettare il proprio destino, qualunque fosse, invece che usare la violenza per tentare di modificarlo. E tuttavia, rifletteva su ciò che il Messia Christos le aveva detto un giorno: «Accetto il mio destino, ossia soffrire per Amor vostro, ma i miei vescovi non avranno la stessa missione. Dovrete invece vivere attraverso il verbo: altri avranno la missione di proteggervi col ferro, poiché l’umanità reca ancora in sé una parte troppo grande d’ombra. Vivete e predicate, ma accettate che alcuni portino il peso di utilizzare il ferro per difendere la Chiesa, se attaccata. Mai, però, dovranno utilizzare il ferro per perseguire le proprie ambizioni o quelle dei propri capi.»

    Un giorno, circa dieci anni dopo la morte di Christos, mentre camminava per le vie di Gerusalemme per raggiungere i propri allievi, vide due soldati romani percuotere un vagabondo: subito si intromise, pronunciando queste parole:

    “Ma per l’Amore della Creazione, fermate questa violenza, cosa volete da questo povero essere, perché siete così brutali?”

    I due uomini si voltarono a guardarla, dicendole di allontanarsi, se non voleva che le mostrassero com’erano capaci di amarla… Ridendo, se ne andarono, trascinando il disgraziato con loro. Chirene li seguì, predicando amore e tolleranza, fino a che uno dei due soldati fece un mezzo giro su se stesso e la colpì con lo scudo. Solo l’arrivo di un gruppo di allievi fece fuggire i soldati, che portarono con sé la loro vittima. Aiutandola a rialzarsi, i suoi allievi le dissero:

    “Ma, santissima e nobile maestra, come possiamo, noi che rifuggiamo la violenza, opporci a quella altrui?”

    Ella tenne una lezione su questo argomento. Dopo la distruzione della grande città di Onalione, le comunità umane si erano organizzate, in origine, sulla base di regole morali che garantissero la loro sopravvivenza. Le regole morali esistono nella misura in cui gli esseri umani sono liberi delle proprie scelte, dal momento che una parte di essi ascolta ancora i messaggi dei violenti. Poiché l’essere umano deve tendere verso Dio, ma è ancora pieno d’ombra. Siccome tende verso la perfezione, egli conosce naturalmente, poiché figlio di Dio, essere ragionevole e capace di scegliere la via della ragione, e tuttavia dev’essere ancora guidato. Noi dobbiamo tendere verso una comunità che segue le leggi universali e la via più lunga è fatta di parole d’amore. A questo scopo, l’essere umano ha ricevuto la parola e la scrittura. Ma talvolta, l’umanità potrà prendere la scorciatoia che passa per il ferro, che anch’esso è stato donato all’uomo da Dio. E tuttavia, il ferro è stato donato all’uomo allo stesso modo in cui la creatura senza nome dimora tra di noi, allo scopo di tentarci, ed affinché noi lo dimentichiamo, in quanto arma. Un giorno vi dissi: noi vivremo in un mondo d’amore, dove l’unica cosa che conta è ciò che l’Altissimo vede in noi, e non ciò che in noi vede il nostro vicino: in quel giorno, le armi non saranno più estratte dai foderi. Ma perché quel giorno arrivi, dovremo separare il ferro dal verbo, senza però tralasciare il ricorso al ferro da parte di coloro che sceglieranno di difendere i sacerdoti dell’Altissimo. Il Messia è venuto per definire queste regole, poiché, come ha detto Aristotele, «occorre accontentarsi dell’accettabile piuttosto che esigere direttamente l’impossibile». La violenza è dunque accettabile se risponde a violenza, se il suo scopo è la giustizia o la difesa della vera fede. Dobbiamo poter opporre la parola alla parola, ma anche il ferro al ferro.

    Non dobbiamo essere come la tribù degli Orsetti del Cuore, che non ha saputo comprendere che, talvolta, le cose non sono come dovrebbero, che non dobbiamo aspettarci la protezione di Dio, poiché Egli ci ha dato la possibilità di proteggerci da soli.. Non possiamo ringraziarLo per il libero arbitrio e rimetterci ciecamente agli avvenimenti. Ricordatevi che, proprio dopo la distruzione di Onalione, dopo essere fuggita, la tribù chiese a Dio un’oasi, al centro del deserto. Un luogo benedetto da Lui, dove i membri della tribù avrebbero avuto tutto a disposizione e sarebbero vissuti di concorsi di bellezza, di feste pagane e permanenti, e dove nessuno avrebbe potuto imporre loro altro che d’amare e d’essere amati. Domandarono talmente tante volte che, alla fine, Mhour rispose loro: «aiutati che il cielo ti aiuta». Dopo aver deliberato in merito a questa risposta, non lo compresero e credettero fosse loro sufficiente partire, perché Oane apparisse loro ancora una volta e dar loro ciò che gli chiedevano. Dunque, partirono non portando niente con sé, poiché il niente dura più a lungo, verso oriente, per sparire, finalmente, e diventare una semplice leggenda. Il nostro creatore ci ha donato i mezzi per proteggerci dalla pioggia. Ci ha donato la scienza della costruzione, ma si critica forse il boscaiolo che abbatte alberi per essa? Il Creatore non ci ha consentito di venire al mondo vestiti, ma ha reso possibile l’esistenza dei tessitori, che hanno bisogno di fare uccidere degli animali, esattamente come i macellai…

    Ognuno ha il suo posto: anche il soldato trova la sua collocazione nell’aiuto alla costruzione della Chiesa. Ma egli ha una grande responsabilità. Poiché, come il boscaiolo non deve tagliare alberi se non ve ne è bisogno, allo stesso modo il soldato non deve versare sangue inutile. Come il boscaiolo non prova odio verso l’albero, il soldato non deve avere odio verso il suo nemico, e non deve agire se la sua causa non è giusta o approvata da Dio. Se combatte senza odio, solo per servire i disegni del Creatore, e rispetta i giorni di preghiera, sarà perdonato.

    La scelta della ragione, nel momento in cui occorre prendere una decisione, è quella che conduce verso l’Altissimo, poiché la ragione implica la comprensione, la comprensione porta all’amicizia disinteressata, l’amicizia è la via verso l’Amore perfetto e l’Amore eleva verso Dio. La violenza conduce immancabilmente all’esclusione ed al rancore, allontanandoci dall’Altissimo. Perciò, l’eliminazione progressiva della violenza è, allo stesso tempo, il segreto della morale ed il criterio stesso di ogni azione politica che voglia dirsi morale.

    Dopo che molti predicatori erano scomparsi, trascinati via dai soldati dell’impero, ella era l’autorità aristotelica a Gerusalemme. Benché non violenta, si decise a creare una guardia ravvicinata, per proteggere i predicatori di Gerusalemme, e nominò uno dei suoi discepoli Vice-dominus (da cui deriva il titolo di visdomino) per dirigerla.
    Ben lungi dal sostenere i sacerdoti, ciò inquietò il prefetto, che fece arrestare tutti coloro che portavano la croce aristotelica: egli fece anche uccidere coloro che portavano un’arma, accusandoli di tradimento nei confronti dell’impero Romano e condannò alla crocifissione chi possedeva un abito talare. I simpatizzanti furono costretti a scegliere tra rinnegare Christos ed i suoi discepoli o finire al fianco di Chirene.
    Tutti i suoi discepoli scelsero di seguirla fino alla fine: si contarono 33 croci sulla collina, il giorno dell’esecuzione. Si dice che, prima di morire, ella gridò una citazione di Christos: “Ma voi vi amerete gli uni gli altri, in nome di Dio!”

    Non ci sono giunti testi di Chirene, cadetta degli apostoli, poiché tutti i suoi beni furono confiscati dal prefetto di Gerusalemme. Ci è giunto solo un resoconto delle sue lezioni sulla violenza ed una copia, vergata di sua mano, della storia della tribù degli Orsetti del Cuore, che aveva regalato ad uno dei suoi allievi, fuggito in Gallia prima del massacro.

    Ella morì, dunque, da martire, esattamente 12 anni dopo Christos.
    Quelli, tra i suoi fedeli, che non erano a Gerusalemme e che, dunque, erano sfuggiti all’esecuzione, vennero a prenderne il corpo, per offrirle una degna sepoltura. Il sudario di Chirene fu nuovamente riesumato e ritrovato intatto, nonostante il tempo trascorso.

    Il suo simbolo è una piuma d’oca su uno scudo; la sua reliquia è il suo sudario.

    Tradotto da Pizzina

    Di seguito, la storia della tribù degli Orsetti del Cuore, tratta dal testo di Chirene.

    Tra le tribù fuggite dalla città di Onalione, ve n’era una che portava il nome di Orsetti del Cuore; come è noto, essi avevano una visione della vita rivolta a Dio, ma in modo piuttosto semplicistico.

    Gli Orsetti vivevano isolati dagli altri, poiché non volevano fosse giudicata la loro abitudine di mettere l’amore al di sopra di tutto, al punto da dimenticare di lavorare; perciò vivevano alle spalle degli altri. Per loro, Dio viveva lassù in alto, nel paese degli arcobaleni e delle comode nuvole, in un regno meraviglioso in cui, alla loro morte, sarebbero stati ricevuti senza essere giudicati, poiché vivevano senza malizia d’amore e di feste.
    Prendendo alla lettera la risposta di Oane, per loro, la sola cosa che il Creatore richiedesse era di amarsi e di amarlo: ognuno doveva stare al suo posto, ed il loro era, chiaramente, un luogo dove si faceva festa.

    Nella grande città, ciò non disturbava nessuno: al contrario, era un piacere invitarsi reciprocamente alle feste. Non avevano pari nell’inventare concorsi e temi per organizzare manifestazioni di qualsiasi tenore ed argomento. Vi erano concorsi per la migliore acconciatura, i più bei pettorali, il vitello più grazioso; si organizzavano anche corse di lumache. Amavano talmente le feste, che si sposavano solo per poterne avere una e chiedevano l’annullamento del matrimonio, inventando vizi di procedura… si dice anche che avessero organizzato concorsi sulla migliore ragione per ottenere un divorzio e che avessero chiesto ai legislatori di elaborare un testo di legge che limitasse la validità del matrimonio, per economizzare, così, una procedura di separazione, peraltro molto costosa, all’epoca, visto che, in generale, gli Orsetti del Cuore erano sempre senza un soldo.

    In breve, comprenderete che ciò era molto divertente ma, dopo la punizione del nostro Creatore, i sopravvissuti non desiderassero più pensare a futilità, anche se avevano come scopo quello di favorire l’amore per il prossimo.
    Inoltre, la vita era dura e, se perciò era necessario condividere, tutti avrebbero dovuto partecipare, il che non aggradava affatto agli Orsetti.

    Gli Orsetti del Cuore elessero come capi i loro Miss e Mister Sorriso; quest’ultimo, andava a trovare ogni sera Mhour per domandargli di contattare Oane e chiedergli di avere la loro oasi, poiché sembrava che non fossero più i benvenuti… alla fine, Mhour rispose: «aiutati che il Ciel t’aiuta».
    Gli Orsetti organizzarono un concorso per trovare la spiegazione migliore alla frase e decisero di seguire quella che aveva vinto: «se ce ne andiamo, Dio, che amiamo tanto, non ci abbandonerà ed avremo la nostra oasi.»
    Fecero dunque una grande festa d’addio e partirono, con un bagaglio minimo, in modo da non caricarsi troppo, poiché Dio avrebbe soddisfatto i loro bisogni nel momento opportuno.
    Malgrado tutto, i saggi delle altre tribù cercarono di dissuaderli dal partire: essi, però, dicevano che niente di male sarebbe accaduto loro, poiché amavano Dio ed attendevano che Lui, a sua volta, li salvasse per amore. Per quanto Mhour li rimproverasse e dicesse loro che ogni azione da noi compiuta determina ciò che diventiamo e che il Creatore si aspetta che il nostro amore sia incondizionato, non ottenne risultati. Non ascoltarono che se stessi, e presero la via che li conduceva ad oriente, senza nemmeno ammettere che, in realtà, ritornavano verso il lago salato che copre le rovine della città maledetta.
    Non si sentì più parlare di loro, tranne che nelle fiabe per i bambini, dove si racconta di coloro che credono che tutto sia amore, gloria e bellezza.



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MessagePosté le: Mer Juil 26, 2023 2:45 am    Sujet du message: Répondre en citant

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    Agiografia di Calandra


    La sua vita prima di Christos

    Si dice che la sua giovinezza passata in una famiglia povera e smagrita ebbe effetti rilevanti sulla vita di Calandra. Forse le insegnò ad essere umile e pia, a causa della sua famiglia o a seconda delle circostanze, o forse il Signore Dio stesso le diede queste qualità. Senza preoccuparsi dell'origine delle sue qualità, le origini dei suoi insegnamenti nelle materie spirituali possono essere rintracciate fin nella sua tenera infanzia.

    Ella fu consegnata al tempio d'Aristotele per il suo apprendimento delle materie dello spirito, poiché era una delle rare vie per uscire dalla povertà a quei tempi. Apprese dai preti di quel tempio, e li servì per un periodo, abbeverandosi sempre della minima goccia di sapere, come il vestito secco assorbe l'acqua.
    Essere una adepta dell'apprendistato non la rendeva nel frattempo popolare tra i suoi compagni studenti, e anche tra alcuni preti.

    Durante il suo sedicesimo anno, il priore del tempio le disse che era stata richiesta altrove, a causa del suo sapere e della sua passione per esso. Le diedero qualche pezzo di cibo per nutrirsi durante il viaggio, e le diedero una direzione verso una città nel deserto. Immediatamente e fidandosi del tutto, si lanciò in questo viaggio, mai dubitando delle cattive intenzioni dei suoi insegnanti.
    Si recò nel deserto, conservando il cibo e l'acqua poiché era d'origini modeste, ma anche così il cibo finì molto rima ch'ella raggiungesse la città, che non appariva.
    Per numerosi giorni ella vagò mantenendo sempre la direzione indicatale dal decano del tempio, e mai la sua fede vacillò.
    Fu al quarantesimo giorno, moltissimo tempo dopo la fine del cibo, e numerosi giorni dopo che le ultime gocce della sua acqua erano state bevute, che ella vide una città all'orizzonte.
    Quando arrivò, non fu della sua fame o della sua sete che essa s'occupò, ma cercò immediatamente il prete del villaggio.
    Trovatolo, egli le disse che non l'aveva mai richiesta, né era stato informato del suo arrivo; ma la vendetta e la collera erano lontane dal suo spirito, poiché ella sapeva che era stato Dio ad inviarla, anche in contrasto con la gelosia dei preti del tempio. Fu lì che ella servì per numerosi anni, fino a quando fu condotta attraverso il paese da un gruppo di fedeli che cercavano di convertire i pagani.


    La sua vita con Christos

    Fu la sua capacità a convincere le bestie ad avvicinarsi a lui, che meravigliò inizialmente Calandra, e fu la sua capacità di disperdere una folla ostile con le sue parole, ed il suo rifiuto della violenza che suggellò il suo rispetto per lui. Fu quel giorno che lei ed altri undici votarono a lui la propria vita, come suoi apostoli. E in mezzo a un grande numero di persone, ella iniziò a seguire Christos.

    Di città in città essi viaggiarono, diffondendo la saggezza d'Aristotele, condividendo la passione e la fede di Christos, e innaffiarono il popolo nella gloria e nell'amore di Dio Onnipotente. Caladra era specialmente dotata per la lettura delle dottrine e la loro interpretazione, per mitigarle se preferite, con le parole di Christos. Era conosciuta per essere capace di leggere le parole della Legge e di conoscere il loro spirito e la maniera d'applicarle.

    I numerosi miracoli che ebbero luogo davanti ai suoi occhi, ispirarono sempre Calandra a parlare ogni volta sempre più forte e più appassionatamente. Le azioni di Christos, la guarigione dei malati, la guarigione dei paralitici, e ugualmente rendere la vista a coloro che non l'avevano mai avuta, resero più facile la diffusione della loro parola. L'Amore e la Verità furono portati, in questo modo, a un gran numero di persone.

    Fu allora che il gruppo giunse a Gerusalemme, una grande città, con moltissimi abitanti, molti peccatori e molti vagabondi, e numerosi, magnifici, mecati. Fu il confronto in questo luogo che cambiò non solo la sua vita, ma quella di tanti altri, e soprattutto le conseguenze. Non poté che restare in piedi a guardare il Centurione, i cui peccati furono lavati come a tanti altri. Le parole di Christos avevano ancora provato la loro veridicità e lo stupore si impossessava di lei.

    La stessa sera in cui Daju li lasciò, non modificò la loro fede nel fatto che Christos fosse il Messia. Calandra stessa trovò le sue parole sulla castità ispiratorie perché essa stessa l'aveva praticata. Il discorso sull'organizzazione continuò fino a notte tarda, e sempre Calandra lo memorizzò per sete di sapienza, e il suo potere di memorizzazione era un dono di Dio. La cena che seguì, con la tristezza di Christos, portò anche a lei tale tristezza; perché i suoi sentimenti erano spesso intrecciati con quelli di Christos, loro mentore e maestro.

    Tutto ciò che successe in seguito avvenne troppo rapidamente perché essa potesse percepirne gli avvenimenti: la cattura, il giudizio, e la condanna.
    Tutto concorse a renderla disperata per gli avvenimenti. Una volta che la crocifissione ebbe luogo, Calandra pianse per la prima volta dopo anni; non solo per la morte di Christos in sé, ma per la perdita che l'umanità aveva subito, perché Lui non sarebbe più stato li a dire la Verità.

    Gli angeli che discesero dal cielo, fermarono tutto nel mondo, e per Calandra stessa i venti e la pioggia cessarono in quel momento, le grida e le acclamazioni della folla furono perduti nella musica dei cieli. Quel giorno non fu una fina ma un inizio, e quella stessa notte Calandra e gli altri apostoli si diedero da fare ad insegnare la Verità e a battezzare numerosi fedeli.


    La sua vita dopo Christos

    Calandra lasciò gli altri dopo Gerusalemme, cercando la consolazione nella solitudine, per ritrovare la via continuando il suo insegnamento. La sua memoria l'aiutò enormemente perché essa poteva parlare degli avvenimenti relativi al suo periodo accanto a Christos, come se risalissero al giorno prima. Viaggiò attraverso numerosi paesi, molte città e villaggi, sempre diffondendo la parola, battezzando i fedeli e i convertiti, e ordinando sacerdoti della loro comunità coloro che tra essi erano i più saggi, pii ed umili.

    I suoi viaggi la riportarono una volta a Gerusalemme, una città maledetta nel suo spirito, ma il suo cammino non fu tracciato dalla sua volontà, e allora essa lo segui. Sulla strada laggiù incontrò una persona che sarebbe stato il suo compagno per numerosi anni, Publia, più tardi battezzata Bertilde. Fu a Gerusalemme che ella si ricordo della legge dei romani e della crudele natura umana, ma la sua fede non vacillò mai.

    Passò numerosi anni ancora sulla strada attraverso i paesi, continuando il suo dovere, tale e quale a come le era stato mostrato da Christos in quella terribile notte.
    Ella si fece numerosi amici, ordinò molti preti, ed ebbe la gioia di veder cresce la fede tra i popoli di molti paesi. Trovò infine una città dalla quale basò i suoi viaggi, e qui si stabilì, acquistando una proprietà datale da alcuni credenti perché ne facesse uso.

    Durante i molti anni del suo viaggio, ella non era mai stata a Roma, anche se aveva avuto la gioia di apprendere dell'ascesa di Titus al titolo di Papa. Ma un giorno le giunse una lettera, che la richiamava lì in ragione dei lavori della sua compagna Bertilde, e dunque malgrado la sua età e la sua malattia, i due si prepararono a quello che sarebbe stato l'ultimo viaggio insieme.

    Alla morte di Bertilde, in una città a sud di Roma, in Italia, Calandra sentì per la prima volta la fede vacillare, ma questa volta fu subito restaurata e il suo scopo reso limpido quando vide un roseto nascere sulla tomba in una notte. Ella continuò fino a Roma, e presentò il suo progetto al Cenacolo: la formazione di un Ordine Religioso; poi, partì poiché aveva molto da fare.
    Sul cammino del ritorno, poteva solo sperare d'aver agito con rettitudine e che Dio avesse compiuto tali cose.
    Una lettera arrivò dopo che il Cenacolo prese una decisione. Nessuno sa con certezza il contenuto di questa lettera, ma dalla informazione di una guardia episcopale fedele agli ideali della Santa Martire Chirene, Calandra seppe che la memoria e gli insegnamenti della sua amica Bertilde furono onorati.


    La sua dipartita dalla vita terrestre

    Quando l'età aveva già reclamato il suo debito a Calandra, il suo corpo cominciò a decadere, ma mai il suo spirito. Quando una malattia si attaccò alle sue ossa, rendendole fragili, ella continuò i suoi insegnamenti ed a guidare gli altri, anche se costretta a letto. I ruoli furono invertiti, i suoi viaggi terminati, altri cercarono il sapere e la saggezza, alcuni non ancora credenti ora venivano presso la casa di Calandra.

    Fu in quel tempo che Calandra cominciò a scrivere le sue opere, idee e memorie, in modo che molti potessero conoscerli dopo il suo trapasso. Intelligente e sapiente per com'era, sapeva anche che le idee non smettevano mai di formarsi, e che un'idea poteva spesso nascere da un'altra. Così ciò che era conosciuto e tramandato a memoria, fu trasmesso su pergamena e pelli d'animale.
    Il giorno della sua morte iniziò come tanti altri, il sole s'alzò, il vento soffiò, nessun effetto spettacolare del tempo o miracoli segnarono la sua morte.
    Fu il suo servitore,che aveva cominciato a lavorare per lei, ad occuparsi dei suoi campi e prepararle il pranzo, a trovarla mentre le portava la colazione.
    La poltiglia di cereali fu lasciata al capezzale del letto, mentre cercava segni di vita, ma invano poiché ella non ne mostrava, il suo respiro era cessato, come il battito del suo cuore, ed ella aveva spiccato il volo e risiedeva nei cieli.
    I suoi funerali furono spartani, un semplice interramento nel suo giardino, con tutte le persone della città ad assistere, così come tutti quelli ch erano venuti a cercare la sua saggezza ed il suo sapere.
    Non fu pianta, ma la sua vita fu piuttosto celebrata, le memorie su di lei furono condivise e la sua casa fu trattata col massimo rispetto. I suoi scritti, riuniti da alcuni dei suoi studenti più assidui, furono inviati a Roma, dove si trovano tuttora.


    Reliquie

    I resti di Calandra sono stati persi nel corso dei secoli. Molti documenti, recanti il suo nome, permangono.

    Patronati

    Maggiori: Insegnanti e Studenti, Viaggiatori
    Minore: Missionari



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MessagePosté le: Mer Juil 26, 2023 2:47 am    Sujet du message: Répondre en citant

Citation:

    Agiografia di Samot l'Apostolo, patrono della Congregazione del Sant'Uffizio romano


    Nota: è possibile scrivere "Samoth" o "Samot; l'ortografia differisce per la differente pronuncia di Greci e Romani, ma sono comunque entrambe ammesse.

    Il vecchio sedeva nel suo giardino a guardare il Tevere che scorreva dolcemente in quella bella giornata di primavera. Scavato dagli anni, Samot aveva infine, contro ogni previsione, passato l'inverno. I suoi capelli bianchi sventolavano al vento e gli occhi sembravano penetrare i tempi.

    Luisa, la sua cameriera venne a portargli un po' d'acqua. Ella era al suo servizio da 50 lunghi anni e mai si stancava di rimirarlo. Il fatto di stargli vicino le scaldava il cuore, la colmava di una calma e di un amore divino. E 'vero che l'uomo, con la sola sua presenza, ispirava il rispetto e la meraviglia di tutti. Luisa gli porse la coperta sulle ginocchia, poi si apprestò ad allontanarsi, quando Samot le prese la mano e la invitò a rimanere.

    Rimani mia cara e preziosa Luisa. Sai, penso che non resterò a disturbarti più a lungo. L'Altissimo infine mi vuole con lui.

    Luisa si era fatta scura in viso per le sue osservazioni, ma indovinando la sua indignazione Samot continuò ...

    Ma sì carissima, hai ben meritato il tuo riposo. Guarda tu stessa, io sono vecchio e non vedo quasi più nulla. Si fermò un istante e poi continuò Infine, così stanno le cose nella vita. Deve essere così. Sono ansioso di ritrovare il Sole e i miei compagni. Si asciugò una lacrima con la mano Io sono l'ultimo. Tutti loro se ne sono andati e ora io mi sento molto solo. Il tempo è crudele, passa troppo in fretta. Non sono riuscito a mettere su carta la vita degli altri apostoli. Ma non rimpiango nulla. Scrivere la Vita di Christos e i suoi 21 logia è stato fondamentale.

    Le parole di Christos risuonavano ancora dentro il suo spirito ...

    Citation:
    Samoth, quando sarò morto, percorri il mondo e diffondi la buona novella, come vi ho chiesto. E quando sarai vecchio, allora scriverai la mia storia perchè tutto ciò sia conosciuto e compreso.



    E sì Luisa, ero ancora un bambino quando incontrai Christos sorrise Cos'è che non si stancava mai di dirmi? Ah sì ...

    Citation:
    Samot, mio più giovane amico, fedele tra i fedeli.



    Samot fissò lo sguardo lontano all'orizzonte e cominciò a ricordare la sua vita ...

    Dovevate vedermi, Luisa, agli albori della mia vita: giovane, impetuoso, anche maleducato. Scoppiò in una risata fragorosa e subito ebbe un attacco di tosse Il tempo e le mie frequentazioni mi hanno fatto colto, ma guardando alle umili origini dei miei genitori non è stato certo facile. La mia famiglia era di origine contadina. Ma, attratto dal mare, mio padre si fissò con l'idea di mandarmi abbastanza in fretta sulle rive del Mar Morto. Qui incontrai Tiro, l'artigiano pescatore. Sarei divenuto suo apprendista e sarei rimasto lì, se non avessi fatto questo incontro ... Oh certamente tutto dipende da pochi gesti. Un incontro e vedi come tutto può cambiare. Un giorno sulla piazza del villaggio incontrammo Christos. Non dimenticherò mai questo incontro ... Renditi conto, abbandonare tutto da un giorno all'altro per seguire un uomo che aspira tutto il tuo essere, la tua anima ...

    Citation:
    Ci avvicinammo a Christos, accompagnati presto dal nostro amico Paolo, un contadino. Io ero il più giovane, ero poco più che un bambino, ma fui io a parlare: "

    Maestro, le tue parole sono così giuste, parlaci del messaggio di Aristotele!"

    Allora Christos, toccato dalla mia innocenza giovanile, ci rispose:
    "Allora, seguitemi. I vostri mestieri, le vostre merci, i vostri attrezzi, potranno aspettare fino alla fine della vostra missione. Poichè, per il momento, vi farò costruire la mia Chiesa: lo strumento di pace più bello che il mondo abbia mai conosciuto. Sappiatelo, vi insegnerò la saggezza di Aristotele e il messaggio di Dio, ma prima dovrete imparare l’altruismo e lo spirito di sacrificio."

    Ci mettemmo tutti in cammino verso la grande basilica


    In seguito abbiamo accompagnato il nostro maestro ovunque per insegnare la parola dell'Altissimo. Finimmo per essere dodici.


    Citation:
    E questo è solo un esempio della moltitudine di cose straordinarie che Christos faceva quando lo accompagnavamo lungo i suoi viaggi. Faceva queste cose sempre nella maniera più naturale e semplice possibile, e così noi eravamo catturati dal potere che Dio gli aveva concesso. E continuavamo sulla nostra strada, desiderosi di amore e di verità, seguendo il nostro messia mentre ci raccontava molte parabole che mi sono rimaste scolpite nella mente, e che, amici miei,vorrei potervi trasmettere, se ne avrò l'occasione...


    Per due volte ho vissuto nella felicità più assoluta. Accanto a Christos e poi a Tito. Una volta che Christos si fu sacrificato per le nostre anime, partii prima per Efeso e poi per Roma. Abbiamo predicato, convertito, costruito una Chiesa di fedeli. Tante cose sono state costruite intorno alla Sua Paola. E che dire di Tito, nostro Re in spririto? E 'stato il nostro primo Papa. Grazie a lui, la nostra Santa Chiesa divenne Titanica. Mi sentii onorato quando mi assegnò la missione di creare e organizzare intorno a me e ai miei seguaci una congregazione che si sarebbe occupata di ricostruire, diffondere e conservare la parola dell'Altissimo.
    Ma per due volte, la mia anima fu colpita a morte. Da tempo porto su di me la colpa di essere vivo e di essere così sopravvissuto a Christos e Tito. Porto ancora su di me i segni di questa sofferenza. Salvato da Ponzio la prima volta, poi salvato da Tito stesso la seconda, non ho potuto fare nulla per impedire una tale disgrazia. Ma, peggio ancora, io ero lì, sempre lì ... Ora tutti sono morti nel martirio e io sto morendo qui al tuo fianco, guardando questo panorama che ha sempre avuto il dono di placare la mia collera. Ma ho finalmente capito, la mia sopravvivenza è stata programmata per raccontare questa bella storia che continuerà grazie ai nostri discepoli. Luisa guarda qui.

    Tirò fuori una pergamena che era nascosta sotto la sua coperta

    Questo è il mio testamento

    Si fermò un momento a guardare il Tevere e gli alberi vecchi che, accarezzati dal vento, cullavano Samot. Luisa gli restò accanto un momento, poi la sua mano lasciò la presa. Samot se ne era andato.


    La sua opera

    La Vita di Christos e i suoi 21 logia.

    Reliquie

    Nessuna reliquia può essergli attribuita. Furto, smarrimento ... Non sappiamo cosa sia successo. Per contro la sua casa sul Tevere si è conservata e i fedeli possono andarci in pellegrinaggio. Una cappella è stato effettivamente costruita nelle sue vicinanze.

    Il testamento

    Citation:
    Ai miei compagni, ai discepoli di Samot.

    Prendo la mia penna nel crepuscolo della mia vita per lasciarvi una testimonianza finale. E sì, il vecchio continua a parlare. E' vero che io amo molto parlare e scrivere. Ma non è questo il senso della nostra missione? Ben presto, andrò a raggiungere i miei undici compagni. Non dovete assolutamente piangere per me, non lo merito di certo. Sono sfuggito alla morte tante di quelle volte, che deve un buon giorno finire per acciuffarmi. Vivete nell'amore per il prossimo, non abbassate mai la testa e salvaguardate la fede. Il lavoro che ho iniziato deve continuare. Questo è ora il vostro dovere, saper scrivere e conservare le tracce della nostra storia, del nostro percorso nel tempo. Le nostre gesta, le nostre sofferenze, il nostro amore deve essere noto a molti. I fedeli e i loro discendenti hanno bisogno di sapere cosa è successo. Non lasciate che il tempo lavori contro di voi. L'oblio e la pigrizia intellettuale sono i più grandi nemici della nostra Fede. La falsa conoscenza è un pericolo maggiore dell'ignoranza. Non permettete che i vostri discepoli insegnino false verità. Per questo, vi prego di non smettere mai di scrivere, di raccontare la storia della nostra Santa Chiesa. Dovete essere i garanti dei Testi Sacri e dei libri del dogma, e dovrete ugualmente assicurare la loro perenne conservazione.
    Cari amici, vi lascio pieno di speranza. Avete la mia più totale fiducia.
    Samot
    "Fedele tra i fedeli, diffondete la parola Christos"




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MessagePosté le: Mer Juil 26, 2023 2:54 am    Sujet du message: Répondre en citant

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    Agiografia dell'apostolo Adonia


    La sua vita prima di Christos

    Adonia nacque in Grecia, ad Atene, cinque anni dopo la nascita di Christos. Passò l'infanzia sulle strade del Mediterraneo: suo padre, negoziante e commerciante, condivise con lei la sua conoscenza delle lingue straniere fin dalla più tenera età. Suscitava così l'ammirazione di tutti, compresi i suoi genitori che la riempivano di complimenti ogni giorno.

    In conseguenza degli scambi con una moltitudine di persone, il suo senso di condivisione e di tolleranza aumentavano considerevolmente ogni giorno della sua vita. Malgrado la sua giovane età, la sua conoscenza ed il suo eloquio suscitavano l'ammirazione di tutti. Adonia amava quella vita.

    Più cresceva più la ragazzina lasciava il posto ad una giovane donna la cui bellezza non lasciava indifferenti.
    Fu in occasione di un viaggio in Galilea che suo padre incontrò un uomo potente,un mercante, che incontrata Adonia ne chiese la mano. Suo padre, lieto di tale unione, diede il suo consenso causando lo sconcerto della figlia. Lei vedeva tale unione come un freno al suo spirito ed al suo gusto per la liberta, poiché l'uomo era tanto ricco quanto rozzo e poco propenso alle cose dello spirito.

    La sua vita con Christos

    Contrariata e dopo molti litigi con suo padre, Adonia lascia la sua casa piena di dubbi e di rabbia per uscire dalla città.
    Durante questa marcia, fu distolta dai suoi pensieri da un assembramento attorno ad un uomo che dicevano venisse dal deserto.
    Ogni persona era in ammirazione dinnanzi alle sue parole. Tutti lo contemplavano e sembravano respirare serenità. Adonia si avvicinò per ascoltarlo. Quindi fu soggiogata. Le sue parole parlavano d'amore, d'amicizia, dell'Altissimo… Ogni essere sulla terra doveva seguire il cammino della Virtù e lottare contro la bestia senza nome. Soggiogata, si avvicinò… e tese l'orecchio quando lui parlò d'insegnamento e di unirsi a lui per diffondere il suo messaggio attraverso il mondo. Seppe allora, dentro di sé, che lo avrebbe seguito.

    Citation:
    Adonia disse: Desidero seguirvi…
    Christos disse: "Volete unirvi a me? In questo caso avrete molto amore nel vostro cuore e mi seguirete, dandomi un po' del vostro tempo al meglio che potrete. D'altra parte, se sceglierete di dedicarvi a guidare gli altri lungo la via della Chiesa, è necessario che siate pronti a dedicarle tutte le priorità. Allora prendete distanza dai beni, dal lavoro, dagli attrezzi, dite addio alla vostra famiglia... preferite la semplicità e l'istruzione rispetto ai ricchi ornamenti e ai bellissimi gioielli. Poiché il nostro compito ci richiederà il sacrificio del bene personale per il bene collettivo, ma, in cambio, sarete accolti in santità tra i figli di Dio."

    E disse ancora:

    "Se la vostra famiglia non vi capisse, pregate per loro, poiché non sono sensibili al messaggio di Dio.
    Se colui che vi assume vi prende in odio, non vi arrabbiate con lui, e pregate per lui, poiché non è sensibile al messaggio di Dio.
    Se i vostri amici vi frenano, allora portatateli con voi, cosicché anche loro possano scoprire il messaggio di Dio.


    Raggiunse dunque Tito, Samot e gli altri apostoli al fianco di Christos lasciandosi tutto alle spalle. I miracoli ai quali assisteva la confortavano ogni giorno nella sua scelta. La sua capacità di fare passare il messaggio dell'Altissimo a popoli differenti parlando diverse lingue meravigliò tutti. Avevano già attraversato diversi quando Christos ed i suoi discepoli si recarono a Gerusalemme. La sofferenza condivisa in questi luoghi rafforzò la sua fede. Una volta pronunciata ed eseguita la condanna, decise di seguire i suoi compagni di sventura ed andare a propagare il messaggio ed i valori di Aristotele. La loro Comunità legata dall'amicizia non cessava d'ingrandirsi grazie ai battesimi che effettuavano.

    La sua vita dopo Christos

    L'allontanamentog

    La sua capacità di comunicare con varie popolazioni la spinsero a lasciare i suoi fratelli ed andare in regioni sempre più distanti per propagare la parola. Ogni anno passato a diffondere l'insegnamento di Christos faceva emergere una decina di discepoli e di sacerdoti.
    Ma voleva fare più. Sempre più rapidamente. Allora, nel tempo, si allontanò dal mondo popolato per lavorare alla riunione di ogni etnia attorno ad una sola lingua ed una sola scrittura.
    Lavorò giorno e notte al compito: la redazione della parola dell'Altissimo in una lingua universale affinché tutti potessero beneficiare dell'insegnamento di Aristotele e di Chritos…
    Un giorno tale lavoro ebbe termine. Fu con questo libro, che ella decise allora di tornare al mondo dei fedeli.
    Incontrò Paolo sul suo cammino. Fiera del suo lavoro gli mostrò la sua opera…
    Citation:
    Paolo: Cosa hai fanno sorella mia?
    Adonia: Non comprendo la vostra aria inorridita, Paolo. Non sei contento di vedere tutti i popoli comprendersi in una sola lingua? Non vedi venire verso noi più discepoli, sacerdoti, curati?
    Paolo: Quest'ambizione ti ha accecata cara Adonia. Hai dimenticato il capitolo VII della preistoria? È detto:
    Citation:
    Così, ogni città allestì un esercito, ingaggiando soldati, al fine di combattere per arricchire la loro comunità e i suoi reggenti.

    Allora, Dio decise di permettere loro di imparare cosa fosse l’amicizia, affinché mai più accadesse che un umano ne uccidesse un altro. Divise l’unico linguaggio in una moltitudine di lingue. Gli umani, allora, non riuscirono più a capirsi tra una città e l’altra. L’Altissimo permise quindi loro di poter imparare le lingue che non conoscevano. Per questo apprendimento, era necessario che ciascuno si aprisse alla cultura dell’altro. Così, essi erano meno inclini al combattimento, dati gli sforzi necessari per imparare le lingue di quelli che volevano attaccare.


    Adonia, distrutta, s'accasciò e pianse, non comprendendo, in preda allo smarrimento. Paolo la confortò dicendo che il talento doveva servire a riunire i popoli, ma che non doveva compiacerli, facendo così il gioco della Creatura Senza Nome.

    Il ritorno della Fede

    L'incontro con l'apostolo fu salutare. Ritrovò dunque la ragione e nascose la sua opera, affinché nessuno potesse scoprire tale libro. Percorse il mondo e creò numerose scuole dove ogni allievo era incaricato di tradurre e scrivere la Parola in tutte le lingue.
    Nel più grande segreto, ogni discepolo si preoccupava di operare per diffondere l'amicizia aristotelica.

    Il suo insegnamento

    Come gli altri apostoli, Adonia aveva accettato di diffondere la parola dell'Altissimo. La diffuse attornio al bacino mediterraneo e in contrade ben più lontane.
    La sua grande capacità di comunicare l'aiutò ad estendere il numero di battezzati in tutto il mondo.

    Adonia contribuì al ravvicinamento tra i popoli. Fungendo da intermediario, li aiutò a comprendersi. Rafforzò così la comunione fraterna attorno al Libro delle Virtù.

    Non è mai facile insegnare la parola dell'Altissimo senza che il suo messaggio sia snaturato a causa di incomprensioni. Adonia aveva un ruolo importante in questo campo: grazie al suo dono l'insegnamento dell'Altissimo fu comunicato senza omissioni, senza tagli e senza aggiunte. La parola dell'Onnisciente non si è mai degradata malgrado il passaggio attraverso i viaggi ed il tempo.

    Qualche citazione:

    "Andate, fate di tutte le nazioni dei discepoli dell'altissimo, uniti dall'amicizia aristotelica."

    "Insegnare la vera parola così come è stata insegnata, per essere in grado di esortare secondo la sana dottrina e confutare i contraddittori"

    "Insegnate, ma con pazienza e comprensione di chi vi ascolta. Poiché sapete, non vi è più grande pericolo di chi crede di insegnare la vera Parola quando non fa altro che deformarla."

    L'abbandono della vita terrena

    Fu mentre insegnava a dei giovani ragazzi e ragazze a leggere la parola d'Aristotele che fu arrestata e denunciata da uno dei loro padri. Accusata di fuorviare la gioventù, fu imprigionata a Roma per esservi torturata.
    Nonostante la ferocia degli interrogatori non rivelò mai ai suoi torturatori i vari luoghi dove la Parola era scritta ed insegnata.
    Fu giudicata e condannata alla crocifissione, 15 anni dopo la morte di Christos. Il suo corpo fu in seguito bruciato per evitare che i suoi discepoli potessero recuperare i suoi resti.


    Reliquie

    Una guardia corrotta diede ai suoi allievi il sudario sul quale si stendeva ogni volta dopo la tortura.

    Tradotto da Francesco Saverio Visconti


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    Agiografia dell'apostolo Uriana


    L'infanzia

    In una bella notte di primavera, Timna e Timor osservavano le stelle. Stesi per terra, fantasticavano sul loro futuro ed sul nome del loro futuro bambino. Il tagliatore di pietra e sua moglie desideravano questo bambino da molti anni ormai.

    Citation:
    Timna: allora! Quale nome daremo a nostra figlia?
    Timor divertito: Hai l'aria di essere sicura. E perché non sarebbe un maschio?
    Timna: So che sarà una bambina. L'ho sognato. Non posso speigarlo ma lo so. Vivrà nel nostro amore e sarà devota. Erediterà anche la forza di carattere di suo padre. sorride Che ne di Uriana?
    Timor: È grazioso, sì. Quindi sarà Uriana.


    Uriana nacque il 3 giugno del 20 avanti Christos. E come Timna aveva predetto, fin dalla più tenera età, la bambina visse nell'amore e nella devozione. Era riconosciuta e rispettata da tutti nel villaggio. All'età di 16 anni, Uriana risplendeva e viveva nella condivisione e nell'amicizia. La sua fede non era contestata da nessuno. Spalle larghe, gli occhi brillanti con una voce chiara, Uriana possedeva una volontà ineguagliabile. La sua famiglia rappresentava tutto per lei.

    L'evento scatenante

    Il villaggio di Uriana si trovava nei dintorni di Tiro. Il suo governatore tentava con più o meno successo di soddisfare le pretese romane. Chiedendo sempre più, l'invasore spinse il governatore ed alcuni grandi notabili a ribellarsi. Si occuparono personalmente di aumentare truppe nelle regioni vicine, disporre dei distaccamenti e dei piccoli appostamenti nei villaggi vicini… Ma le loro azioni risultarono sterili o per alcuni disperate. I Romani fecero marcia su Tiro e la sua regione. La punizione fu all'altezza della loro furia: rasero tutto al suolo al loro passaggio massacrando i paesani e bruciando le abitazioni. Il villaggio di Uriana non sfuggì alla loro rabbia. Quando arrivarono, Uriana corse per mettersi in salvo, ma un cavaliere comparve dietro essa. Suo padre si interpose e prese il colpo di spada al suo posto. Timor giaceva a terra sopra sua figlia svenuta. Aveva appena avuto il tempo di vedere sua madre venire uccisa da una freccia ricevuta in petto pieno.

    Il conflitto interiore

    Al suo risveglio Uriana fu presa da una rabbia profonda. Gridò ma nessun suono uscì dalla sua gola. I suoi occhi si riempirono di collera. Il suo viso si scavò per l'odio…
    Per giorni errò senza sapere dove andava. Ormai dimostrava 40 anni. Un giorno una voce misteriosa le parlò…

    Citation:
    La creatura senza nome: Uriana… Uriana
    Uriana attonita rispose: Chi è? Sto impazzendo? Chi è là?
    La creatura senza nome: Lo sai Uriana cara. Non mi hai chiamato?
    Uriana: Mai. Cosa dici? Mi rifiuto di parlarti.
    La creatura senza nome: Oh sì che mi hai chiamato. La tua rabbia mi ha convocato. Il tuo furore ha imposto la mia sollecitudine. La tua tristezza ed il tuo abbandono mi hanno obbligato a venirti in aiuto. No Uriana… Tutta la tua anima ed il tuo corpo mi reclamano.
    Uriana: Lasciami stare. Non puoi nulla per me. Non voglio più ascoltarti.
    La creatura senza nome: Al contrario. Posso molto per te. Lascia che ti serva. Posso placare le tue pene.
    Uriana: E come potresti? Dimmelo tu che ha l'aria di sapere tutto e di avere la risposta a tutto.
    La creatura senza nome: Lasciati guidare. Permettimi di pensare e di agire al tuo posto. Fammi entrare nella tua anima… abbandonati a me e ti farò dimenticare questa tristezza che ti corrode.
    Uriana: L'Altissimo lo proibisce… Va via. Sono così stanca.
    La creatura senza nome: E cosa ha fatto per te e tuoi genitori l'Altissimo? Puoi dirmelo?


    Uriana si mette a piangere e non dice una parola. Acconsente, cede... si addormenta. Al suo risveglio non è più lei. Non è più. La gente che la incrocia si allontana spaventata. Tutti la fuggono. Non parla. Non fa altro che pronunciare parole incomprensibili. I suoi atti sono quelli di una demente. Grida, urla, insulta, vola…

    L'incontro con Christos

    Christos, accompagnato da Samot e Tito, entrò a Cesarea. Predicarono come loro abitudine. Numerosi discepoli venivano ad ascoltarli.

    Citation:
    "Amici miei, non ingannatevi! Coloro che non vivono nell'amicizia che ci ha insegnato Aristotele, quelli marciranno all'inferno.
    Coloro che cedono troppo rapidamente alle tentazioni peccati, coloro che non conoscono la virtù, quelli finiranno nella sofferenza e nella solitudine dell'inferno.
    Coloro che cedono alla voce melliflua del peccato, che sono sedotti dal suo discorso, quelli andranno accompagnarlo nelle tenebre.
    Coloro che, infine, fanno a meno dell'amore di Dio e dagli uomini, che si rifugiano nel loro solo egoismo, quelli finiranno nell'abisso infernale.

    Inoltre state attenti fratelli miei, siate attenti e vigili! Poiché nessuno conosce, il giorno in cui le profezie si realizzeranno. Nessuno lo conosce, il giorno della fine dei tempi."


    Un bambino soggiogato dalle loro parole venne al loro incontro. Li informò che una persona strana avrebbe certamente meritato di subire la collera dell'Altissimo. Christos gli chiese di mostrargli la strada. Una volta arrivati, videro una donna incatenata all'ingresso di una grotta.

    Citation:
    Christos: Chi è questa donna?
    Il bambino: Nessuno lo sa. I paesani hanno dovuto legarla poiché era incontrollabile. Le sue parole sono insensate.
    Samot e Tito visto Christos avvicinarsi: Maestro, non vi avvicinate. È chiaro che il suo destino è di andare sulla luna nel paese dei demoni. Più nessuno può aiutarla.
    Christos: Al contrario amici miei. Al contrario. Non considerate questa sofferenza. L'Altissimo ha un progetto per questa donna. Non preoccupatevi. Ho già incontrato il male che la consuma.


    Christos si avvicinò. Al suo arrivo Uriana si precipitò in fondo alla grotta. Christos la seguì. Samoth e Titus poterono intendere soltanto alcune frasi.

    Citation:
    "Vattene tentatrice! la tua presenza in lei danneggia il disegno dell'Altissimo per questa giovane donna. Sappi che non sei il Suo preferito. Ti ha relegato nell'oscurità perché hai deviato dalla Sua luce. Ti ha lasciato la parola solo per mettere alla prova la fede degli umani."
    "Poiché il peccato è la negazione della perfezione divina. L'abbandono totale ai mille piaceri si accompagna dalla deviazione dall'amore di Dio, mentre il gusto semplice e misurato della creazione divina non può essere realizzato che nell'amore del suo creatore. Allora vattene!"


    La calma era ritornata. Per tre giorni, Samot e Tito non ebbero alcuna notizia. Quando lo videro arrivare, si precipitarono su di lui per interrogarlo, ma nessuna risposta uscì dalla sua bocca. Christos veniva soltanto a cercare pane, acqua ed alcuni vestiti.
    Al termine di altri cinque giorni, Christos apparve accompagnato da una giovane donna. Tito e Samot le diedero una ventina di anni. Dapprima incuriositi, furono stupiti di indovinare in essa “la bestia„ che viveva nella grotta alcuni giorni prima.

    Citation:
    Christos: Samot, Tito vi presento Uriana. Sarà una dei nostri.


    Samot e Tito si guardarono poi capirono che non bisognava fare domande, ma accettare lo stato dei fatti.

    A fianco di Christos

    Durante i giorni che seguirono, Samot e Tito scoprirono una donna devota, che dava prova di grande compassione. La sua personalità piaceva a tutti. I bambini amavano giocare con lei. La sua bontà e la sua tenerezza erano messe alla prova ogni giorno e nessuna debolezza poté essere osservata dai due uomini che erano sempre più meravigliati di vedere questa donna donare tanto amore. Non seppero mai cosa fosse avvenuto in questa grotta. E mai chiesero spiegazioni. Indovinavano semplicemente osservandola che Uriana aveva enormemente sofferto.

    Uriana continuò a diffondere la parola dell'altissimo al fianco di Christos e di otto nuovi compagni .

    Citation:
    Il pranzo trascorreva con molta con gioia, tutti i commensali erano felici di celebrare gli inizi della nuova Chiesa di Aristotele. Ma notai allora che gli occhi di Christos contenevano un'espressione strana, un insieme di tristezza e di malinconia. Era più silenzioso del solito, e tuttavia, molti suoi apostoli non se ne rendevano conto, occupati com'erano a chiacchierare di pace e amore.


    Uriana si era accorta che stava succedendo qualcosa. Osservò Samot accostarsi al maestro e discutere. Terminata la discussione, Christos venne da lei.

    Citation:
    Christos: Hai indovinato, vero?
    Uriana con gli occhi pieni di lacrime: Sì. Cosa diventerò senza di te? Ti devo la vita e la mia redenzione.
    Christos: Il progetto che ho per te non sarà semplice. Lo ammetto. Ma sei pronta. Te lo garantisco. E sappi che sarò sempre al tuo fianco. Hai visto la bestia, l'hai sentita più che chiunque. Conosci il male che può fare. Tu sola puoi ormai combattere e lottare contro questa diavoleria chiamata possessione. Ti ho insegnato ciò che occorre fare.


    Uriana aveva accettato il suo destino da lungo tempo. Mise la sua testa sulle ginocchia di Christos e restò così un momento, silenziosa, approfittando degli ultimi momenti in sua presenza.

    Dopo la morte di Christos

    La sua vita dopo Christos è per la maggior parte ignota. Nessuno sa cosa successe veramente. Ogni volta che si parlava di lei era per associarla agli eventi più mistici: una volta si parlava di bambini posseduti da un demone che avevano ritrovato lo spirito dopo aver incontrato Uriana. Un'altra volta si raccontava che un uomo che proferiva frasi demoniache e dall'oggi al domani divenne il più amato della sua comunità.
    Fu alcuni anni più tardi che Tito la rivide. Era venuta a Roma a dare il suo contributo alla nascita della grande Chiesa. Parlò a lungo con Tito della sua missione e lui l'autorizzò a reclutare dei discepoli.
    Però Uriana morì di fatica qualche tempo dopo.

    Il suo insegnamento

    Appena prima di morire nascose il suo taccuino affinché non cadesse in mani sbagliate. Vi erano annotati tutti gli avvenimenti della sua vita.
    Tutto il suo insegnamento era scritto là. Solo uomini e donne eletti dunque avrebbero dovuto trovare quell'insegnamento.

    La storia ci rivelerà che saranno i Santi Imerio, Illinda e Padre Marmano a trovare questo taccuino. Poterono così continuare l'opera di Uriana creando la confraternita degli esorcisti.

    Le reliquie
    Il taccuino di Uriana.

    Si festeggia
    Il 3 giugno


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MessagePosté le: Mer Juil 26, 2023 3:09 am    Sujet du message: Répondre en citant

Citation:

    Agiografia dell'Apostolo Ofelia


    Capitolo 1: Nascita

    Ophelia nacque in un piccolo borgo della Giudea nell'ottavo anno ante Christos. Suo padre, l'ex legionario romano Caio Bonux, aveva ottenuto al suo pensionamento una proprietà che permetteva a sua moglie, Samantha Lathete, e sua figlia di vivere con una certa agiatezza. L'arrivo in famiglia di un'altra sorella e di un fratello non sconvolsero l'equilibrio familiare, al contrario, le permisero di essere un bambina generosa e amata, giustificando ampiamente l'origine del suo nome: "Colei che è utile" .

    Capitolo 2: Infanzia

    Ophelia crebbe sotto l'occhio vigile e sotto l'ala protettiva della madre, ma le fu impedito di ricevere un'istruzione scolastica. All'interno della famiglia, la giovane doveva attenersi al ruolo che le aveva destinato il padre inacidito, che annegava nell'alcol i suoi sogni di grandezza.
    Le sua attività principale erano lavorare a maglia, cucire e mantenere la casa.

    Capitolo 3: Dalla patria potestà alle responsabilità.

    All'età di tredici anni, suo padre le disse che era promessa in sposa al figlio di un ricco mercante suo amico. Poiché aveva vent'anni, egli doveva prestare servizio nella Legione. La paura di non lasciare eredi aveva quindi affrettato questa scelta.

    Nel frattempo la visione che Ofelia aveva del mondo cambiò radicalmente

    Citation:
    Ophelia interpello gli dèi pagani : Allora se è così, la vita non è solo dolcezze e tranquillità. Ci vengono imposte delle scelte e a esse non possiamo sottrarci. Siete impotenti davanti alla mia richiesta? Devo dare porva di fatalismo e accettare senza lamentarmi?



    In diverse occasioni, Ofelia incontrò il futuro marito. Rassegnata, fatalista ... la ragazza accettò di essere di buonacompagnia e di rispettare la volontà dei suoi genitori. Lo trovava poco attraente, orgoglioso, ma molto intelligente. Il matrimonio si fece. La cerimonia fu guidata da sacerdoti pagani e furono fatti tanti sacrifici per presagire il futuro. Gli auruspici predissero un matrimonio lungo e felice.

    Due mesi dopo le nozze , subito prima di partire per combattere il nemico di Roma, suo marito ereditò dei beni del padre. Tuttavia fu ucciso durante il suo primo scontro.
    E così Ofelia si trovò a capo di una grande e bella proprietà, con molti schiavi e un intendente che amministrava i suoi beni.

    Capitolo 4: L'incontro con Christos

    Essendo al riaparò dalla povertà, decise di lavorare per la sua comunità. I suoi atti di generosità non lasciavano dubbi circa le sue motivazioni. Ai poveri dava soldi e cibo. Ai viaggiatori offriva l'ospitalità della sua casa. Purtroppo era insoddisfatta. La fiducia che aveva dato ai sacerdoti era scomparsa. Le donazioni non furono distribuite, le menzogne e gli inutili sacrifici agli dei la scoraggiavano riguardo l'onestà del clero locale.
    La sua fede si spense poco a poco.

    Finchè un incontro cambiò la sua vita.

    Un giorno, mentre andava al mercato cittadino, la folla fermò la carrozza su cui viaggiava. Sorpresa da tale situazione, chiese ad uno dei suoi schiavi di andare a vedere cosa stava succedendo.
    Citation:

    Ophelia: Allora Fed, che succede ?
    Lo schiavo: C'è un energumero che impedisce ai sacerdoti di fare un sacrificio agli dei.


    Ofelia, chiedendosi chi avesse il coraggio di affrontare i sacerdoti pagani, scese dalla carrozza e sia avvicinò. Riconobbe immediatamente Christos grazie a una descrizione che le era stata fatta. Sembrava così semplice, così umile ... e il suo corpo emanava energia e potenza. Si disse che solamente Dio avrebbe potuto inviare tale portento sulla Terra per liberarla da questo tanto odiato paganesimo. Ed ella istintivamente intervenne quando il sacerdote pagano stava per colpire Christos. Con questo atto, Ofelia scelse la sua strada e decise di lasciare tutto.

    Al tramonto, Christos si avvicinò ad Ophelia e disse :
    Citation:

    " Figlia mia, so che hai lasciato molto unendoti a me stasera, la tua casa ti sarà ostile, i tuoi schiavi ti sfuggiranno, la tua famiglia ti rinnegherà, ma sappi che ti amo come un fratello ama sua sorella e insieme seguiremo la strada che Dio ha tracciato per noi. "


    Capitolo 5: Il seguito

    Ophelia ha dato tutti i suoi beni alla comunità aristotelica di Gerusalemme per aiutare i poveri e gli orfani.

    L'Apostolo spiegò ai suoi seguaci negli anni successivi:

    Citation:

    "Eravamo in dodici, donne e uomini, ad averlo difeso e ci unimmo a lui come discepoli e compagni".

    Christos, il profeta ci ha insegnato l'amore divino e l'amicizia, abbiamo imparato la lezione di Aristotele e di virtù. E ogni giorno che passavamo con lui, le azioni che faceva, le cose che ci mostrava e le sue parole erano tutte colme di saggezza e di amicizia ".


    Un giorno, durante il nostro viaggio, tutti dormivano tranne Christos che aveva lasciato il rifugio e si era seduto su una grande roccia.

    Non riuscendo a dormire, ebbe la sua stessa idea e lo raggiunse.

    Per un'intera ora, non parlarono, regnarono silenzio e meditazione.

    Citation:

    Ofelia: non riuscivo a dormire, il mio passato e la mia famiglia lontano. Mi sento strana, a volte abbandonata e al tempo stesso amata e guidata.

    Christos: Figlia mia, la vita è così e noi tutti dobbiamo fare delle scelte e seguire il nostro cuore. Sappi che Dio è là e guiderà i tuoi passi finchè tu l'amerai.

    Ofelia: Ma che cosa diventerò quando il mondo cambierà, quando non saremo più insieme, tutti noi? Temo il futuro.

    Christos: Le cose sulla Terra sono fatte per cambiare, ma la nostra anima non muore. Un giorno morirò, anche voi morirete, ma ciò non ci impedirà di amare Dio, e tutti quanti ci reincontreremo in cielo se Dio ci riterrà degni.

    Ofelia: Non vedo questo futuro, è così difficile. Io so parlare con la gente, ma l'amicizia è difficile.

    Christos: Allora, figlia mia, se persuaderai e se trasmetterai gli insegnamenti di Aristotele agli uomini allora susciterai in loro l'amore di Dio. L'amicizia è difficile, ma è naturale in noi. Un giorno, quando sarai invecchiata, ti abbandonerai amicizia e la custodirai nell'amore dei tuoi fratelli.

    Ofelia non sapeva più che cosa dire, la aveva capito. Né lei né Christos dissero un'altra parola quella notte.



    Un giorno, accadde quel che doveva accadere, e Christos non c'era più. Trovandosi sola, decise di diffondere il messaggio di Christos attraverso la parte orientale dell'Impero Romano.

    Per circa 25 anni, Christos viaggiò a piedi fino a Bisanzio, la città che sarebbe divenuta regina dell'Oriente. Lungo il tragitto, si fermava in ogni villaggio e vi rimaneva fino a quando una comunità di credenti non vi fosse stabilita.

    Arrivò alla fine del suo lungo viaggio attraverso l'Oriente e si stabilì a Bisanzio, con i compagni che avevano deciso di accompagnarla.

    Tuttavia, pochi giorni dopo il suo arrivo, il prefetto che aveva avuto notizia del suo ingresso in città, inviò delle guardie per arrestarla. Come Christos tempo addietro, ella riuscì a convertire le guardie. Essi divennero i primi fedeli aristotelici della città.

    Questa situazione durò per sette lunghi anni. All'ostinazione del prefetto, Ofelia rispondeva con la predicazione e conversione. Tuttavia, alla fine del settimo anno, visto che il numero di aristotelici divenne superiore a quello dei pagani nella città, il prefetto decise di inviare una lettera all'imperatore romano per informarlo della situazione. L'imperatore del tempo era il famoso Nerone, che odiava più di tutti gli aristotelici. Mandò la sua Guardia Imperiale, specializzata nel catturare e uccidere i seguaci di Christos.
    Arrivat a Bisanzio via mare, i soldati corsero immediatamente da Ofelia per arrestarla, senza contattare il prefetto.
    Di fronte alla peggiore specie di pagani infedeli, Ofelia si rese conto di non poter fare nulla e fu assassinata nella sua casa. I suoi più stretti seguaci furono crocifissi lo stesso giorno all'ingresso alla città.

    Il prefetto venne a conoscenza di questo atto barbarico e restò per giorni e giorni chiuso nel suo ufficio afflitto dal senso di colpa e vergogna. Una volta reimbarcatasi la Guardia Imperiale per Roma, il prefetto, con il cuore e le idee nuove, decise di pentirsi e di convertirsi all'aristotelismo.

    Egli fu quindi uno dei primi politici aristotelici, anche se dovette nascondere la sua fede aristotelica fino alla morte di Nerone.

    Nuovo imperatore, nuove credenze.

    Il prefetto pure si impegnò per far sviluppare la comunità aristotelica di Bisanzio senza che l'imperatore intervenisse.

    A Bisanzio si cominciò a pregare Ofelia, che fu considerata uno dei grandi personaggi della città.

    Capitolo 6: I suoi insegnamenti

    Ophelia è la pazienza personificata. Durante questi viaggi non aveva paura di rimanere a lungo in una città per insegnare il messaggio di Christos. Ha insegnato in un maniera profonda il messaggio, poiché ogni volta che fondava una comunità, vi creava una gerarchia ben ponderata e lasciava per iscritto le lezioni che aveva ricevuto da Christos.

    Dimostrò parimenti che la fede aristotelica era la più forte. Riusciva a convincere con argomentazioni semplici ma essenziali, il paganesimo era uno sbaglio e che Dio era amore, e non una specie di buffone che si accoppiava con chiunque, come era il dio principale di pagani.

    Citation:
    Un giorno un giovane pagano andò da Ofelia. Voleva discutere con lei il significato della sua fede in Giove e in altre divinità pagane. Ofelia lo accolse umilmente ed ebbe la pazienza di ascoltare.

    Egli diceva: "Tu che fingi di essere un messaggero del tuo Dio e dei suoi profeti, e che affermi che il tuo Dio è amore, dimmi, perché il tuo Dio dovrebbe essere più forte? Perché dovrebbe essere il solo dio? Tutti sanno che ci sono molti dei. "

    Ophelia rispose: "Dio ci ama tutti perché siamo i suoi figli e ciò che pensi siano i tuoi dei è solo una errata interpretazione degli uomini. Come potrebbero vivere insieme esseri tanto affamati di potere? Non si ucciderebbero tutti? E il vincitore non distruggerebbe con rabbia tutte le creazioni dei suoi nemici? Saremmo quindi tutti morti. Dio non può che essere uno e forte Ma siamo suoi figli e in questo c'è un amore paterno tra gli uomini e Dio. "

    Allora l'altro, scontento, replicò: "Sì, ma se ci amava come dici tu, perché moriamo? Perché ci sono uomini che muoiono ingiustamente?"

    Ofelia spiegò: "Può sembrare che ci siano delle morti ingiuste, ma so che Dio non è lì per farti immortale sulla terra Ha scelto di lasciare gli uomini liberi di vivere la propria vita, tuttavia, non dimenticare mai che Dio non ti abbandona perché sei suo figlio, e quel giorno in cui si muore, Dio giudicherà se sei stato virtuoso o meno durante la tua vita. E allora rinascerai in paradiso o all'inferno. "



    Ofelia era proprio come aveva predetto Christos, una donna che aveva una tale forza di convinzione che anche gli animali che l'hanno ascoltata si sono lasciati affascinare dalle sue parole.

    Citation:

    "Miei fratelli, non vedete l'amore Non vedete che Dio vi ama, che Dio vi ha dato la vita, che è il nostro padre? Se ne avessi dubitato, non sarei qui. Se ne aveste dubitato, non sareste qui. Diamoci la mano, miei fratelli e mie sorelle, preghiamo e ridiamo, e rendiamo la nostra vita un messaggio di amore, di gloria al nostro Signore e Padre ".



    Ofelia era un riflesso della perseveranza nell'amore di Dio.
    Ophelia rimase fedele a ciò in cui credeva fino alla sua morte e si dice che le sue ultime parole furono: "Uccidetemi, ma quando tornerete a casa, soldati, saprete di aver sbagliato e che Christos era nel giusto".

    Si dice addirittura che questi soldati di Roma confessarono pochi anni dopo il loro rammarico per i crimini commessi contro i fedeli aristotelici. Uno di questi soldati fu canonizzato dagli aristotelici per le buone azioni che fece per redimersi nel perdono di Dio.


    E cosi, anche oggi, l'intera organizzazione della Chiesa aristotelica in Terra Santa, dove visse l'apostolo , mantiene la sua integrità. La diocesi principali stabilitisi sono riuscite a resistere nonostante gli attacchi barbarici e i secoli trascorsi. Le comunità religiose hanno dato origine a nuove città dalle forti mura aristoteliche.


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MessagePosté le: Mer Juil 26, 2023 3:16 am    Sujet du message: Répondre en citant

Citation:

    Agiografia dell'Apostolo Elena


    I: La nascita

    Dopo una notte di tempesta, Demir, fabbro, decise di partire da Ilio per raggiungere l'Ellesponto, viaggiando lungo la strada che costeggia il Mar Egeo. Era scritto che quel giorno egli non sarebbe mai arrivato a destinazione. Il suo sguardo aveva incrociato alcuni detriti sulla spiaggia e per una curiosità istintiva si era avvicinato a recuperare ciò che potesse avere un qualsiasi valore. Per suo grande stupore e sgomento, trovò una bambina molto piccola, priva di sensi, che pareva avere 5 anni. Ansiosi per un ritorno tanto improvviso, il figlio di 8 anni Abbas e la moglie Aleyna si precipitarono verso Demir. L'istinto materno prese il sopravvento e subito la fanciullina venne deposta su della paglia morbida vicino al fuoco e avvolta in coperte.


    Citation:
    ...
    Demir: Che dovremmo fare Aleyna?

    Aleyna sorpresa da una simile domanda: Come sarebbe a dire? Il destino ha stabilito che Elena venisse a noi, e noi l'ameremo come se fosse nostra figlia. E poi, non è forse la nostra unica possibilità di avere un secondo figlio?

    Demir alla sprovvista: Elena! Una figlia! Che dici?

    Aleyna porse al marito un ciondolo cesellato: Guarda, qui è scritto ...
    ...



    Quando Abbas tornò con degli indumenti la fanciulla gli venne presentata come sua sorella. Ne fu sorpreso, ma comunque felice di condividere la casa con una nuova sorella.

    II: L'infanzia

    Abbas e Elena crebbero nell'affetto come fratello e sorella. Il padre aveva deciso che sarebbe stato il figlio a ricevere l'eredità. Elena non voleva rimanare in disparte, e fu con un certo scetticismo che Demir mise la figlia al lavoro, pensando che sarebbe fuggita a gambe levate dopo una giornata di fatiche. Non aveva tenuto conto dell'ostinazione che Elena poteva mostrare quando aveva preso un impegno. Ancora più importante, dimostrò di essere un'apprendista molto dotata e appassionata. Quello che toccava diveniva una vera opera d'arte per la costernazione di Abbas, che si sentiva sempre più escluso da questa complicità tra il maestro e l'apprendista.


    III: La rottura

    Elena aveva appena compiuto 17 anni quando Demir si ricongiunse presso l'Altissimo con la moglie che lo aveva lasciato un anno prima. Nonostante il talento della giovane donna, l'erede della bottega non poteva che essere Abbas.
    I due anni seguenti furono pesanti. Elena, ben voluta da tutti, era continuamente chiamata a svolgere lavori, causando così la gelosia e la rabbia di Abbas. Una mattina, approfittando del suo matrimonio, la cacciò dalla bottega, e non la volle più vedere nemmeno in casa.
    Elena, che non fu sorpresa dell'accaduto, iniziò a velarsi di una profonda tristezza e malinconia. Sfidando il pericolo ogni notte, decise di dirigersi a sud.

    IV: L'incontro con Christos

    Durante il viaggio Elena sopravvisse con poco pane ricevuto in dono qua e là in cambio di piccoli lavori domestici. Per sua grande costernazione, non suscitò altro che beffe, quando offrì il proprio lavoro ad alcuni fabbri.
    La solitudine divenne il suo fardello e l'assenza di amici o di una famiglia le pesava terribilmente. Gli sguardi in ogni villaggio erano solo di sospetto, di scherno, di cattiveria ...
    Dopo due anni di vagabondaggio, si ritrovò in Giudea e la disperazione la spinse a entrare nella Grande Basilica, dove assistette ad un incontro curioso ...


    Citation:
    Christos, accompagnato dai suoi tre compagni, entrò nella sala e disse:
    "Tu, uomo di poca fede, perchè indugi nell'occuparti dei bisogni dei credenti? Perchè non risponti alla loro angoscia?"

    Christos si girò verso di noi, e disse:

    "Sappiatelo: Quest’uomo rappresenta il vizio infiltrato nel cuore stesso del tempio di Dio. Egli è la vostra immagine, amici miei, che nel vostro cuore di creature di Dio, conosceta pure tutti i peccati. Guardate, colui che non muove neanche il più piccolo dito, non merita di essere re.
    E tu, re dei credenti, cosa fai? Non vedi che la tua Chiesa si sfascia?
    Non senti il grido delle anime che ti chiedono aiuto da fuori le mura del tuo palazzo?"


    Svegliato dalla voce di Christos, il gran sacerdote, uomo di poche parole, ma che non le usava con giudizio, si alzò e disse:
    "Ma chi crede di essere questo tizio? Non sei contento se non rompi, perdiana! Devi proprio cominciare a scassare le mie santissime scatole?

    A queste parole, Christos si girò verso i suoi discepoli, e disse:

    "In verità, vi dico; è meglio sentire che essere sordi! Quest' uomo cade negli eccessi denunciati da Aristotele, rimane silenzioso la gran parte del tempo, ma quando si sveglia, parla troppo. Non conosce la virtù della temperanza, né il principio della giusta via di mezzo."



    Elena fu allora prima stupita e poi curiosa di vedere un uomo scontrarsi come costui con il sommo sacerdote. Una volta allontanatosi, ella seguì il piccolo gruppo per saperne di più. Non riusciva a distogliere lo sguardo da questo individuo carismatico.


    Citation:
    Christos camminava a fianco dei suoi discepoli:Tito, ecco a te dei soldi per andare a comprare del pane e qualche frutto. Poi và incontro a quella giovane donna che ci segue e invitala ad unirsi a noi per la cena.

    Tito sorpreso:Quale donna? (guardò indietro) Oh ...
    ....
    Tito a Elena: Buongiorno. Non aver timore. Ti prego di accettare quest'invito cara amica: saremmo lieti di darti il benvenuto questa sera a condividere la nostra cena.

    Elena muta e sorpresa: Io .... Io ...

    Tito sorrise: Vieni. Non aver timore.



    E fu così che Elena trovò la sua seconda famiglia, quella che sapeva fedele e sincera anche dopo la morte.

    V: Al fianco di Christos

    Elena si pose dunque al fianco di Christos e degli altri apostoli nell'opera di diffusione della Fede Aristotelica. Un giorno si trovò circondata da centurioni romani e l'evento che si verificherà influenzerà per sempre il suo pensiero e, soprattutto, contribuirà a mantenere l'amore del divino tra i fedeli.


    Citation:
    Allora Christos disse al centurione:

    In verità, ti dico, uomo di poca fede, non sarò io a seguire te, perchè sarai tu a seguire me!

    Così il tribuno ordinò al centurione di afferrare Joshua, e l'ufficiale, con espressione feroce, si avvicinò a noi con passo lento.
    Io respiravo al ritmo dei suoi passi, cercando di calmare il mio cuore, che batteva a velocità impazzita. Quando giunse faccia a faccia con Christos, il Centurione lo guardò negli occhi intensamente e abbastanza a lungo. Poi, tutto a un tratto, si tolse l'emo e si inginocchiò , afferrando l'orlo della tunica del nostro messia.

    Maestro lo implorò, con grande sorpresa del Tribuno vorrei seguirvi e fare parte di questa comunità dei fedeli! Cosa devo fare? So di essere un peccatore e di aver servito un cattivo maestro, ma io ti imploro di dirmi come posso essere perdonato?

    Allora Christos lo sollevò, e sotto lo sguardo impietrito dei romani pronunciò queste parole:

    Peccatore, te lo dico, e hai appena fatto la prima cosa che i fedeli devono fare: essere umili, e confessare i propri peccati. Così, se il tuo pentimento è sincero, Dio ti perdonerà.

    Christos si rivolse ai suoi apostoli, e continuò:
    E voi sappiate che i peccati commessi dalle vostre pecore sono perdonati, se vengono a confessarli alle vostre orecchie; se sono pronti per farne penitenza.


    Con queste parole scolpite per sempre nella memoria Elena visse accanto al suo Maestro fino all'ultima cena.


    Citation:
    Christos sorrise ...
    Ebbene cara amica! Sei molto premurosa. Questo non è il giorno. I tuoi pensieri non devono essere rivolti alla mia morte, ma piuttosto a tutte le anime che tu riuscirai a salvare.

    Elena Non capisco. Come potrei pensare ad altro?

    Christos Volgi la mente al bene che andrai a compiere. La mia morte andrà a beneficio dei nostri fedeli. Che tutti seguano il cammino che ho tracciato, e l'Altissimo premierà i giusti allorchè emetterà il Suo Giudizio. Dopo la mia morte, và, diffondi la Fede e occupati di confessare e di avviare il pentimento che porterà il perdono del Altissimo su ogni fedele.


    VI: Dopo la morte di Christos

    Elena si mise in viaggio per la Lidia, per poi attraversare il Mar Egeo in compagnia di Paolo. Al suo arrivo, si dedicò allo studio di Aristotele e dei suoi scritti. La sua conoscenza in materia cresceva giorno dopo giorno a tal punto che Paolo, che l'aveva presa sotto la sua protezione fin dall'inizio, la lasciò continuare a lavorare da sola per il bene dei fedeli.


    Citation:
    Paolo in procinto di partire per Alessandria Ho intenzione di partire entro un paio di giorni cara amica. Ho piena fiducia nella tua capacità di compiere la missione che Christos ti ha affidato. E devo anche portare a termine la mia. Farò in modo di tenermi informato sui tuoi progressi.

    Elena Non puoi restare un po' più a lungo? Una domanda ancora mi turba. Ed è della massima importanza. Christos parla di pentimento, ma possiamo noi, umili servitori, imporre una cosa simile in nome dell'Altissimo? E dobbiamo essere sempre in timore dell'Altissimo? Non possiamo premiare i nostri fedeli per le loro azioni ... Vedi, i dubbi mi assalgono e non trovo pace.

    Paolo Non si tratta di vivere nel timore, ma al contrario di confidare in colui che ci fu maestro in tutto. Noi soli possiamo mettere a dura prova la Sua pazienza. Egli è misericordioso e pentirsi dovrebbe essere la nostra unica preoccupazione, poiché siamo ben lontani dall'essere irreprensibili. Tu parli di ricompense! Non ho nulla da dire. Noi tutti dobbiamo essere guide per i nostri fratelli e sorelle. E dobbiamo prestare attenzione alle buone azioni degli altri. Consideriamo quello che di buono è negli altri ed evitiamo di cadere nell'egocentrismo. Non c'è niente di inutile se operiamo per la Fede, l'amicizia e l'amore verso il prossimo.




    Fu così che Elena si dedicò interamente alla sua opera e un giorno incontrò due giovani, in tutto diversi l'uno dall'altro. L'uno, virtuoso e generoso, desiderava donare la sua fortuna e la sua vita per il bene della Chiesa. L'altro, criminale autore di numerosi furti, voleva pentirsi dei suoi peccati. Elena li confessò, quindi si interrogò sulla penitenza per l'uno e sul ringraziamento per l'altro.
    Chiese quindi al ladro di digiunare per cinque giorni e di recarsi poi in pellegrinaggio a Gerusalemme.
    Quanto al secondo, lo ringraziò e andò a pregare per quell'uomo. Ma non le bastò. Quando Tito divenne Papa della Santa Chiesa Aristotelica, Elena sentì di aver qualcosa da offrire.
    Una mattina, dopo una notte popolata di sogni e di incubi, si precipitò con grande stupore dei suoi discepoli da un fabbro e gli chiese di usare la sua bottega. Elena insistette sul fatto che tutti, senza eccezione, se ne andassero e la lasciassero lavorare sola. L'artigiano, che la conosceva, accettò senza far questioni.
    Elena trascorse notti e giorni a lavorare sulla rivelazione che aveva avuto. Il settimo giorno chiese al suo discepolo più fedele di raggiungerla. Lo pregò di andare a Roma di persona per consegnare questa pergamena con questo pacchetto.

    VII: Il suo insegnamento

    Citation:
    Lettera di Elena a Tito

    Caro amico,

    Prima di tutto ci tengo a farti sapere che sono fiera di te. Christos non avrebbe potuto scegliere meglio. Di tutti noi, proprio tu meritavi di guidare la nostra Santa Chiesa. Hai guadagnato la mia stima per sempre. Prego ogni giorno che l'opera dell'Altissimo perduri attraverso i secoli e che l'umanità possa vivere e credere in questa amicizia universale.
    Il giovane discepolo che ti si presenta ha tutta la mia fiducia e ha l'incarico di consegnarti la mia riflessione e una medaglia. Questo lavoro è concepito come una guida per i nostri discepoli in modo che la misericordia dell'Altissimo sia conosciuta dai nostri fedeli e credenti. Che vengano da noi a confessarsi e che possiamo noi accoglierli omaggiandoli per la loro fede e le loro azioni.
    Ecco dunque quello che propongo affinchè la nostra giovane istituzione possa educare al meglio i fedeli.
    La Confessione sarà l'atto con il quale il credente che ha commesso un errore potrà essere perdonato. Dio sa che l'uomo non è perfetto, altrimenti sarebbe Dio, tuttavia, riconosce che l'anima che si mostra nel corso di una confessione profonda e sincera è un'anima pura. Detto questo, per garantire il perdono di Dio, sarà bene che il peccatore sconti una penitenza. Tutti i sacerdoti potrenno ricevere le confessioni e non potranno rivelarne il contenuto neanche sotto tortura. I curati dovrebbero incoraggiare i loro parrocchiani a confessarsi all'Onnipotente prima di ogni messa.

    La Penitenza sarà lo stato in cui si pone volontariamente il peccatore che si è confessato per ottenere il perdono divino. Il digiuno, il pellegrinaggio, o la carità dovranno servire al pentito a sottomettersi al perdono del Misericordioso.
    Il Digiuno sarà l'atto con cui il penitente o il semplice fedele si priva del cibo o si limita ad un pasto di base per un certo periodo di tempo, ponendosi così al livello dei più deboli, per prendere in tal modo consapevolezza della miseria umana contro cui la Chiesa combatte. Il digiuno trae perciò la sua origine dalla meditazione di Christos nel deserto.

    La Carità sarà l'atto di virtù che dovranno praticare tutti gli aristotelici. Esso consisterà nell'aiutare i fratelli aristotelici sul cammino della virtù.

    Il Pellegrinaggio consisterà nel percorrere i Regni per prendere coscienza della creazione. Il pellegrinaggio permette, oltre ad essere una forte testimonianza di fede, di prendere contatto con gli altri fratelli aristotelici e di aiutarli.

    La Santità sarà lo stato a cui dovrebbero aspirare tutti gli aristotelici. Alcuni devoti raggiungono questo status per il loro rispetto pressochè senza macchia dei principi aristotelici. Questi santi detengono, anche se assunti nel sole, il potere di influenzare certe cose del creato, quindi è importante commemorarli e venerarli. Affinchè la Nostra Chiesa ricompensi questi fedeli, ti faccio dono di ciò che la mia arte e la mia fede mi hanno comandato di produrre. Questa medaglia di Aristotele dovrà essere la ricompensa suprema nei confronti dei servitori dell'Altissimo.

    Elena



    VIII: La scomparsa e l'elevazione al rango di martire

    Si era diffusa presso i pagani la voce che una donna, di nome Elena, aveva confezionato un gioiello di rara bellezza, ornato di oro e gioielli.
    Questa assurdità avrebbe causato la fine dell'apostolo. Una sera, mentre tornava alla propria dimora, Elena venne avvicinata da ladri che la trascinarono in casa per costringerla a consegnar loro ciò per cui erano venuti. Esasperati e frustrati dalle parole di Elena, che non smetteva di dir loro che non possedeva alcun tesoro materiale, il capo dei briganti la colpì con un coltello ponendo fine a una vita consacrata ad Aristotele.

    Messa in allarme dalle urla, i discepoli dell'apostolo riuscirono ad acciuffare i fuggitivi. Intorno al corpo, ci fu solo sgomento, costernazione, tristezza e solitudine ...

    La notizia si diffuse in tutta la città. Indignati per questo comportamento, tutti si riunirono per rendere un ultimo omaggio a Elena. Quello stesso giorno, cinque rapinatori rimasero uccisi in circostanze misteriose. Il primo cadde in acqua e annegò mentre trattava alcuni affari al porto. Il secondo tornò a casa, picchiò la testa in una trave e morì per le ferite riportate. Il terzo, mentre camminava per la strada, vide un uomo cadere da una scala e precipitargli addosso. Lo choc gli fu fatale. Il quarto, che correva per sfuggire da una folla inferocita che l'aveva scoperto a rubare, inciampò e si impalò sul suo coltello. Infine l'ultimo e il più giovane, preso dal rimorso decise di partecipare al funerale di Elena. Avvicinatosi al feretro, morì con una lacrima sulla guancia, colpito da un attacco di cuore. Uno dei discepoli lo riconobbe e la folla ,vedendo un ragazzo di appena 18 anni crollare in quel modo, si inginocchiò immediatamente scorgendovi un segno divino.
    Si cominciò presto a dire che l'Altissimo aveva punito così un tale oltraggio. Elena fu elevata a martire della fede. In tanti si raccoglievano in meditazione sulla sua tomba a pregare l'Onnipotente.

    Si parlò di Elena come un esempio da seguire in tutta la Grecia. La sua virtù e la sua fede ispirarono un gran numero di nuovi discepoli e fedeli, che ne traevano ispirazione a vivere secondo virtù e predicando contro la Creatura Senza Nome.

    Tito, avendo appreso la morte della sorella, si rivolse alla stella confezionata con tanta fede e prese la decisione che la medaglia d'Aristotele sarebbe stata la ricompensa data in memoria di Elena a chi avesse condotto una vita di virtù e Fede.


    Reliquie

    Medaglia di Aristotele


    Tradotto da Padre Ariberto



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Kalixtus
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MessagePosté le: Mer Juil 26, 2023 3:25 am    Sujet du message: Répondre en citant

Citation:

    San Tanos, Apostolo di Christos


    I: L'infanzia di Tanos

    Tanos fu uno dei numerosi figli di una famiglia mediterranea come se ne vedevano tante in questo primo secolo in Akko (Acri, ribattezzata Tolemaide a quel tempo) e Tiro.
    Isolata in un vasto territorio brullo e macchiato qua e là di cespugli, relativamente lontano dal Mare Internum (Mar Mediterraneo), la famiglia coltivava alacremente fichi, ulivi, e alcuni cereali. Le capre, il loro latte e i formaggi che preparavano all'ombra di grotte scavate a fatica, in questo luogo spesso arido, completavano la produzione.
    Se anche non c'era l'abbondanza ogni anno, la famiglia non aveva mai conosciuto la fame o la sete.
    Un pozzo molto vecchio, raramente asciutto, permetteva l'abbeveramento degli animali e delle persone.

    La stranezza di questa casa risiedeva nella sua piccionaia, cosa insolita in questo luogo.
    Il padre era contento del fatto che i suoi cinque figli maggiori, mentre sorvegliavano il gregge nelle colline circostanti, non fossero isolati in caso di problemi: essi si portavano dietro uno di quei volatili ogni mattina.
    Questi uccelli erano della razza migliore, leale e diligente.
    Ci era un ricco mercante di Tiro, che regalava due coppie logni anno, perché egli aveva fatto accidentalmente cadere un suo prezioso carico in un crepaccio e questa famiglia l'aveva aiutato a recuperare praticamente tutto.
    Questo evento, che era accaduto poco dopo la nascita di Tanos, egli l'aveva sempre saputo.


    La casa della famiglia era bassa, circondata da alberi di Giudea, e in questa piacevole ombra il piccolo Tanos era nato nel corso dell'anno VII. Egli fu l'ultimo di una nidiata di sette fratelli.
    Amore e lavoro erano gli unici comandamenti di questa famiglia semplice, che si ritrovava unita ad ogni alba e tramonto del sole che l'Onnipotente mandava.
    Questi agricoltori amavano la terra con la laboriosa semplicità dei raccoglitori e dei pastori.

    La madre, Ayala, aveva avuto la possibilità di imparare a leggere da bambina, poiché era stata allevata dai Romani.
    Questa meravigliosa conoscenza la dispose per istruire il marito, Gamaliele, (il cui nome significa "Dio è stato generoso con me"), per condividerla poi con tutti i suoi figli...quando il loro interesse l'avesse permesso...
    Uno solo non riusciva mai a comprendere, il penultimo nato, perché era diverso: egli si guardava intorno senza posa, senza mai veramente capire, e il suo fratello minore Tanos si prese come missione di aiutarlo non appena concepì il suo primo pensiero, cosa che avvenne precocemente.

    Così, mentre Ayala cucinava ogni settimana pani di frumento o di orzo nel forno di famiglia, poteva tranquillamente sorridere vedendo i suoi due figli più giovani stare serenamente insieme all'ombra di alberi di olivo, con Tanos che aiutava con pazienza l'altro a vestirsi o lavarsi, o modulava su un flauto di bambù alcune dolci melodie che incantavano il grullo.
    Quest'ultimo aveva appena un anno più di lui, ma ne dimostrava molto meno. Il primo era robusto e ben piantato, l'altro malato, e leggermente deforme.
    Tanos gli insegnò anche ad intrecciare canestri, cosa che è riuscì a fare, - a gran fatica, è vero - ma tutti i prodotti della famiglia trovavano ora posto nei panieri di Tanos e di suo fratello Guéchèm. (Che in giudaico significa "pioggia", una benedizione nella regione arida di Tanos.)


    Tanos trascorrreva ore con questo fratello, sfortunato a causa di un parto difficile, ciò che probabilmente aveva impedito la respirazione per qualche istante alla nascita. Questa sua cura per il fratello può essere stato ciò che lo preparò alla sua vita futura, che lo portò ad ascoltare sempre l'innocente, ed a trasformare nell'essere più utile chi, al contrario, la natura aveva reso incapace, che lo aprì alla comprensione della lentezza di certi individui, e che lo convinse che il diritto alla differenza deve esistere.
    Ma Tanos, per ora, rideva di buon cuore con suo fratello Guéchèm, perché le vie dell'Altissimo sono imperscrutabili.



    II: Il vagabondo

    Ciò che differenziava Tanos dai suoi fratelli maggiori, era la sua capacità di individuare negli scritti del Profeta Aristotele, che tutta la famiglia seguiva costantemente e con fervore ogni Domenica al villaggio vicino, i messaggi profondi che essi talvolta recano con sè.
    Ma spesso egli si sentiva come un vagabondo errante per mezzo di questi scritti. Tuttavia, percepiva la forza e la coerenza di quelle parole.

    Il forte legame d'affetto tra i due bambini durò a lungo, ma non fu per sempre: una notte, Guéchèm non si svegliò più, e il dolore prese così prepotentemente il cuore di Tanos, che questi rimase tre giorni a riflettere solo in un angolo della stalla dopo la sepoltura. Il rito funebre non teneva conto delle sue lacrime... La vita era così difficile e così costante in quest'epoca in cui nessuno poteva sottrarsi a lungo alla fatica quotidiana: la famiglia tornò in fretta a prendersi cura delle bestie, degli alberi, e del piccolo vitigno che correva lungo una parete della loro casa e si arrampicava allegramente al traliccio.
    Non era indifferenza, ma solo necessità legate alla sopravvivenza: la vita è sempre più esigente della morte.
    Tanos solo rimase immobile, tenendo tristemente in mano l'ultimo piccolo paniere di Guéchèm, incompiuto...
    Saggiamente, i suoi genitori, afflitti anch'essi per la perdita del figlioletto innocente, lo lasciarono in pace, assicurandosi, al tempo stesso, che mangiasse e bevesse almeno un poco.

    "- Madre!" Disse infine, uscendo la quarta mattina dal suo letargo, pallido in volto per il dolore del lutto. "- Madre, tu e papà sareste disposti a lasciarmi viaggiare? Alcuni amici devono condurre al di là del villaggio alcune capre e pecore nel grande mercato della città."

    Prima che la madre avesse il tempo di rifiutare, non volendo essere di nuovo separata da un altro dei suoi figli, il padre Gamaliele venne e disse:
    "- Su moglie mia, è necessario che la sofferenza si plachi, Tanos non può vivere felice dal momento che suo fratello gli manca, come noi tutti del resto, ma si deve ammettere per lui è ancora più doloroso.
    Lascialo andare, Ayala, e preparagli un piccolo fagotto di pane e formaggio, fichi e olive."


    E, rivolgendosi a lui, che adesso era il figlio più giovane dei suoi sei:
    "- Prendi una bisaccia di pelle di capra, Tanos, e riempila con l'acqua pura del nostro pozzo.
    Ti regalo il mio mantello, impermeabile, ti tornerà utile come ripare nelle notti fredde, e questi tre piccioni. Trattali bene. Ce li manderai se ti accadrà qualcosa di eccezionale.
    Non dimenticare di parlare con loro ogni giorno, per renderli felici."


    Consegnò al figlio una gabbia, dove erano costretti a vivere i tre di uccelli preferiti di suo padre...
    Gamaliele aggiunse, davanti a tutti i fratelli riuniti solennemente:"- Assaggia questo oro delizioso ed appiccicoso, ma non fartene invischiare."
    Gli fece mangiare un cucchiaio di quel miele selvatico e rustico, che si può trovare talvolta negli anfratti delle colline...

    E ancora:"- Bevi questo sangue che rafforza e rinfresca, ma attento a non inebriartene."
    Gli fece bere un sorso di quel vino dal sapore amaro e scuro, che profumava di terre mediterranee e spezie...

    E ancora:"- Ti faccio dono di una cosa che ti ha nutrito quando eri un bambino in fasce, ma che ti prepara anche ad altri alimenti e ti fa crescere."
    Gli offrì una ciotola di latte, bianco e cremoso.

    Dopo gli sguardi e gli abbracci calorosi di circostanza, gli disse infine addio: -"Che ognuno faccia quello che deve fare ora."

    Così benedetto dal patriarca della famiglia, Tanos tagliò un grosso bastone d'ulivo, poi volse un ultimo sguardo alla dolcezza dell'infanzia.
    Prese un ramo di bosco non lontano, che gli ricordasse per sempre il suo luogo di origine.
    Ebbe il presentimento fugace e indubitabile che non avrebbe mai fatto ritorno. Sentiva che da qualche parte il suo destino lo stava cercando.

    Vagabonderà assai prima di compirlo...
    Aveva appena compiuto 17 anni.


    III: L'incontro con Christos:

    PROMEMORIA agiografia di Christos. La vita di Christos, Capitolo VIII. Memorie di Samot, raccolte nell'87 dopo Christos, curate da Trufaldini.


    Citazione: Ah, mi ricorderò sempre quel giorno, amici miei. Dopo aver lasciato la Basilica, ci trovammo faccia a faccia con un gruppo di oziosi che litigavano animatamente gli uni contro gli altri. Provammo a trattenere Christos, ma non ci ascoltò e si avvicinò al gruppo rissoso.

    Capì immediatamente la causa di quel conflitto; davanti a lui una pecora era smarrita, terrorizzata dalle urla che arrivavano da ogni parte. Alla sua sinistra c'erano dei seguaci delle religioni pagane, il loro sacerdote in testa, tenendo in mano un lungo coltello. Alla sua destra alcune persone deluse dal paganesimo e che si erano allontanate di meno dai precetti di Aristotele rispetto agli altri, che si erano radunati per denunciare i barbari sacrifici che si preparavano in onore di falsi dei. Ogni fazione urlava con veemenza contro l’altra.

    Allora Christos, con calma, chiamò verso di lui l’animale terrorizzato, che avanzava docilmente verso di lui. Christos lo accarezzò e gli disse di andare per la sua strada. La pecora se ne andò. Ma il sacerdote pagano pieno di rabbia contro Christos avanzò verso di lui, con il coltello alzato. In quel momento ci mettemmo in mezzo io, Tito e Paolo, seguiti ben presto da altri nove di coloro che erano delusi dal paganesimo che erano riuniti a destra. Ma Christos avanzò e affrontò il sacerdote da solo. Questo incrociò allora lo sguardo con l'uomo benedetto da Dio, si voltò, e se ne andò senza parole, seguito dalla folla di pagani con aria imbarazzata.

    Quindi, noi altri, i dodici che volevamo difendere Christos, stupiti da ciò che era appena accaduto, ci girammo verso questo misterioso uomo.

    Uno di noi, un uomo che non conoscevo ancora, ma che era chiamato Tanos, gli disse:
    "Ma chi sei tu, la cui calma e la dolcezza hanno avuto ragione dell'infame pagano?"

    E Christos gli rispose: "Il mio nome è Christos, figlio di Joseph e di Miriam. Chi mi conosce dice che io sono il messia, poiché io amo Dio e gli altri esseri umani."

    E noi esclamammo:"In verità, nessuno di noi ne dubita. Rendiamo grazie all’Altissimo per averti mandato a noi, così che la Sue parola illumini le nostre vite e la profezia di Aristotele si concretizzi."

    E infine Christos rispose:"In verità vi dico, è abbastanza triste che così tanti figli di Dio siano allontanati dal Suo amore. E' necessario guidarli così che i loro errori passati siano corretti. Mi seguirete e diventerete apostoli della parola di Dio?"

    I nove che non conoscevano ancora Christos si guardarono tra loro, sembravano un gruppo diviso tra la gioia e l'angoscia. Chiesero al Messia cosa era necessario fare per unirsi a lui.

    E noi, suoi amici, ascoltammo e fummo d'accordo con Christos. Da quel momento eravamo in dodici a seguirlo.
    Le sei donne si chiamavano Adonia, Calandra, Elena, Chirene, Ofelia e Uriana. I sei uomini si chiamavano Dagiu, Niccolò, Paolo, Samot, Tanos e Tito.

    "- Voi annuncerete la buona novella a tutte le nazioni, aiutando Tito a costruire la mia Chiesa. Quindi, miei apostoli, i miei chierici, sta a voi seguire il sentiero che ho tracciato per voi, a voi battezzare coloro che vogliono entrare nella comunità dei fedeli di Dio, a voi ordinare sacerdoti coloro che desiderano consacrarsi interamente all'amore di Dio, a voi ascoltare la confessione di coloro che desiderano essere purificati dai peccati, a voi punire coloro che non sono capaci di mostrarsi degni dell'amore di Dio e sempre a voi predicare almeno ogni Domenica, in modo che si compia la volontà dell'Altissimo."

    IV: L'Apprendistato.

    Negli anni seguenti, Tanos seguì Christos e i suoi nuovi Fratelli e Sorelle, ascoltò, guardò, e così apprese.
    Sebbene già conoscesse il Dogma, e Aristotele, integrò tutto con la forza che scaturiva dalle azioni e dalle parole di Christos.
    Sebbene già avesse provato, senza esserne consapevole, l'amore fraterno, e dei figli per i genitori, l'amore verso un lavoro ben fatto, l'amore contemplativo per la Creazione dell'Altissimo, l'amore per il Dogma, e infine e soprattutto, l'amore verso l'Onnipotente, ne aggiunse un altro, l'amore per Christos; e più Lo conosceva, più si avvicinava alla percezione della giustizia, della bontà, della profonda spiritualità, dell'intelligenza e della sensibilità del loro Maestro verso tutti.
    Era un Maestro in ogni senso che questa parola possiede: grandioso, saggio, benevolente.

    Questa volta egli era consapevole di quanto aveva ricevuto, e ne ringraziava l'Onnipotente attraverso la preghiera e con l'esempio. Lo spirito di Tanos si trovava ogni giorno un po' più a contatto con gli insegnamenti di Christos e a quelli provenienti dall'amicizia fraterna con gli altri Apostoli.

    La sua anima si forgiava, come una lama di spada diviene lucente dopo i vari passaggi che sottomettono la sua materia grezza alla forza e alla bellezza, sua forma e lucentezza.


    V: Il primo piccione.

    Ma nessuno tra gli esseri umani raggiunge la perfezione.
    In quei giorni, Christos e gli apostoli erano tutti sereni.
    Le fiamme porpora e l'oro del tramonto illuminavano di nuovo una notte giovane.
    Sulla riva del Mediterraneo, formavano un cerchio il cui centro era in concorrenza con il Sole, dove facevano dorare tranquillamente un agnello avvolto con del finocchio, molto abbondante in questa regione.
    Il loro trovarsi riuniti per un pasto in comune non impediva affatto le discussioni, e ogni sera un falò li teneva svegli per un po'. A volte, altri viandanti si univano a loro. Ciò avrebbe permesso l'invenzione del fuoco da campo per i pellegrini all'indiscusso precursore, un tale Mcgroar.

    Avevano lasciato il rumore e il caos di Laodiceia (Laodicea, Latakia, Lattaquié o Latakiyah), antica città seleucide, poi romana, ora della Giudea, dove lo sfarzo e la ricchezza rallegravano il cuore degli abitanti.
    Sulle pendici di dolci colline intorno a lui, e più a est, la coltura delle vigne faceva crescere l'economia della città, e il suo magnifico porto, costruito in modo ammirabile, serviva molte altre grandi città e isole importanti.
    I ricchi mercanti erano chini sotto il peso di ornamenti in oro e preziosi, ostentavano i loro abiti di seta, morbidi come una carezza, o di lino, tinti con colori caldi e brillanti.
    Le case erano state costruite ben solide e belle, gli animali avevano per lo più un aspetto grassoccio o panciuto, come se ne vedono raramente nei nostri ovili o stalle occidentali.
    Sugli scaffali dei negozi, le reti da pesca e le ceste dei raccoglitori erano ricolme di pescato eccellente e di frutta e verdura superbe. I sacchi di canapa traboccavano di spezie rare e profumate.
    Questo non impediva la povertà. Semplicemente essa si nascondeva fuori città.

    Tanos: "- Guarda, Christos, che aspetto felice ha la gente in questa città! Tranne certamente il povero schiavo la cui scala gli è letteralmente esplosa in mano! Come l'ha preso d'assalto il suo padrone! "

    Tutti si misero a ridere a questa battuta, perchè l'uomo paffuto e furioso si stava coprendo di ridicolo, era comico, e non aveva nulla da lamentarsi: poteva comprarne subito un altro!

    Christos replicò dopo qualche istante, il suo viso scarno ridivenuto serio:
    Christos: "- Guarda, Tanos, come quelli che vivono nella periferia sono tristi e senza ducati!
    Tanos: "-Non so perché non li elemosinano, considerando tutti i ducati che i mercanti mi hanno offerto, quando io non avevo chiesto loro niente!"
    Christos: "- Ti hanno donato questa borsa ricolma perché volevano sentire la nostra storia e le notizie di luoghi lontani durante il loro pasto. Ti hanno comprato con questi ducati d'oro, che sono nulla per loro. Volevano divertirsi, ma non pensare a una predica.
    Ma...Dovevi essere assetato dopo aver parlato così lunghe ore per soddisfarli...Non ti hanno offerto da bere?"


    Christos sorrise...Tanos sospirò, aveva realizzato un po 'tardi. Aveva ancora in lui l'ingenuità dell'estrema giovinezza...

    Tanos: "-...No...Mi hanno gettato questa borsa alla fine del loro pasto e poi mi hanno ordinato di andarmene"
    Christos: "E sei venuto a unirti a me per sentire la mia predica, che levo a voce alta non lontano dall'ingresso della città, vicino ai tuguri dei disoccupati e dei malati".
    Tanos: "- E' vero, ho anche notato che costoro erano più propensi ad ascoltare la tua predica rispetto agli altri, preoccupati solo dei loro commerci. E mi hanno offerto le loro povere giare".
    Christos "- Vedi, quando l'oro è abbondante, non si è mai certi di possederlo. Piuttosto, è lui che ci possiede. "
    E Tanos si ricordò la prima frase che suo padre Gamaliele aveva sussurrato alla sua partenza. "Assaggia questo oro delizioso e colloso, ma non fartene invischiare."

    Christos gli sorrise, e Tanos ebbe la certezza che Egli sapeva ciò che stava ricordando in quel momento.
    Allora Christos gli disse:

    "- La gabbia che porti con te con mille attenzioni ti peserà per molto tempo, perchè i tuoi tre uccelli messaggeri vivranno felicemente fin quando non arriveranno alla loro piccionaia natale.
    Così sarà."

    E Christos si servì una fetta di carne di montone, senza più parlare.

    Senza aggiungere altro, Tanos si alzò in piedi e scelse uno dei tre piccioni, dal quale prelevò dolcemente una piuma della coda, per poi scrivere su un piccolo papiro le seguenti parole:

    "Padre, madre, fratelli miei, ora conosco il mio destino, si chiama Christos. Ho assaggiato l'oro, l'ho adorato e me ne sono distaccato.
    Tanos."



    L'animale liberato volò immediatamente verso il suo luogo d'origine.
    Il giorno dopo Tanos depositò senza farsi vedere i ducati d'oro nelle mani vuote dei mendicanti che gli avevano offerto da bere.
    Tenne per sè la piuma.

    VI: L'artefice

    Tanos, come i suoi compagni, continuava a seguire gli insegnamenti forniti da Christos ogni giorno con gli scambi di vedute, l'esempio, i gesti e le parole.
    Durante la sua predicazione, Christos e i suoi apostoli andarono in Galilea, in Giudea, in Samaria, nella Fenicia.
    Discesero il fiume Giordano fino al Mar Morto, navigarono alla volta delle rive di Antiochia. Intravidere una volta in lontananza anche il Monte Sinai...
    Passarono attraverso numerose città, sempre predicarono: Cafarnao, Tiberiade, Genesaret, Sicar, Magdala, Cesarea di Filippo, scalarono il Monte Tabor, tornarono a Nazaret.
    E ogni volta Christos iniziava così i suoi discorsi:

    Citazione:"Io sono Christos di Nazaret, il Messia, guida e specchio della divinità, Dio è in me. Il profeta Aristotele ha annunciato la mia venuta, affinchè vi mostrassi la via da seguire per vivere nell'amore dell'Altissimo."
    E molti si avvicinavano, e molti ascoltavano, e molti lo comprendevano...

    Finalmente arrivarono a Gerusalemme, e il percorso di Christos si arrestò perché fu condannato e giustiziato in condizioni disumane, come previsto dall'Altissimo.
    Durante questo viaggio, Tanos come gli altri apostoli aveva ascoltato, seguito e imparato.
    I loro corpi erano diventati robusti e flessibili, e nelle loro menti, già risvegliate alla spiritualità, si erano scolpiti la storia e i messaggi divini.
    Essi si erano trasformati durante questo viaggio, lentamente ma inesorabilmente, per volontà dell'Altissimo e di Christos, così da divenire per il bene dell'umanità maestri nella Condivisione con tutti coloro che desideravano un Fede frugale, ma non senza esigenze.

    Erano divenuti i futuri Artefici della Chiesa, "Una, santa, Aristotelica e Apostolica".

    VII: Il secondo piccione..

    Ahimè!
    Nessuno può soffermarsi sul passato, che rende il grande popolo del Creatore quello che è oggi ...
    Il libero arbitrio così caramente desiderato conduce gli esseri umani, o almeno li avvia spesso, sugli inestricabili sentieri del male.
    Gli orrori perpetrati in nome di valori egoistici e bestiali, tralasciando i riferimenti alla Creatura Senza Nome, si riducono ad una sola frase:
    Christos fu "giudicato", torturato e crocifisso, fino alla morte.

    Per tutto il tempo del suo martirio e poi della sua agonia, Egli rimase fiducioso verso Suo Padre, e sopportò con forza, intelligenza e carisma Tutto quello che doveva sopportare: pregava. La Sua fama crebbe ancora.
    Il suo volto si illuminava e irradiava d'oro puro le molte persone che lo sostenevano con la loro Fede e con la loro devozione alle Sacre Parole.

    1) Vita di Christos, capitolo XVI
    Memorie di Samot, raccolte nell'87 dopo Christos, curate da Trufaldini.
    Citazione
    "Inchiodarono Christos a una grande croce di legno, che poi issarono sulla cima della collina. E così Christos si trovò là in alto, dominando tutti gli altri esseri umani... Come un agnello, era stato sacrificato sull'altare dell'ordine stabilito, poichè aveva messo in discussione la società del tempo e i suoi falsi valori."


    Come tutti gli altri apostoli, Tanos si sentì annientato ... si allontanò dal luogo del supplizio.
    Piangendo dal profondo della sua anima, intontito e incapace di sopportare di più, seguì un ammiratore di Boulasse e si ubriacò di disperazione.
    Il Cielo lanciava tuoni e fulmini sopra i pagani.

    2) Vita di Christos, capitolo XVI.
    Memorie di Samot, raccolte nell'87 dopo Christos, curate da Trufaldini.

    Citazione"Ma dopo un istante la natura si calmò, la pioggià smise di cadere, i fulmini cessarono, i tuoni rimbomanti si fecero silenziosi e le nuvole sparirono, vinte da un raggio di luce sempre più grande che ora innondava la collina.

    Fu allora che vedemmo apparire, in questo alone benigno, una nube di angeli celestiali. Discesero tutti dal cielo con grazia, volando sopra alla collina. Raccolsero il corpo del messia, guida e specchio della divinità, e lo assunsero in cielo, portandolo con loro per unirsi al trono di Dio."

    3) Agiografia di San Tito Apostolo. Tradotto dai Fratelli Maisse Arsouye, Nsaymar e Pons d'Agoult.

    Citazione"Presto gli apostoli si separarono. Ciascuno scelse una via,
    in modo da servire Christos e il suo messaggio. Poco prima della
    separazione, egli distribuì a ciascun apostolo un anello con una pietra
    di color porpora, un rubino, in memoria della loro amicizia e della loro missione. L’anello di Dagiu fu consegnato ad Anacleto, un giovane uomo che era
    divenuto amico di Tito e Samot."


    ...Tanos, rimasto solo e abbrutito per il troppo vino, profondamente abbattuto da un dolore più profondo di un pozzo artesiano di Tiro, ritrovò finalmente speranza e coraggio nel primo mattino del terzo giorno.
    Una nausea improvvisa lo svuotò letteralmente della sua sbronza, che gli aveva impedito di muoversi tre giorni.
    Tremando e piangendo, si alzò con difficoltà, ma finì per stare in piedi. La sua anima si riebbe ugualmente, elevandosi nuovamente.
    Un rubino al dito brillava quanto tutto il sangue versato per la gloria dell'Altissimo.

    E Tanos ricordò la seconda frase che suo padre Gamaliele gli aveva sussurrato alla sua partenza. "- Bevi questo sangue che rafforza e rinfresca, ma non inebriartene."
    Prese il suo secondo piccione, dal quale prelevò delicatamente una piuma remigante per scrivere su un piccolo papiro le seguenti parole:

    "Padre, madre, fratelli miei, conosco ancora il mio destino, si chiama Amore, Fede, Pellegrinaggio e Preghiera. Ho assaggiato del vino, l'ho adorato e me ne sono liberato. Ne conservo il color rubino al dito.
    Tanos"



    L'animale liberato volò immediatamente verso il suo luogo d'origine.

    Memore di una situazione già sperimentata nella partenza dalla sua piccola casa natale, abbracciò un'ultima volta suoi compagni, e andò verso il Mare Internum (Mediterraneo), oltre i confini conosciuti.
    Aveva 27 anni.
    Conservò la piuma.

    VIII: Lo studioso.

    La vita di tutti i giorni divenne più solitaria, ma non cadde mai nell'accidia perché Tanos predicava con fervore la buona Parola lungo tutto il suo avvicinamento al mare, e la memoria di Christos e suoi ex compagni lo sosteneva.
    Arrivò così dopo diversi mesi nella città portuale di Biblos, nel Paese di Canaan.

    Una folla si agitava in quello che sembrava essere un gioiso trambusto, ma tutto era ben organizzato: i porti erano immensi, perchè le barche venivano costruite sul posto.
    Molte persone erano giunte in città dal circondario per aiutare con vari lavori di falegnameria, di tessitura di vele di grandi dimensioni, di muratura. I capi del cantiere si occupavano di mantenere un buon ordine.
    La città, tra le altre cose, esportava il suo legno pregiato (cedro del Libano) e i suoi tessuti finemente lavorati, alcune conchiglie dei dintorni permettevano anche di produrre pigmenti, assai pregiati in qualsiasi epoca. Biblos era dinamica e ricca.

    Tanos decise quindi di mettere da parte un po' di soldi per sopravvivere nelle sue nuove esigenze di formazione, e divenne col tempo più forte, adoperava la sua intelligenza per la predicazione e a forza di nutrirsi di latte e frutta aveva sviluppato un buon aspetto. Così fu da subito assunto ogni giorno con paghe sostanziose.
    Prima di intraprendere un lungo viaggio, si iscrisse all'Università locale, al fine di seguire alcuni corsi di astronomia, questa disciplina molto antica aveva avuto una certa crescita e dei nuovi sviluppi.
    Cose che un giorno gli saranno utili...
    Progedì notevolmente nella scrittura, e fece scorta di pergamene di piccole dimensioni.
    Anche questo un giorno gli tornerà utile...

    Alla fine partì, e le sue soste furono numerose, intervallate da temporali o bel tempo, sole o vento.
    Passò per le isole di Cyprus (Cipro) e Rodi, con una sosta a Xanthos. Poi un'altra nave lo portò a Creta Peloponnesiaca (Creta), e poi tra la Sicilia e l'Esperia (Italia), e, infine, raggiunse il Mar Tirreno e si diresse verso l'isola d'Elba.
    Per tutta la navigazione, Tanos predicava un'ora ogni sera, quando i tempi lo consentivano, e molti marinai trasmessero ciò che avevano imparato in quei lunghi mesi in mare nei loro porti d'attracco, al loro ritorno.
    Le taverne erano meno dimora di uomini ubriachi, e più di Credenti.
    Ma c'erano ancora molti dibattiti...

    Tanos adoperava il resto del suo tempo a scrivere sui suoi fogli, riordinati in libri, i suoi itinerari di preghiera, i suoi sermoni e le omelie, la sua vita passata con Christos e gli apostoli, e aggiungeva delle sue icone e miniature. Tenne questo diario con cura e tenacia.
    Era amato dall'equipaggio, e grazie alla sua conoscenza rendeva un ottimo servizio all'astronomia: seguiva la stella giusta. Egli era profondamente rispettato da tutti.
    Il Verbo divino stava navigando attraverso le acque e le onde spumeggianti lo inviavano verso remote popolazioni.
    Ma un naufragio cambiò il corso del suo destino, quando si era reimbarcato per la Gallia, durante la navigazione nel Mar Ligure, dove perlopiù quasi tutti i giorni erano calmi e soleggiati.
    Aveva quasi quarant'anni.


    IX: Il terzo piccione.

    Quella notte, nuvole spesse coprivano il cielo sconvolto dalla tempesta, e questo disturbava la sua buona lettura delle condizioni di navigazione. Persino Tanos non sapeva decifrarne il significato per dirigere al meglio la nave.
    Questa era pericolosamente percossa da scogli taglienti come lame di rasoio; la barca fu rapidamente spinta da un'onda che la portò su un piccolo isolotto sporgente che non compariva sulla mappa.
    Sdraiato su un fianco come un toro ucciso, e tagliuzzato a fondo, la giaceva sventrata in modo irreparabile, sulla riva bagnata di pioggia e fredda.
    I superstiti dell'equipaggio e Tanos tuttavia si rimisero in piedi e ringraziarono l'Altissimo di aver loro salvato la vita ...

    Il giorno dopo, sotto un cielo più mite, anche se molto ventoso, esplorarono la piccola isola.
    Erano naufragati sull'Isola dei gabbiani, come spiegarono loro più tardi gli abitanti.
    (Gallinara, è un'isola situata vicino alla costa della Liguria nella Riviera di Ponente, di fronte alla città di Albenga.)
    In effetti, questi grandi uccelli vi costruivano il nido numerosi, i loro escrementi erano utilizzati per i falò e le loro uova erano apprezzate.
    In quel luogo si trovava un solo villaggio, e gli abitanti li avevano ben accolti, rifocillati e condiviso con loro latte, pesce e del pane, frutti succulenti e scuri, che conservavano con cura in vasetti di loro fabbricazione.
    L'alimentazione non era molto varia, gli abitanti della zona possedevano ben poco, l'isola era così piccola che erano poveri di grano, e a tal punto circondata da grandi rocce appuntite che nessuna imbarcazione si assumeva il rischio di attraccare lì.

    Gli isolani, circa una ventina di persone di tutte le età, non conoscevano affatto Christos, e il paganesimo era evidente: essi adoravano un idolo dalle fattezze di una capra, animale che forniva loro il latte e il formaggio, le pelli e la colla. La statua troneggiava nei pressi dell'unica fonte, fatta di terracotta.
    Erano innocenti e amichevoli, calmi e sorridenti, un poco curiosi ed estremamente dolci. La vita scorreva su di loro come il bacio del fiordilatte scivola lentamente su di una torta d'orzo.
    Tanos non ebbe difficoltà ad arricchirli con il e nemmeno a far loro vivere la realtà della Fede Aristotelica.

    Diversi anni passarono, e alcuni marinai compagni di Tanos disperavano di poter ripartire alla volta di sponde più vaste e più popolate.
    Ma la maggior parte, e Tanos era una di loro, si integravano dolcemente e inesorabilmente nella dolcezza del vivere quotidiano, e cedevano all'infinita tranquillità delle stagioni e all'insolita mitezza degli abitanti...
    Egli predicava ogni giorno, e la sua Fede non era diminuita, aveva anche adattato alcuni riti al luogo e alla passività della gente, introduceva un culto ogni settimana, in un modo più fertile di conseguenze che non la transizione rapida e casuale della gente dal loro vecchio idolo, sepolto dopo lungo tempo nelle profondità del mare.

    Tra l'estrema dolcezza degli abitanti del villaggio e la routine senza sorprese delle stagioni, Tanos si impantanò in un destino tranquillo ma fisso.
    Egli ne gioiva, ma una mancanza incommensurabile lo rodeva dall'interno, perché non si rinnova mai, non avendo davanti a sé altro che persone affabili e giorni identici. La sua vita era senza dolore, ma poco colorata: trasmetteva la parola dell'Altissimo sempre nello stesso posto, alla stessa gente, cosa che non era in contrasto con l'insegnamento che Christos aveva offerto agli apostoli, tuttavia lo rendeva incompleto.

    Fu durante una terribile tempesta, la seconda in realtà che aveva imperversato sull'isola in quindici anni, che Tanos uscì dal suo stato di torpore intellettuale.
    Gli elementi si stavano scatenando, il vento ululava, la pioggia colpiva la terra con forza, e la tempesta infuriava tanto quanto durante il loro naufragio.
    Un lampo ne incrociò un altro attraversò il cielo notturno e tonante, e in lui si fece luce.

    Il giorno seguente si fece costruire con le travi restanti della nave affondata una grande croce, e la fece piantare sulla collina più alta dell'isola.
    Essa annunciava da molto lontano la religione Aristotelica dell'Isola, e segnalava la presenza umana alle navi di passaggio. Così queste avrebbero finalmente trovato la motivazione e le modalità per attraccare.

    Passate alcune maree, Tanos ripartì alla volta della Gallia, l'isola non sarebbe mai più stata abbandonata a se stessa.
    Gli abitanti dei villaggi commerciarono con onestà anfore di qualità, poichè conoscevano il segreto per cuocere al meglio la loro argilla.

    E Tanos ricordò la terza frase che suo padre Gamaliele aveva gli sussurrato alla sua partenza. "- Ti faccio dono di una cosa che ti ha nutrito quando eri un bambino in fasce, ma che ti prepara anche ad altri alimenti e ti fa crescere."

    Prese il suo ultimo piccione, dal quale prelevò con dolcezza una piuma dell'ala per scrivere su un piccolo papiro le seguenti parole:

    Padre, madre, fratelli miei, io conosco sempre il mio destino, ed esso si chiama Chiesa Aristotelica. Ho assaggiato il latte, e me ne sono separato.
    Tanos


    L'animale liberato volò immediatamente al suo luogo d'origine.
    Tanos non aveva più alcun mezzo per comunicare la sua crescita spirituale e fisica alla famiglia lontana ...
    Si stava avvicinando al suo 56esimo anno, pensò che i suoi genitori potrebbero aver ormai raggiunto il loro figliuolo Guéchèm.
    Conservò la piuma.

    X La morte di Tanos:

    Il Vecchio, il Saggio, il Buon Apostolo Tanos visse così a lungo che la barba, dopo lustri ormai color della neve, gli scendeva fino al centro del petto. I suoi capelli andavano diradandosi, ma la sua erudizione, il suo equilibrio e carisma erano di gran lunga al di là di quanto di meglio ciascuno potesse sperare di provare durante la propria vita.
    Era diventato quasi cieco con il tempo, ma poteva ancora scorgere la luce cruda del sole, quando offre alla terra i suoi raggi ardenti.
    Alla vigilia della sua dipartita alla volta del Sole, egli predicava ancora l'amore di Christos e dell'Altissimo, e diffondeva ogni giorno con successo la Fede e l'amicizia Aristotelica.
    A contatto con lui, il paganesimo si era ritirato per molte stagioni della sua regione d'adozione, e l'ateismo si era ridotto a nulla.
    Tuttavia, ogni giorno portava il suo numero di nuovi pellegrini, di piccoli ladri, di visitatori e di vagabondi.

    Poco prima del suo ultimo respiro, chiuse serenamente il suo terzo libro. Il giovane diacono mandato per assisterlo in questi ultimi istanti lo ripose così come gli era stato chiesto di fare qualche giornio prima.
    In ciascuno di essi una piuma di piccione marrone-dorata serviva da segnalibro.
    Il giovane diacono, di cui storia non ha tramandato il nome, ci aggiunse un ritratto disegnato da lui stesso.
    Anche se i pigmenti impallidiscono con il tempo, possiamo ancora vedere il ritratto ben conservato dell'apostolo.

    Il sole stava tramontando. I canti degli uccelli tacevano, e il profumo discreto delle viole era ancora fragrante ...
    Allora Tanos, sereno e stringendo nelle mani con tenerezza il suo piccolo rametto di bosso, perché nulla gli aveva mai fatto dimenticare il calore della propria infanzia, sussurrò sottovoce:
    "- Christos, oh Christos...
    Pensavo di seguire il mio destino, ma ho seguito la Chiamata dell'Altissimo e la mia vocazione.
    Questa fu la mia più grande libertà sulla Terra".


    Le sue labbra si aprirono in un sorriso estatico che restituì moltiplicato di cento volte l'amore Aristotelico che dopo tanti anni si era raccolto sul suo viso benedetto e ora libero dalle pastoie della vita terrena.
    Era il XXVIII marzo dell'anno LXXXVII.

    Reliquie: Tre piume, tre libri.
    Festa: Nessuna data ancora riconosciuta
    Proverbi:
    - "Questi sono i riti e i ritmi che ci fanno vivere al meglio."
    - "La piuma della coda per avanzare nel suo cammino, la piuma remigante per dirigere il suo percorso, la piuma dell'ala per scrivere il suo cammino.
    - "Dobbiamo "far soldi" senza speculare. "
    - "Quando la ragione non può spiegare un evento, si parla di magia, di fenomeno sconosciuto. Ma i nostri sensi hanno già incorporato il Divino."

    Trascrive da Feuilllle
    Tradotto da Padre Ariberto, Scriptor Domenicano, Aprile MCDLIX



Citation:
Allegato:


Questo è il percorso di Tanos, in ricerca spirituale in compagnia di Christos, poi apprendista Apostolo, ed infine Solitario (ma non ascetico) propagandatore della Fede Aristotelica.

Possiamo dire che questo Apostolo percorrerà un lungo cammino, tanto sul piano spirituale quanto su quello fisico.
Se pure ha avuto dei momenti di debolezza, possiamo comunque affermare che egli fu in grado di sfoderare la forza necessaria per vedere più lontano, e per sollevare lo sguardo più in alto.

Il suo periplo ha avuto inizio alla morte del fratello disabile, in solitaria, fino alla città dove incontrò Christos e alcuni Apostoli.
Il suo succesivo viaggio in compagnia del Profeta e degli altri Apostoli gli permise di apprendere il rigore della Fede, e le sue esigenze (la trasmissione degli insegnamenti, la necessità di cambiare radicalmente, la vita basata sulla condivisione...).
La morte di Christos lo scosse profondamente, e il suo dolore si trasformò in debolezza dello spirito. Egli abbandonò poi la scena.
Questa è la differenza tra lui e gli altri Apostoli: Tanos prosegue come loro la trasmissione della Buona Novella, ma gli altri lo fanno senza soluzione di continuità con quello che avevano appreso da Christos.
Tanos predicava, ma per fuggire da un avvenimento che lo ha atterrito per la sua barbarie.

Impercettibilmente, la forza spirituale tornò in lui.
Ma un naufragio lo scaglia su un'isola che lo avrebbe intrappolato nella dolcezza della sua vita quotidiana.
Tanos non ha mai rinnegato la Fede, ne fatto nulla contro di essa, al contrario: per ogni luogo in cui si trovò a passare, egli predicò con fervore e devozione con grandi risultati per la diffusione della Chiesa Aristotelica su tutta la Terra.
Ma aveva bisogno di comprendere che la predicazione non è sufficiente in se sola, e che doveva anche andare oltre, sopravanzare agli altri, donarsi con più generosità.
Così l'Altissimo decise di fargli affrontare questa prova.

Gallinara fu quell'isola quasi deserta dove Tanos fu calorosamente accolto e ospitato per lunghi anni, durante i quali l'Apostolo realizzò pian piano che "la vita era dolce e facile, e questo rischia di portare all'intorpidimento dello spirito, se ci si accontenta di vivere separati dal resto del mondo" e che "anche i bambini non possono bere solo latte, crescendo devono imparare a variare ciò che li sostenta e a conoscere diversi nutrimenti."

Fu dopo giorni e giorni di viaggio che arrivò finalmente a Walla (Laval), dopo un lungo cammino che lo aveva portato a camminare sulle strade della Provenza, in lungo e in largo in Linguadoca e nel Lionese-Delfinato, con una rapida puntata in Borbonese-Alvernia, una svolta in Borgogna, una predicazione dalle parti della Sciampagna e in Lutezia, una visita nelle Terre d'Orléans e un passaggio per Turons che si posa infine, per forza di cose, in Maine.
Ben deciso a fermarsi, Tanos si era tuttavia affrancato dal suo "intorpidimento spirituale" da lungo tempo...

Per tutta la vita aveva rivolto il suo cammino terreno verso il Sole, e così come tutti i viaggi terreni, non fu né definitivo, né per sempre. Esso troverà compimento in un altro Viaggio, più importante per il suo destino celeste, e al momento di aprire la porta Tanos comprenderà l'immensità del Dono della Vocazione che l'Altissimo gli aveva offerto.

Storia Ecclesiastica della Francia occidentale.
Jandul Penq Wabflat, Monaco storiografo. Aprile MCDLVIII
Feuilllle,
Tradotto FR- IT da Padre Ariberto, Scriptor Domenicano, Aprile MCDLIX
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    Agiografia dell'apostolo San Paolo


    Paolo è nato alcuni anni prima di Christos, in un villaggio localizzato sulla riva mediterranea, in Giudea. Era un bambino sognatore e riservato. Non amava niente se non la contemplazione degli splendidi paesaggi che cingevano il suo villaggio. Poteva passare delle ore a guardare il mare, ad osservare l'ondeggiare delle erbe sulle colline, ad ascoltare il canto dei grilli sulle pietre surriscaldate dal sole. Aveva molti compagni, ma pochi amici. I suoi genitori erano poveri, ma uno zio più fortunato lo fece venire a Gerusalemme. Là, imparò a leggere, a scrivere, a contare. Suo zio assunse un precettore greco che gli insegnò tutte le materie utili ad un futuro commerciante. Ma il vecchio uomo, riconoscendo la natura privilegiata del bambino, gli inculcò anche la filosofia e gli insegnò la dottrina di Aristotele.

    Diventato adulto, Paolo diventò dunque un commerciante. Suo zio non aveva bambini, fu quindi il suo erede. Ed egli fece prosperare gli affari familiari con brio e non senza una certa ambizione. Possedeva dei magazzini a Gerusalemme ed a Cesarea, così come tre galee. I suoi fornitori erano numerosi in Giudea e nei paesi del levante. I suoi clienti si trovavano in tutto l’impero. Paolo era ricco ed ammirato, era contento della sua vita, ma non aveva più il tempo di ammirare il mare e le colline, ed egli non era felice.

    Un giorno, mentre si recava in un piccolo villaggio del nord della Giudea per vedere un fornitore di olio di oliva, incontrò un uomo seguito da una piccola truppa. Questo uomo si chiamava Christos. Paolo l'ascoltò parlare ai paesani, partecipò anche alla conversazione. Vedendo questo uomo semplice ma così radioso di saggezza e di felicità, Paolo ripensò a tutto. Si ricordò della sua educazione greca, della saggezza di Aristotele, e notò immediatamente le relazioni tra Christos ed i Grandi Saggi.

    Paolo dovette tornare ai suoi affari, ma non perse Christos di vista. Le sue reti gli permisero di tenersi informato degli spostamenti di questo ultimo. Ed ogni volta che poteva, andava ad ascoltare il profeta. Il tempo passò, le lezioni si accumularono, e presto Paolo abbandonò la sua vecchia vita per seguire Christos. Continuò a gestire da lontano i suoi affari. Non perse la sua fortuna ma egli non tirò su nessun profitto da tanto tempo che fu sulle strade della Giudea.

    Dopo la morte di Christos, tornò a Cesarea, ma la sua vita era cambiata. Mentre certi partirono per predicare in tutto l’impero e fondare delle comunità, Paolo restò in Giudea, con tutte le note che aveva appreso e che contenevano gli insegnamenti del Cristo.

    Intrattenne una corrispondenza intensa con gli altri apostoli, così come coi loro discepoli che propagavano la Vera Fede. Si astenne da formare dei discepoli, ma scrisse un numero di missive che servirono ad uniformare, ricardare, dirigere la dottrina che si metteva in piazza. Erudito, stimava che il suo ruolo era di interiorizzare la parola di Christos per restituirla agli altri, rendendola più accessibile.

    Paolo vissuto vecchio, e rispettato, traslocò dalla sua ricca casa di Cesarea e ne fece dono alla comunità aristotelica locale che ne fece uno dei primi luoghi di preghiera, poi uno dei primi vescovati. Paolo, andò ad installarsi in una casa localizzata a fianco della collina, faccia al mare, in periferia del villaggio. Trovò la calma che aveva sempre ricercato pur restante vicino alla città, ed egli passò delle lunghe ore a redigere le sue missive ammirando il flusso ed il riflusso.

    Quando lui morì, fu inumato accanto alla sua casa, faccia al mare. Il suo augurio era di vedere ogni sera il sole coricarsi sul mare, su Roma al di là dei flutti che, lo sentiva, sarebbe stata un giorno il focolare di tutti gli aristotelici.

    Profeta Pucci Guerra.

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    Agiografia di San Niccolò, Apostolo di Christos


    Ora che l'età mi vince, io, Seneca di Tarso, fedele discepolo di Niccolò di Cesarea, che ricevette da Christos stesso la fonte della vita, vorrei testimoniare quello che fu l'insegnamento di colui che continuò l'opera di Christos tra le nazioni e soffrì, per essa, il martirio.

    Capitolo I: L'infanzia:

    Niccolò di Cesarea nacque qualche anno prima di Christos, nella città dal nome medesimo, figlio del retore di origine greca Fidia e di Pomponia Grecina, discendente di una nobile famiglia romana.
    Chiamato ad alti incarichi, egli frequentò assiduamente la scuola di retorica, dove gli insegnarono tanto l'arte dell'oratoria quanto la filosofia degli autori pagani; si interessò molto presto alla filosofia di Aristotele, che riteneva superiore a quella di tutti gli altri pensatori greci.

    Capitolo II: La controversia con Cartesius

    Fu allora che venne notato per il suo celebre pensiero: "Bisogna essere per pensare e non pensare per essere."
    Ecco cosa successe nei fatti: era divenuto un bel giovane dal corpo snello e slanciato, con i capelli neri e gli occhi di grande bellezza, e si trovò a dover dibattere alla scuola di retorica con uno dei suoi compagni di classe, Cartesius, un essere piccolo, tozzo e sornione, che aveva affermato che si dovesse pensare per essere:

    "- Son tutte sciocchezze quelle che ci dice Escartus, amici miei!, tuonò,non vedo altro che neo-platonismo bollito in olio di fegato di merluzzo! o io non mi conosco più!
    Quindi, se seguo il pensiero di Escartus, quest'uomo povero e un poco matto che fa l'elemosina all'ingresso della nostra scuola, così debole di mente da essere quasi incapace di pensare, non esisterebbe! Saremmo tutti vittime di un'allucinazione collettiva!"

    "- Niccolò! in verità ti dico, questo non è un essere! Quale che appaia ai nostri occhi! Si tratta di una cosa, volgare immondizia !
    Con quale coraggio affermi che questa cosa, repugnante per sozzura e bestialità, è un essere?
    Come puoi ammettere l'esistenza dell'essere in questa cosa, nata con un corpo prigioniero, schiavo esclusivamente dei bassi istinti animali, dei quali imita persino i grugniti!
    E' il pensiero che definisce l'essere: ciò che non pensa, non lo è!
    Poiché solo il pensiero differenzia l'essere dall'oggetto e dall'animale.
    Quindi, se questa cosa non pensa, ne deriva che essa non è l'essere in quanto essere, benchè esista."

    "- Tu mi fai ridere con il tuo discorso, ribattè Niccolò,questo idiota che siede alla nostra porta è, qualunque cosa tu possa dire e per il fatto che è, può pensare qualunque cosa tu dica.
    Un grugnito è già un segno di pensiero, anche primario, anche animalesco. Egli produce un pensiero e non può che produrlo, perché è.
    Tu stesso, Escartus, potresti un giorno comprendere il tuo stupido pensiero se non esistessi? Oppure pretenderesti di generare idee senza sostanza? "L'idea perviene allo spirito fintanto che esiste la cosa", disse Aristotele, e aveva ragione: è da qualcosa di materiale che nasce l'idea; è dell'essere che nasce il pensiero. Si deve innanzitutto esistere per pensare, mio povero Cartesius! Il pensiero non si produce da solo. Bisogna essere per pensare e non pensare per essere.

    - Guardate amici miei! guardate questa pietra! ragliò Cartesius Tenetevi la pancia per paura di esplodere sotto l'effetto delle risate! Perché, in verità, Niccolò viene a dirci che questa pietra penserebbe per il solo fatto che esiste!
    "- Non hai capito nulla, Cartesius! Questa pietra non pensa, e nonostante ciò, è; è perché è nata da un pensiero e questo pensiero è a sua volta nato da un essere, e questo essere era uno degli dèi.
    Per quanto si risalga da causa in causa, dalla cosa prodotta al pensiero che la produsse, ci si imbatte sempre in un essere creatore e così via fino ai creatori supremi che sono gli dèi. Questo è perché gli dèi sono coloro che hanno dato origine al pensiero.
    Ma se abbiamo seguito il tuo ragionamento, arriveremmo rapidamente alla stupida conclusione secondo la quale gli dèi non sono altro che la conseguenza del pensiero umano e della speculazione pura.

    Quest'ultima affermazione suscitò lo sdegno del pubblico, molto fedele al culto degli dèi; si produsse un movimento improvviso della folla e Cartesius fu espulso dall'Aula manu militari. "Eppure, aggiunse quando lo spinsero fuori, io penso, dunque sono", ma nessuno lo volle ascoltare.

    Un giorno, sulle rive del lago di Tiberiade, mentre lui era tranquillo e i miei pensieri avevano il colore della sera, tornai su questo episodio della sua vita per chiedergli se il suo pensiero non fosse cambiato.
    "In verità, mi disse,le persone come Cartesius commettono peccato di superbia per il troppo ragionare e perchè si lasciano trasportare dalla speculazione sulla realtà delle cose: vengono a negare l'evidenza che hanno davanti agli occhi per meglio sostenere le loro teorie.
    Vedi, Seneca, tutte le cose che ci circondano sono state create da Dio, da un pensiero, nato da un essere: questa è l'unica realtà possibile, perché è Dio che l'ha pensata. Se affermi il contrario, finisci per dire che il pensiero è creatore di tutto, persino di Dio; ma per questo dovrebbe esistere una forza ancora più grande di Dio e che non sarà un essere, ma un pensiero immateriale. Ora, tu lo sai, ciò è impossibile perché nessuno è più grande di Dio. "


    Successivamente, e per tutta la vita, l'ho sempre visto fedele al suo pensiero e ancora impegnato, come avrò occasione di dire ancora una volta, a difendere gelosamente la pienezza della potenza divina contro tutti coloro che potrebbero desiderare di sostituirlo, perché per lui, Dio è stato il Primo pensatore, il Legislatore supremo, colui davanti a cui tutte le volontà si devono inchinare e del quale la Chiesa è la serva fedele.

    Niente tuttavia faceva presagire un futuro incontro tra Niccolò e Christos, eppure ...


    Capitolo III: L'incontro con Christos

    Un giorno che Niccolò si era ritirato un po' in solitudine, sulle rive del lago di Tiberiade, un uomo d'aspetto modesto gli si avvicinò e chiese:

    "- Perché preghi, amico mio?"
    - Prego perché è nostra abitudine pregare gli dèi in determinate ore del giorno, così mi è stato insegnato fin dall'infanzia.
    - Pensi che questo modo di pregare sia quello giusto?
    domandò l'uomo che altri non era che Christos.
    - Non lo so, ma è l'unico che conosco.
    - Quindi, rifletti; credi che i tuoi dèi siano felici di vederti eseguire gesti e rituali che si eseguono d'abitudine senza conoscerne il perché? Pensi forse che delle preghiere recitate meccanicamente possano essere efficaci?
    - Certo che no,
    rispose Niccolò, sei nel giusto.
    - Chi non fa altro che obbedire agli ordini come una macchina, senza esaminare criticamente per penetrare nella propria intima essenza, non si sforza affatto verso Dio e verso la Salvezza; la maggior parte delle volte, se ne allontana.
    Se non capisce il significato di quello che fa, allora non è in grado di comprendere in cosa le preghiere sono utili e non ne riceverà alcun sollievo, poiché sarà estraneo al concetto di amore.
    Vieni, seguimi e apprenderai cosa sia l'amore e come non vi sono molte divinità, ma un solo Dio, poichè per lo stesso motivo per cui non può esistere che un solo amore, così non ci può essere che un solo Dio per riceverlo.


    Così Niccolò, abbandonando tutti i suoi beni, seguì Christos, ricevette il suo insegnamento e divenne uno dei dodici discepoli chiamati apostoli.


    Capitolo IV: Dove Christos insegna a Niccolò che i sacerdoti non debbono giurare fedeltà ad altri uomini

    Un giorno, quando Christos e i suoi discepoli arrivarono a Sefora, Niccolò iniziò una delle sue frasi con "Maestro, insegnaci ..." prima di venire interrotto.
    "Non mi chiamate Maestro, perché non abbiamo che un solo Maestro che è Dio, e attraverso di Lui la Nostra Chiesa che è l'interprete fedele dei suoi pensieri, e le cui decisioni devono essere rispettate da tutti i suoi ministri . Ma che gli uomini saremmo, se dovessimo riconoscere altri maestri oltre a Dio e alla sua Chiesa?
    Dio ci ha donato la libertà, non c'è motivo per cui noi la dovremmo cedere ad altri.
    Immaginate cosa accadrebbe se, Dio non voglia, un prete arrivasse a prestare un qualunque giuramento di fedeltà a un altro uomo? Immediatamente diverrebbe uomo di proprietà di quell'uomo, il suo servo, il servo di interessi particolari e non più il servo di Dio.
    Gli uomini di Dio, fratelli miei, non obbediscono che a lui solo, non debbono rendere conto che a lui solo, e chiunque richieda loro un giuramento sta solo cercando di mettere la Chiesa sotto il suo controllo e fare degli uomini di Dio suoi servi.
    Ora, quale popolo avrà ancora fiducia in uomini di Dio asserviti ad altri uomini e non Dio stesso? Semineremmo, con queste pratiche, il seme del dubbio e dell'incredulità.
    Allora io dico a voi, fratelli di ogni luogo e ogni tempo, di rifiutare giuramenti che potrebbero pretendere da voi favori, poichè sono strumento di dominio sulla Chiesa da parte dei laici e di inquinamento delle idee divine da parte delle idee terrene.
    Allo stesso modo, se, come vi raccomanda il grande Aristotele, è necessario mescolarvi socialmente agli affari della città, guardatevi bene dal fare politica, perché la politica non è che affare d'uomini, dove spesso regnano la corruzione e gli interessi particolari, e potreste rischiare di contaminare il santo nome della Chiesa "


    Quando Niccolò mi riferì questa lezione di Christos, gli domandai il senso profondo di quelle parole.
    "Christos", mi disse,"era ben consapevole della superiorità di Dio sugli uomini, e voleva assolutamente evitare che la purezza della legge divina venisse corrotta dal peccato; questo fu senza dubbio il motivo per cui istituì il Chiesa.
    Dio è sovrano in tutte le cose.
    Da questa sovranità deriva la Legge e per la maggior parte degli uomini di tutti i Paesi la moralità.
    La chiesa è stata destinata da Christos a rappresentare questa sovranità divina.
    Perciò la Chiesa agisce e legifera in suo nome.
    È la Chiesa che Dio ha delegato per stabilire presso gli uomini la Legge e la morale, seguendo le Sue parole contenute nel Libro delle Virtù.
    Di qui la necessità della libertà assoluta della Chiesa e degli uomini che la compongono.
    Come vuoi che un uomo di Chiesa, se diventa uomo di proprietà di un altro uomo, possa conservare questa libertà? E come non vedere che gli interessi privati di un uomo a cui il prete abbia prestato giuramento potrebbero inquinare la purezza divina?
    - Ma Fratello Niccolò, io non capisco perché Christos proibisce ecclesiastici di fare politica, mentre Aristotele pensava il contrario.
    - Seneca, all'epoca in cui Aristotele è vissuto, la Chiesa non esisteva; le cose sono dunque differenti tra i tempi di Aristotele e i tempi di Christos. Ma quello che Christos voleva dire è che un uomo di Chiesa, anche se esercita una funzione pubblica, deve comportarsi come un uomo di Chiesa e far prevalere la morale divina sugli interessi particolari per preservare la purezza divina e non macchiare il nome di Dio ".


    Così, Niccolò, ispirato da Christos, si andava affermando come difensore della onnipotenza divina in opposizione ai laici.


    Capitolo V: Dove Niccolò incontra Seneca di Tarso

    Ma come sono stordito, lettore! Scrivo e parlare di quello che mi ha insegnato Niccolò mentre non ho ancora detto in quali circostanze ci siamo incontrati.

    Tarso è una bella città sulle rive del mare, sulla costa dell'Asia Minore; la filosofia vi regnava regina, ma essa ci ha insegnato prima di tutto, anche noi poveri e laceri orfanelli della città, lo scetticismo, fino al punto che uno dei potenti della città poteva affermare, senza rischio di essere smentito:"Per quanto riguarda la folla degli dèi che una lunga superstizione ha accumulato, se anche li adriamo, non dobbiamo per questo dimenticarci che tale culto non ha altro fondamento che la tradizione e l'uso. Non sono tanto stupido da credere a simili sciocchezze"
    Va detto che la dolce vita della città invitava all'accidia e alla pratica di tutte le perversioni possibili e immaginabili e che il benessere materiale ci pareva essere un Dio adatto a soddisfare tutti i nostri desideri.

    Fu in questa città che giunse un mattino l'apostolo Niccolò, e lo stesso mattino lo incontrai, o meglio mi ci imbattei per la strada, uscendo barcollante da una taverna dove avevo trascorso la notte a bere e fornicare.
    "Ancora questa feccia buona da battezzare con l'acqua santa!", borbottò l'Apostolo.
    Al che io risposi, lo confesso che me ne vergogno ancora oggi:"Ma mi consenta, ma si levi dai piedi!"
    Quindi l'apostolo mi afferrò per il collo e giurò che prima di sera avrebbe compiuto la mia redenzione e mi avrebbe condotto per le vie del Signore. Provai a chiamare aiuto, urlando a pieni polmoni:"Noemi! Karima! Aiutatemi!" Ma nessuna intervenne.
    Niccolò mi tirò da parte, in una stanza del tempio di Apollo e, con l'aiuto di un medico locale, cominciò a farmi vomitare fino all'ultima goccia di alcool presente nel mio corpo.
    "Ora che sei più fresco", mi disse qualche ora più tardi, e dopo un sonno ristoratore,sappi che Dio mi ha mandato a te per salvare la tua anima; hai la scelta, o di ascoltare ciò che ho da dirti da parte Sua, o che io ti rimetta nelle mani delle guardie Mammelline (la guardia di Mam, la gran sacerdotessa del culto di Apollo a Tarso) »

    Ben deciso a sfuggire a tutti i costi alla custodia della vecchia strega, mi risolsi ad ascoltare con mezzo orecchio le parole dell'apostolo che, va detto, aveva ben poco da portar guerra al giovane di 17 anni che ero. Nulla di quello che potè dirmi mi riuscì a convincere dell'esistenza di Dio, tanto che alla fine perse le staffe ed esclamò:[b]"E le mie natiche, hai visto le mie natiche? Eppure esistono! Basta, levo le tende, non sei altro che un mascalzone irrecuperabile e mi chiedo ancora perché Dio si interessi a te! Ci sono giorni in cui io non riesco proprio a capire!"


    Ahimè, se anche l'apostolo non capiva, Dio sapeva benissimo cosa stava facendo e non mi dimenticò presto. Infatti, meno di una settimana dopo l'incidente con Niccolò, fui fermato da una pattuglia della Guardia Mammellina dopo aver partecipato all'incendio di un magazzino di carri a noleggio, perché con i miei compagni trovavamo la cosa molto divertente.
    Essendo orfanello, vi erano poche possibilità che qualcuno venisse a tirarmi fuori e cominciai a disperare della vita, quando mi fu annunciato che un uomo si era fatto garante per me. Questo uomo era Niccolò, che agiva su ordine di Dio.
    "Ora, Figliolo, hai la scelta: o seguire risolutamente la via del Signore e diventare mio discepolo, o la bella forca che la Corte di Giustizia ti sta preparando, ma sappi che questa è l'ultima occasione che Dio ti offre; se pensi di mentire e poi tornare nei tuoi vecchi errori, ti inganni: Dio è un giustiziere implacabile."

    Così seguii Niccolò in una baracca che aveva affittato in città, iniziai ad assisterlo, a seguirlo negli spostamenti e a prendere consapevolezza, con la vita più stabile che mi obbligava a condurre e tramite le lezioni che dispensava alla folla, della rettitudine della vita che mi aveva offerto. A poco a poco, il mio cuore si apriva all'amore di Dio e Niccolò divenne un secondo padre per me; una mattina, pieno di fede in Dio, chiesi il battesimo.
    Venni dunque introdotto, io stesso, al servizio di Dio, il Benefattore, il Misericordioso, Colui che, in virtù della Sua Grazia, mi aveva salvato la vita e donato una seconda nascita, in quanto questo è il senso, lettore, di questo piccolo aneddoto che ti offro come prova della bontà infinita di Dio verso tutte le Sue creature.

    Capitolo VI: La vita e le opere di Niccolò dopo la morte di Christos

    Dopo la morte di Christos, Niccolò, come molti altri discepoli, girò il mondo per diffondere il messaggio del Profeta, viaggiando in lungo e in largo per tutto l'Impero romano e anche ben oltre, a volte.

    A un popolo che pregava degli idoli, disse:"Non vedete che tutti questi dèi cui voi date nomi non sono che rappresentazioni di un medesimo tutto e che non sono altro che attributi di una sola persona: Dio? Non vedete che tutte queste cose non sono manifestazioni della potenza degli dèi, ma di un solo Dio, motore di ogni cosa, Creatore dell'Universo e della Terra, degli uomini e delle piante, della mente e della materia?
    Tutti i nomi che contengono un riferimento alla potenza convengono a Lui: tanti benefici Egli elargisce, tanti nomi Egli può ricevere. Volete chiamarlo Natura? Non vi sbagliate; perché è da lui che tutto è nato, il Suo respiro ci dona la vita. Volete chiamarlo Mondo? Ne avete il diritto. Perché è l'Immenso tutto ciò che vedi; e tutto è parte di Lui, Egli si sostiene per sua propria forza. Si può ancora chiamarlo Destino, perché il fato non è altro che la serie di cause che sono collegate tra loro, ed Egli è la prima di tutte le cause, quella da cui dipendono tutte le altre"
    , e così, li convertì alla Vera Fede.
    Così agiva Niccolò, difendendo ovunque l'onnipotenza della presenza divina nella più piccola delle sue creazioni, come gli aveva insegnato il Libro delle Virtù, e convertendo molti popoli per la verità insita nei suoi propositi.

    A un altro popolo che voleva rivoltarsi contro i potenti della città che essi denunciavano essere tiranni, disse:"Nelle nostre città, ogni governo è istituito secondo la volontà del popolo, che può essere solo la volontà di Dio perché, in verità, non ci può essere potere senza che Dio l'acconsenta, altrimenti vorrebbe dire che Dio non è perfetto. Pertanto, non è degno di un aristotelico ribellarsi contro un governo legittimamente costituito e che rispetti i servitori di Aristotele e di Christos, poichè significherebbe ribellarsi contro Dio stesso".
    Fu in questa occasione che affermò una frase che poi sarebbe diventata famosa:"Dio si esprime attraverso il suffragio, chi contesta i risultati del voto liberamente espresso, contesta Dio"

    Ad Atene, incontrò il diacono Epifano, che ardeva d'una collera mortale verso i pagani, contro i quali aveva ordinato una gran caccia.
    "Epifano, chi sei tu per sostituire la giustizia umana alla giustizia divina e per accusare falsamente gli uomini di crimini che non hanno commesso, con il semplice pretesto che non credono in Christos?
    Quale uomo può distinguere da solo e affermare:"Questo è bene, Questo è male? Quali estremismi sorgeranno, e quale caos, se tutti si mettessero in testa di fare lo stesso: che ogni uomo, in base ai propri interessi particolari, viva secondo la propria legge privata e il Santo Nome di Dio sarebbe presto macchiato da crimini abominevoli.
    Il tuo dovere è in primo luogo quello di convertirli con l'esempio e la parola, perché essi sono innanzitutto creature di Dio che si sono perdute o che nessuno ha aiutato a trovare la via della Verità.
    Ma tu non puoi sostituirti alla giustizia divina; è peccato d'orgoglio sostituirsi a questa giustizia, perché nessuno conosce l'immensità dell'amore di Dio per le Sue creature, né l'immensità del Suo Perdono.
    Quando fu necessario giudicare gli uomini di Oanilonia e distruggere la città, Dio non fece alcun appello alla giustizia umana, ma esercitò la Sua propria giustizia, che non è contingente a nessuna legge umana e non può essere ridotta a codici e leggi sotto pena di voler negare, limitare o restringere l'infinita libertà e bontà divina.
    Inoltre, in questo genere di casi, è tuo dovere, non di distribuire tu stesso la giustizia terrena, ma di far riferimento a coloro che guidano la chiesa che, soli delegati dalla giustizia di Dio, sapranno quale decisione conviene prendere."

    La saggezza delle parole di Niccolò fu tale che ben presto è diventata consuetudine, in tutta l'Ecumene Aristotelica, far riferimento alle guide della Chiesa per sapere come agire contro questo o quell'eretico.


    Capitolo VII: La morte

    Un giorno che Niccolò si recò presso i Marcomanni, venne catturato sulla strada da un gruppo di banditi che, vedendo che era un aristotelico e pensando che per questo portasse con lui grandi ricchezze, lo sequestrarono e lo legarono ad un albero. Accortisi che non possedeva nulla, per divertirsi e trovare uno sfogo alla loro frustrazione, lo usarono come bersaglio umano, si presero gioco della sua religione, lo accusarono di adorare un asino e lo straziarono con una gran quantità di frecce . Ogni colpo che insanguinava il suo corpo causava l'ilarità dei suoi aguzzini.
    Così Niccolò morì nel 50 dC, in una foresta ricca di selvaggina ai confini dell'attuale Moravia.
    Il suo corpo venne rinvenuto da me qualche giorno dopo. La putrefazione che si era già impadronita di lui ci costrinse a bollire la carne nell'acqua per recuperare le ossa che successivamente arrangiai in una cassa di legno prezioso che mi segue sempre, anche oggi, che l'ho depositata in un piccolo oratorio nel folto della foresta di Semur in Borgogna, regione che ho evangelizzato seguendo gli insegnamenti di Niccolò.

    Gli si associa generalmente una colomba con un ramoscello d'ulivo in bocca.


    Le sue frasi più famose:

    - A un non credente che l'aveva esacerbato:"E le mie natiche? Hai visto le mie natiche? Eppure esistono!"
    - Ai ribelli di una città:"Dio si esprime attraverso il suffragio; chi contesta i risultati del voto liberamente espresso, contesta Dio"
    - A Cartesius:"Bisogno essere per pensare e non pensare per essere"
    - A Epifano: "Coloro che guidano la Chiesa, soli delegati della giustizia divina, sapranno quale decisione conviene prendere."

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