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[IT] Il libro dell'agiografia - I Santi antichi
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Kalixtus
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MessagePosté le: Jeu Juil 27, 2023 7:34 pm    Sujet du message: [IT] Il libro dell'agiografia - I Santi antichi Répondre en citant

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Kalixtus
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MessagePosté le: Jeu Juil 27, 2023 7:40 pm    Sujet du message: Répondre en citant

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    Agiografia dell'Ânani Mhore


    Ultimo erudito del mio popolo capace di ricordarsi di colui che ha contato tanto per noi, ho deciso di trascrivere i miei pensieri sulla carta.

    La vita Anani Mhore

    Anani Mhore è nato il giorno della caduta di Onanilonia in una famiglia che aveva lasciato la città tra i primi e per l'amore di Dio.
    Suo padre raccontava spesso che aveva visto tutto dall'altro lato del lago, i fulmini che laceravano gli edifici finché gli abissi inghiottivano i resti della città. Amava raccontare come un arcobaleno era stato visibile di continuo per tre giorni dopo la distruzione della città maledetta.
    Aveva visto arrivare le barche a vela che portavano dei profughi tra i quali alcuni parlavano una lingua sconosciuta anche se quando li aveva conosciuti parlavano la sua stessa lingua poche settimane prima.

    Il nostro gruppo raccolse alcuni di questi profughi che continuavano a parlare la nostra lingua, ma ci parlavamo ancora realmente con la stessa lingua, o la lingua di Oane era stata distrutta con la città?
    Mia madre aveva venticinque anni all'epoca, custode della grande biblioteca fuggì con numerosi libri e solo quelli che parlavano del messaggio di Dio erano leggibili. In effetti mentre in passato parlavamo tutti una sola ed unica lingua, la collera dell’Altissimo ci aveva condannati a parecchie decine di dialetti che dividevano così gli uomini uni degli altri, obbligandoli a comprendersi per sopravvivere.

    Alla partenza si diceva che solo i giusti erano sopravvissuti, ma ci siamo resi rapidamente conto che peccavamo già per orgoglio dicendoci migliori degli altri, e molto rapidamente fummo coscienti che tra noi, non tutti avevano il cuore puro e cheli aveva condotti a fuggire più la paura della loro fede in Dio.
    I primi anni furono faticosi per i superstiti e l'incomprensione coniugata alla nostra miseria impediva la creazione di un solo gruppo unito. Alcune comunità si formarono dunque molto rapidamente e si raggrupparono in tribù.
    Avevo dodici anni quando la mia tribù prese la decisione di partire verso occidente, sperando così di avvicinarci a lui.
    Dio sembrava averci abbandonato, ma noi non l'abbandonammo custodendo la speranza che un giorno avrebbe perdonato all'umanità il fatto di averlo servito così male.
    Anani come primo bambino nato dopo la distruzione della grande città, fu istruito come si istruivano i preti ad Oanilonia, e con sorpresa generale all'età di appena sette anni poteva citare qualunque parte del libro di Oane.
    All'età di dieci anni si mise a raccogliere ciò che sapevamo della storia dell'umanità da Oane fino alla distruzione della città, perché diceva:


    Citazione:
    Citation:
    "se queste cose sono dimenticate rifaremo gli stessi errori, non irritiamo più il nostro Creatore e sappiamo mostrarci degni."




    Anani benchè fosse più giovane di tutti gli studenti, poté superarmi molto rapidamente nell'arte della calligrafia, e la sua passione per il disegno fece mischiare le due cose nei suoi racconti.
    Diventò colui che prolungava la memoria dei suoi tramite la scrittura, cosa nuova per noi perché i soli scritti che avevamo erano la poesia, i libri contabili del sindaco della città ed i testi consacrati del tempio. Il grande libro di Oane era sparito con la grande biblioteca, ma Anani si mise a ricopiare la memoria degli anziani su delle fini tavole di legno, o incidendo la pietra.

    Niente lo distoglieva dalla sua missione, interrogava gli anziani e ritrascriveva instancabilmente le loro storie sia che fosse il modo di fabbricare una barca, il modo di piantare il mais, che i racconti della vita del nostro popolo dal giorno dove il nostro Creatore distrusse la città maledetta e la ricoprì di sale.

    Si diceva che se era così Erudito e così saggio, questo era avvenuto perchè benedetto da Oane egli stesso quando ci era apparso quaranta giorni dopo il giorno delle ceneri. In effetti penso che fosse ispirato da tutti i giusti che Dio aveva fatto portare al Paradiso.

    Alla morte di Anani quattro generazioni erano là per piangerlo, ed essi lo piansero dieci giorni.
    Il decimo giorno come era costume a quell'epoca si condusse la sua spoglia sulla più alta collina per bruciarla quando il sole si alzava.
    Difatti i più vecchi della tribù di Mhore avevano sentito le parole dell’altissimo che aveva detto di ave creato il paradiso nel sole. Volendo aiutare l'anima del loro defunto a raggiungere il sole, utilizzavano oramai la cremazione quando il sole toccava ancora l'orizzonte affinché l'anima potesse andare senza incrociare lo sguardo dei maledetti della luna.
    Ma il fuoco non si accendeva... Un arcobaleno si formò dal sole fino ai piedi del rogo e l'anima di Mhore sembrò staccarsi dalla sua spoglia, si diresse verso la luce e si rigirò un istante per dire:


    Citazione:
    Citation:
    “Non mi piangete perché là dove vado sarò un angelo tra gli angeli, non distruggete le mie spoglia perché è un regalo di Dio, è materia e deve tornare alla materia. Che a partire da questo giorno il fuoco sia riservato alla purificazione dei corpi impuri, ed il collocamento in terra per tutti quelli che credono in Lui.
    Preservate il messaggio di Dio per il giorno in cui sceglierà il suo primo profeta, perché questo giorno occorrerà che le sue parole siano ricordate agli esseri che popoleranno la creazione.”




    Poi sembrò salire sull'arcobaleno per offrirsi direttamente al sole accompagnato da un nugolo celeste identico a quello che gli anziani avevano descritto sollevare sette uomini della città di Oanilonia poco prima che gli abissi l'avessero inghiottita e che il sale avesse ricoperto il luogo maledetto...

    La mia ora si avvicina e sono qui nello stesso luogo dove si trovava ancora sessant’anni fa la grande città, quella che ha trascinato su noi la collera giusta ma implacabile del nostro creatore.

    Anani mi aveva detto un giorno:


    Citazione:
    Citation:
    “Spero che un giorno gli uomini si ricorderanno che Dio ha detto che la creazione era sottomessa all'umanità, ma non ha detto che l'umanità doveva essere sottomessa a certi dei suoi. Ci occorrono i capi, ma dei capi giusti, dei capi che vivono per il loro popolo e non per il loro popolo. Spero che un giorno saremo governati dai servitori del popolo e non come fu il caso nella città maledetta dai servitori di loro stessi.”




    Finisco questo testo pregando il nostro Creatore di permettermi di rivedere il mio amico dopo la mia morte, perché l'ho amato come una sorella mentre avrei amato amarlo come la sua moglie, ma aveva solamente il pensiero di servire Dio ed il Suo popolo e non poteva attaccarsi ad una sola persona.
    Chiudo questo testo in uno scrigno d'oro nel sale che segna ancora e per sempre l'area della prima città dei figli di Dio, ed unisco quattro testi del mio amico, del mio amore, affinché un giorno possano essere di memoria all'umanità.

    La storia del mio popolo (di Mhore)

    La distruzione di Oanilonia che ebbe luogo il giorno di Mercoledi, fu solamente l'inizio della nostra punizione. L'abbiamo chiamato il "Mercoledì delle ceneri."
    C'erano sette gruppi che parlano delle lingue differenti e diffidano gli uni degli altri, ma molto poco cibo... Il nostro gruppo prese la direzione del tramonto e camminò quaranta giorni.
    Durante i quaranta giorni avevamo solamente molto poco per nutrirci, giusto questa pianta stranamente nutriente mentre serviva unicamente in principio a nutrire il maiale del maestro Mays, e del pane trovato su una delle navi che avevano lasciato la città ed alcuni pesci che furono riservati ai bambini prima della nostra partenza.
    Sostituivamo il cibo per la preghiera dunque, ed i piaceri con le penitenze. Il popolo si malediceva di avere preferito il piacere alla preghiera ed alla contemplazione.
    Il quarantesimo giorno, Oane ci apparve, quelli che avevano visto la sua statua al grande tempio lo riconobbero subito e si misero in ginocchio, picchiandosi il petto supplicandolo di intercedere per essi vicino a Dio.
    Si diresse verso mio padre, e gli disse:


    Citazione:
    Citation:
    “Mhore, tuo figlio è il primogenito dal giorno delle ceneri, hai guidato la tua tribù quaranta giorni nella privazione e la preghiera senza mai niente chiedere per te, sappi che le tue preghiere sono state sentite e che domani sarà un giorno grasso per i tuoi. Smetterete di lamentarvi sugli errori degli anziani, perché il Nostro Creatore mi ha detto "lo giudicherò, in funzione della vita che ha condotto" e non per gli errori dei suoi padri.
    Dovete vivere l'avvenire e non piangere il passato, sii la guida del tuo popolo, ed istruisci tuo figlio affinché apra la via che condurrà ai profeti.
    Dio chiede solamente il vostro amore e non potete amarlo se non vi amate voi stessi, che il perdono degli errori sia dato, ma bandite quello che ricade contro la parola data.
    Domani è un regalo di Dio, fate la festa perché questo sarà il giorno del rinnovamento che i quaranta giorni passati non siano l'immagine della vostra vita, non cercate Dio nella sofferenza, ma ricordatevi di avere sofferto per non perderlo. Vi lascerò vivere la vostra vita, rimettetevi e fate la festa con tutto ciò che vi resta di cibo e di vino, perché domani sarà il giorno del rinnovamento.”




    La mia tribù fece la festa dunque, quelli che avevano ancora pane lo divisero col loro vicino, il vino fu tanto condiviso fino all'ultima goccia, ed in questo giorno fu il primo giorno grasso dal mercoledi delle ceneri.
    Tutti dormirono come me, cioè come il grosso bambino che ero, e svegliandosi col sole le persone videro che c'era una sorgente che sgorgava non lontano, ed un poco più lontano un'oasi riempita di frutti, e di animali.

    Al centro dell'oasi si innalzava una stele sulla quale era fissata la tavola di Oane, la tavola che ripene i comandamenti di Dio. Questa pietra che era stata incisa dalle dita del Creatore e affidata alla prima comunità affinché non dimenticassero mai che al di là dell'amore eravamo legati anche alla legge della Creazione.
    Questa pietra chetuttavia sarebbe dovuta sparire con la città era là.. intatta ma scritta in una lingua che oramai non sapevamo leggere più... Ma le leggi dell’altissimo non eravamo pronti a dimenticarle di nuovo.

    È là, dunque, vicino alla stele, che la maggioranza del mio popolo decise di abitare. Da più di quaranta anni di pace e di felicità viviamo qui, e noi preghiamo Dio di scusare i suoi figli...
    Altri hanno continuato verso il mare e per il mare, per estendere alla razza umana per tutta la creazione.

    Le 3 tesi di A. Mhore.

    Si ricordano della sua vita soprattutto le sue tre principali tesi.

    La prima potrebbe essere una delle sorgenti della gerarchia non familiare.


    Citazione:
    Citation:
    “Dio Creatore del mondo è il padre e bisogna amarlo, temerlo e rispettarlo, ma ciò è valido per tutti i figli verso loro padre e madre. Ed in modo generale se il padre ha autorità sul figlio, questo e tutti quelli che hanno l'autorità su noi devono essere amati, temuti e rispettati come un padre. Ma siccome il padre deve proteggere suo figlio, avere l'autorità su un'altra persona porta le stesse responsabilità. Colui che per una ragione o l'altra prende il posto del padre deve accettare gli onori ma anche le responsabilità.”




    La seconda tesi di Mhore era che il signore ricompensava l'amicizia tramite la longevità delle cose.


    Citazione:
    Citation:
    “Oane ha detto un giorno all'epoca della creazione della nostra prima città "questo è per l'amore e la complementarità che potrete creare, perché il nostro Creatore ci vuole uniti tutti nella vita come gli umili servitori della creazione."
    È talmente vero che è per aver dimenticato questa regola che l'Onnipotente ci ha puniti, chiunque voglia diventare il padrone e fare di suo fratello davanti a dio un servo.
    L'amore del sapere ha spinto l'uomo a creare la scrittura per conservare questo sapere, ma la scrittura senza amore è solamente una successione di parole tristi e senza anima. È l'amore della scrittura che fa dunque che un scritto prenda tutto il suo senso e l'amore della lettura che farà che questo testo non sarà perso.
    Tutto ciò che è fatto per durare deve essere fatto nell'amore e l'amicizia. Se il muratore lavora senza amicizia per il suo cliente, la casa che costruisce crollerà ai primi venti.”



    La terza tesi che forse è la più importante è che quella che insegna che la parola possiede dei numerosi poteri e deve servire per il bene e la pace.

    Citazione:
    Citation:
    “Vi racconterò la storia di Ocless che fu una grande signora ma che, sebbene possedesse il potere della parola, preferiva quello della spada.

    Ocless era la capofamiglia di una grande famiglia oggi dimenticata. Ogni volta che una discussione verteva al suo svantaggio, estraeva la sua spada e la poneva davanti a lei, la puntava verso il suo avversario. Molto rapidamente la discussione verteva nel senso desiderato dalla signora e beffarda rimetteva la sua spada nel fodero.
    La sua famiglia sparì perché non avendo nessuno che osava contraddirla nelle sue parole non poteva che persistere nei suoi errori e condusse la sua famiglia al fallimento. Era impossibile per il clan vivere continuamente con la paura della spada della Signora Ocless al disopra di essi.

    Ogni uomo ed ogni donna hanno per missione di salvare l'umanità agli occhi di Dio, e deve fare questo perché l'umanità è stata scelta per prendersi cura della creazione. L'uomo deve dunque essere felice pure aiutando il suo prossimo, perché non si può concepire di spargere amore intorno a sé se non si è già felici noi stessi.
    Dio nella sua grande saggezza ci ha dato più della parola, ci ha dato la possibilità di utilizzare questa parola per difondere l'amicizia e la felicità.
    È nel nostro dovere di utilizzare la parola per confortare i nostri simili e renderli felici dunque, ma la parola è anche un'arma potente e sarebbe buono che quelli che ne detengono le chiavi non possano essere armati ancora di più. L'uomo è fatto di spirito e di materia, possiede due tipi di armi, una fondata sullo spirito e l'altro sulla materia.
    L'arma dello spirito data da Dio è fatta di politici, di predicatori e di diplomatici. Deve permettere che le armi di materia che faranno colare il sangue e l'odio non siano tratte dal suo fodero. Per ciò sarebbe vantaggioso per quelli che portano la parola di non portare la spada."



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MessagePosté le: Jeu Juil 27, 2023 7:48 pm    Sujet du message: Répondre en citant

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    Agiografia di Sant'Anastasia


        .La giovane Anastasia nacque a Novgorod nel 1256 da una padre alto-funzionario e da una madre che faceva parte della piccola nobiltà. I suoi genitori erano aristotelici per tradizione più che per scelta, ma si recavano comunque a messa ogni domenica e non omettevano mai di donare qualche rublo durante la questua di fine ufficio.
        .Anastasia era figlia unica. Suo padre, che conduceva una grande carriera amministrativa, possedeva dei redditi molto dignitosi : essi permettevano alla madre di Anastasia di trascorrere le sue giornate in compagnia di sua figlia e gli assicuravano un'agiatezza materiale considerevole. La ragazza già sognava un sontuoso matrimonio con il più tenero e ricco dei giovani russi. La giovane Anastasia aveva tutto per essere felice, e lo era.

        .Molto presto, Anastasia manifestò una stupefacente curiosità intellettuale. Non passava giorno senza che ponesse a sua madre domande sulla vita, la morte, la giovane Repubblica, l'amore o Dio. Suo padre, che di ciò si felicitava, convocò subito i migliori precettori. I candidati affluirono dai quattro angoli del Principato e anche dalle lontane Kiev e Mosca : la reputazione della famiglia era onorevole ed il posto era stabile e molto ben remunerato.
        .Ma suo padre era un uomo molto attento al benessere di sua figlia e, abbandonando per qualche tempo il suo lavoro all'amministrazione, decise di prendersi alcuni giorni di vacanza per intrattenersi personalmente con i candidati per assicurarsi, da una parte, della loro devozione — poiché voleva che la sua religione fosse trasmessa a sua figlia — e, dall'altra, della loro visione della giovane Repubblica — in effetti, questo concetto era nuovo ed egli desiderava che sua figlia proseguisse la sua azione: ed in nessun caso voleva che ella sviluppasse delle idee monarchiche.
        .La scelta del padre della giovane Anastasia ricadde finalmente su un nativo di Novgorod, di circa cinquant'anni, e l'istruzione della ragazza cominciò.

        .Ma Anastasia si annoiava. Il suo precettore pensava che fosse meglio insegnare, piuttosto che rispondere alle domande della ragazza. Si sbagliava. Non che Anastasia non fosse interessata che a un ristretto numero di argomenti, ma c'erano certe cose che desiderava ardentemente sapere. Il suo precettore non aveva compreso che avrebbe dovuto risolvere gli enigmi originari della ragazza prima di intraprendere un insegnamento classico.
        .Ciononostante, Anastasia era troppo riconoscente verso suo padre e aveva così tanta stima per il suo vecchio precettore che non fece parola a nessuno della sua noia. Ella decise di trovare da sola le risposte alle sue domande e, siccome le era sempre stato detto che gli uomini di Chiesa erano probabilmente gli uomini più colti, si recò alla cattedrale dove si intrattenne con diversi canonici, che furono felicissimi di vedere che una così giovane ragazza manifestava un tale interesse per delle domande teologiche.
        .Così, avendo trovato risposta alle sue domande esistenziali, inizò ad annoiarsi di meno durante le lezioni con il suo precettore.

        .Col passare del tempo, i canonici affrontarono altri temi con la giovane ragazza-prodigio, tra cui quello della natura divina del potere. Ciò fu senza dubbio all'origine delle disgrazie di Anastasia. Difatti, i canonici le spiegarono come erano le cose prima che fosse instaurata la Repubblica — questo era proprio l’argomento che suo padre non voleva vedere trattato dal precettore. Poco a poco, Anastasia comprese che la Repubblica, a dispetto del suo successo da un punto di vista amministrativo, avrebbe presto reso la Chiesa totalmente impotente, cosa che le sembrava inconcepibile.
        .Ella decise di discuterne con il suo precettore, la cui saggezza era grande. L'uomo fu preso totalmente alla sprovvista : non seppe, di primo acchito, se dovesse o no rispondere alle interrogazioni della giovane Anastasia su tale argomento. Il suo stato di precettore lo incitava, ma il padre della ragazza glielo aveva formalmente vietato. Tuttavia, fu il suo lato didattico che prese il sopravvento e, dopo aver fatto giurare ad Anastasia di non dire a sua padre che egli aveva acconsentito a parlare della Repubblica con lei, accettò di rispondere alle sue domande. Il precettore aveva conosciuto la corte degli Zar, dove, per servizi resi, aveva ricevuto certi privilegi così come alcune terre. Anastasia comprese dunque rapidamente che anche lui segretamente desiderava un ritorno alla monarchia.

        .Anastasia aveva una grande ammirazione verso suo padre, al quale era peraltro molto attaccata. Le era insopportabile saperlo sulla via dello smarrimento sia teologico che filosofico. Dopo qualche tempo, ella decise di renderlo partecipe delle idee che aveva sviluppato. Suo padre che, fino ad allora era stato calmo e benevolo, entrò in una folle collera. Era convinto che fosse stato il suo precettore, che egli giudicava troppo aristocratico, ad avere inculcato queste nefaste idee nella figlia.
        .Anastasia, che adorava il suo precettore, intervenne in suo favore, spiegando che ella aveva sviluppato tali pensieri più alla cattedrale che in classe. Suo padre, sotto l'influenza della collera, prese una decisione che segnò il destino della giovane. Ecco ciò che sembra egli rispose, in una traduzione approssimativa : « Allora è così, i preti ti hanno detto che io sono nel peccato, e tu gli credi ? Mentre io mi sacrifico per te ; mentre mi ammazzo di lavoro per poterti pagare il migliore dei precettori ? Eh bene, poiché sei tanto ingrata e sembri stimare più i preti di me, ti ordino di prendere il velo. Tanto peggio per i tuoi sogni di matrimonio ! »

        .Anastasia entrò dunque in convento. All'inizio, ella piangeva tutte le notti, e di giorno era totalmente apatica. Il suo sogno era sempre stato quello di sposarsi e di avere dei bambini a cui trasmettere tante cose, sia materialmente che spiritualmente. Arrivò al convento da sola, non fece parola delle condizioni che l'avevano condotta lì, nemmeno alla stessa madre superiora, che era tuttavia una donna eccezionalmente buona e comprensiva. Ella fece tutto il possibile per far integrare Anastasia, ma invano: la giovane, inconsolabile, restava isolata.
        .Un bel giorno, la madre superiora ebbe un'idea luminosa: al termine di un ufficio, rivolse queste parole ad Anastasia : « Siete qui da tre settimane e non vi siete ancora confessata. Sapete quanto me che è bene confessarsi almeno una volta a settimana od ogni due settimane. Per la vostra salvezza, vi ascolterò personalmente durante la confessione. » Lo stratagemma pagò : essendo consapevole che, mediante la madre superiora, ella si rivolgeva a Dio, Anastasia confessò le circostanze nelle quali era arrivata al convento. Le lacrime colarono sulle guance della ragazza, immersa nell'ombra del confessionale della piccola cappella del convento.
        .La madre superiora era buona ed intelligente e, dopo aver inteso la terribile storia di Anastasia, le rivolse queste parole, che cambiarono il destino della giovane : « Poiché vi affliggete di non aver mai avuto un bambino a cui trasmettere qualche cosa, vi affiderò un compito nel quale potrete trasmettere qualche cosa ad altri bambini. La nascente Repubblica, che tanto avete screditato, ha certamente ritirato il suo carattere sacro al potere, ma ha tuttavia deciso di aiutarci nel nostro insegnamento. Grazie ai sussidi che lo Stato ci versa, apriremo delle classi destinate all'insegnamento dei giovani i cui genitori non hanno i mezzi per rimunerare un precettore. E mi piacerebbe che voi insegnaste in una di queste classi. »

        .E' così che la giovane Anastasia divenne insegnante di una ventina di bambini, tra gli otto e quattordici anni. All'inizio, la giovane era un po' imbranata: non aveva seguito nessuna formazione, le era stato solo comunicata la materia che ella avrebbe dovuto insegnare. Tuttavia, poco a poco, guadagnò sicurezza e si rivelò essere un'eccellente pedagoga. Amava i suoi alunni, ed essi l'amavano a loro volta. La sua ferita cicatrizzava dolcemente e, sebbene provasse sempre il dispiacere di non poter mai avere un figlio proprio, cominciava a trovare una parvenza di pace interiore. Questa rinascita perdurò per sette anni.

        .Alla fine di sette anni di insegnamento intensivo, Anastasia si ammalò gravemente. La Repubblica, in pieno sviluppo, aveva attirato numerosi scienziati, tra cui eccellenti medici, che accettarono di visitare gratuitamente la virtuosa malata. La loro diagnosi era incerta, ma riuscirono ad essere d'accordo su un rimedio : il clima non era adatto ad Anastasia ; per guarire, le occorreva vivere in un paese più soleggiato e meno freddo.
        .Questa diagnosi fece piombare Anastasia in un indicibile sconforto. Si dice che rivolse queste parole alla madre superiora : « Perché, madre mia, perché ? Avevo appena trovato una parvenza di equilibrio e, ora, Dio vuole allontanarmene ! Siete certa che egli sia buono ed infallibile? Colpendomi con questa nuova disgrazia, Egli mi appare o crudele o cieco ! » La povera madre superiora, davanti ad una tale ondata di dolore e di parole, fu persa. Si accontentò di dare questa finta risposta ad Anastasia : « Le vie del Signore sono impenetrabili. » Ella era lontano dall'immaginare a che punto questa semplice dichiarazione, all'apparenza insignificante, avrebbe avuto importanza sulla vita della santa.
        .L'ordine religioso al quale apparteneva il monastero che aveva accolto Anastasia possedeva un monastero tra Alençon e Verneuil. Poiché la regione era piuttosto soleggiata, fu deciso che la giovane sarebbe stata trasferita lì.

        .Il viaggio fu particolarmente spossante, ed è anche in uno stato di salute precario che Anastasia varcò per la prima volta le porte del monastero. Ella non vide la bellezza della natura, e nemmeno approfittò del dolce calore del sole sulla sua pelle. No, fu costretta a letto parecchi giorni prima di poter uscire dalla sua cella. Tuttavia, la sua profonda malinconia iniziò ad attenuarsi quando un raggio di sole accarezzò un mattino la sua guancia. Sentendosi ringalluzzita, ella iniziò infine a passeggiare nel giardino, dopo più di due settimane reclusa e sofferente. E, là, fu una rivelazione : la bellezza dei luoghi l'ammaliò, il profumo dei fiori, la dolcezza dell'aria e le migliaia di colori che ammirava la sconvolsero, tanto il luogo era semplicemente sublime, grandioso, incandescente di bellezza e tanto ella era stata reclusa dentro austere celle. Anastasia trascorse così diverse ore a volteggiare di fiore in fiore, posando la sua mano sulla corteccia di querce centenarie, sorprendendo qui uno scoiattolo, là un'ape... fu una suora che, credendo che la povera figlia avesse perduto la mente, poiché ella rideva tutta da sola, dovette riportarla dentro.
        .Fu una trasfigurazione per Anastasia. Il suo entusiasmo e la sua esultanza non si esaurirono e, molto rapidamente, poté ricominciare ad insegnare ai bambini. Le suore le affidarono degli incarichi supplementari, altre materie da insegnare, ed Anastasia compiva il suo dovere con gioia.

        .Venne il fatidico giorno nel quale fu ordinata sacerdote. Quel giorno, delle passioni contrastanti agitavano la giovane. Ella sapeva che, per la pronuncia dei suoi voti, rinunciava definitivamente sia al matrimonio che ai figli ; ma sapeva anche che era questo il miglior mezzo per affermare il suo impegno al servizio dell'Altissimo. Una volta ordinata, le venne assegnata la celebrazione di alcune cerimonie e, poco a poco, si fece strada in seno al convento : ella si occupò delle pastorali, poi contribuì all'elaborazione del seminario locale, dando tutta sé stessa per l'evoluzione della religione nella diocesi. Fu nominata vicario diocesano e, alcuni anni di buoni e leali servizi più tardi, ella finì per diventare il braccio destro dell'arcivescovo di Rouen.
        .Egli era un uomo buono e generoso, che apprezzava enormemente le capacità di lavoro e di scrittura, la devozione e l'ottimismo traboccante di Anastasia. La guidò e le insegnò i meccanismi della gerarchia della Chiesa, le indicò di chi fidarsi e di chi diffidare, a chi chiedere aiuto e da chi non sperare niente. Assidua e attenta, Anastasia non si lasciava sfuggire una briciola degli inestimabili insegnamenti del vecchio servitore di Dio.

        .Un giorno, l'arcivescovo si ammalò gravemente. Anastasia vegliò su di lui giorno e notte, pregando ininterrottamente per la salvezza della sua anima. Malgrado le sue suppliche rivolte all'Altissimo, l'arcivescovo trapassò una sera di novembre. Fu un nuovo duro colpo per Anastasia : che cosa avrebbe fatto senza di lui ? La giovane sprofondò nella disperazione più totale, passando ore a singhiozzare. Molto presto, a dispetto della sua tristezza e delle sue recriminazioni, si vide nominata al posto del suo mentore. Immediatamente, alcune voci si alzarono per protestare contro questa nomina : ella appariva come una donna troppo debole ed influenzabile, non avendo polso ; lei stessa sembrava sottintendere che non si sentisse pronta a questa importante carica. Ma la gerarchia, poiché l'arcivescovo aveva nel suo testamento esortato a nominare la sua protetta al suo posto, aveva deciso diversamente.
        .Anastasia annegò nel lavoro il suo incommensurabile dispiacere e, con sorpresa di tutti, e per prima di lei stessa, si rivelò un'eccellente arcivescovo. La sua carica la condusse anche vicino al duca di Alençon che la nominò consigliera religiosa. Così, con questo seggio, che mantenne per molti anni, vide i duchi passare.

        .Un giorno, per ragioni che ci sono sconosciute, Anastasia decise di lanciarsi in politica. Ella scelse il partito di Aleçon che le sembrava il più virtuoso ed il più vicino alle linee direttive della Chiesa e, come ogni volta che decideva di assumere una carica, si impegnò con tutta la sua energia, ciò le permise di essere molto presto in alto alle liste. Ella occupò un posto dopo l’altro in consiglio e successivamente le cariche di balivo, procuratore, giudice e di commissario per il commercio.
        .La sua perseveranza, la sua rettitudine ed il suo eccezionale bilancio, in quanto commissario per il commercio, le permisero di farsi riconoscere duchessa durante il successivo consiglio. Ed ella accettò, più per senso del dovere che per convinzione. Tuttavia, qualcosa in lei si era infranto. Anteposta la sua carica di duchessa, ella era preda della veemenza e delle derisioni di coloro i quali non concepivano che ella fosse sia arcivescovo che duchessa, ciò le fece comprendere che la vita politica non era una via accettabile per lei, che predicava l'amicizia e la comprensione. Il tempo dove, giovane, volteggiava nel giardino del monastero era ben lontano.
        .Anastasia diede le dimissioni dalla sua carica di duchessa dopo meno di due settimane di regno. Stanca della vita pubblica, e non concependo più di essere arcivescovo senza avere un seggio in consiglio, almeno in quanto consigliera religiosa, ella diede le dimissioni anche dalla sua carica di arcivescovo, tra la grande disperazione dei fedeli che avevano trovato in lei un pastore estremamente vicino ad essi. Si ritirò nel feudo che le era stato donato in ringraziamento per la sue soddisfacenti azioni in seno ai precedenti consigli.

        .Dopo più di quarant'anni passati ad avanzare di grado nella gerarchia secolare ed ecclesiastica, ella poté infine respirare. Per qualche tempo, si accontentò di fare giardinaggio, ritrovando gli odori ed i piaceri semplici della terra. Tuttavia, da erudita qual era, non poteva accontentarsi unicamente del lavoro manuale : le mancava far lavorare la sua mente. Dopo alcuni mesi, si mise a scrivere, mettendo a profitto l'immensa quantità di tempo di cui disponeva attualmente per isolarsi intere giornate nello scriptorium del monastero o nella biblioteca della sua piccola tenuta.
        .Ella perfezionò e raggiunse un tale grado di complessità tecnica che impressionava molti. Si sa che ella scrisse tantissimo ma, purtroppo, la maggior parte dei suoi testi sono stati persi poiché, alla sua morte, le persone a cui toccò la sua tenuta non se ne presero cura. Tuttavia, se ne sono conservati alcuni che sono in corso di restauro, ma non sono niente a paragone della montagna di scritti che ella ha probabilmente prodotto.

        .Questa vita fatta di piaceri semplici, di studio assiduo e di scrittura compulsiva durò diciassette anni. Anastasia si spegne nella biblioteca della sua tenuta e si racconta che, quando venne scoperto il suo corpo, ci si accorse che ella era morta seduta al suo tavolo di lavoro, con lo stilo in mano ed un mare di libri stesi davanti a lei, gli occhi girati verso il cielo e la bocca raggelata in un sorriso beato.




      Testo redatto con il più grande rigore filosofico sulla base dei diversi scritti che circolano nella regione del Verneuil e in tutto il regno di Francia, dei racconti fatti da gentili fedeli, credenti ed eterodossi e di perquisizioni operate nella tenuta e nel convento di santa Anastasia, dai Monsignori Désidérade Ytournel di Obstancie e Arnault d’Azayes, teologi del Santo-Uffizio romano.


    Citation:

        L'antivigilia di Beata Liberata Giulia dell'anno di Orazio MCDIII, Giovanni ed Adele, panettieri di Argentan, hanno desiderato che la loro testimonianza fosse messa per iscritto da fratello Welrigotef, canonico dell'Aricidiocesi di Rouen e scrittore per il Santo-Uffizio romano.


      Erano già trascorsi ben tre anni da che io e mia moglie eravamo stati sposati dal curato della nostra bella città. I primi mesi della nostra convivenza furono idilliaci : possedevamo una piccola casa, alcuni animali, e soprattutto, un bellissimo mulino che ci permetteva di vivere più che comodamente. La guerra sembrava ben lontana dalle nostre terre e, ogni domenica, ci recavamo alla piccola chiesa per assistere alla messa.
      In un tale clima di prosperità – perfino d'abbondanza –, comprenderete senza difficoltà che il mio desiderio e quello della mia sposa era di vedere il nostro matrimonio benedetto dalla nascita di un figlio, di un piccolo erede o di una piccola ereditiera che avrebbe vissuto con noi in questa ricca regione.

      Ora, dopo più di mezzo-anno che la nostra unione era stata celebrata davanti a Dio, il ventre della mia sposa non aumentava ancora. Per più di un anno, niente accadde. Alla fine di un anno e mezzo, Adele ed io decidemmo, come ci era stato sempre insegnato, di non restare da soli nel nostro sgomento. Andammo a chiedere consiglio alla persona che ci sembrava la più saggia in materia di cose naturali : il curato. Gli spiegammo brevemente la situazione: Ecco, approssimativamente, cosa ci rispose :
      « Figli miei... comprendo la vostra situazione. Prima di parlarvi di voi, vi parlerò, cosa rara, di me. O meglio, di noi. Noi sacerdoti, non possiamo procreare. Alcuni di noi lo rimpiangono, ma si fanno ordinare ugualmente ; altri ancora non accettano questo divieto e preferiscono non diventare sacerdoti, pur rimanendo chierici. Se vi parlo di ciò, è perché la sola spiegazione che io vedo alla vostra incapacità di avere un figlio deve essere la stessa spiegazione che si dà ai sacerdoti che si interrogano su tale interdizione : Dio ritiene che certi uomini e certe donne hanno una missione importante che sarebbe compromessa dalla procreazione. Non sto dicendo che dovete prendere gli ordini : al contrario, il vostro matrimonio non è in alcun caso maledetto dalla vostra incapacità. Bisogna semplicemente accettare la Sua decisione e, invece di ostinarvi, non cercate di trovare le ragioni da voi stessi, ma è bene attendere che esse si impongano a voi. »

      Il nostro curato era un uomo molto saggio, ma comprenderete facilmente che le sue parole non poterono che difficilmente soddisfare la giovane coppia piena di speranze che noi eravamo. Soprattutto la mia donna, che non poteva accettare una tale fatalità. Io ero un filo più rassegnato e tentavo di farla ragionare, spiegandole che non era corretto sostenere che il curato si sbagliasse. Ma non serviva a niente. Adele era convinta che un matrimonio non era realmente benedetto da Dio fino al giorno in cui non ne fosse nato un figlio.
      La lieta armonia dei primi giorni era indubbiamente ben lontana da noi, ed io temevo che la nostra storia sarebbe potuta concludersi tragicamente, tanto Adele sembrava costantemente avvicinarsi alla morte.

      Una sera d'autunno, una lite particolarmente violenta era esplosa tra Adele e me, e mentre ci preparavamo a coricarci, un lampo di luce accecante penetrò nella nostra piccola casa ed una voce dolce, di un calore mai sentito fino ad allora, risuonò.

      «Giovanni, Adele, non pensate che Dio sia un ingrato. Adele, come te, ho vissuto il dramma di non poter avere un figlio. Giovanni, come te, ho dovuto rassegnarmi ai commenti pragmatici di un sacerdote. Ma io so ciò che si prova in tali casi. Dio non può sbagliarsi, ma può perdonare e cambiare disegno : il nostro Creatore, nella Sua infinita saggezza, ha lasciato il Libero arbitrio alle Sue creature, che talvolta Lo sorprendono.
      Giovanni, voi avete dimostrato un grande rispetto verso la sacra gerarchia, manifestando così la vostra gratitudine per coloro che vi hanno permesso di salvare la vostra anima attraverso il battesimo e di benedire la vostra unione. Quanto a voi, Adele, voi avete manifestato una perfetta comprensione di ciò che dovrebbe essere l'amore : l'amicizia aristotelica spinta al suo parossismo trova la sua pienezza nel matrimonio e, ovviamente, nella procreazione – altrimenti, perché non autorizzare due persone dello stesso sesso a sposarsi ?
      Per ricompensarvi del vostro fervore e della vostra fedeltà a Dio, Egli ha deciso, su mia richiesta, di autorizzarvi alla procreazione. Il mio nome è santa Anastasia e vi ordino di amarvi ora ! »

      Un mese più tardi, il ventre di Adele cominciò a crescere e, nove più tardi, nasceva Tommaso.


    Tradotto da Doron, revisionato da Hipazia.


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MessagePosté le: Jeu Juil 27, 2023 7:55 pm    Sujet du message: Répondre en citant

Citation:

    L'agiografia di Sant'Antioco: il destino di un re seleucide


    Antioco I Soter, "Il Salvatore", Re Seleucide


    Citation:
    "Giovane Antioco, il tuo destino sarà ispirati e determinato da Dio.. A causa di voi, migliaia di uomini di diverse nazioni saranno convertiti alla vera parola di Dio. E tra tutti questi popoli eventualmente nascerà colui che terminerà ciò che io ho iniziato. "


    Queste erano le parole del profeta Aristotele ad Antioco, nascituro di appena un paio di settimane, successivamente Aristotele lo convocò a Chalsis assieme a suo padre Seleuco, suggellando così il destino di una vita insolita.


    Una vita guidata dalla Teologia


    -322 Nato in una località segreta in Grecia, figlio di Seleuco e della Regina Apama, Antioco I Soter * era un mezzosangangue persiano. Suo padre, un ex soldato e amico di di Alexander e Aristotele, ed ebbe la rivelazione del Profeta:-
    Citation:
    "Alza il tuo figlio con la fede in Dio, insegnargli ciò che io ho insegnato a voi, preparalo per la missione che Dio gli ha affidato. Per aiutarvi, vi vi consegno mio figlio, Nicomaco, seguirà vostro figlio nel suo percorso."


    Così dalla prima infanzia, Antioco beneficiò dell'apprendimento del messaggio formulato dal Altissimo attraverso il primo profeta. Seguì numerose lezioni su amicizia e virtù. Nicomaco gli insegnò i precetti che egli aveva ricevuto da suo padre.

    A quel tempo, poco dopo la morte di Alexander nel -323, la Grecia stava vivendo un periodo di disordini e cospirazioni per riunire le terre calpestate dai generali macedoni dell'Imperatore. Seleuco fece la scelta giusta e si alleò con Tolomeo, re d'Egitto, egli fu vittorioso sopra i suoi avversari, e fu coronato del titolo di Maestro di Mesopotamia.

    Antioco e il suo tutore, Nicomaco seguirono Seleuco, nuovo maestro di Mesopotamia, nelle sue campagne militari per tutto il vasto territorio di Babilonia. Il giovane trascorse l'intero periodo apprendento le strategie militari e le tattiche di suo padre, tenendo presente i valori appresi dagli scritti di Aristotele.

    I territori di Seleuco ampliati, comprendevano il dominio delle alte satrapie dell'Asia, fino ai confini dell'India. L'infanzia del giovane fù quindi diviso tra consigli di guerra e la scienza teologica di Nicomaco. Con un incredibile talento naturale, Antioco divenne ben presto esperto di strategia militare e di teologia. Dove la maggior parte i bambini passano il loro tempo con altri bambini, egli sedeva spalla a spalla con i leader del mondo degli adulti ed era già a conoscenza del suo destino, ricordò spesso il padre che costantemente gli rammentava la profezia di Aristotele.

    Nel -307, all'età di quindici anni, Antioco assistette all'incoronazione di suo padre investito del titolo di Basileus (Re), e quindi la nascita dell'impero seleucide. Il giovane poi assistette il padre come consigliere generale e teologo. Seleuco era sempre stato ricettivo agli insegnamenti di Aristotele, con il quale aveva condiviso molte avventure, e suo figlio era incoraggiato da questo aspetto della personalità del Re. Il giovane e il suo tutore Nicomaco stabilirono con Seleuco, la fondazione di Seleucia nel -311. Il figlio del Profeta gli diede un libro che conteneva tutti gli scritti di Aristotele, «da Dio ed i suoi comandamenti", e una busta sigillata che Aristotele aveva dato a Seleuco all'attenzione del giovane Antioco. Quest'ultimo scoprì poi il suo contenuto enigmatico:


    Aristotele a écrit:
    Il sacrificio di sé è una condizione di virtù.



    Antioco con la sua mente brillante, interpretò questa frase come sacra e si convinse di sottomettere la sua persona alla grandezza dell'Altissimo, anche al costo della vita.

    Nel corso degli anni, Antioco divenne l'aiutante perfetto per il padre, che agisce sempre in modo razionale e dando risalto alla sua percezione del messaggio divino. Incoraggiò Seleuco a non seminare il terrore tra le terre conquistate, ma sollevarle a vantaggio della Grecia. Sotto la sua guida, i popoli ebbero scuole ed appresero la medicina, l'economia e la teologia. Fù davvero un obiettivo importante per il giovane per migliorare le condizioni dei popoli caduti nelle mani di suo padre.


    L'incoronazione di un Re

    Un nuovo periodo di agitazioni emerse nel babilonese, effettivamente, Antigono, successivamente Re di Macedonia, desiderava di estendere il suo dominio sulla Grecia. E' sotto la guida di Antioco che Seleuco, alleato ancora una volta con Tolomeo, uscì vittorioso dal conflitto che ne seguì. Il Regno di Antigono fu diviso tra i vincitori. Seleuco ricevette la Siria e la parte orientale dell'Asia Minore. Il possesso della Siria consentiva un apertura al Mediterraneo. Convinto che questa vittoria fu merito di suo figlio e dei suoi consigli, fondò immediatamente la nuova città di Antiochia proprio sull'Oronte, che divenne la sede del governo. Mentre Seleucia sul Tigri, divenne la capitale delle satrapie orientali.

    Antioco aveva ormai raggiunto l'età di 28 anni, ed era ormai pronto a servire pienamente il padre. Nicomaco rimase in Seleucia al fianco Antioco per non interrompere gli studi. Con la sua esperienza, il giovane riuscì a trovare un posto importante nel cuore di suo padre e aveva la stima dei suoi generali, fino a che nel 294 Seleuco investì Antioco del titolo di viceré d'Antiochia. Il Regno di Siria, sotto la sua gestione, raggiunse serenità e stabilità in ogni angolo di terra. Fu in questo periodo che cominciò interessarsi sempre più del Profeta Aristotele ed agli insegnamenti che egli aveva consegnato agli uomini. Così, scelse cinque uomini e una donna tra i suoi fedeli amici, spiegò loro la profezia divina rivelatagli in giovane età. Il suo carisma e ottime capacità di intrattenimento delle folle, presto gli consentì di convincere i suoi seguaci, che a sua volta, si precipitarono attraverso le terre seleucide a diffondere la parola del Viceré. In tutto, la sua fama crebbe, le sue lezioni divennero uso e costume dei popoli del satrapie di Seleuco.

    I Babilonesi che vivevano nella regione di Seleucia avevano in loro le proprie convinzioni radicate. In effetti, essi adoravano Oane, l'uomo che ha risposto alla domanda di Dio.

    Le chiese Oaniste, affascinate dall'insegnamento Aristotelico, lo nel proprio dogma, rendendo Aristotele uno di loro profeta.

    Antioco allora notò la convergenza raggiunta dalla Chiesa Oanista e si interessò alla sua mitologia, che si proponeva profondamente compatibile, interessante e ben integrata con gli insegnamenti di Aristotele. Così, con il consenso del padre, invitò gli alti sacerdoti del culto di Oane nel suo palazzo e ascoltarono le parole di Oane e Aristotele. Tutti furono stupiti e eccitati nel notare le somiglianze.

    Antioco: - "Amici miei, voi siete gli eredi di una grande religione essa è chiusa in se stessa e rifiutano di vedere ciò che sta accade intorno a noi, come fanno molte altre religioni conservatrici. Ma voi, avete sentito la Santa Parola di Aristotele che Nicomaco mi ha trasmesso. Non solo avete sentito parlare, ma avete colto questo insegnamento e lo avete inserito nel vostro dogma.

    Aristotele era a conoscenza dell'Altissimo, ma non sapeva della vostra chiesa e, non sapeva che incontrandoci, voi avreste considerato come gli unici e veri eredi della vera Parola dell'Altissimo i nostri profeti. Non poteva farlo, ma io si.
    È per questo che propongo a voi, alti sacerdoti della Chiesa Oanista, di unire il vostro dogma e gli insegnamenti di Aristotele , proclamando la chiesa ufficiale del nostro Impero con il nome di Chiesa Oaniste aristotelica. "


    Così la chiesa ufficiale dell'impero iniziò a diffondere il suo insegnamento nelle grandi regioni dell'Impero, con immediato successo in Babilonia, con più difficoltà altrove.

    Antioco cominciò a distaccarsi dalle conquiste di suo padre, pur dando sempre sottili consigli, ma prendendo più tempo per affrontare la questione dell'Altissimo. Suo padre sapeva che Antioco e deve prendere il suo posto nel progetto architettato dall'Onnipotente e che era ancora incoraggiato ad ampliare i suoi territori. Ad Antiochia, il giovane era diventato una celebrità, in molti ascoltarono il suo lungo discorso sull'amicizia, sulla virtù, la giustizia o la morale. La sua aura si estese oltre l'impero seleucide, per le satrapie orientali e anche a ovest verso la Grecia. La profezia di Aristotele affermava la trasmissione dello spirito del vecchio profeta ad un proselite, e nei fedeli cresceva la speranza di un nuovo profeta nella persona di Antioco. Così Teofrasto, il primo scolarca ** superiore, venne in Siria per incontrare colui che agli occhi dei Greci, era il successore del Profeta.

    Teofrasto: - " Giovane Antioco, io ti saluto oh uomo della profezia. Atene ha idee su di te, molti sostengono tu sia il nuovo profeta. So che questo non è niente per te ma .. tu ne sei a conoscenza? "

    Antioco: - "Caro Teofrasto, scolarca e rinomato teologo, sappiamo entrambi che io non sono il profeta dell'Altissimo. Sappiamo entrambi che io non sono il mandante della sua fede in terre lontanche non ancora raggiunte. Con la coscienza della sua grandezza! Aristotele mi ha dato la missione che Dio mi aveva assegnato già nell'infanzia. Sono responsabile per la predicazione del regno in modo che sappiano la natura dell'Altissimo, in modo che siano preparati all'arrivo di un nuovo profeta. Vorrei anche espandere la fede al Dio unico oltre i nostri territori. La mia vita sarà dedicata al Suo messaggio, farei di tutto per illuminare il mondo dell'amore di Dio per l'umanità, anche se dovessi morire per la sua gloria."

    Teofrasto: - "Sono contento di sentire che sei così saggio, i precetti che Nicomaco ti ha insegnato e il tuo saggio padre, hanno fatto di te un uomo di valori, la tua fede è grande. Ti assicuro, che trasmetterò le vostre fervide parole agli studiosi ateniesi. Possa l'Onnipotente si sostenerti per lungo tempo."

    Il teologo poi tornò ad Atene per diffondere ulteriormente le parole di Antioco, che già godeva di una venerata reputazione al di là delle sponde del Mediterraneo.

    Passarono gli anni ed Antioco spese il suo tempo a gestire il regno, diffondendo il messaggio di Dio e fornendo consulenza strategica per le conquiste di suo padre Seleuco. Nel - 280, quando Antioco era ormai 42 enne, suo padre venne ucciso ai confini dell'Asia Minore. Ci volle più di un mese prima che la notizia della sua morte si diffuse ad Antiochia, ed il figliuol prodigo rimase devastato dalla morte improvvisa. Antioco fu ferito nel profondo della sua anima, e fu devastato dal fatto di non essere stato con Seleuco mentre esalava gli ultimi respiri.

    Per legittima successione, Antioco fu incoronato Basileus a sua volta e divenne re di Siria, difendendo i territori conquistati dal padre durante il suo regno. Il suo primo discorso, fu fatto dal balcone del palazzo di Antiochia, con una grande folla radunata per allietare il nuovo Re. Il suo fervore e la convinzione di avere una missione più importante da compiere in nome dell'Altissimo, rese questo intervento eccezionale e memorabile nella mente della gente. Concluse con queste parole, come vuole l'Onnipotente:

    Antioco: - "Io, Re Antioco I, ordino di costruire templi intorno al nostro regno, su basi solide, in modo da non essere mai distrutti, farò questo per dimostrare la mia fede verso l'Onnipotente .. in modo che, alla fine della mia vita, io potrò eternamente riposare qui ed unire il mio spirito con l'Onnipotente nel paradiso solare."


    L'avvento di un regno dedicato all'Altissimo

    La prima azione di Antioco per compiere la sua promessa, fu la posa della prima pietra per costruzione dedicata all'Altissimo in Antiochia, nella speranza di onorare il creatore e perpetuare il messaggio che aveva inviato agli esseri umani attraverso il suo profeta Aristotele. Nello stesso anno sposò Stratonice, la figlia del re Demetrio di Macedonia, per la quale egli nutriva amore da lungo tempo. Lei gli diede cinque figli: due maschi e tre femmine. Inoltre decise di rafforzare la nuova chiesa Oaniste Aristotelica, incoraggiando l'assunzione di giovani indigeni in tutte le parti del suo impero come sacerdoti, in questo modo, la chiesa Oaniste Aristotelica, divenne religione dell'Impero, piuttosto che un usanza esterna alla cultura propria.

    Così iniziò a viaggiare attraverso il suo regno, attraverso la Persia, la Media, la Susiana, la Partia, la Drangiane con l'Arie, la Battriana, la Sogdiana, l'Ircania, l'Arachosia fino all'India. Ovunque si lanciò in lunghi discorsi degni dei migliori oratori, e assistito dal l'Altissimo, le sue parole avrebbero potuto convincere persino i più restii che vi era un unico Dio, un unica amicizia e virtù.
    Molti si unirono ai ranghi del clero della Chiesa Oaniste Aristotelica e questo le permise di crescere in modo esponenziale.

    Antioco godeva di grande fama presso la sua gente che spesso ripeteva i suoi celebri Aforismi. Così, l'idea di un creatore onnipotente commosse il popolo entrando nei loro cuori. Costruì grandi città in Asia Minore in base al modello ateniese, e in ciascuno dei capoluoghi dei territori in cui era il re, fece costruire un tempio all'Altissimo con la più forte delle fondazioni. Agli ex generali di suo padre, che aveva guidato la maggior parte delle campagne militari, diede la nomina di Governatori delle grandi province, lasciando loro gestione delle regioni remote.

    Antioco si tenne in contatto con Teofrasto fino alla morte di quest'ultimo nel - 288, condividendo con lui per sei lunghi anni, lunghe lettere sulla unicità dell'Onnipotente, discorrendo sulla morale, sulla amicizia o virtù. Fu lo stesso con il secondi scolarca, Strato di Lampsaco. Così che, quando Antioco fu re dei Seleucidi, Chiese che la Scuola di inviargli i suoi migliori discepoli in teologia. Mise ogni discepolo nelle città in cui erano stati costruiti i templi per farli consulenti dei governatori (ex generali) nella guida politica delle province. Così Antioco riuscì a raggiungere sia la lealtà dei governatori premiando i generali di suo padre, sia a diffondere le nozioni di base della religione aristotelica, ancorando i popoli intorno all'idea di un unico Dio, creatore di tutte le cose.

    Ma un periodo turbolento era in arrivo. Antioco dovette affrontare una rivolta scoppiata in Siria, fomentata da coloro che non accettavano la sua missione divina, o quello che lo chiamavano ridendo, il grande Re delle "idee folli". Così scelse di fermare le campagne di espansione, e fu di nuovo costretto a combattere per salvare ciò che suo padre aveva costruito. Antioco sapeva che perdere la Siria era pari a perdere quel che aveva saldato il suo regno. Ma nonostante le turbolenze, una vittoria gli permise di conservare il suo trono, Antiocoera opposto tendenze offensive dei suoi regni adiacenti, quindi mandò i suoi migliori guerrieri armati con i suoi migliori strateghi per prevenire eventuali attacchi dei regni adiacenti.

    Non volendo trascinare il regno in conflitti senza fine, preferì firmare ripetutamente trattati di pace per garantire la sopravvivenza del proprio regno. Il valore di ogni vita è importantissimo per lui, così avrebbe preferito perdere alcuni territori piuttosto che insistere in malriposti orgogli. In ogni caso, sapeva, e diceva spesso, come quando ha perso contro Eumene di Sardi.

    Eumene: - "Antioco Ho una domanda, perché firmare questo trattato? Si potrebbe continuare a batterti con l'invio di altri eserciti. Oggi siamo stati superiori in numero, ma in sei mesi, un anno, potreste mandarci tutti sei piedi sotto terra!"

    Antioco: -. "Eumene, ora sei il vincitore, queste terre ora appartengono a voi, non ho paura perché quello che è stato fatto, non può essere annullato, in ciascuno dei vostri nuovi sottoposti è ancorata la fede nell'unico Dio, e qualunque cosa tu faccia, qualunque cosa tu dica, non sarà mai il silenzio."

    Antioco stava bene, aveva sepolto nel profondo della sua anima e del suo cuore, la fede indescrivibile e potente verso l'Onnipotente. Era interessato soprattutto nella trasmissione del suo messaggio. La missione affidatagli da Aristotele dalla prima infanzia aveva sollevato la fede in Dio in gran parte del mondo. Egli aveva quindi seminato e reso fertili i regni dell'Asia e del Medio Oriente per l'arrivo del secondo profeta dell'Altissimo.



    La fine di una vita


    Mentre l'impero seleucide si indeboliva a causa di attacchi multipli e rivolte, Antioco filosofeggiava trovando il positivo anche in queste vicende. In qualunque provincia ci si trovasse, la fede in un solo Dio era cresciuto al punto di diventare essenziale e la fede naturale ovunque. Quando raggiunse 64 anni, aveva templi costruiti per durare per sempre e quasi in ciascuno di essi, vi erano teologi del Liceo che usavano rituali lasciati dal popolo di Oane. Il Grande Re, Inaugurò per ultimo il maestoso e grandissimo tempio di Antiochia . Antioco, sull'ultimo gradino che si affacciava sulla piazza da più di dieci metri di altezza, recitò un altro discorso, sempre affrontando gli stessi argomenti a lui cari. Mentre parlava, i suoi occhi brillavano, e le lacrime scorrevano lungo le guance per aver portato a termine il lavoro di una vita.

    Antioco: - "I, Antioco I, ordinai che il tempio fosse costruito su fondamenta indistruttibili. Ho fatto questo per dimostrare la mia fede verso l'Onnipotente, alla fine della mia.. vita, proprio qui riposerò eternamente ed unirò il mio spirito con l'Onnipotente nel paradiso solare. "

    Fu solo quando finì la frase che Antioco venne colpito da una freccia nel cuore. Il re cadde in ginocchio, tenendo la freccia nella mano destra, con l'altra mano indicò il cielo mentre dirigeva le sue ultime parole verso la folla sorpresa di assistere alla sua morte:

    Antioco: - "Ricordati quello che ti ho insegnato, Amalo come egli ci ama, amate come egli ci ama ..."

    Il suo corpo si irrigidì improvvisamente In quella posizione, la mano tesa verso il sole, sul marmo della piazza, in una pozza di sangue a forma di cerchio perfetto, giaceva il re. Una luce brillante scese dal cielo brillando sul corpo di Antioco. Quando questa scomparì, l'uomo si accasciò, gli occhi lucidi di lacrime. Il popolo di Antiochia rimase in scossa a questo evento, convinto che fosse l'azione di un solo Dio, venuto in cerca di chi lo aveva servito così bene.

    Il suo assassino non fu mai trovato.

    Il funerale del grande re fu sontuoso e suo figlio Antioco Theos, gli succedette, promettendo di continuare il lavoro del vecchio padre. La freccia trafisse il cuore di Antioco venne tenuta come una reliquia sacra e il cadavere fu sepolto nelle fondamenta del tempio di Antiochia.

    Una enorme statua in bronzo fu scolpita rappresentando Antioco nel'età della sua morte. Venne costruita sul piazzale del tempio e sul piedistallo fu inciso:

    "Antioco I Soter - Re seleucide e Figlio dell'Altissimo"

    Tradotto nella Contea Béarn dal Ricercatore Stige de Pau nel Luglio 1461

    ______________________________________

    * Il Salvatore in greco.
    ** Rettore del Collegio fondato da Aristotele - 335, successore del Profeta a -322.

    Tradotto da Stige, revisionato da lululu


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MessagePosté le: Jeu Juil 27, 2023 7:59 pm    Sujet du message: Répondre en citant

Citation:

    Agiografia di sant'Andrea di Gaeta, patrono dei pescatori.


      .Caro lettore,
      questa che stai leggendo è una storia che si tramanda da secoli di generazione in generazione, in ogni porto e su ogni nave del Mare Nostrum.
      Le vicende che si raccontano e che ho raccolto in queste pagine, riguardano un grande uomo, tal Andrea, che con la sua flotta solcò i mari, sfidò le tempeste e combatté le bestie marine serve della creatura senza nome. Ancora oggi se entri in una taverna di Gaeta vecchia o se passeggi sul molo, ne sentirai riecheggiar le mirabolanti gesta.




      .Ordunque, senza indugiar troppo, che il sol già cala sul mare devi sapere che…



      .Andrea Lucio Aulo, nacque a Gaeta nel 241 d.C, da Marco Tiberio Aulo, prefetto e consigliere della provincia, e da Giuliva Ridolfi, nobildonna In Gratebus di Gaeta e baronessa del piccolo feudo di Rialto.
      La condizione economica della famiglia era agiata, pertanto Andrea frequentò le migliori scuole fianco a fianco con i piccoli delle famiglie aristocratiche che una volta diventati grandi, avrebbero tenuto in mano le redini della provincia e del Regno. Per lo studio delle difficili materie come Fondamenti di storia, Funzionamento delle istituzioni, Fondamenti di diritto e Meccanismi erariali in cui Andrea non brillava molto, fu necessario l’ausilio di un mentore: fu ingaggiato un giovane funzionario statale di nome Raniero con il il quale Marco Tiberio aveva collaborato alcune volte. I due divennero ben presto inseparabili.




      .Nonostante Raniero facesse di tutto per correggere ed insegnare le materie della via dello stato ad Andrea, questi era sempre più attratto dalle materie marittime. L’Astronomia, l’Ingegneria navale di base e avanzata e le Competenze marittime di base, quelle avanzate e quelle d'esperienza.
      Seguiva corsi extra o bigiava quelle della sua facoltà per placare la sua segreta passione. E segreta rimase per anni, tranne che per Raniero, fino al giorno della sua laurea, quando con gran sorpresa di tutti alla gran festa di laurea egli esibì la laurea in Scienze Marittime!




      .Suo padre Marco Tiberio ebbe un malore, lui che pensava a un suo figlio come degno successore nella vita politica e amministrativa della provincia. Non si riprese mai più e qualche settimana dopo, allo scadere del suo mandato, si ritirò per sempre dalla scena pubblica e invecchiò nella sua modesta villa assieme a sua moglie Giuliva. Si disse che il vero motivo del suo ritiro non fosse il figlio Andrea, bensì la consorte, della quale di li a poco, lo scandalo l’avrebbe portata sulla bocca di tutti.
      Marco Tiberio sicuramente non fu un buon marito né un buon padre, troppo preso dal lavoro, ma quando lo capì era troppo tardi. Ogni giorno, affacciandosi dal terrazzo della sua villa ad osservare il mare, pensava ad Andrea e piangeva.




      .Lo stesso mare in cui egli annegava il suo dolore, fu il teatro del successo di suo figlio, il quale dopo un breve periodo in cui lavorò su una nave mercantile che commerciava lane e pelli con i regni d’oriente, riuscì ad entrare nella marina militare di Terra di Lavoro.
      Era entrato in marina come sottufficiale e la sala di comando era la sua meritata reggia.
      Le sue mansioni spaziavano dal tracciamento delle rotte al timone all'ispezione quotidiana dello scafo, all'individuazione della posizione marittima attraverso il sestante: tutte abilità che l’eccellente ateneo di Terra di Lavoro insegnava ai suoi fortunati studenti.
      I primi sei mesi di servizio, quelli più duri per chi si approccia a tale carriera, passarono in fretta e al loro termine Andrea avrebbe avuto la prima promozione e tre mesi di licenza a terra. Invece lo stesso giorno in cui la nave attraccò al porto, firmò per far parte dell’equipaggio di una galea mercantile, sempre facente parte della flotta della marina militare, che avrebbe circumnavigato la penisola italica fino a Venezia, dove avrebbe caricato il sale che,attraverso un accordo commerciale, la Serenissima Repubblica di Venezia, si era impegnata a vendere per sostenere lo sviluppo caseario presente a Sessa Aurunca. La partenza era prevista l’indomani.




      .Andrea si diresse verso la casa natale ma, temendo la reazione del padre alla scelta di un cosi veloce reimbarco, pensò di scrivergli una lettera.
      Arrivò fino ai cancelli della residenza. Sua madre era su di un balcone ed il suo cuore si riempi di gioia alla vista del giovane figlio, vestito con l’uniforme.
      Giuliva corse giù fino ai cancelli e lo abbracciò forte.
      Andrea fermò ai cancelli, visibilmente commosso, disse che sarebbe ripartito subito e le consegnò la lettera.
      La mamma rispose: “Hai scelto la tua strada, va' e portaci nel cuore, come io e tuo padre ti portiamo nel nostro. Che l’Altissimo ti protegga.”
      Andrea avrebbe rimpianto tutta la vita il non essere entrato a salutare il padre.




      .Dormì poco e male quella notte e all'alba era già sulla nave. Nel frattempo erano giunti gli altri membri dell’equipaggio compreso il capitano, un anziano omaccione con i baffoni e la lunga barba bianca. Fece il saluto militare e si mise sull'attenti.
      Il capitano chiese le sue generalità, grado e numero di matricola. Poi partirono.
      Arrivarono a Venezia in relativamente poco tempo e, dopo che furono sbrigate le pratiche necessarie, la nave attraccò. Le operazioni di carico sarebbero durate un paio di giorni ed Andrea ne approfittò per visitare Venezia e conoscere le sue abitanti. Il viaggio di ritorno si rivelò notevolmente più difficile e rese la nave particolarmente pesante ed instabile. Erano ad un quarto del viaggio, quando capitano e vice capitano ebbero un malore dopo cena, probabilmente a causa di alcune ostriche mal digerite. Andrea fu incaricato di assumere il comando. Per alcune ore il mare fu piatto e la navigazione proseguì senza problemi. Poi la situazione precipitò. Il mare si increspò ed enormi onde iniziarono a sollevarsi, mentre i venti spazzavano il ponte. Alcune sartie saltarono sibilando, ma lui tenne la rotta e forte teneva la presa sul timone. Anche se gli strumenti sembravano impazzititi e la sensibilità del timone era limitata si addentrò senza indugi nella forte tempesta. Fu in quel momento che ebbe un visione e ricevette la vocazione. Passata la tempesta condusse la nave in un porto naturale, e si fece la conta dei danni. Molte vele erano strappate, ed alcuni uomini dispersi in mare, ma nonostante tutto poterono ripartire e giungere in Terra di Lavoro con il prezioso carico e con i superstiti. Il suo gesto divenne leggenda, fu decorato al valore ed a quella cerimonia assistette anche suo padre che, finalmente fiero di suo figlio, pianse mentre lo abbracciava forte.




      .Andrea lasciò la via marittima e si dedicò successivamente a diffondere la fede aristotelica. Viaggiò molto. Camminava scalzo, sulla sabbia, costeggiando le terre italiche e numerose chiese e cappelle furono costruite lungo il suo cammino, dalle genti che avevano udito da lui le parole dei Profeti. Fu richiamato al Padre molti anni più tardi, quando la sua missione pastorale era compiuta.



      .Era solito raccontare questa parabola:



      Citation:
      "C’era un popolo che era circondato da torrenti e laghi pieni di pesci affamati. Si incontravano regolarmente per discutere della loro chiamata a pescare, dell'abbondanza di pesce e del brivido che si prova quando i pesci abboccano. Erano entusiasti della pesca!"


      .Poi proseguiva:

      Citation:
      "Qualcuno suggerì che avevano bisogno di una filosofia della pesca, così si misero ad esaminarla da ogni angolo e con estrema accuratezza: la definirono e ridefinirono in largo e lungo e ne delinearono con chiarezza lo scopo. Svilupparono strategie e tattiche di ogni genere, ma si resero conto che dovevano fare un passo indietro. Si erano avvicinati alla pesca dal punto di vista del pescatore e non da quello dei pesci. Quale visione del mondo hanno i pesci? Come appare il pescatore agli occhi del pesce? Che cosa mangiano i pesci e quando mangiano? Queste sono tutte cose buone a sapersi. Così iniziarono alcuni studi di ricerca e frequentarono conferenze sulla pesca. Alcuni si misero in viaggio verso terre lontane per studiare i diversi tipi di pesce e le loro diverse abitudini. Altri conseguirono la laurea in ittiologia. Ma nessuno di essi era ancora mai andato a pescare.
      Così formarono un comitato per l'invio di pescatori e poiché i potenziali luoghi di pesca erano più numerosi del numero dei pescatori, la commissione dovette determinare le priorità. La lista con i luoghi di pesca prioritari venne esposta sulle bacheche di tutte le sedi della società ma, ancora, non c'era nessuno che andasse a pesca. Allora fu avviata un'indagine per scoprire la causa: la maggior parte non rispose al sondaggio ma tra quelli che lo fecero, si scoprì che alcuni si sentivano chiamati a studiare i pesci, altri a fornire attrezzature per la pesca e molti ad andare in giro per incoraggiare i pescatori. Con tutti quegli incontri, conferenze e seminari semplicemente nessuno aveva il tempo per pescare.
      Poi, poi avvenne qualcosa che nessuno si sarebbe mai aspettato: il giovane Luca decise di iscriversi alla società. Sembrava molto interessato e la commissione dei soci fondatori accolse la sua richiesta. Dopo una riunione estremamente motivante della Compagnia, senza dir nulla, andò a pescare e, meraviglia delle meraviglie, prese un grosso pesce!
      Alla riunione successiva, egli raccontò la sua esperienza straordinaria e ricevette il premio per la miglior pesca dell’anno (a dire il vero era anche l’unica!). In tale occasione gli fu detto che aveva un particolare "dono per la pesca" e dunque ritennero necessario che facesse un intervento a tutti i capitoli della Compagnia per raccontare come aveva fatto.
      Con tutti gli inviti a parlare e la sua elezione a membro del consiglio di amministrazione della Compagnia del Pescatore, Luca non aveva più il tempo per andare a pescare e ben presto cominciò ad avvertire un senso di inquietudine e di vuoto dentro di sé. Voleva tornare a sentire ancora una volta il fruscio di quando gettava l’amo, così annullò le conferenze previste, si dimise dal consiglio e disse ad un amico: "Andiamo a pescare". E così fecero, solo loro due, e presero molto pesce. I membri della Compagnia del Pescatore erano molti, i pesci erano abbondanti ma i pescatori erano pochi: troppo impegnati a fare qualcosa di diverso da ciò che prevedeva il loro oggetto sociale."


      Scritto da padre Jean Leonard De-la-Roche, detto "Sir.johnny", arcivescovo di Firenze, nell'Anno del Signore 1461.


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MessagePosté le: Jeu Juil 27, 2023 9:47 pm    Sujet du message: Répondre en citant

Citation:

    Agiografia di Sant'Andrea Protocleto




    I: L'infanzia e la gioventù

    Andrea nacque a Betsaida, 6 anni prima della venuta di Christos, in una famiglia umile. Suo padre era un pescatore, un'attività in cui Andrea si dedicò con successo e che gli permise di sviluppare una notevole intelligenza.
    Il ragazzo trascorse tutta la sua giovinezza nei pressi del lago della sua terra natale, e crebbe in sapienza e dolcezza, calorosamente circondato dalla falsa credenza in molteplici dèi.

    A volte, e sempre più man mano passava il tempo,il suo cuore si domandava, senza riuscirsi ad esprimere, sulla sua fede verso questi dèi di cui egli nutriva istintivamente parecchi dubbi. Per Andrea essi erano la rappresentazione umana di esseri divini, costruita sul modello degli uomini; non certamente esempi di virtù.

    Un giorno sentì parlare di eventi miracolosi che accadevano in Giudea, dove pareva fosse nato un profeta. Purtroppo fu costretto a rimanere sulle rive del lago.


    II: La Chiamata

    ... Andrea, divenuto ormai adulto, era a pescare, come al solito, con il fratello Simone e altri amici.
    Fu allora che uno sconosciuto vestito di stracci s'avvicinò al lago. Il suo aspetto sembrava ispirato: pareva un sant'uomo, ma senza i ricchi ornamenti di seta e pietre preziose che di solito adornavano i sacerdoti.

    * Chi è quest'uomo? *
    Si chiese Andrea, quando questi lo apostrofò con dolcezza:

    "Pescatore, come va la tua pesca?"

    "- Non male".
    Rispose Andrea senza convinzione, concentrato nonostante tutto sul suo lavoro.

    Suo fratello e i suoi amici lo chiamavano perchè continuasse il suo lavoro.

    Ma lo sconosciuto lo guardò con dolcezza e riprese:

    "- Pescatore, qui tu vivi giorni monotoni ... La tua vita è sprecata qui. Ti osservo da qualche giorno e vedo un destino più grande in te. Questa mattina, l'Altissimo mi ha ispirato: non vorresti lasciare il lago per diventare un missionario? Seguimi, e incontrerai altri uomini, consacra la tua vita a Dio.
    Io sono Tanos. Ho vissuto con il Profeta Christos, e vengo a recarti la sua parola, che è la parola dell'Unico Dio."


    Andrea sentì il proprio cuore fare un balzo, e anche se il futuro per lui era ignoto, fu con una certezza che non aveva mai provato prima che annunciò agli amici e al fratello:

    "Seguirò Tanos, e farò della mia vita un regalo gradito all'Unico Dio!"

    Tanos sorrise e chiese:
    "Qual è il tuo nome?"

    "- Andrea".

    "A partire da oggi, ti chiamerai Andrea Protocleto (che è chiamato per primo), poiché sei il primo che chiamo a condividere la mia Santa Missione!"

    Andrea abbracciò l'Apostolo, e corse dal fratello e dagli amici, che lo scrutavano ansiosi di cercare di capire cosa stesse accadendo, per dire loro semplicemente:

    "- Ho trovato la mia strada, ho udito la Chiamata."

    Andò a casa per raccogliere le sue cose e dire addio alla famiglia, e seguì senza rimorsi la scia dell'Apostolo Tanos.
    Partirono all'alba, dopo che Tanos l'ebbe battezzato sulle rive del lago. In seguito, ogni pescatore amava visitare il punto esatto dove fu benedetto Andrea. In quel luogo i pesci erano più grandi e più numerosi.


    III: La separazione e la schiavitù

    Lungo la strada, Tanos, meravigliato dall'intelligenza del suo discepolo, insegnò ad Andrea il messaggio di Aristotele e di Christos.
    Un umile pescatore che poteva disquisire così sottilmente dei misteri dell'Altissimo era certamente lui stesso uno dei Suoi Doni!

    Tanos gli insegnò tutto ciò che poteva, in modo che Andrea diventasse l'equivalente di un sacerdote del nostro tempo, e che nessuno potesse distoglierlo dalla Vera Fede.
    Ma i giorni di amicizia e cooperazione tra i due uomini si conclusero bruscamente.
    Infatti, giunti in vista di una città della regione, i due uomini caddero vittime di in un'imboscata. I banditi li separarono e prelevarono Andrea, il più forte dei due, per venderlo come schiavo al porto.
    Fu un mercante greco di Patrasso, Teognosto, a comprarlo e imbarcarlo all'alba come cambusiere per tutto l'equipaggio della sua nave.
    Non rivide mai più l'amico Tanos.


    IV: La tempesta e il primo miracolo

    Andrea, seguendo i precetti di Tanos non recriminava mai sulla propria sorte. Non maledì mai il momento che cambiò il suo destino. Pregò a lungo, tanto a lungo quanto l'Onnipotente gli permise di fare. Un giorno, una grande tempesta sconvolse il mare e i venti. Divenne evidente che lo scafo della barca di Teognosto, sballottato dalle onde, rischiava di fracassarsi. La disperazione prese possesso dei marinai. Andrea alzò allora la voce e cominciò a pregare Aristotele e Christos per la salvezza di tutto l'equipaggio. A queste parole e vedendo il volto di Andrea illuminarsi, i marinai lo seguirono nella preghiera. E all'improvviso, miracolosamente, il mare si calmò, il sole apparì da dietro le nubi ... Teognosto, impressionato da questo miracolo, ordinò l'immediato rilascio di Andrea e gli rivolse parole di ammirazione:

    "Salve a te, o grande mago. Ma dimmi, quali sono i tuoi dèi, che sono tanto potenti da fermare la tempesta?"

    Andrea rispose: "Pagano, non vi è che un solo Dio. Egli è superiore a tutti, più alto degli elementi e oggi avete assistito a una prova della sua misericordia. Voi avete pregato nel suo nome e questo vi ha salvato. MostrateGli la vostra gratitudine, ascoltate la Sua Parola."

    Dopo aver così parlato, Andrea compì il suo primo atto di sacerdote: gli fu richiesto di convertire tutti i membri dell'equipaggio della galea. Finì per diventare amico di Teognosto, che lo volle come precettore dei suoi figli.


    V: La Comunità e i nuovi viaggi

    Arrivato a Patrasso, città natale di Teognosto, Andrea si diede un gran daffare. Assunse in pieno il ruolo di precettore, mostrando a quei giovani la luce della Vera Fede. Si sforzò di diffondere la dottrina di Aristotele. Con l'aiuto di Teognosto, Andrea costruì una comunità numerosa e benorganizzata, basata sui principi della generosità e della condivisione. Fu quindi ricompensato per i suoi sforzi dallo stesso Papa Tito, che, venuto a conoscenza delle sue azioni, gli inviò una lettera piena di gratitudine, nella quale affermava che egli sarebbe stato un cardine della Chiesa futura.
    Quando poi Tito inviò la sua famosa lettera a Lino, quest'ultimo ereditò il suo messaggio e scoprì la lista di fedeli dei quali si sarebbe potuto aspettare aiuto.

    Agiografia di Tito l'Apostolo, Primo tra gli Apostoli, Padre della Chiesa
    Citation:
    Scrivo questa lettera dalla mia prigione poichè penso che la mia missione stia oramai giungendo al termine.

    Scrivo a te Lino, amico mio, perchè desidero che tu prosegua dopo di me ciò che il nostro salvatore Christos ha cominciato in Giudea e per cui è morto martire.

    Io non so che ne è stato degli altri Apostoli; ti incarico di ritrovarli e organizzare la diffusione della Fede e la formazione dei nostri preti. Non cedere mai alla tentazione di sguainare la spada, ma non cercare nemmeno con ostinazione di morire inutilmente nel martirio, perchè la vita è un dono prezioso che il Nostro Creatore ci ha offerto.

    La Chiesa deve divenire una comunità visibile, che si riconoscerà per quattro caratteristiche, essa dovrò essere: una, santa, aristotelica e apostolica.

    Il legame che riunisce la divina quintessenza al fine di mantenerci vicini al Creatore non esiste che per Sua volontà e per la mediazione di Christos e dei Suoi Apostoli. Poichè fu a noi che per primi venne donato questo legame; ed esso verrà tramandato per effetto dell'infinita misericordia di Dio attraverso coloro che permarranno fedeli al messaggio dei Profeti.
    Il messaggio divino, trasmesso dai Profeti, deve essere custodito e salvaguardato da coloro che abbracciamo come vescovi tra i vescovi, grazie ai quali sarà impossibile per la Chiesa di Christos cadere in errore e divenire infedele al Dogma.
    E' ugualmente necessario bandire tutte le altre sette che usurpano il nome della Chiesa. Poichè sono ispirate dall'eresia o dalla Creatura Senza Nome, esse sono tra gli errori più nocivi, sia per la retta dottrina, sia per la corretta morale.
    Nonostante che il cammino sarà lungo, ho visto in sogno che tu giungerai a Roma per terminare l'edificazione di ciò che diverrà il cuore della nostra comunità di fedeli alla Parola che ci venne insegnata dal Messia in persona.

    Conto su di te amico mio, per continuare il cammino che ho iniziato con Chirene, Calandra, Adonia, Elena, Ofelia, Uriana, Tanos, Paolo, Niccolò, Samot e persino quell'infedele di Dagiu...

    Il messaggero che ti reca questa mia ti consegnerà anche un mazzo di chiavi, una delle quali apre la cripta dove ci riuniamo in segreto, potrà guidarti e proteggerti, ma bada di rimanere nell'ombra, poichè per ora i nostri nemici cercano di farci scomparire. Trovarai inoltre in questa cripta sette porte, ciascuna può essere aperta con una delle chiavi che ti ho fatto portare. Dietro la settima porta si trova la lista dei nostri più sicuri fedeli, con i quali potrai continuare la nostra opera.


    Andrea faceva parte di questa lista, e Lino lo nominò in seguito vescovo della nuova Diocesi di Patrasso.

    Poi un giorno, una barca attraccata a Patrasso portò degli uomini da Est che erano in cerca di Andrea. Una volta che l'ebbero trovato, il comandante disse:

    "Andrea, noi siamo abitanti della Sarmazia. Durante i nostri viaggi per i mari, abbiamo sentito parlare dei vostri miracoli, della vostra saggezza e vi chiediamo di voler accettare l'invito a educare il nostro popolo secondo i principi del Dio che pregate!"

    Sorpreso e felice all'idea di portare altre pecorelle smarrite sotto la protezione dell'Altissimo, Andrea prese congedo dalla Comunità, dal fedele amico e dai bambini di cui si era occupato. Teofilatto, figlio di Teognosto, lo accompagnò nel viaggio. In seguito sarebbe divenuto l'infaticabile assistente di Andrea.


    VI: Nelle terre sarmatiche

    Andrea e Teofilatto si dedicarono alla predicazione in quelle terre barbare, dove gli uomini vivevano nell'ignoranza e nela rozzezza. Insegnavano la giustizia, la generosità, la temperanza e tutte le altre virtù di Aristotele. Essi inoltre fondarono diverse comunità, dando vita così alle prime radici delle Chiese Orientali.
    E poi un giorno, i potenti e spietati tiranni locali decisero di arrestare Andrea con l'intenzione di giustiziarlo perchè denigrava i loro dèi. La gente, spontaneamente e senza paura, diede inzio a grandi processioni nei pressi del carcere dove il Vescovo era rinchiuso. Ma senza risultato, poichè il tiranno rimaneva fermo nella sua determinazione di condannarlo. Poi, una notte, una grande luce attraversò la cella di Andrea e un bellissimo essere alato liberò il prigioniero e lo portò nella piccola cappella costruita grazie alla generosità della popolazione. Quando il tiranno venne a sapere del miracolo accorse armato da capo a piedi con i suoi scagnozzi per uccidere Andrea. Eppure il Vescovo lo aspettava calmo e sorridente, con indosso una tunica bianca.

    "Fratello mio, come vedete l'Altissimo mi ha protetto. Non temo le armi degli uomini. Pentitevi delle vostre azioni e accettate il perdono di Colui che è a tutti Superiore. I vostri peccati vi hanno reso cieco, e le vostre azioni sono frutto del malvagio influsso della Creatura Senza Nome."

    Pareva che Andrea stesse stringendo la mano del tiranno: gli scagnozzi rimasero a bocca aperta, immersi in un silenzio stupito. Improvvisamente il tiranno lasciò cadere la spada, facendola precipitare al suolo:

    "E' vero, sento questa voce nella mia testa, la voce della morte. Aiutami, ti prego!"

    Andrea vinse così il suo primo duello con la Creatura Senza Nome. In riconoscimento l'ormai ex tiranno fece costruire una magnifica cattedrale e fece del vescovo il suo braccio destro. Nulla poteva impedire la conversione di tutta l'Europa.

    VII: Ritorno a Patrasso, poi l'Italia

    Andrea sentiva una certa stanchezza, ma il suo cammino terreno non era ancora terminato. Un messaggio dal suo amico, Teognosto, lo convinse a ritornare a Patrasso. Lasciò la direzione della comunità a Teofilatto, ordinandolo vescovo, e salpò per la Grecia. Dopo un lungo viaggio, al suo arrivo, tutti lo accorsero a dargli il benvenuto. La comunità aveva prosperato e si era ingrandita, e già lo venerava come un santo. L'altro figlio di Teognosto, Teodoro, venne ordinato e divenne a sua volta vescovo. Andrea decise poi di ritirarsi in un lontano eremo, per occuparsi del suo spirito. Ma una nuova richiesta lo raggiunse e nonostante la sempre crescente fatica, si diresse a Sarzana in Italia, dove avevano luogo molte persecuzioni. Il suo ultimo atto è lo condusse sulla via del martirio.

    VIII: Il martirio

    Sbarcato a Ravenna, Andrea proseguì il viaggio via terra fino a Sarzana, dove la gente salutò il suo arrivo con lodi e corone.

    "Fratelli e sorelle," disse il vescovo, "Io vengo a liberarvi dalla tortura e per donarvi la luce dell'Altissimo. Ma ricordate, non sono qui per far cadere i potenti, io sono venuto per aiutarli a combattere contro la loro ignoranza e i loro peccati!"

    Andrea venne arrestato e condotto dal Procuratore Imperiale prima ancora che la folla potesse reagire.

    "Dunque tu sei il capo di questi ribelli, che deridono gli dei e si rifiutano di adorare l'imperatore!" gridò e sputò sulla sua tunica bianca.

    Andrea:"Io porto la verità e la pace. Voi non cercate altro che la sommossa, la guerra, il sangue per servire unicamente la tua ambizione e il desiderio dei vostri sacerdoti in carriera! Prestatemi orecchio, e allontanatevi dall'influenza del male!"

    Ma questa volta le orecchie del Procuratore rimasero chiuse, e si mise a ridergli in faccia. La pia popolazione di Sarzana e di tutta la regione vennero a rendere omaggio al santo uomo, come era successo in Sarmazia. Il Procuste iniziò a preoccuparsi dell'ordine pubblico e interdì le porte della città a tutta la folla che si era radunata. Poi si affrettò a pronunciare la sentenza contro Andrea: Crocifissione! La vigilia dell'esecuzione, Andrea si mise a pregare Dio perchè scacciasse la paura dalla sua mente e gli donasse il coraggio di presentarsi come un vero martire della Fede. Egli pregò che la sua morte servisse a sigillare la sua testimonianza e il suo lungo servizio nella diffusione delle parole di Aristotele e di Christos.
    Il giorno della crocifissione, Andrea chiese che la sua croce venisse eretta in forma di X, perché giudicava di non essere degno di imitare la morte del Profeta. Fu di fronte alla cittadinanza in lacrime che il Vescovo morì, sotto un cielo nuvoloso.
    Procuste, che era stato scossa da dubbi per tutta la notte, vide la sua risposta quando una luce attraversò le nuvole e illuminò il povero corpo crocifisso. Una colomba si posò sulla testa di Andrea e vi depose una piuma bianca e una lisca di pesce. Il Procuratore, come colpito, cadde in ginocchio e disse:

    "Sono stato cieco!" Egli era veramente un sant'uomo!"

    Ordinò quindi di seppellire il corpo nello stesso luogo di cui divenne in seguito il Santo Patrono, e su cui venne costruita una magnifica Cattedrale.


    Reliquie del corpo del santo, croce del martirio, lettera di San Tito.
    Festa patronale: 30 novembre, commemorazione del martirio
    Detti:
    -I vescovi devono essere come i pescatori: umili, molto laboriosi, e devono sapere dove gettare l'amo.
    -Non c'è terra che non sia pronta per il messaggio di Dio.
    -Apri gli occhi! Non sei tu chi agisci, ma la creatura Senza Nome che si è impadronita di te.

    Trascrive per Ariberto


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Dernière édition par Kalixtus le Jeu Juil 27, 2023 10:15 pm; édité 1 fois
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MessagePosté le: Jeu Juil 27, 2023 9:52 pm    Sujet du message: Répondre en citant

Citation:

    Agiografia di Sant'Antonino di Piacenza


    I primi anni..

    Antonino nacque intorno al 250 d.C. in un villaggio alle porte di Piacenza, da Deodato, di mestiere carpentiere, e Lucrezia, coltivatrice di grano e pescatrice.
    Appena nato, ricevette il sacramento del battesimo dal vescovo Giustino e venne allevato dai genitori nei dettami della Chiesa, secondo le virtù.
    Quando il fanciullo compì 5 anni la famiglia si trasferì al sicuro delle mura cittadine, essendo le campagne infestate da bande di eterodossi dediti al brigantaggio. Questo permise al giovane Antonino di crescere nell’amicizia della fervente comunità locale, guidata dal nuovo vescovo Marcione.
    Nella fucina del padre imparò il mestiere del carpentiere e, grazie alla madre, divenne ottimo contadino e pescatore. In quanto figlio unico, fu il sostegno dei genitori nella loro dignitosa esistenza. La sua abilità nelle arti manuali lo portò a scegliere, una volta cresciuto, la carriera del carpentiere, per collaborare col babbo e per agevolare il nascente mercato del pesce.


    Nonostante gli umili natali, Antonino fu un giovane conosciuto ed apprezzato da tutti in città, sia per la sua abilità di artigiano che per la sua devozione. Infatti, appena possibile, diventò diacono del parroco, don Gaio, dimostrando subito l'efficacia del proprio carisma e la bontà della propria fede rendendosi l'artefice di diverse conversioni di parecchi degli eterodossi delle campagne. Al contrario di molti suoi concittadini, egli non considerava quei briganti come folli delinquenti, ma solo pecore del gregge che non avevano trovato la retta via. O l'avevano smarrita presto dopo il loro ingresso nella fede aristotelica.
    Citation:
    "Non è sul rifiuto del prossimo che si basa la vera Amicizia, ma sull'ascolto e sulla comprensione: solo così la difesa della comunità civile coincide con la difesa della fede."

    Questa è una delle sue massime, che la tradizione ha tramandato fino ai tempi nostri.
    La sua azione energica e coraggiosa portò Piacenza ad essere, per l'epoca, uno dei luoghi più sicuri, dove la comunità sapeva accogliere e stemperare anche i caratteri più turbolenti.



    L'attività pubblica..

    Intorno al 275 d.C. si sposò con Aulonia, più giovane di lui di un solo anno e, degna di tanto marito, famosa per la fermezza del carattere e per la devozione. Anch'ella avvezza nel mestiere di carpentiera, aiutò il marito nel lavoro quotidiano, dandogli nel contempo prole numerosa e ben allevata.

    Grazie al grande equilibrio della sua vita privata, Antonino poté dedicarsi efficacemente anche all'attività pubblica. Nominato arcidiacono della diocesi di Piacenza, fu il fondatore della prima “Schola Aristotelica” del nord Italia, famosa poi in tutta la penisola per la qualità della sua catechesi e per l'istruzione impartita. A merito dell'opera antoniniana, va ricordato come fu proprio a questa schola che si formò un grande mistico dell'epoca come Eugenio, colui che poi divenne papa col nome di Eugenio I.

    La tempra pragmatica di Antonino lo portò pure alla fondazione della Legione Tebea, antica milizia cittadina che provvide alla sicurezza della città e del suo contado. Vanto della comunità piacentina, la Legione fu un fulgido esempio, precursore sui tempi, di milizia aristotelica, guidata da principi di giustizia ed equità e non dallo spietato codice guerriero del tempo.
    Ecco cosa pensava:

    Citation:
    "Se la forza della fede non riesce a convertire le anime degli empi, se proprio non c'è altro da fare, se minacciato dalla prepotenza di ogni tipo d'infedele, il vero fedele può e deve combattere per sé e per la vera fede."

    Antonino fu il primo comandante della Legione, che vide succedersi al comando uomini tra i migliori del proprio tempo. La superiorità morale dell'impostazione di questa milizia divenne lampante al mondo proprio nel momento della sua violenta distruzione.

    Quando, due secoli più tardi, l'invasore barbaro travolse l'Italia tutta, la città resistette eroicamente all'assalto pagano, ma, soccombente nei numeri, dovette arrendersi alla prepotenza del nemico. La tradizione narra che, radunati tutti i tebei sulla piazza principale, i comandanti barbari ordinarono ai vinti di passare per le armi l'empio, dal loro punto di vista, clero cittadino, motore della resistenza. La piazza risuonò di un grido che divenne storico - “Antonino non vuole!” - che lasciò momentaneamente smarriti gli invasori. La reazione, però, fu feroce. I tebei vennero massacrati uno ad uno, per la loro insubordinazione ai vincitori, ma non ad un solo ecclesiastico venne torto un capello: Antonino non aveva voluto.


    Pellegrinaggio in Grecia e Terrasanta e martirio..

    Nel 295, Piacenza e la regione circostante entrarono in un terribile stato di carestia: la siccità fece perdere innumerevoli raccolti, gli allevamenti videro i propri animali decimati e perfino la pesca nel lago fu molto meno fruttuosa. A causa di ciò, dalle campagne si riversarono in città centinaia di contadini che, rimasti senza sostentamento, andarono alla ricerca di miglior sorte. Questo causò un sovraffollamento tale che finì per esaurire le già provate scorte alimentari. Ben presto lo scontento iniziò a serpeggiare fra la folla affamata, i forni vennero presi d'assalto ed il lago rimase l'unica fonte di sostentamento.

    Nel tentativo di aiutare i concittadini ed alleviare la tensione in città, Antonino riuscì a convincere molti dei colleghi carpentieri a vendere barche a prezzo di realizzo, di modo da facilitare la pesca per tutti. Contribuì, con quest'iniziativa e con la potenza delle sue parole, a scongiurare rivolte e ribellioni, riuscendo a traghettare la comunità fino alla fine della carestia, superata totalmente solo nel 298.

    Tra le tante iniziative, sia pratiche che spirituali, Antonino fece voto all'Altissimo che, quando fosse finita quella calamità, egli avrebbe organizzato un pellegrinaggio sui luoghi ove vissero i Profeti.
    Superata l'emergenza, venne il momento di organizzare il viaggio, cosa che lo tenne impegnato per gran parte del 299. Man mano che la voce si sparse, sempre più persone vollero unirsi a lui: si ebbe così la necessità di organizzare un grande spostamento di massa, cosa, oggi come allora, assai difficile e rischiosa.
    Di comune accordo con le autorità municipali e con la benedizione del vescovo, Antonino scelse un reggimento della Tebea per fare da scorta al gruppo dei pellegrini, della cui incolumità egli si fece il garante.


    Quando tutto fu pronto, con l'avvento della primavera del 300 la spedizione ebbe inizio. A piedi attraversarono la penisola e raggiunsero il florido porto di Brundisium, in Apulia. Da qui s'imbarcarono e raggiunsero la Grecia, in direzione della prima tappa del loro viaggio: Stagira, città natale del Primo Profeta, Aristotele. Raggiunsero la città sul fare dell'estate e decisero di comune accordo di rimanervi fino alla primavera successiva, di modo da evitare di spostarsi durante l'inverno. Trascorsero i mesi aiutando la comunità locale nella cura dei campi e degli armenti, molto numerosi in quella zona, visitando le antiche chiese della regione ed istruendosi nelle rinomate scuole greche.

    Nel Marzo del 301 si rimisero in marcia, destinazione Terrasanta, patria di Christos. Non avendo trovato armatori disposti a trasportarli via mare, decisero di fare il percorso a piedi, seguendo la linea della costa.


    Il miracolo dell'acqua dolce.

    Capitò così che, durante la calda estate che caratterizza l'Asia Minore, il gruppo si ritrovò a corto di scorte, sia di cibo che d'acqua. Il cibo venne recuperato tramite caccia e pesca, ma l'acqua scarseggiava e non c'erano avvisaglie di fiumi o sorgenti nelle vicinanze del loro accampamento.
    Di fronte alla disperazione della sua gente, Antonino rispose con ferma fede, dichiarando che l'Altissimo avrebbe pensato ai suoi figli diletti. Fu così che, in una delle innumerevoli notti passate in preghiera, egli ricevette da Dio un'illuminazione rivelatrice.
    Il mattino dopo, Antonino si armò di scure ed andò a cercare il miglior albero possibile e lo tagliò. Ne ricavò il materiale necessario e per tutto il giorno lo lavorò. A sera aveva completato un secchio, necessariamente non cerchiato, quindi si rivolse ai suoi compagni e disse loro: “Tramite questo secchio, che l'Altissimo mi ha ordinato di costruire, tutti noi potremo bere.”.


    Tutti si guardarono stupefatti, temendo intimamente che la loro beneamata guida avesse perso il senno. Leggendo l'incertezza nei loro occhi, Antonino non si scoraggiò, ma andò a riempire il secchio a mare, tornando indietro con aria allegra. Prese una coppa e l'immerse nel secchio, bevendo tutta l'acqua d'un sorso. Poi guardò gli altri e bonariamente disse: “Su, abbiate fede!”
    Erano tutti incerti sul da farsi, quando un bambino si staccò dalle gonne della madre, si avvicinò al secchio e, immergendovi la testa, bevve a più non posso. “È buona!” esclamò riemergendo.
    Subito si levò un grido di giubilo da parte di tutta la folla, che subito si mise ad osannare il nome di Antonino.
    “Non è me che dovete ringraziare, ma l'Altissimo, che sempre posa il Suo sguardo sui Suoi figli.” replicò il sant'uomo, provocando subito l'intonazione di un inno di ringraziamento da parte della folla, meravigliata da quello che da qui in avanti sarà conosciuto come "il miracolo dell'acqua dolce" e da quel nuovo modo di trasportare i liquidi.


    Fu così che, grazie a quel secchio non cerchiato, il gruppo dei pellegrini ebbe sempre acqua da bere nei momenti di difficoltà, anche nel viaggio di ritorno.
    Viaggio di ritorno che intrapresero nella primavera del 303, dopo aver trascorso quasi un anno in giro per la Terrasanta, sui luoghi della predicazione di Christos.
    Essendo riusciti a noleggiare una nave, non senza difficoltà, sbarcarono in suolo italico sul finire della primavera e fu sui primi di Luglio che varcarono i confini del contado piacentino. Fu proprio allora, quando tutto sembrava essersi concluso per il meglio, che gli eventi precipitarono.


    In assenza di Antonino, il brigantaggio aveva ripreso vigore nelle campagne della pianura Padana e proprio un gruppo di briganti pagani attaccò il gruppo dei pellegrini, a poche miglia dalle mura cittadine.
    Avvistati i briganti calare velocemente da un bosco sul fianco dei colli, Antonino raggruppò a sé tutti i tebei, chiamandoli all'estremo coraggio: avrebbero trattenuto quei predoni il tempo necessario a tutti di mettersi al riparo in città, attendendo il rinforzo del grosso della Legione. E così fecero.
    La tarda mattinata del 4 Luglio 303 vide un sanguinoso scontro nella piana antistante Piacenza. Antonino, alla testa di 30 valorosi protesse fino al sacrificio estremo il ritorno a casa di più di 300 pellegrini.
    All'arrivo della Legione Tebea, uscita a tempo di record dalle mura cittadine al ritorno dei primi pellegrini, restavano sul campo i corpi senza vita di 30 miliziani eroici e coraggiosi. Dall'orrore per quella scena si passò al pianto collettivo quando, nel giro di raccolta dei cadaveri, venne riconosciuto quello di Antonino.


    Fu così che da quel giorno, ogni 4 Luglio, Piacenza, eternamente riconoscente, ricorda Sant'Antonino, l'uomo che fece di Piacenza uno dei più importanti crocevia aristotelici del suo tempo, avendo dimostrato che l'amicizia e la saggezza, unendo la religione ed una coorte di valorosi difensori, possono spingere le persone all'estremo sacrificio: morire per proteggere i compagni.


    Scritto da padre Fabio Degli Scalzi, detto "Theflyinthenet", vescovo di Piacenza, nell'Anno del Signore 1461.
    Translate : Feuilllle, Pie de valence.

    Come temi di predica, il redattore a écrit:

    - La fede aristotelica deve essere una guida, ma deve anche portare a sé i refrattari di ogni genere.
    - È necessario predicare non solo nei luoghi sacri, ma anche fra i gruppi più vili o nelle aree più povere (es.: confraternite di briganti, villaggi sonnolenti, etc.).
    - Dove l'ingegno costruttivo umano esiste, è il riflesso di ciò che l'Altissimo ci ha concesso, se Lo sappiamo ascoltare (es.: la fabbricazione dei secchi).





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MessagePosté le: Jeu Juil 27, 2023 9:53 pm    Sujet du message: Répondre en citant

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    Agiografia di Sant'Antonio il Grande


    Santo Antonio il Grande nacque nel Delfinato, in un piccolo villaggio di pescatori, nel 1356. Da genitori modesti ed onesti, ebbe un'infanzia normale divisa tra compiti quotidiani e la sua fede in Aristotele. La sua fede gli permetteva di superare tutto. Trovò in lei rifugio e sincerità. Un giorno che pescava da solo i remi si staccarono dalla sua barca e si trovò bloccato in mezzo al lago. Chiunque altro si sarebbe tuffato nell'acqua per tentare di raggiungere la riva a nuoto, ma rischiando di affogare nell palude del lago. Antonio preferì non rischiare di peccare contro la Conservazione, mettendo la sua vita in pericolo e decise di restare sulla barca a pregare. Qualche ra dopo i suoi gentori, allertati dal ritardo del loro figlio, vennero a riscontrarlo. La sua fede evitò ad Antonio una morte certa.

    Suo padre perisce in un incidente con l’aratro. Cadde mentre i cavalli impauriti partivano al galoppo, il povero uomo fu arato dal suo aratro. All'età di 12 anni, ebbe ad occuparsi della sua famiglia. Doveva provvedere ai bisogni di questa. Lavorò come ragazzo di fattoria. Nel suo villaggio di pescatori, i bambini ridevano di lui, perché parlava agli animali. Un aneddoto racconta che un giorno, una delle migliore vacche da latte del villaggio iniziò a produrre improvvisamente latte inspiegabilmente di sapore amaro. Nè il farmacista nè il contadino trovavano un rimedio per questo male. Nonostante questo bastò che Antonio andasse a parlare alla mucca perchè essa producesse di nuovo latte buonissimo.
    I villici lo sospettarono di stregoneria a causa di tutto questo e andarono a parlare co l'Arcivescovo di Lione. Quest'ultimo giunse sul posto per constatare la cosa di prsona e per parlare con Antonio. Scoprì presto che il futuro santo, lontano dall'essere posseduto, aveva una fede e una forza straordinaria e la convinzione di consacrare la sua vita alla Chiesa.
    Ma la sua fede era così forte che a 32 anni, prese la decisione di diffondere la buona parola.

    Percorreva la Provenza quando apprese che la capitale religiosa del ducato, Vienna, era preda della carestia. Gli animali morivano per non si sa quale ragione. I frutti e verdure non erano nutrienti. La popolazione aveva lo stomaco che gridava carestia. Decise di andare a sostenere questi paesani ed aveva la speranza che col conforto della sua fede, i loro spiriti si sarebbero aperti e avrebbero sopportato questa dura prova.

    Arrivò dunque a Vienna il 17 Gennaio 1389. La sua presenza passò inosservata, ma non per tutti. Un allevatore di maiali ricevette la sua visita. Scambiarono alcune parole ed Antonio pregò per le bestie di questo povero uomo che avevano l'aria molto malata. Rifiutò l'ospitalità del contadino. Ed egli partì alla ricerca di un luogo per dormire. Si dice che Antonio andò a passare la notte nel mezzo dei frutteti di Brignoles e che là parlò a Dio.

    Quella notte, l'allevatore, non dormì. Dei rumori di agitazione strana provenivano del suo fienile. Pensò che era la fine. I suoi maiali stavano morendo e con essi la speranza di nutrire correttamente la sua famiglia.

    All'alba, il silenzio regnava sulla fattoria. Con passo inquieto, andò a vedere le sue bestie per verificare se i suoi timori erano giustificati. Ma là la sorpresa fu grande, vide apparire un maiale, poi due, poi cinque, poi quindici... Ma come ciò era possibile in partenza egli non ne restava che tre? Era stato l'incontro con Antonio avvenuto la sera prima, e che aveva pregato per salvare le sue bestie e la sua famiglia della carestia.

    Corse in cittàa raccontare la sua storia. I fattori, scettici in principio, non poterono crederlo. Ma bisognava arrendersi all'evidenza, grazie alle preghiere di Antonio, chiamato dai fattori "Antonio il Grande" i maiali si moltiplicavano e guarivano. Con la sua fede e le sue preghiere, salvò Vienna della carestia. Antonio, detto ora “Antonio il grande”, riprese la sua strada.

    Gli anziani raccontano che è salito verso nord, verso le regioni barbare al di là delle frontiere del Sacro Impero. Nelle contrade così remote che la fede in Aristotele non era arrivata. Dovunque passava, la fede in Aristotele cresceva. Si racconta che nel sud-est della Francia, fece gonfiare le oche e che ebbero dei fegati giganteschi. Da un po' dovunque, delle voci vennero, raccontando gli stessi tipi di avvenimenti. Davanti alla carestia ed alla disperazione delle persone, Antonio pregava. E la natura si moltiplicava affinché tutti potessero nutrirsi.

    La sua fama irritò un capo tribale del nord. Per queste preghiere e la fede in Aristotele che cresceva, Yvan Leterminus vedeva il suo potere indebolirsi. Per dispetto fece squartare Antonio il grande, il 17 gennaio 1407, ed i suoi resti furono gettati in un prato. Si dice che l’anno seguente, un frutteto spuntò lì. Che gli alberi diedero del prugne tutto l'anno. Appena un frutto cadeva o era colto, un altro rispuntava. Un giorno Yvan fece tagliare gli alberi. E l'indomani, al posto di un tronco, ce n'erano due. Furiosi, il capo prese un'ascia e colpì uno degli alberi. Una prugna enorme cadde sulla testa di Yvan. Il frutto era così grosso e così pesante che gli fracassò il cranio.


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MessagePosté le: Jeu Juil 27, 2023 10:14 pm    Sujet du message: Répondre en citant

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    Agiografia di San Babila


    San Babila nacque ad Antiochia nel 200 dove morì nel 250 circa. Fu vescovo di Antiochia dal 237 alla morte ed è venerato come santo dalle Chiese di occidente (che ne celebrano la memoria il 24 gennaio) e di oriente (4 settembre).
    Assieme a lui sono ricordati i suoi fedeli discepoli Urbano, Prilidano ed Epolono con i quali fu arrestato durante le persecuzioni di Decio.

    Di lui si narra che nacque in una famiglia della alta borghesia, il padre era un famoso commerciante di stoffe, e Babila passò gli anni della sua giovinezza trascurando la religione, ma dedicandosi ai divertimenti e ai sollazzi, con gli amici della sua estrazione.
    Babila, essendo molto ambizioso, non si accontentava di passare le sue giornate dissipando il tempo nelle locande di moda, ma voleva diventare importante ed entrare nel bel mondo, fu così che, sviluppando l’attività del padre, iniziò una fiorente attività di sartoria creando una serie di modelli di grande prestigio che vendeva nelle corti europee ed agli alti prelati.
    Un giorno, mentre si recava a Roma per cercare di vendere al Papa dei capi di seta d’oriente, conobbe Valentino, il futuro Santo degli innamorati, con cui lanciò una linea di abiti da sposa e una di abiti per alti prelati in broccato rosso.
    Ben presto la sua fama si accrebbe, e non c’era regina o dama della nobiltà che non volesse avere un capo suo o dell’amico Valentino.
    Un giorno, però, mentre era nella sua sartoria di Antiochia, gli giunse voce che l’amico Valentino si era ritirato dagli affari ed avesse preso i voti, diventando Vescovo a Terni, in Italia.
    Mentre pensava che forse questo fatto avrebbe sicuramente migliorato i suoi affari con la Chiesa, un intero rotolo di velluto di Damasco gli cadde sulla testa lasciandolo tramortito al suolo. Mentre gli aiutanti di bottega ed i servitori si affannavano intorno a lui, Babila aprì gli occhi, fisso il suo fido discepolo Urbano e disse, Urbano: il Signore mi ha parlato, fino ad oggi noi abbiamo peccato, abbiamo sollecitato la vanità e ce ne siamo compiaciuti, ma ora mi accorgo che questa è solo opera della creatura senza nome, che ci fa apparire Dolce un peccato, ma infine ci Gabbana.
    Da quel momento Babila smise di creare modelli per i ricchi e i nobili, ma si dedicò a fornire i poveri monaci e i preti di campagna di abiti umili ma decorosi, e che volle tutti identificare con il marchio D & G, Deo Gratias, per ricordare la grazia della visione che aveva ricevuto da Dio sotto il rotolo di Damasco.
    Di lui si conoscono anche molti miracoli, primo fra tutti quello della copertura delle vergogne di San Sebastiano; si narra infatti che un giorno, vedendo la raffigurazione di San Sebastiano trafitto dalle frecce, legato ignudo al palo del supplizio, corse nella bottega per prendere un panno di lino, con cui coprire il pube del santo e sottrarlo così alla vergogna. Tempo dopo si seppe che, miracolosamente, mentre Babila copriva San Sebastiano, tutti i ritratti e le statue del santo sparse nel mondo vennero nello stesso istante coperte.
    La sua fama di uomo pio e timorato di Dio si sparse allora ovunque, e i suoi concittadini lo vollero come vescovo, ma lui si scherniva, non ho niente da mettermi diceva, ma dopo ripetute insistenze accettò, e per anni guidò con amore e compassione.
    Durante le persecuzioni di Decio fu arrestato con i suoi discepoli, fu legato a ceppi di ferro e prima di morire chiese che lo seppellissero con quelli ai polsi, sembrano braccialetti, almeno daranno un tocco di eleganza.

    Translated by Onidala


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Dernière édition par Kalixtus le Ven Juil 28, 2023 2:45 am; édité 1 fois
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MessagePosté le: Jeu Juil 27, 2023 10:17 pm    Sujet du message: Répondre en citant

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    Agiografia delle sante Barbara e Monica


    Barbara e Monica nacquero a Aesernia(Isernia) nel III sec. Loro padre, Urbano, era un magistrato romano.
    Il loro precettore, Ermete, che era segretamente un'Aristotelico, le iniziò al Libro delle Virtù, così le due bambine si convertono alla vera fede, ripudiando i falsi idoli. Urbano, accortosi della conversione delle figlie, fece assassinare il precettore e cercò in tutti i modi di allontanare le fanciulle dalla loro fede, ma nulla riuscì a scalfirne minimamente la volontà.

    Le fece allora chiudere in una torre insieme a dodici ancelle, e le circondò di agi e di lusso per far loro abbracciare lo stile di vita pagano. Però le due fanciulle riuscirono ad uscire miracolosamente dalla torre ogni notte e distribuirono ai poveri le loro ricchezze, comprese le sfarzose vesti. Infransero anche i ricchi idoli che il padre aveva posto nella torre e distribuirono i frammenti preziosi tra la povera gente.
    Le ancelle erano stupite da tale compotamento, Barbara e Monica allora predicarono loro i Libri delle virtù, convertendole all'Aristotelismo.
    Durante le loro escursioni notturne, predicavano la parola di Aristotele, il loro esempio di amicizia, la convinzione e temperanza del loro eloquio facevano sì che si raccogliesse attorno a loro un numero sempre maggiore di persone, che abbracciavano la vera fede abbandonando le sciocche credenze pagane.
    Il padre, venuto a conoscenza dell'accaduto, la cosegnò al prefetto Dione, che le denunciò per empietà.

    Egli ordinò che le fanciulle venissero condotte in carcere dove vennero visitate dalla madre e da alcune altre matrone, che le scongiurarono di abiurare, ma nemmeno le lacrime materne riuscirono a smuovere Barbara e Monica.

    "Noi adoriamo il solo vero Dio e seguiamo i nostri unici Maestri, Aristotele e Christos"

    Il prefetto condannò allora le sorelle ad essere denudate delle vesti e pubblicamente flagellate dopo averle fatto loro recidere i capelli. Commosse da tanta crudeltà, le donne del posto coprirono le due povere fanciulle con i loro mantelli e i carnefici, dopo lunghe ore di battiture, stremati dalla divina resistenza delle fanciulle, caddero a terra esanimi.

    Dione le fece dunque legare ad una grande ruota metallica che al suo girare avrebbe slogato le esili membra delle Sante; al primo girare di ruota, questa, per intervento dell’Arcangelo dell'Amicizia, si spezzò uccidendo i carnefici e destando stupore tra gli astanti. Il prefetto, stupefatto per gli avvenimenti e furibondo per la sua impotenza, fece condurre Barbara al tempio di Apollo per obbligarla a bruciare l’incenso alla divinità, ma alle sue ferventi preghiere la statua del dio cadde dal piedistallo infrangendosi al suolo e uccidendo con una scheggia lo scellerato Dione. A tale vista tutti i presenti si convertirono alla fede Aristotelica e fecero fuggire le due ragazze.

    Esse attraversarono la provincia e ovunque andassero non mancavano di fare opere di carità benché non avessero ormai quasi più niente.
    Giunte presso una città, vennero ospitate da una modesta famiglia di aristotelici, che viveva in una casupola al limitare della forestra.
    Benché provate dal viaggiò si offrirono comunque di lavorare nei campi della famiglia rifiutarono di mangiare carne.

    "Dio ci ha dato tutto ciò di cui abbiamo bisogno per vivere e ha fatto sì che ci procurassimo il cibo mediante il nostro lavoro, il lavoro stesso è perciò glorificazione dell'Altissimo. Occuparsi dei campi e delle bestie è un modo per dimostrare il nostro amore per ciò che Dio ci ha donato."

    La domenica le due Sante guidavano la preghiera della piccola comunità di fedeli che si era creata seguendo i loro insegnamenti.
    La loro guida era talmente ammirata che i fedeli le chiamavano Vescovo.
    Un uomo di nobile famiglia assisteva quel giorno alla celebrazione del rito.
    Al momento dell'eucarestia, egli sopravanzò la fila dei fedeli, pretendendo di avere la precedenza, al rifiuto delle celebranti egli si infuriò:
    "Sono un nobile, appartenente ad un antico casato, non vorrete farmi attendere come la gente comune?"

    Barbara allora rispose:
    "Il vostro titolo non vi alcun dirito più di tutti gli altri e, come ci insegna il secondo Profeta, la verà nobiltà è quella dello spirito.
    Se non non capisce questa verità e non la coltiva nel cuore, sarà più facile per una gomena passare per la cruna di un ago, che per un nobile entrare in Paradiso"

    Il nobile infuriato lasciò l'assemblea non prima di aver minacciato le due donne per aver osato sfidarlo.
    Egli, una volta giunto in città, denuncio alle autorità le Sante.

    Le giovani tentarono di fuggire e raggiungere il Picenum, ma vennero arrestate e condotte dinanzi al prefetto di Interamniun(Teramo) il quale le condannò a morte.
    Le sorelle vennero portate sulla via Cecilia dove Barbara venne lapidata mentre Monica fu bastonata a morte.

    Sul luogo del martirio si riunivano folle di fedeli incuranti delle ritorsioni
    Per evitare problemi di ordine pubblico, il prefetto, nella notte buia fece trasportare i corpi delle fanciulle fino a Silvi e su di una barca fino al largo, dove con una grossa pietra al collo vennero gettate tra i flutti.
    Ma una certa matrona romana di nome Plautilla vide le martiri in sogno che le indicavano il luogo dove trovare i loro corpi, invitandola a convertirsi.
    Plautilla si recò all'alba sulle spiagge di Silvi e, con grande stupore, vide due delfini che trasportavano ciascuno una Santa portandole fino alla spiaggia.
    Plautilla seppellì le Sante nei pressi della città.



    Sulla loro tomba già nel IV secolo fu eretta una basilica, e due spiagge di Silvi furono dedicate ciascuna ad una Santa: la spiaggia di Santa Monica e la spiaggia di Santa Barbara.
    Intorno al 1230, alla fondazione della città di Aquila da parte di Federico II Hohenstaufen di Svevia, le spoglie delle Sante furono traslate nella nuova Cattedrale che fu dedicata a loro.
    A Silvi rimasero i due teschi, mentre le mani furono portate a Teramo in ricordo della prigionia.


    Elementi connessi:
    La torre e i due delfini.
    Patrone di Molise ed Abruzzi.

    Translated by Francesco Saverio Visconti


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    Agiografia di San Benedetto
    Patrono dei Chierici e del Monachesimo


    Introduzione:

    Benedetto da Pisa Iaolo, Ben per gli amici o San Benedetto per gli Aristotelici, fondatore dell' ordine benedettino ormai estinto e soprattutto ispiratore dello sviluppo monastico. È considerato come il Santo Patrono degli ordini religiosi Aristotelici e del monachesimo, ispirato dalla Tavola di Oane, redattore della regola di San Benedetto (madre di tutte le altre carte interne Aristoteliche) e dei 12 precetti che portano il suo nome destinati a portare un po' di civilizzazione nella vita della città.

    Infanzia:

    Il piccolo Ben nacque verso l'anno 480 in una famiglia di nobili romani. In preda ad una crisi esistenziale e respingendo il modo vita degenerato del suo ambiente, egli se interessò allo studio della logica d' Aristotele ed al misticismo di Christos.

    A quel tempo una gran parte delle popolazioni rurali dei Regni d' occidente era la preda delle peggiori eterodossie. Il piccolo Ben incontrò un vecchio uomo, un eremita, in un mercato. Benedetto gli chiese perché vivesse così, diverso dagli altri, emarginato fra gli emarginati. Il vecchio uomo gli rispose con la risposta di Christos: "Discepoli! Vivete per gli altri anziché attendere che gli altri vivano per voi. Spetta alla città accogliere gli emarginati, e non agli emarginati aiutare la città.“

    L'eremita gli insegnò che la morale che apre a Dio deve essere trasmessa agli uomini uniti nella stessa città. Per guidarli, occorre la ragione. Questa viene con l'istruzione seguendo i saggi, gli uomini e donne maturi, che sono avanzate sulla strada della Verità. Così può emergere la morale che apre a Dio e dà la pace. Si misero a parlare, discutere. Il loro scambio di idee durò tre giorni e tre notti, ma non se ne curarono, continuarono così e finirono per addormentarsi…

    Quando si destò, Benedetto era solo, l'eremita era scomparso. La sua voce risuonava ancora in lui in una frase che restò impressa fino alle sue ultime stille di vita: " una causa finale è un'intelligenza pura, un divinità. Se si risale l'ordine delle cause e degli effetti, non si trova che una sola causa finale. Dunque Dio è unico… Di Dio non ve n’è che uno, questo motore immobile del mondo, questa volontà perfetta che è la fonte di tutta la sostanza, di tutti i movimenti. Dio è la finalità cosmica dell’universo.". Benedetto cadde in ginocchio, colpito dall'intensità della rivelazione che si faceva strada in lui. Benedetto rinnegò i falsi dei dei mondi oscuri tanto venne illuminato dalla luce della Rivelazione.

    Vocazione:

    Ben chiese l'autorizzazione di partire ai suoi genitori. Dinanzi alla sua risolutezza, suo padre poté soltanto piegarsi alla sua decisione, gli affidò una borsa gonfia e Benedetto se ne andò. Frequentò i dotti Aristotelici, si prestò al loro gioco di riflessione. Egli lesse tutti i libri che gli affidavano i suoi maestri. Lo spingevano a seguire la via della religione, ma non si sentiva pronto.

    Scoprì con emozione la Ragione, il logos ma anche la Città e lo spirito della Città. All’età di 21 anni, partì nuovamente e raggiunse la Gallia, terra ancora selvaggia per gran parte del suo territorio. Voleva essere solo di fronte alla creazione, diventare saggio attraverso l'osservazione della grande opera divina.

    Si costruì un rifugio su una montagna circondata da foreste. Imparò a vivere lontano dagli uomini e si mise a meditare sull'insegnamento ricevuto, apprendendo dagli animali e da sé stesso, confrontandosi con un ambiente estraneo. Il suo nutrimento si componevano di pesci che pescava in un lago d'acqua pura e di alcune verdure e frutta selvatica che raccoglieva. La sua intelligenza ed il suo carisma, sviluppato grazie a questi cibi sani, raggiunsero un alto livello di sviluppo. Gli animali selvatici lo lasciavano passare fra loro, i più deboli senza spaventarsi, i più forti senza attaccarlo. Il suo corpo si sentiva interamente in armonia con la natura ma il suo cuore d' animale sociale avvertiva spesso la solitudine la sera all'angolo del fuoco.

    La sua intelligenza divenne acuta, il suo pensiero diventò completamente Aristotelico contemporaneamente al suo cuore. La Ragione era in lui. In 9 anni, scoprì l'assenza degli uomini, riflettè sui loro vizi sui loro difetti, meditò sulla loro bellezza e le loro virtù. Fece allora l'esperienza profonda della Morale che sola potè guidarlo, condurlo a restare uomo secondo la Ragione. Ebbe l'esperienza intima del legame tra l'Uomo, la Ragione e la Morale. “Tutto è questione di proporzioni e di ritmi armoniosi”. Comprese allora l'insegnamento di Christos “La fede porta la verità. Ma per comprenderla, occorre usare la ragione.” Prese coscienza della bellezza del mondo, della bellezza dell'Uomo, il suo animo privato di tutti gli artefatti percepì che La bellezza sensibile è un'immagine della bellezza eterna che l' anima ha da sempre già contemplato. La sua conoscenza della morale, della ragione e delle virtù se era molto sviluppata ma in modo troppo teorico e Ben sentiva sempre più la necessità di passare alla pratica.

    Una notte, fece un sogno strano: una ruota girava in un cielo porpora, su queste sbarre sedevano dei demoni forniti di fruste con cui colpivano la schiena di buoi. I loro occhi erano velati, su ogni velo appariva il nome di un vizio: lussuria, avarizia, orgoglio…. La ruota era mo9ssa dall’avanzare di questi buoi legati ad essa. Questi buoi marciavano, marciavano incessantemente, girando in tondo in un movimento che faceva girare la ruota. Su ogni bue era segnato un nome, uno di loro portava quello di Benedetto. Ciascuno di loro era isolato, non vedeva null’altro che questo cielo porpora attraverso il suo velo. Allora seppe, l' uomo saggio deve partecipare alla vita della città dove deve portare i frutti della sua sapienza. Appena fu desto, Benedetto si avviò. Preparò i suoi poveri beni e andò nelle città degli uomini.

    Mondo:

    Benedetto si stabilì nelle piazze pubbliche, le piazze del mercato, e si mise a predicare. Raccontò alle donne, agli uomini ed ai bambini presenti le virtù, la natura ed il suo insegnamento, la bellezza profonda dell'uomo. Il suo messaggio era semplice, era quello di Christos: "Se per voi la vita non ha senso, allora amate la vita più del senso della vita. Non aspettate di morire per capire che passate la vostra vita accanto alla vita. Ricordatevi: Non siamo nati soltanto per morire, siamo nati per vivere.”. Diceva loro anche che l' Essere Divino è onnipotente è l’essenza delle cose è nelle cose stesse, e da loro la forma. La forma ideale è la città perché l'uomo istruito possa raggiungere la felicità.

    Si prendevano gioco di lui, alcuni gettandogli anche pietre. La milizia lo fermava a volte, bastonandolo e conducendolo alle porte della città. Tuttavia, continuò la sua opera. Alcuni, di ogni età, lo seguivano, di villaggio in villaggio, di città in città. Benedetto scoprì allora le difficoltà dell'insegnamento. Quest'uomini e queste donne che lo seguivano ascoltavano la sua parola, alcuni eseguendo i compiti necessari perché tutti vivessero. Fare capire che le cose sono copie delle idee, che occorre dunque sempre operare sulle cose perché l'idea sia più puramente espressa. Vide allora che il suo insegnamento portava i suoi frutti con quelli che effettuavano uno sforzo e lavoravano per tutti.
    Lo impose a ciascuno. Alcuni si allontanarono da lui, lo lasciarono. Tutti gli altri formarono allora la comunità errante. I più agili si misero anche a predicarli.

    I passi della Comunità li condussero in Borgogna, terra barbara e pagana che si apriva poco a poco alla civilizzazione aristotelica. I villaggi li riceverono con rispetto, un legame intangibile si tesseva. La folla si assiepava al suo arrivo, lo ascoltava con amore e comprensione. Dinanzi all'afflusso di burgundi che seguivano il suo insegnamento, la principessa Clotilde, futura sposa di Clodoveo, re dei Franchi, lo fece venire al palazzo dei re burgundi.

    Benedetto e Clotilde provarono un amore intenso l’uno per l'altro. Tuttavia non vi soccomberono affatto. Benedetto seppe fargli seguire le vie della sua predicazione, Clotilde riuscì a convincere suo padre ad ascoltare a sua volta. Lo mise alla prova dei suoi sacerdoti dinanzi all'assemblea dei burgundi nobili. Per una settimana, discussero, per una settimana Benedetto fece fronte e smontò uno a uno i valori pagani di questi. L'assemblea aristocratica era agitata, i sacerdoti fornivano loro aiuto per il potere sugli uomini. Benedetto comprese allora il detto di Christos e lo pronunciò con voce stentorea, alta e forte, in modo ceh tutti sentissero: "Non c’è nobiltà che nell’anima, ed è nel vostro cuore che dovete essere nobili. Ma sappiate che anche così, sarete vulnerabili, poiché la nobiltà è spesso offesa dalla meschinità.”

    I burgundi nobili compresero il suo messaggio, lo applaudirono allora, cacciarono la falsa religione e chiesero che il loro re gli parlasse faccia a faccia. Per tre giorni, il re e Benedetto conversarono e Benedetto conquistò il cuore e lo spirito di quest'uomo indomabile. Si convertì all’Aristotelismo e tutti i Burgundi a seguito del loro re, felici che avesse capito il messaggio del santo uomo. Il re apprese da lui che solo l'onore permette di evitare le meschinità. E Benedetto apprese così l'interesse del potere degli uomini sugli uomini, di questi capi rispettati che conducono il loro popolo incontro al futuro. Seppe che è anche a loro occorre rivolgersi perché la ragione sia fra tutti gli uomini. Ben disse allora sull'argomento in una lettera ad un amico: " La vita della città può svolgersi soltanto nell' ordine stabilito. La sola grazia, da cui il sovrano prende la sua legittimità, deriva da un ordine voluto dal Divino. Contestare l' ordine stabilito porta ad affondare nella tentazione del caos e della creatura senza nome. Guai a quel sovrano che dimentica la nostra autorità canonica e si allontana dai nostri insegnamenti dogmatici."


    Tavola e leggi:

    Il re assegnò a Benedetto una terra a Cluny perché potesse installarvi la sua Comunità. La Comunità prese lo slancio. Gli edifici furono costruiti, i monaci riuniti in un luogo dove ciascuno poteva trovare la saggezza. A fondamento di questo primo monastero, stabilì una vita fortemente regolare: nessun monaco ebbe più la licenza, come prima, di deviare del cammino della vita santa allontanandosi a destra o a sinistra. Per la collera, i fratelli persero la testa. Cercarono il mezzo per farlo morire. Con la sua preghiera potente e con le sue benedizioni, Benedetto rivelò ogni intrigo machiavellico, e tentò di smascherare gli attacchi dell'antico nemico. Ben si pose dunque la questione delle regole morali ideali per organizzare la città ed una comunità monastica.

    Seguendo il consiglio di Christos: “Se si rifiutano di accogliervi ed ascoltare le vostre parole, uscite da questa casa o da questa città scuotendo la polvere dei vostri piedi”, Benedetto lasciò il monastero e ritornò a stabilirsi sulle alture di Monte Cassino, antico e alto luogo eterodosso. L'uomo di Dio subito dopo il suo arrivo distrusse l' idolo, rovesciò l’altare. Il senza-nome si scatenò ed utilizzò gli artifici i più diversi per ostacolare la costruzione del monastero… Nel momento peggiore ed in preda al disperazione, Dio dette una spintarella alla sua impresa e San Benedetto fece un sogno strano: " … Al centro di un'oasi si ergeva una stele sulla quale era fissata la Tavola d' Oane, la famosa tavola con i comandamenti di Dio. Qella Pietra che era stata incisa dalle dita del Creatore ed affidata alla prima comunità perché non dimenticasse mai che al di là dell' Amore siamo legati alla legge della Creazione. Quella pietra, che tuttavia era scomparsa con la città, era là, intatta. Nel suo viaggio onirico, vide un uomo invitarlo ad avvicinarsi, sembrava vecchio e portava la barba…. Somigliava ai vecchi ritratti di Aristotele, ma avrebbe potuto essere Christos o lo stesso Oane. L'uomo raccolse della sabbia, ma poteva essere del sale… Una donna che porta una brocca si avvicinò a lui e l'uomo versò la sabbia nella brocca. La donna si diresse allora verso la stèle e versò il contenuto della brocca sulla pietra… non era una sabbia, né del sale, né nulla che conoscesse… Si sarebbe detto che un arcobaleno si riversava sulla pietra ed essa iniziò ad irradiare mille fuochi. La tavola splendeva ma senza abbagliarlo, e le parole benché scritte in una lingua che ormai l'uomo non sapeva più leggere, gli sembravano familiari. Ben s’intrattenne lungamente con la coppia, dissero che rappresentavano allo stesso tempo ciò che fu e ciò che sarà, gli spiegarono che la tavola era stata conservata, ma nascosta dalla vista degli uomini poiché non erano ancora pronti per osservarla, ma che lui Benedetto da Pisa Iaolo avrebbe potuto tradurre un testo che Aristotele aveva riportato dopo avere scoperto e decifrato la pietra. Gli mostrarono dove questo testo era stato nascosto e dimenticato… "

    E la mattina svegliandosi, seppe dove andare… un luogo molto vicino: una cripta mortuaria in una grotta ben nascosta alla base di Monte Cassino. Ben vi trovò, come il suo sogno gli aveva mostrato, una busta di cuoio sigillata che contenente molti rotoli di antiche pergamene in cattivo stato. Aristotele li aveva redatti rispettando lo stile greco-alessandrino in vigore alla sua epoca e la traduzione fu lunga e laboriosa. Forte della sua conoscenza indiretta della Legge Divina donatagli dalla Tavola d' Oane Ben redasse nel suo scriptorum 12 precetti, allo scopo d'inquadrare un minimo i costumi rilassati nella città, e la famosa regola monastica, che ormai portano entrambe il suo nome.
    Benedetto sviluppò il suo messaggio d' ordine e di pace, solo garante di una comunità di uomini e di donne votati alla verità e all’insegnamento della verità.

    Quest'esperienza trasformò la sua vita e gli dette l' ispirazione necessaria per continuare la sua opera. Il nuovo edificio che stava creando fu un’esplosione più che una costruzione. Uomini silenziosi apparivano nella campagna o nella foresta, scavando, dissodando, costruendo. Altri uomini silenziosi, che non si vedevano nemmeno, sedevano nel chiostro gelato, affaticando i loro occhi e tendendo il loro spirito, penosamente occupati a copiare e ricopiare i manoscritti che avevano salvato. Nessuno contestava o rinunciava, nessuno attirava l' attenzione su quello che faceva ma, poco a poco, il bosco paludoso diventava un eremo, una casa religiosa, un'azienda agricola, un'abbazia, un seminario, una scuola, una città. Strade, ponti la collegavano con altre abbazie e altre città che erano cresciute nello stesso modo.

    La comunità benedettina fu così fondata. Il lavoro è l'asse che permette alla ragione di svilupparsi per la soddisfazione di tutti. La vite è il principale dei lavori manuali, poiché come diceva Benedetto: “è il sangue della terra, regalo del nostro Signore agli uomini. Con questo sangue, facciamo fruttificare la casa degli uomini per la gloria di Dio” Ciascuno aveva il suo posto, poteva cambiarlo. Là ricercavano la bellezza nel lavoro poiché la bellezza sensibile è un'immagine della bellezza eterna che l'anima ha da sempre già contemplato e scoprivano le proporzioni, le misure ed i ritmi armoniosi che permettono la sua manifestazione. Benedetto seguiva in ciò i principi di Aristotele, l'essenza delle cose è nelle cose-stesse, e dà loro la forma. Benedetto non dimenticò affatto l'istruzione degli uomini: sacerdoti in ogni villaggio, vescovi per condurli, alcuni monaci che viaggiavano incessantemente per sostenere e fare loro condividere la saggezza. A quelli che proteggevano la comunità era riservata la parte della carne perché potessero essere forti. A quelli che predicavano presso i burgundi erano dati prioritariamente i frutti e le verdure perché il loro carisma si sviluppasse al massimo; il pesce per quelli che restavano all'abbazia, che lavorano sulle cause prime e sull’essere, la loro intelligenza doveva essere la più viva, come dice Aristotele,: “Perché il bene ultimo risiede nel divino, senza dubbio, e per identificare il bene, basta dunque mirare all'analisi dell’essenza del divino. Essendo la sostanza dell'Onnipotente chiarezza pura e perfetta, il bene può essere soltanto perfezione della sostanza, e dunque della natura di una cosa.”

    Un abate per dirigere la comunità, un consiglio sostenerlo ed assistere i monaci in piccoli gruppi, trovando ciascuno una guida sempre presente. La Borgogna divenne una grande terra di religione aristotelica.


    I 12 precetti di San Benedetto:
    1) Un solo Dio adorerai ed amerai perfettamente.
    2) Rispetterai il Suo santo nome, rifuggirai la blasfemia ed i falsi giuramenti.
    3) Osserverai il giorno del Signore, servendo Dio devotamente.
    4) Onorerai tuo padre e tua madre, parimenti i tuoi superiori.
    5) Eviterai omicidio e scandalo, egualmente odio e rabbia.
    6) Osserverai accuratamente la purezza, nei tuoi atti.
    7) Non prenderai i beni altrui, né li tratterrai ingiustamente.
    8 ) Bandirai la maldicenza, ed egualmente la menzogna.
    9) Veglierai per restare totalmente puro nei pensieri e desideri.
    10) Non ambirai ad ottenere disonestamente i beni altrui.
    11) Fede e ragione insieme ti guideranno.
    12) Loderai solo Aristotele e Christos, evitando i falsi profeti.

    Regole dell'Ordine di San Benedetto (traduzione mancante)



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MessagePosté le: Jeu Juil 27, 2023 10:24 pm    Sujet du message: Répondre en citant

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    Agiografia di San Bernardo

    La molto edificante e ispirante vita di San Bernardo, pioniere dell’ordine dei Cistercensi (anche detto “Ordo Cistercensis”), Santo Patrono dei crociati e dei cavalieri di Dio

    I suoi inizi

    Bernardo nasce nel 1090 a Dijon, da un padre cavaliere influente alla corte del Duca di Borgogna e da una madre proveniente dalla nobiltà di toga, dalla pietà senza confini. Tecelino, suo padre, era un uomo di antica e legittima cavalleria, fedele servitore di Dio e severo osservatore della giustizia. Passò la sua prima infanzia con i suoi numerosi fratelli e sorelle a ricevere tutta la bontà che due genitori potessero dare ai propri figli. Essendo il maggiore, ebbe accesso alla migliore e più pia educazione possibile. Imparò le lingue moderne così come quelle antiche, s’iniziò alle arti politiche e della guerra. Imparò ad apprezzare il lavoro artistico, e si forgiò una forte retorica, cosa che avrebbe dovuto servirgli in futuro. Nel frattempo, sua madre ebbe un sogno particolare che presagiva]il futuro destinato a questo bambino, poiché sognò di aver fatto nascere un grande e forte leone che ruggiva; aveva tutto il corpo d’oro, ad eccezione del dorso che era bianco. Colta da un vivo timore per questo sogno, ella andò a consultare un religioso che, ricevendo in quel momento il dono della profezia da cui era animato Oane quando diceva all’Altissimo: “Le lingue dei leoni di Dio saranno tinte del sangue dei nemici della creazione”, rispose a questa donna agitata dal timore e dall’ansia: “Non abbiate paura, Voi siete madre di un grande e nobile leone, che sarà il guardiano della casa di Dio e che farà udire alla Sua porta dei grandi ruggiti contro i nemici della fede. Sarà, in effetti, un predicatore notevole, e, come un leone divino, con la sua lingua salutare, guarirà delle persone da numerose piaghe dell’anima”. La donna, per rendere gloria a Dio, decise di far costruire una chiesa a Dijon, la quale avrebbe dovuto passare dal clero secolare al clero regolare grazie alle cure di San Bernardo. Bernardo, quanto a lui, si era fatto una reputazione di abile oratore e di pio allievo. Si dice anche che grazie a un’audacia, riuscì a restare casto nonostante le vili]lusinghe delle ragazze obnubilate dal suo fisico.

    È intorno al suo ventesimo anno d’età che Bernardo concepì il progetto di ritirarsi dal mondo; e riuscì in poco tempo a far condividere le sue vedute a tutti i suoi fratelli, ad alcuni dei suoi familiari e a un certo numero di suoi amici. In questo primo apostolato la sua forza di persuasione era tale, a dispetto della sua giovane età, che ben presto “divenne”, dice il suo biografo, “il terrore delle madri e delle spose; gli amici temevano di vederlo abbordare i loro amici”. Già qui c’è qualcosa di straordinario, e sarebbe sicuramente insufficiente invocare la potenza del “genio”, nel senso profano della parola, per spiegare una simile influenza. Non sarebbe meglio riconoscervi l’azione della grazia divina che, penetrando in qualche modo in tutta la persona dell’apostolo e risplendendo al di fuori per la sua sovrabbondanza, si comunicava attraverso di lui come per un canale, seguendo il paragone che lui stesso impiegherà più tardi applicandolo al profeta Aristotele, e che possiamo anche, ristrengendone più o meno la portata, applicare a tutti i santi? Qualche tempo dopo, Bernardo scelse la via religiosa, e si unì all’ordine cistercense, fondato di recente in seguito a una scissione dai domenicani, oggi scomparsi.

    I suoi talenti di predicatore senza pari furono presto notati in seno all’ordine cistercense. Rapidamente, l’ordine cistercense divenne sempre più importante, mano a mano che San Bernardo invitava dei fedeli di ogni provenienza a scegliere la vita monastica. Come prevedibile, ottenne voce in capitolo. Al capitolo, proporrà la fondazione di un’abbazia figlia cistercense nella sua Borgogna natale: l’Abbazia di La Bussière sur Ouche. Mentre le masse pendevano sempre dalle labbra di colui che tutti imparavano a conoscere, e anche a temere presso gli eretici e gli scismatici, colui che doveva diventare il primo abate di La Bussière si organizza con la nobiltà locale. Il primo che rispose al santo appello di Bernard fu il barone di Somber non, che propose una delle sue signorie, situata vicino a Dijon, perché vi fosse fondata l’abbazia. Bernardo accettò rapidamente e benedì il barone durante una messa celebrata nella detta signoria, alla quale assistettero molti fedeli borgognoni che furono automaticamente sedotti dal predicatore che era Bernardo, che divenne allora il primo abate de La Bussière al termine dei lavori, che furono terminati tutto sommato rapidamente. L’abbazia di La Bussière si insediò dunque rapidamente in Borgogna e l’apertura di una scuola in seno alla stessa abbazia contribuì grandemente alla sua reputazione e pure ad insegnare l’aristotelismo ai fedeli borgognoni. Appena aperta, e grazie alla fama del suo abate, molti nobili vennero a visitare le mura dell’abbazia per il loro ritiro. Questa vicinanza con i grandi politici dell’epoca permise a Bernardo di diventare sempre più influente.


    L’Abbazia de La Bussière sur Ouche

    La sua fama presso delle autorità laiche e religiose locali raggiunse assai rapidamente i muri della capitale dei papi, dove fu presto invitato. A Roma, approfittò delle biblioteche per istruirsi e fece conoscenza con figure di prodi della religione dell’epoca. Ne convinse parecchi col suo discorso della buona fede dell’ordine cistercense, che ci guadagnò ad essere conosciuto a Roma. Tuttavia, l’abbazia richiamò il suo abate per altri compiti. Tornato a La Bussière, Bernardo intraprese ad allacciare delle relazioni diplomatiche con i giovani ordini militari e religiosi che stavano nascendo, creati nella foga della riscoperta degli insegnamenti di Chirene. Quelli che furono più forti a rispondere all’appello dell’abate furono i Cavalieri di un Ordine Militare Romano, che ancora oggi sono profondamente radicati nell’abbazia di La Bussière, dove contribuirono specialmente all’istituzione della scuola che ancora oggi è il fiore all’occhiello di La Bussière.

    Il suo impegno militare-religioso

    Questo riavvicinarsi con i cavalieri, mondo che conosceva già molto grazie a suo padre, lo convinse della bontà di un braccio armato per la Chiesa. Intraprende numerose ricerche teologiche che portarono a dei numerosi scritti come il suo famoso saggio: La santa e giustificata violenza, riferimento teologico di tutti i Cavalieri di Dio.

    Citation:
    Queste parole di San Bernardo sui “cavalieri di Dio” ricordano a ogni Aristotelico che la vita è un combattimento condotto per Dio, di cui il risultato è certo, ma si ottiene a un prezzo che bisogna pagare con gioia: il dono delle nostre vite. (…) Perché non è senza motivo che si porta la spada: è l’esecutrice della volontà divina, che si per castigare i malfattori o per glorificare i buoni.


    Allorché, poi, il Papa Onorio II convocò un concilio in merito agli ordini religiosi, Bernardo s'impegnò grandemente predicando il riconoscimento di vari ordini religiosi. Sfruttò enormemente la sua influenza e divenne il protagonista di quel concilio. Convinse i Re di Francia e di Roma (il Santo Imperatore Germanico), così come Sua Santità, delle fondate ragioni di questi raggruppamenti di fedeli che si battevano nel nome di Dio. Prima uomo di pace, Bernardo scrisse poi un progetto di regola per gli Ordini Militari-Religiosi che conciliava stato monastico e ideale cavalleresco e posò le basi di quella che sarebbe poi diventata la futura Congregazione delle Sante Armate.

    Sempre in seno al concilio, Bernardo si confrontò con Abelardo, un oscuro ma influente teologo, convinto della piccolezza dell’uomo, ma ugualmente ortodosso, al quale Bernardo replicò:
    È così che i segreti di Dio sono aggiornati e che le più alte questioni sono gettate al vento?
    Al termine di questo concilio, Bernardo cercò di convincere i cavalieri di Dio, nuovamente riconosciuti, ad andare a riconquistare la Terra Santa. Durante la Pasqua Aristotelica, Bernardo predicò una crociata a Vezelay in un ideale di unità e di pace. A Natale predicò a Spira. Intervenne anche a Mayence, in uno slancio di santa bontà umana, per impedire i massacri di spinozisti da parte dei fanatici indottrinati dai poteri laici. Ammirato da tutti, molti lo seguirono sui cammini verso la Terra Santa per farvi crociata sotto il suo santo comando.

    Citation:
    Che siano rigettati lontano dalla città del Signore, coloro che commettono l’ingiustizia, coloro che si sforzano di togliere le inestimabili ricchezze che Gerusalemme riserva al popolo aristotelico, coloro che vogliono insudiciare i Luoghi Santi e appropriarsi del santuario di Dio. Che i due gladii dei fedeli siano levate sulle teste dei nemici, per distruggere chiunque si elevi contro la fede di Dio, “perché le nazioni non dicano: dov’è il loro Dio?”

    Durante il cammino, i cavalieri di Dio incontrano numerosi pellegrini e fedeli che si unirono a loro. Attraversarono prima la Dalmazia e arrivano in Grecia, dove si separaronno alla ricerca dei santi luoghi menzionati nella Vita di Aristotele prima di riunirsi. Attraversarono la Tessalonica, dove furono accolti con indifferenza, per arrivare infine alle porte di Costantinopoli, dove gli aristotelici d’Oriente li ospitarono come se fossero loro fratelli, e questo malgrado una religione differente. I cavalieri continuarono la loro strada fra vallate e pianure dell’Anatolia prima di arrivare infine alle porte di Antiochia, che si prepararono ad assediare, col sostegno di alcuni aristotelici locali rimasti fedeli alla vera fede.

    San Bernardo di La Bussière che predica la crociata




    Poco tempo dopo, animati ed eccitati dalla propria fede, i crociati si lanciarono all’assalto delle mura di Antiochia. Gli averroisti che controllavano la città erano allora più numerosi dei crociati, ma si batterono con poco ardore e convinzione, mentre i crociati parevano instancabili. Davanti all’ardore delle sue truppe, Bernardo esclamò, come se avesse voluto provare qualsiasi cosa a chicchesia:
    Citation:
    Vivono senza aver nulla di proprio, neanche la loro volontà. Vestiti semplicemente e coperti di polvere, hanno il volto bruciato dagli ardori del sole, lo sguardo fiero e severo: all’avvicinarsi del combattimento, si armano di fede all’interno e di ferro al di fuori; le loro armi sono il loro unico vezzo; se ne servono con coraggio nei più grandi dei pericoli, senza temere né il numero, né la forza dei Barbari: tutta la loro fiducia è nel Dio delle armate; e combattendo per la Sua Causa, cercano una vittoria certa o una morte santa e onorevole. O che felice genere di vita, nel quale si può aspettare la morte senza paura, desiderarla von gioia, e riceverla con sicurezza!

    I combattimenti continuarono e il sangue infedele bagnò la terra santa, ma Bernardo era convinto che tale fosse la volontà di Dio. Infine, dopo mesi di battaglie intense, Gerusalemme ridivenne aristotelica, terminando la riconquista della Terra Santa. I crociati raccolsero varie reliquie, costruirono numerosi forti e divisero la Terra Santa in varie contee che si ripartirono equamente secondo il merito di cui avevano dato prova durante la crociata. Nel frattempo, i regni aristotelici occidentali avevano preparato una propria flotta grazie alla quale qualche crociato, fra cui Bernardo, poté tornare a casa.

    Il suo apostolato
    Monaco coinvolto in temuti capircci dai papi come dai principi, brutale dal momento in cui si impegnava, S. Bernardo era anche un predicatore formidabile, uno scrittore di alta levatura, un asceta esigente e un mistico fra i più ispirati.

    Ben più tardi, si chiese a Bernardo di scegliere fra due papi che affermavano di aver rispettivamente riportato l’elezione al conclave, Innocenzo II e Anacleto. Bernardo si risolse in favore di Innocenzo II, e grazie a questi talenti da diplomato agguerrito, acquisiti con la forza dell’esperienza, schernì il Re di Francia e l’Imperatore, così come numerose città italiane che si erano prima pronunciate in favore di Anacleto. Dopo quest’ultimo episodio, San Bernardo, abate di La Bussière sur Ouche, in Borgogna, si ritirò nella sua abbazia con i suoi fratelli cistercensi.
    San Bernardo di La Bussière passò i suoi ultimi anni a perseguire la sua istruzione in diversi campi, fra cui la cucina, così come a coltivare le terre di proprietà dell’abbazia. Si fece molte domande sulla sua vita e sulla fede, e fece penitenza per ciò che non era riuscito a compiere nel corso della sua vita, pregando perché il suo successore potesse…
    Bernardo ebbe una parte decisiva in tutte le controversie del suo tempo, ma era un uomo della Chiesa piuttosto che un teologo, anche se il calendario gli dà il titolo di dottore della Chiesa. La sua dottrina, come le sue azioni, rifletteva le ispirazioni di una natura mistica e contemplativa, ma pronta ad irritarsi contro tutto ciò che può allarmare o distrarre la pietà; non solo contro tutte le eresie, ma anche contro tutte le temerarietà. San Bernardo non è stato il fondatore dell’ordine dei Cistercensi, ma il suo animatore, la sua più grande gloria: la figura di punta del prodigioso sviluppo dei cistercensi, questi «monaci bianchi» che hanno rinnovato in profondità – e durevolmente – la vita religiosa dell’Occidente.
    Denunciatore delle scorrettezze degli altri ordini religiosi, non avrebbe mai smesso di criticare le violazioni alla regola di San Benedetto : pietanze sovrabbondanti, civetteria, abitudini e stili di vita principeschi, il lusso di certi monasteri, la loro decorazione, dipinti e sculture che evocavano messaggi biblici, che sono utili al fedele, ma non al monaco.

    Citation:
    ”O vanità di vanità, ma più insensata ancorché vana: la chiesa risplende sulle sue muraglie e manca in tutto nei suoi poveri”.
    “Senza parlare dell’immensa elevazione delle vostre oratorie, smisurate nella loro lunghezza, eccessive per la loro larghezza, sontuose per la loro decorazione e dalle pitture piacevoli, di cui l’effetto è attirare su di esse l’attenzione dei fedeli e di diminuire il raccoglimento”.

    Bernardo di La Bussière esalò il suo ultimo respiro un freddo giorno del gennaio 1153, dopo aver ricevuto l’unzione. Lasciò dietro di sé più di 160 monaci a Noirlac appena creata, tanto che la nuova famiglia cistercense contava già quasi 350 abbazie. Le sue reliquie, composte dalla sua tonaca, dalla sua armatura, dalla sua mitria e dal suo pastorale, così come il suo monumento funebre riposano nell’abbazia di La Bussière.



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MessagePosté le: Jeu Juil 27, 2023 10:26 pm    Sujet du message: Répondre en citant

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    Agiografia di San Bertrando de l'Isle


    Capitolo 1: L’infanzia e la gioventù di Bertrando di L’Isle
    Bertrando era figlio di Atone, signore di L’Isle in Guascogna, e di Gervasa, dunque nipote del conte di Tolosa, Guglielmo Tagliaferro. Proveniente dalla nobiltà, Bertrando fu educato, come tutti i giovani nobili del suo tempo, al mestiere delle armi e ordinato cavaliere. Giovane cavaliere, viaggiò con alcuni uomini ai suoi ordini. Fervido credente, fece spesso scalo in monasteri e abbazie. Durante ciascuno di questi, pregava e leggeva. Scoprì così dei testi sconosciuti o dimenticati fra i quali gli scritti del profeta Aristotele, quelli di S. Gregorio di Nazianzo e di Sant’Origene o ancora la famosa predica di Nedjaef, che egli per primo avrebbe insegnato più avanti . Questa giovinezza fatta di erudizione e di viaggi trasformò l’uomo, che non portò più armi e diventò diacono e poi elemosiniere dell'esercito. La sua vocazione nacque in questo periodo, di cui avrebbe poi detto: “I viaggi obbligano l’uomo ad aprirsi al mondo e così la creazione diventa plasmata sull’uomo. È vivamente auspicabile che i giovani partano sulle strade con intenzioni virtuose, è la migliore educazione che possano ricevere".

    Capitolo 2: Un vescovo attento ai bisogni dei suoi fedeli, che partecipa alla vita della città
    Di ritorno a Tolosa, gli fu garantito un futuro prestigioso in seno alla nobiltà ma il giovane Bertrando di L'Isle fece un’altra scelta e chiese al vescovo di Tolosa, Izarn, di essere ammesso al capitolo della cattedrale. Scelse così di diffondere la Fede piuttosto che il Sangue. Predicò e lesse ancora e sempre. Vicino alle genti e alle loro preoccupazioni, era amato da molti. La reputazione del giovane canonico superò rapidamente i confini del paese tolosano e alla morte del loro vescovo, Auger, nel 1083, il clero e il popolo di Comminge vennero a proporgli l’episcopato. Vedendoci un segno divino, accettò e raggiunse il paese di Comminges. Così il nuovo pastore dei fedeli di Comminge non si disinteressò dei problemi quotidiani del suo gregge, soprattutto all’epoca in cui i cattivi raccolti, le siccità, le epidemie e le carestie erano moneta corrente. Si preoccupò dell'alimentazione delle sue pecorelle e fu attento al loro benessere materiale. Così, benedisse le trappole di un cacciatore, riempì le reti di un pescatore della Nesta, in un’altra valle, rese produttivo un noceto sterile. Poi, attraversando un campo coltivato, liberò le contadine dal loro penoso compito diserbando definitivamente il raccolto; infine, entrato in una taverna, riempì di vino il barile dell’oste.
    Si dedicò dunque a ridare vita all’antica città e a risollevarne le rovine, ad attirare una popolazione giovane e dinamica, a favorire gli scambi e la circolazione delle varie monete, a rendere giustizia. Tutta la città si identificò col vescovo a tal punto da prendere il suo nome, come la sposa adotta il nome del marito. Durante tutta la sua vita, Bertrando non smise mai di predicare che l’uomo saggio deve partecipare alla vita della città, rivelando, a chi volesse ascoltarlo, il Sogno di Aristotele sulla Città Ideale.

    Capitolo 3: Bertrando, il vescovo dei viaggiatori
    La diocesi di Comminges era estesa e attraversata da molte valli. Bertrando, ch’era uomo robusto, le percorreva instancabilmente, viaggiando di villaggio in villaggio, di vallata in vallata. Non amava viaggiare solo. Gli faceva piacere unirsi a dei gruppi di viaggiatori incontrati in occasione di una visita in una taverna o al mercato. Applicava alla lettera le raccomandazioni che San Gregorio di Nazianzo faceva ad Athenais e le insegnava ai suoi compagni di strada.
    In occasione dei suoi viaggi, condivideva sempre il pasto con i suoi compagni del momento. Recitava sempre la stessa preghiera prima di mangiare:
    Citation:
    O Altissimo,
    Tu che ci dai l’occasione di condividere questo pasto
    Benedici coloro che lo condividono e accorda loro la Tua divina protezione
    Fortificaci con gli insegnamenti di Aristotele e Christos
    Fa’ della Saggezza e dell’Amicizia le nostre compagne di strada.
    Ché gli incontri che faremo siano messi
    Sotto il segno della Condivisione e della Carità.
    Amen


    Capitolo 4: Bertrando, il vescovo dei briganti
    Amato, rispettato e popolare, il vescovo di Comminges fu spesso consultato in caso di disputa. Numerosi briganti furono quindi sottoposti al suo giudizio. Il primo fra loro fu Jodel, aveva depredato delle ricche persone sulla via per Tarbes. Il malfattore fu quindi portato davanti al vescovo. Che prese parola in questo modo:
    Citation:

    – Venite a informarmi perché io giudichi quest’uomo. Come ti chiami?
    - Jodel.
    - Perché sei qui?
    - Perché ho derubato quest’uomo.
    - Perché hai commesso questo gesto?
    - Non ho di che nutrirmi, la vita è cara e quest’uomo ha tanto denaro che non sa più che farsene.
    - Capisco, ma quest’atteggiamento non ti porterà nulla di buono, tutt’al più un po’ di denaro ma anche molti guai.
    Restituisci a quest’uomo ciò che gli hai sottratto, prega e vienimi a trovare ogni giorno, farò quanto mi è possibile per trovarti da lavorare.

    Ogni giorno l’uomo andò a trovare il vescovo. Pregò con lui e lavorò alla chiesa. Rimborsò il denaro dovuto all’uomo derubato ma continuò ad andare all’incontro quotidiano col vescovo. Dopo circa un anno, il vescovo lo invitò a mangiare e, durante il pasto, i due uomini ebbero questa conversazione:
    Citation:

    – Come ti senti, Jodel?
    - Bene, molto bene. Grazie a Voi, Monsignore.
    - Grazie a te. Tu solo sei responsabile del tuo comportamento, con l’aiuto dell’Altissimo.
    - Sì, ma la Vostra presenza al mio fianco è essenziale per me.
    - Questa presenza è ciò che chiamiamo Amicizia. L’Amicizia è la più grande delle ricchezze se è sincera e vera. Bisogna viverla pienamente al punto da farne il proprio punto debole, come diceva il santissimo Gregorio.

    Il pasto proseguì e allorché gli uomini stavano per separarsi, Bertrando disse al suo amico:
    Citation:

    - Jodel, va’. Prendi la strada, le tue colpe sono perdonate. Non fare più il brigante. Torna a trovarmi se lo desideri e non dimenticare mai cos’hai vissuto qui.
    - Monsignore, non farò più il brigante. Vi ringrazio per il Vostro perdono. Voglio conoscere meglio gli scritti santi al Vostro fianco.
    - Non sono io a perdonarti, ma l’Altissimo. Lui perdona coloro che rinunciano ai vizi per cercare la virtù. Vuoi studiare le scritture. Ti rende onore. Allora va’, prendi la strada per St Liziers, raggiungi Muret e infine Tolosa. Recati al seminario da parte mia e studia. Lavora, anche. Condividi con tutti coloro in cui t'imbatterai e dona qualcosa ai poveri che incontrerai. Se non hai nulla di materiale che tu possa donare, allora dona il tuo sguardo più bello, la tua parola più dolce.

    Su queste parole, Jodel s’incamminò. Si dice che numerosi briganti vennero in seguito a Comminges, all’incontro con il vescovo Bertrand e con il perdono. A tal punto che la città fu soprannominata la Città dei Briganti. Quanto a Jodel, divenne un fine conoscitore delle scritture, a sua volta insegnante al seminario di Tolosa.

    Capitolo 5: Fine della vita terrena e patrocinio
    Il vescovo di Comminges condusse così una vita molto pia, rivolta verso gli altri e l’amicizia. Anziano, le sue forze lo abbandonavano sempre più ogni giorno. Passava sempre più tempo nella sua cattedrale a pregare. Non dormiva più, e passava le notti a pregare l’Altissimo.
    Una bella mattina, di domenica, il campanaro entrò nella cattedrale e scoprì il vescovo inginocchiato nel coro, il suo cuore non batteva più ma il suo viso era splendente, sorridente, disteso. Non c’era alcun dubbio: Bertrando, vescovo di Comminges, aveva raggiunto il Paradiso solare.
    Più tardi, San Bertrando di Comminges divenne il santo patrono della città di cui era stato vescovo. È anche uno dei santi patroni della Contea di Armagnac e Comminges e santo patrono del Comminges. Infine, a causa del suo studio della vita di San Gregorio di Nazianzo, è uno dei santi minori dell’ordine gregoriano che lo considera il primo gregoriano della storia.

    Citazioni celebri
    - Pregate l’Altissimo e vivete la vostra fede nell’amicizia vera e quotidiana.
    - Le uniche armi sono gli insegnamenti di Aristotele e Christos. Posa la tua spada e il tuo scudo, ascolta i Profeti e prega l’Altissimo, è così che si vincerà.
    - Non c’è brigante che non meriti il Perdono dei suoi crimini, non un uomo sulla Terra che lo possa giudicare; solo Dio lo può fare.

    Reliquie
    - Il suo sarcofago è conservato nella chiesa parrocchiale di San Bertrando di Comminges.
    - Il bastone da passeggio che il Santo aveva scolpito lui stesso con il motto di San Gregorio di Nazianzo “Ciascuno ha il suo punto debole; il mio è l’amicizia” è conservato nella cripta del monastero gregoriano di Argentat.

    Preghiere a San Bertrando di Comminges

    Citation:
    Preghiera dei Commingesi
    O San Bertrando,
    Dal cuore così grande
    Proteggi i tuoi amici
    Fa’ crescere le piantine
    Crescere il buon grano
    Donaci del buon pane
    Accordaci la tua protezione
    E il tuo immenso perdono.
    Benedici i Commingesi
    Falli vivere nella gioia.
    Amen


    Citation:
    Prieghiera dei Viaggiatori
    O San Bertrando,
    Allontana da noi i briganti
    Accompagnaci sulle strade
    Preservaci da ogni deviazione
    Fa’ del nostro viaggio
    Un felice presagio.
    Amen.


    Citation:
    Preghiera dei briganti
    Bertrando patrono dei briganti
    Il tuo perdono è grande
    Guida verso la virtù
    Le nostre anime perdute
    Insegnaci l’Amicizia
    Facci apprendere le Virtù
    Fa’ di noi degli uomini nuovi
    Fedeli all’Altissimo.
    Amen


    Citation:
    Preghiera dei Gregoriani a San Bertrando
    O San Bertrando
    La cui Fede fu grande
    Primo fedele a San Gregorio
    Illuminaci nel buio
    Portaci speranza.
    Metti nel cuore delle nostre vite l’Amicizia,
    La condivisione e la Carità.
    Amen


    Festa: il 6 ottobre.



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MessagePosté le: Jeu Juil 27, 2023 10:28 pm    Sujet du message: Répondre en citant

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    Agiografia di Santa Boulasse

    "Bisogna bere con moderazione e pregare con fervore"

    La giovane Boulasse nacque nel 522 a Beaune, in Borgogna. I suoi genitori, pagani, gestivano una taverna rispettabile sulla piazza del mercato, la «Taverna degli ospizi» ( birra a 0.60 ducati, menù a 6). Gente seria e rispettabile, nondimeno pregavano gli idoli e misconoscevano il messaggio della Chiesa. Tuttavia questi bravi tavernieri si approvvigionavano di vino e birra dai monaci dei dintorni e Boulasse, che si occupava della riserva, aveva frequenti contatti con loro.

    Poiché era aperta e intelligente, i monaci l’iniziarono allo stesso tempo alla fede e all’enologia. Fu nel corso di una delle sue lunghe notti di formazione e discussioni teologiche nel retrobottega dei suoi genitori, che fu abbagliata dalla luce divina nel riflesso di una pinta.

    Convertita e sicura della sua fede, Boulasse abbandonò i suoi genitori e scelse la via della Chiesa. Fu istruita da uno dei monaci che l’avevano presa sotto le loro ala, assai impressionati dalla forza della sua convinzione. Avvertendo il bisogno imperioso di predicare la sua nuova fede, se fece ordinare segretamente prete nel 582, a dispetto delle interdizioni e cosciente dei rischi, ma sicura di seguire il disegno divino. Non potendo divenire curato, ella aprì una taverna, «Al buon credente», dove ella operò conversioni e dette lezioni di catechismo, e dove, a quanto si dice, avrebbe battezzato dei credenti con l’aiuto del curato di Mâcon.
    Dedita a preghiere di grande richiamo e gestendo magistralmente la sua taverna, compì un’importante azione missionaria sulla città e convertì le masse alla vera religione. Ci si ricorderà a lungo della sua carità verso i vagabondi e dell’organizzazione dei suoi quiz religiosi con in palio le sue partite di birra.

    Dopo aver convertito la maggior parte degli abitanti di Mâcon, Boulasse sentì il bisogno di viaggiare e di diffondere il messaggio di Aristotele. Diresse i suoi passi e il suo carretto pieno di pane e vino verso i vicini paesi germanici, nell’attuale SRING, per iniziarli al banchetto dell’amicizia aristotelica.

    Tuttavia gli abitanti furono meno ricettivi alla sua predicazione ed ella si trovò davanti un re crudele e pagano, Childehald, che rifiutò di rinnegare i falsi dei dei suoi padri. Non scoraggiandosi, la santa predicò in pubblico, costruì la prima chiesa a Colonia e volle aprire una taverna per facilitare il suo compito missionario.

    Ma Chilehald non la pensava allo stesso modo ed emanò un decreto contro la predicazione. Avendolo infranto, Boulasse fu deferita al procuratore e condannata per alto tradimento. La condanna a morte doveva essere eseguita in pubblico, per educare la popolazione, e utilizzando l’arma del suo crimine: le sue sante vettovaglie. Il boia le fece bere una grande quantità di vino, ma la santa, sostenuta da Aristotele, non vacillò; sopportava coraggiosamente il suo martirio, pregando ancora dopo il supplizio.
    Childehald, folle d’ira, decise di finirla e ordinò di annegarla nell’ultimo fusto di Hautes-côtes di Beaune restante.
    Quando tirarono Buolasse fuori dal fusto, il suo viso risplendeva di felicità. Davanti a questo spettacolo sorprendente, Chiledehald fu colpito dal pentimento e, toccato dalla grazia, si convertì e fece convertire tutto il suo popolo.
    Avendo compiuto la sua missione terrestre e aperto la via alla conversione dei tedeschi, Boulasse decise di smaltire tranquillamente la sbornia presso il Signore e di raggiungere il sole.

    Santa Boulasse è poi divenuta la patrona dei vignaioli e soprattutto dei tavernieri, ed è ancora invocata da questi o dai loro clienti, allorché devono far fronte a una massacrante serata di lavoro. Non è raro sentire nelle nostre taverne l’espressione, familiare e piena di affetto per la santa, «Che la Boulasse sia con te!».

    Reliquie

    -La testa della santa è conservata e venerata nella basilica di Colonia
    -Il cuore e il fegato della santa sono stati riportati e incassati a Mâcon e sono conservati nel tesoro della chiesa della città.

    Culto della santa:

    Il culto di santa Boulasse è attestato a Colonia e Mâcon a partire dal VI secolo e le reliquie della santa sono sempre utilizzate durante la processione di benedizione delle vigne, che ha luogo il 22 settembre, prima della vendemmia.


    Citation:
    -Il fatto che la comunione sia gratuita non implica che si debbano ingannare i fedeli e rifilare loro sciacquatura di fiaschi.
    -Non rinnegherei la mia fede per tutto il vino del mondo!
    -Veramente una tale felicità non può essere che divina! Perdonaci, Boulasse, per la nostra cecità!- (Childehald davanti al corpo suppliziato della santa.)
    -Va meglio la birra nel corpo che il corpo nella birra.
    -Bisogna bere con moderazione e pregare con fervore.
    -Ho più cuore che fegato, ma posso digerire tutto se è detto per amore dell’Altissimo.
    -Se Christos non avesse voluto le donne preti, l’avrebbe detto.
    -Non credere più crea una crisi di fede, bere troppo una crisi di fegato.
    -Se il nostro creatore avesse voluto la donna relegata alla procreazione, ci avrebbe reso incapaci di amare ogni altro essere umano all’infuori del sangue del nostro sangue.
    -Io rispetto le leggi dettate dalla fede, ma se la Chiesa rifiuta il sacerdozio alle donne, è per far piacere agli imperatori e non a Dio.
    - Forse non domani, ma un giorno ci saranno di nuovo donne preti e magari anche vescovi…
    -Chi meglio di una donna può prendere un uomo per il naso?
    -Aveva messo un cartello nella sua taverna: «La casa non fa credito ai ricchi, ma offre l’acqua e il pane ai poveri».


    Simbolo: sei rose.




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MessagePosté le: Jeu Juil 27, 2023 10:44 pm    Sujet du message: Répondre en citant

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    Agiografia di Santa Caterina da Urbino

    1.Piacere - La fanciullezza e la vocazione

    Caterina nasce ad Urbino il 27 luglio 1347 presso una famiglia di tessitori da Jacopa Bencivenni e Ubaldo Corelli, in un quartiere popolare della città.
    E’ l'ultima di 14 figli, 7 fratelli e 7 sorelle.
    Fin da piccola dimostra una grande devozione ed una profonda spiritualità considerandole come l'unico modo per raggiungere la felicità e la soddisfazione dello spirito.

    Durante i primi anni della sua vita la madre porta Caterina con se quando va a lavare i panni al fiume e, come spesso succedeva ai tempi, la casa era troppo lontana per portarsi tutto il carico di panni bagnati e stenderli a casa, quindi mette Caterina a gattonare sul prato e comincia a lavare un panno dopo l'altro finché non arriva ai pannolini della bambina che, una volta lavati, decide di stendere su un cespuglio di rovi tutto secco, così non si macchieranno di verde.
    Passano alcune ore ed è giunto il momento di tornare a casa, Jacopa va a recuperare i panni da tutti gli alberi e cespugli intorno, ma mentre sta per andarsene e recuperare la bambina, scopre che ella è vicino al cespuglio di rovi e lo indica: si stava dimenticando proprio quelli.
    Si avvicina, toglie i pannolini ormai asciutti e scopre che il cespuglio di rovi, prima secco e spoglio, è ora tutto coperto di fiori bianchi.

    Si racconta un episodio della sua infanzia esemplificativo della sua precoce devozione.
    La piccola Caterina si trova dinnanzi alla propria casa insieme ad alcuni fratelli, essendo venuta l'ora del vespro, la bambina interrompe i giochi e si inginocchiò per dedicarsi alle proprie preghiere.
    All'insistenza dei fratelli che la incitavano a lasciar perdere le preghiere continuare a mangiare con loro i frutti colti da un vicino albero, ella rispondeva:
    "La felicità si ottiene con la soddisfazione dello spirito oltre che del corpo, se la nostra unica preoccupazione è la soddisfazione dei bisogni corporali, ci abbassiamo al livello degli animali che mangiano l'erba in questo cortile. E quei frutti che state mangiando, sono un dono che l'Altissimo ci ha fatto, poiché ci ama. Allora anche noi dobbiamo amarlo e rendergli grazie".

    All' età di 7 anni, mentre è raccolta in preghiera nella cattedrale di Urbino, rivolta ad una vetrata raffigurante S. Silfaele, la luce proveniente da essa si fa sempre più abbagliante, finché Caterina si ritrova totalmente avvolta in quel lucore da cui emerge il volto dell'Arcangelo che le parla

    "Caterina, non avere paura, poiché l’Eterno ti ama e ti ha scelto."

    Caterina capisce che l'Altissimo l'ha prescelta come sua servitrice e sua voce sulla Terra.
    Capisce che la sua vita sarà dedicata a Dio. E fa voto di castità.


    2.Perseveranza- Il miracolo della luce nelle tenebre

    La famiglia ostacola la sua decisione e intorno ai 14 anni vorrebbe maritare Caterina , la quale è una splendida ragazza, nella speranza di ricavare una bocca in meno da sfamare e se possibile una cospicua dote da qualche commerciante urbinate.
    Un giorno mentre vende i vestiti al Mercato di Urbino si innamora di lei un Montefeltro, il quale, bruciante di passione per la ragazza, cerca di convincere il padre a dargliela in sposa promettendogli una alta rendita e dei terreni da coltivare di proprietà oltre ad un titolo di Nobiluomo.
    Il padre vedendo la possibilità di entrare nella Nobiltà Urbinate, e di accrescere il suo patrimonio parla con Caterina la quale però gli dice di amare solo l’Altissimo, e per sottolineare il suo rifiuto si taglia i capelli.
    Spinto da ira furibonda, il padre la rinchiude nella sua stanza dicendole che le avrebbe permesso di uscire nuovamente quando si sarebbe decise a ragionare da figlia rispettosa verso di lui e verso la loro povera condizione.
    Caterina presa dallo sconforto verso i rapporti terreni si mette a pregare e resta in camera sua per novantatre giorni inginocchiata rivolgendo le sue suppliche all’Altissimo chiedendogli di farla partecipe del Suo Regno e di guidarla con i suoi segni. In questo periodo Caterina si nutre solo con i frutti ed alcuni tozzi di pane che le porta la madre.
    La sua perseveranza viene premiata poiché spinto da compassione il padre dopo novantatre giorni verso la mezzanotte si reca in camera della figlia e la trova inginocchiata le mani conserte in preghiera illuminata da un fascio di luce che pare un raggio di sole.
    Il padre realizza che è un segno divino e che la vita della figlia la quale è stata dedicata al digiuno ed alla preghiera deve essere consacrata a Dio.
    Caterina, avendo ormai provato a se stessa che i beni terreni non servono a nulla, per avvicinarsi di più all’Altissimo e come segno di ulteriore rispetto e supplica per la sua anima, decide di privarsi totalmente della carne per cibarsi solo di verdure crude e pane.


    3.Amicizia - L’Ordine Gregoriano, la medicina e la nascita dei "Caterinati"

    Un giorno, mentre era intenta nelle preghiere, in un giardino presso la sua dimora, dai cespugli vicini uscì una serpe che affondò i venefici denti nella santa mano di Caterina. Come la bestia tentò di tornare nel nascondiglio degli sterpi, discende dal cielo una cicogna che la uccise.
    Nel becco dell'uccello, la serpe si trasformò in un ramoscello di origano, che la cicogna depose nella mano di Caterina, che miracolosamente guarì dal veleno e persino scomparve il segno dell'immondo morso.
    La santa capì il segno inviatole dall'Altissimo e nel 1363 entrò nell’ordine Gregoriano e si dedicò allo studio della medicina.
    Dopo aver appreso le necessarie conoscenze mediche decise di dedicare la sua vita alla cura assidua dei vagabondi, dei poveri, dei malati e dei morenti, riuscendo anche a convertire alcuni vagabondi a Padri predicatori o Missionari. Facendo in questo il bene della città, della Santa Chiesa Aristotelica e dell’Altissimo.
    Fa da scenario a Caterina medico volontario l'Ospedale della Misericordia di Pian di Mercato ad Urbino, luogo di accoglienza di viandanti, pellegrini e ammalati, dove appunto Caterina era solita riposarsi durante le lunghe notti trascorse al capezzale di malati, infermi e sofferenti. Caterina era solita frequentare giornalmente l'ospedale urbinate portando assistenza e conforto ai ricoverati, In queste opere Caterina incarna il modello di infermiera volontaria per eccellenza, piena di carità pazienza, energia e forza di volontà, questo lavoro le consentì così accrescere al massimo le virtù aristoteliche. In questo periodo della sua vita non conosce stanchezza, assiste i malati della sua famiglia e dell'ospedale, va nelle case private perché a "nessun manchi l'assistenza ed il conforto".
    Durante l'epidemia di peste del 1374, munita di una boccetta di aromi, di un bastone per sorreggersi e di una lanterna, si recava all'ospedale e nelle case insieme ai suoi discepoli alleviando le sofferenze dei malati con i pochi mezzi allora a disposizione.

    Iniziò a radunare i primi discepoli intorno a lei. La sua fama andava espandendosi, così sempre più fedeli le si facevo attorno ,i chierici ed laici riconobbero in lei una guida e decisero così di assumere il nome di "Caterinati". Preoccupati, i gregoriani la sottoposero ad un esame per appurarne l'ortodossia. Pur non essendo una donna colta lo superò brillantemente così le assegnano un direttore spirituale, Raimondo da Gaeta.


    4.Convinzione - Caterina profetizza la nascita dell’Epoca del rinnovamento della Fede

    Caterina a questo punto della sua vita capisce l’importanza di una cultura teologica per poter lavorare in maniera incisiva per il futuro della comunità dei fedeli.
    Si applica così allo studio delle lingue (latino e greco) e della teologia , riuscendo ad apprendere tutto quanto con sorprendente facilità e rapidità, benché sia di umili origini e non abbia avuto che un'educazione sommaria, come se fosse un'ispirazione divina a guidarla.
    Molte mattine, infatti si svegliava e, benedetta da Aristotele, si accorgeva di aver elaborato nuove idee e appreso nuove conoscenze.
    Dopo questi studi approfonditi iniziò a scrivere delle lettere a numerosi personaggi politici, contattò i Principi dei Ducati e della Repubbliche italiche, richiamandoli alle virtù aristoteliche, rimproverandoli quando le loro scelte deviavano dal retto cammino e dalle indicazioni di Aristotele, diffondendo così la Fede aristotelica attraverso i sui scritti. Successivamente iniziò a viaggiare e andò lei stessa a parlare direttamente con questi uomini eminenti nei loro Ducati e Repubbliche, accolta sempre con rispetto e sempre ascoltata in tutte le corti italiche.
    Per tutta la sua vita resterà una grande scrittrice di lettere le quali sono redatte con uno stile così ispirato dall’Altissimo che, leggendole ancora oggi, ci parlano direttamente al cuore e ci ispirano la Fede più profonda verso i Nostri profeti e l’Altissimo.
    Caterina combatte con forza la disorganizzazione della Chiesa, e le sue corruzioni, che indeboliscono l'efficacia della sua azione apostolica.
    Essa, sviluppando il pensiero di Domenico, giunge alla conclusione che la Chiesa non potrà che vivere un momento di profondo rinnovamento, perché si apra ai suoi fedeli e rafforzi i rapporti con gli stati, affinché possa operare in modo più incisivo per la pace nei Regni.
    Caterina in alcuni suoi scritti critica anche alcune decisioni del Concilio di Nicea, che considera come non corrispondenti agli insegnamenti dei Profeti, specialmente il primato dell'uomo sulla donna, a tal proposito, ispirata dalle parole di Santa Domenica, ebbe modo di dire:
    Citation:
    “L'uomo e la donna hanno ambedue la medesima dignità e sono di eguale valore, non solo perché entrambi, nella loro diversità, sono creati dall’Altissimo, ma ancor più profondamente perché è immagine di Dio il dinamismo di reciprocità che anima la relazione della coppia umana. Nel rapporto di comunione reciproca, uomo e donna realizzano profondamente se stessi, ritrovandosi come persone attraverso il dono sincero di sé.
    Il loro patto di unione è presentato nel Libro delle Virtù come un'immagine del Patto di Dio con gli uomini e, al tempo stesso, come un servizio alla vita”



    Caterina, di fatto, predice l’Età del rinnovamento della Fede, che prenderà il via circa un secolo più tardi.
    Ella scrive in una delle sue lettere a Raimondo da Gaeta:

    Citation:
    [...]il secondo profeta ci ha fatto un grande dono: la Chiesa, il cui funzionamento e la cui composizione sono tendenti ed ispirate al divino, ma, come l'anima che creata da Dio per tendere al bene, può essere deviata dalla Creatura senza nome, così anche la Chiesa può subire deviazioni, ma verrà il momento in cui, ispirata da Aristotele, essa dovrà subire un profondo cambiamento e troverà nuovamente la strada per condurre al meglio il popolo di Dio verso il Paradiso solare. Poiché solo stando vicina alle pecorelle spaventate, accogliendo i suoi fedeli in un abbraccio di Madre, la Santa Chiesa potrà evitare di diventare come il capo dei sacerdoti della Giudea: che davanti alla comunità dei credenti, invece di dissipare le loro angosce con la luce fede, dorme adagiato sul proprio ricco trono. Christos arringando alla folla a Gerusalemme disse "venite a me e ascoltate la parola di Dio", così la Chiesa deve fare: aprirsi ai fedeli desiderosi di avvicinarsi a Dio, ad Aristotele e a Christos per mezzo della teologia, dare loro un luogo in cui i Testi possano essere liberamente accessibili, perché possano abbeverarsi ad essi come lo sfortunato viandante si abbeverò dalle mani di Christos[...]




    5.Temperanza - una vita dedicata alla pace dei Regni attraverso l’Amore per Dio

    Caterina visse per un periodo a Siena la quale, come molte città dell'Italia del XIV secolo, viveva una situazione sociale alquanto difficile e travagliata. Anche a Siena infatti vi erano cruenti lotte fra fazioni rivali, facenti spesso capo a potenti famiglie che si contendevano il predominio sul governo della città. Caterina decise allora di intervenire ed in nome dell’Altissimo inizio a trattare con le fazioni rivali fino a giungere a dei compromessi in nome della Fede che portarono stabilità e serenità alla Repubblica senese. Dopo questo episodio la sua fama di "donna di pace" si estese celermente al di fuori delle mura Senesi giungendo fino a Volterra.
    Caterina che venne invitata ad intervenire si recò in questa città dove grazie alla sua Fede ed alle sue capacità di ambasciatrice di Amicizia e Pace nel nome di Aristotele riuscì nell’intento di sedare gli odi fra famiglie di fazione politica diversa: una guelfa ed una ghibellina. Li riappacificò in nome dell’Amore che tutti accomuna nel nome dell’Altissimo superando in questo modo gli ostacoli politici che le dividevano e facendo del bene all’intera città di Volterra.
    Fu intermediaria anche fra il Papato e la città di Firenze, in contrasto per alcuni mandati di grano e mais. Al Papa Gregorio XI scriveva: "Otterrete di più col bastone della benignità che col bastone della guerra".
    I suoi viaggi nei vari Ducati, Repubbliche e terre italiane convinsero i principi ed i sindaci ad appoggiare la Santa Chiesa Aristotelica.


    6.Giustizia - La Giustizia Divina attraverso le azioni di Caterina

    Benché spossata dalle sue missioni, torna ad Urbino e riceve incarichi dal Papa per trattare varie Paci in giro per Italia dovute a dissidi fra le politiche dei Principi o causate da briganti che attanagliavano la nostra terra.
    Continua a scrivere a principi, uomini politici e ecclesiastici. Caterina non si mostra intimorita al cospetto dei potenti e si rivolge loro da pari a pari. Nelle lettere ai politici suoi contemporanei ricorda che il potere di governare la città è un "potere prestato" da Dio, monito a tutt’oggi da ascoltare per alcuni Principi assetati di grandezza per i loro territori. La politica, per la Santa urbinate, è la buona amministrazione della cosa pubblica finalizzata ad ottenere il bene comune e non l'interesse personale. Per far questo il buon amministratore deve ispirarsi direttamente a Christos ed Aristotele che rappresentano l'esempio più alto di giustizia. La giustizia infatti nella dottrina politica di Santa Caterina assume un ruolo fondamentale; senza giustizia non c'è pace e se manca la pace viene meno il presupposto che sta alla base della crescita sociale e morale di uno stato. Al Giudice del Ducato di Modena scrive:

    Citation:
    [...]Siate vero giudice e signore nello stato in cui Aristotele v'ha posto e direttamente rendiate il debito al povero ed al ricco, secondo che richiede la santa giustizia, la quale sia sempre condita con misericordia.[...]


    E ancora al Doge ed ai Consiglieri della Repubblica di Venezia scrive:

    Citation:
    [...]Se voi sarete uomini giusti che il reggimento vostro sia fatto… non passionati né per amor proprio e bene particolare, ma con bene universale fondato sulla pietra viva Christos dolce e del saggio Aristotele.[...]




    7.Generosità - L’ultima missione di Caterina

    Caterina dopo aver compiuto atti Mirabolanti nel nome della Fede ispirata dall’Altissimo morrà stremata dalla malattia l’8 dicembre 1380.
    Morirà svolgendo ancora la sua opera di mediazione tra la Chiesa ed i principati italici: infatti affranta dalla mole di lavoro incredibile a cui si sottopose senza risparmio viaggiando da un capo all'altro dell'Italia, Caterina morì a Gaeta dopo aver trattato con la regina di Napoli gli affari della Santa Sede.
    Passò incapace di muoversi gli ultimi quaranta giorni della sua vita, ma visse con serenità tale condizione, poiché conscia di essersi sacrificata per la comunità aristotelica: per qualcosa di superiore e più importante della sua singola vita.


    Reliquie:
    Alla sua morte il corpo fu sepolto a Capua, ma dopo tre anni le spoglie mortali della santa furono traslate nella Cattedrale di Urbino. A Gaeta, luogo della sua morte, è conservato il velo del suo abito monacale.
    La mano destra fu portata a Siena, mentre Pavia viene conservata una costola della Santa.

    Elementi associati:
    Patrona d'Italia e dei medici.

    Ecrit par S.E. Profeta Pucci Guerra et Francesco Saverio Visconti


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