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[GDR]Vigne di San Domenico
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dalmore



Inscrit le: 24 Aoû 2017
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MessagePosté le: Dim Oct 09, 2022 9:28 pm    Sujet du message: Répondre en citant

Dopo i carri colmi d'uva, passava un carro basso, trainato da due buoi. Le vendemmiatrici mano mano si sedevano sfinite sulle sponde del carro e si facevano portare a casa. Qualcuna aveva ancora voglia di cantare. Mentre le vendemmiatrici tornavano a casa apparivano dei poveri, i più poveri e miserevoli che come ombre calavano sui vigneti per la fame. Molti dei filari erano stati spogliati dei loro grappoli e questi all'imbrunire cominciavamo a cercare e a raccogliere i piccolissimi grappoli che di solito i vendemmiatori lasciavano sulle viti. L'uva così raccolta diventava il loro desco a lenire la fame di quelle contrade...

Giunsero esauste al monastero, non si lavarono neppure e sciamarono al refettorio, era tardi, la cucina non sarebbe stata aperta a lungo.
Per cena, un cibo speciale, per festeggiare un giorno fausto per l'economia del monastero.
Sarde salate, servite su pampini verdi, che davano al piatto anche un profumo particolare che rendeva quel cibo più appetitoso di un ricco pranzo prelibato. Qualche consorella prendeva le sardine per la coda, le sbatteva sul piatto per fare cadere il sale e cominciava a mangiarle con tutte le lische, assieme alle cipolle bianche ed al pane che profumava ancora di forno. Si mangiava, si beveva, si scherzava insieme, ma per poco, perché restava ancora l'ultima fatica da compiere. Le orazioni del vespero.

Passarono poi nella cappella stanche e sfinite, qualcuna si assopì durante la funzione svegliata di soprassalto da qualche consorella che gli tirava delle piccole palline di "fragna", argilla essicata, con cui spesso giocavano i piccoli orfani li ospitati o con qualche gomitata ben assestata. Arrivarono a salutarsi sulla porticina delle cellette.

Entrò e si buttò nel letto, il sonno l'accolse immediatamente senza che avesse nemmeno il tempo di cambiarsi.
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flaminia



Inscrit le: 01 Mai 2014
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MessagePosté le: Mar Oct 11, 2022 8:28 am    Sujet du message: Répondre en citant

L'alba arrivò troppo presto. Il sonno non aveva ristorato a sufficienza il suo corpo. La mente era felice e curiosa, dopo la racconta era il giorno della pigiatura. S'alzò sulla sponda del suo lettino e la schiena in quel movimento le ricordò le fatiche del giorno precedente.
Dolori forti e persistenti, la sua costituzione fisica era quella di una ragazza dedita agli studi ed alla preghiera, il lavoro manuale non aveva mai fatto parte delle sue mansioni, anzi spesso a casa sua madre la rimproverava di non riordinare la sua stanza. Anche i suoi piedi erano gonfi, le sue scarpette non erano comode come gli stivali tra le vigne.

Si stese per terra, il pavimento era freddo, ma una vecchia balia le aveva insegnato che per lenire i dolori era necessaria la retroversione del bacino e la maniera migliore per riallineare la schiena era distenderla per terra, si che lo stesso peso del corpo facesse il lavoro.

Vi rimase alcuni lunghi minuti. Poi bussarono alla sua porta. "Nini, movite che xe ora!" Era Dalmore, che quando era di buon umore, parlava in dialetto veneziano, un dialetto che le aveva insegnato un veneziano che si era stabilito nei territori ispanici, il suo nome era Sambo, un gondoliere che era entrato in seminario, ma non aveva completato gli studi. Ragazzone con due braccia come tronchi, ma poca voglia di studiare, Preferiva la soule alla biblioteca, ma in quello tuttavia primeggiava. Le sue pagelle avevano lo stesso numero della sua maglia da gioco, il "4".

S'alzò e con Mariglena si diressero al refettorio, un odore di latte caldo e di torta, le fece dimenticare i dolori.
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dalmore



Inscrit le: 24 Aoû 2017
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MessagePosté le: Mar Oct 11, 2022 11:01 pm    Sujet du message: Répondre en citant

Sciamavano insieme lungo i corridoi verso il refettorio, nell'aria oltre al profumatissimo latte caldo, un profumo nuovo ma caratteristico.
Il suo naso lo avrebbe riconosciuto tra mille. E' un ricordo ancestrale che la riportava alla sua infanzia. Quando ancora i suoi genitori e sua nonna erano vivi. Sua nonna preparava la "Micca".

La Micca era il dolce contadino tipico del periodo della vendemmia. Una “ciambella” neanche tanto dolce fatta farina di polenta, farina di grano e uva nera. Era il dolce dei giorni più felici dell'autunno. Si sedette al tavolo, guardò Flaminia, "La Micca, l'hai mai mangiata?".

Non ebbe risposta, allora ne tagliò due pezzi, se vuoi anche abbondanti e ne porse uno. Del suo lo spezzò in tre parti, ne prese una e la pucciò nel latte tiepido. Ci infilò anche le estremità di indice pollice e medio, come faceva da piccola, il tepore del latte sulle punte delle sue dita le aprì un mondo di ricordi. Il sorriso di nonna che la guardava fare colazione, il nasone del cucciolo di casa che sbucava da sotto al sua ascella, nell'attesa di poter avere anche lui un bocconcino. La delizia più buona del mondo. Un mondo antico, il mondo del suo piccolo borgo contadino, un borgo costruito in salita sul mare, fatto solo di case gradini e pescatori, case alte e strette, collegate da piccoli carrugi tutti i salita  fatti di gradini che sembravano non finire mai. Il piccolo porto, una piccola diga foranea dietro cui si nascondevano dal mare grosso le 5 o 6 imbarcazioni dei pescatori del paese. Un paese dove tutti si conoscevano, erano mezzi parenti e si chiamavano per nome, un paese dove le porte non erano mai chiuse a chiave ed il più delle volte le case non avevano neppure la porta ma solo una tenda all'uscio. Da quanto tempo non ci pensava, ma era la sua casa e le rimaneva comunque nel cuore e nell'anima.
Poi era arrivata la famiglia di Flaminia, era stato costruito un grande palazzo sul colle, lo chiamavano il Palazzo dei Leoni, suo zio aveva fatto ingrandire il porto e quel mondo era cambiato. Il paese era cresciuto, grandi velieri giungevano da porti lontani, la città era diventata più ricca, i piccoli artigiani erano diventati imprenditori, i pescatori capitani di vascello, era stata costruita una grande scuola ed un asilo. Non c'era più fame in città e nemmeno morbo, c'erano anche dei cerusici, qualcuno anche dai paesi arabi. Quanto le mancava alle volte casa. Il Monastero era un posto sereno, ma il chiasso del porto e del mercato non li aveva più sentiti.

Mangiò le tre parti una dietro l'altra, quando ebbe finito succhiò anche la punta delle dita.

Guardò Flaminia. Flaminia era una che mangiava piano.
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flaminia



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MessagePosté le: Mer Oct 12, 2022 9:25 pm    Sujet du message: Répondre en citant

Non aveva mai mangiato la "Micca". A dire la verità non l'aveva mai sentita nominare.

L'unico dolce con l'uva che aveva incontrato, era un ricordo d'infanzia a Venezia, quando una delle sue balie le aveva fatto la "Torta Angelica"  una treccia dolce di pan brioche, farcita con l'uvetta, crema di nocciole e pinoli, ricoperta di glassa. Un dolce soffice, da mangiare a colazione. Quella che aveva davanti era una torta molto più grezza, con farina grossolana.

Ne prese un piccolo pezzo per assaggiarla e la mise in bocca. Con orrore s'accorse, che c'erano i semi e le bucce dell'uva.
Come si fa a dimenticarsi i semi e le bucce dell'uva in una torta?
Non sembrava carino non finirla, visto l'entusiasmo di Dalmore, non voleva passare per quella ricca e viziata.
Quindi la mangiò tutta, ma a piccoli morsi, scartando tutte le buccine ed i semini nel piatto con molta grazia e meticolosità.

Ci volle un po' più di tempo. C'era però una cosa di cui non capiva il senso. Dalmore le aveva fatto indossare dei calzoni corti al ginocchio senza calze e zoccoli invece delle scarpe. Esporre la parte inferiore delle gambe ed il ginocchio visto che ci sarebbero state molte persone alle operazioni di pigiatura non le sembrava molto opportuno.

Provò a chiedere lumi. "Perchè questo particolare insieme di vestiti, scarpe e accessori?".
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dalmore



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MessagePosté le: Ven Oct 14, 2022 11:28 am    Sujet du message: Répondre en citant

La domanda le fece balenare come un tuono ante pioggia nella testa.
"Datti una mossa a mangiare che alla pigiatura ci stanno aspettando!".

Poi aggiunse: "I vestiti servono per la pigiatura. Non vorrai fare la pigiatura con le scarpe e affondando le gonne nel mosto. Dovrai entrare nei tini e pigiare l'uva a lungo, quei calzoni servono ad evitare che tu possa diventare una bustina di tisana nell'acqua calda!".

La vide deglutire l'ultimo boccone con imbarazzo. Fecero la poca strada che le divideva dalle cantine. Ci entrarono e subito furono avvolte dai profumi dell'uva schiacciata che si liberavano nell'aria. C'era un via vai di persone attorno ai tini, quei tini alti, avevano la forma di un cilindro che si restringeva verso il vertice. All'apice il pigiatore saliva attraverso una scaletta e da li cominciava a pigiare gli acini camminandoci sopra. La passeggiata circolare sugli acini dava origine al cosiddetto pigiato. Tuttavia dopo lo schiacciamento e la fuoriuscita del liquido dall'acino, una buona parte di questo restava attaccata alla buccia per essere poi lavorato con la pressatura, ma questo sarebbe stato il lavoro del giorno appresso, per ora ed entro il tramonto bisognava aver pigiato tutto.

Le invitarono a salire nei due tini che le aspettavano. Un vecchio contadino dopo aver versato i grandi cesti d'uva dall'alto porse loro la mano perché salissero senza scivolare su quei pioli umidi e bagnati dopo aver lasciato gli zoccoli alla base. Il contatto dei suoi piedi con l'uva la mise di buon umore. L'uva era fresca, lei si mise a saltellare intorno canticchiando.
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flaminia



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MessagePosté le: Dim Oct 16, 2022 10:57 am    Sujet du message: Répondre en citant

Prima di entrare nel tino l'avevano lavata tutta piedi e gambe, con l'acqua della fontana. Freddissima nonostante la stagione ancora tiepida. Sembrava assolutamente naturale, lavarsi bene prima di entrare nei tini, visto che aveva visto qualche pigiatore affondare nell'uva fino alle ginocchia. Fece quei pochi scalini della scala a pioli tenendosi alla mano di un signore che gentilmente si era offerto di aiutarla. L'aveva gradito perché quella scaletta non le sembrava proprio troppo sicura.

Aveva immerso il primo piedino nell'uva da pigiare.

Ahhh! Lumache!. va ben ... questa era la sensazione che aveva provato.
Il primo passo uno schifo, viscido e freddo. Shaquac, shaquac, era stato il rumore dell'uva pestata.

Poi aveva immerso il secondo piede e aveva fatto due passi.Shaquac, shaquac . ... e si era abituata

Shaquac, Il terzo passo, le era piaciuto. Saltare nelle pozzanghere è una libidine infantile.

Shaquac, shaquac .... Shaquac, shaquac .... che ben!

Dal tino di fronte Dalmore la guardava e le sorrideva, e “botte contro botte” la sfidava a pigiare senza appoggiare le mani sui bordi della botte…una fatica tremenda… da ragazzine, ma lei non voleva mostrarsi da meno degli altri e seppur l'equilibrio fosse limitato e la fatica pesantissima per i suoi piedini teneva duro.

I raspi dell'usa grattavano e facevano il solletico sotto i piedi. Dal foro posto sotto il tino cominciava a fuoriuscire il mosto. Ma si sentiva la padrona della situazione, intorno ai tini le persone la guardavano ed attendevano il suo lavoro. Un uomo era deputato al cambio del bigoncio quando fosse stato pieno per trasferire il mosto alle botti dopo aver separato le vinacce ed i raspugli.

Dopo un paio d'ore chiese il cambio, il prurito iniziale dei raspi sulle piante dei piedi si era trasformato in una grattugia e sentiva un pò di bruciore, le avevano detto di fermarsi a quel punto. Uscì sempre appoggiandosi alle mani dell'anziano signore e con le gambe tutte rosse andò alla fontana a lavarsi. L'acqua fresca sembrò un ristoro...era stanca, morta, finita e non era nemmeno mezzogiorno. Dalmore era ancora sopra al suo tino e saltellava sull'uva canticchiando. Un po' l'invidiava, avrebbe voluto anche lei avere la sua resistenza fisica e la sua spensieratezza.
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