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[IT] Il libro dell'agiografia - Gli scritti dei santi

 
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Kalixtus
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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 2:39 pm    Sujet du message: [IT] Il libro dell'agiografia - Gli scritti dei santi Répondre en citant

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Dernière édition par Kalixtus le Mer Oct 18, 2023 10:21 pm; édité 2 fois
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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 2:42 pm    Sujet du message: Répondre en citant

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    L'ordine delle cose, visto da Mhour

    Un giorno una parte della nostra tribù complottò per togliere il potere al nostro capo, perché i loro desideri non corrispondevano a quelli della nostra grande guida. Io, A. Mhour, mi fermai davanti a loro per ricordargli l'ordine delle cose che abbiamo voluto, che siamo una comunità e che la comunità deve mantenere la propria coerenza e soprattutto l'ordine che essa stessa ha creato con i suoi costumi e le sue leggi.

    La creazione è diretta dalle leggi di Dio, le comunità sono dirette dalle leggi degli uomini.
    Senza le leggi di Dio, l'umanità dovrà combattere gli animali, perché essi non gli saranno più sottomessi; senza le leggi di Dio la pietra si metterebbe in moto per conto suo e sarebbe impossibile costruirci sopra qualsiasi cosa; le nuvole sarebbero pesanti e chi schiaccerebbero, le stelle fermerebbero la loro corsa intorno alla terra e ci troveremmo proiettati nel buio.

    Le leggi degli uomini non sono meno importanti perché in parte sono ispirate direttamente da Dio.
    Nessuno può servire il nostro Creatore senza rispettare le leggi, nè quelle della creazione nè quelle della società.
    Senza leggi, prevarrebbe la legge della creatura senza nome, ed il capo sarebbe tale perchè è colui che è più forte, e ogni giorno qualcuno potrebbe dimostrare di essere più forte di lui e così non ci sarebbe stabilità.
    E la stabilità è legata alla conservazione della società.
    La società deve avanzare verso la perfezione divina, ma nella stabilità. Essa deve pertanto essere soggetta al suo capo, come un capo deve essere soggetto a Dio.

    Il capo è la testa, il prete è il cuore, e i fedeli sono gli altri membri del corpo.

    Se la testa non ha il cuore, se gli altri membri non seguono la testa, il corpo non può funzionare...
    A volte è meglio tagliare la propria mano se essa rifiuta di lavorare in armonia con il resto del corpo piuttosto che lasciar lacerare il cuore o decapitare la testa.

    Nella nostra società la testa rappresenta il nostro capo politico, è lui che mantiene tutta la tribù, ma se è lui che pensa ala popolazione, egli deve pensare per il bene della maggioranza senza per questo dimenticarsi dei più deboli.

    Il cuore è lì a ricordargli che la nostra più grande legge è quella del nostro Creatore, e che, nonostante egli governa sulla terra, sarà comunque giudicato come tutti i figli della creazione, e senza dubbio più duramente degli altri.

    Les seuls excuses que l’on puisse avoir de se dresser contre son chef c’est s’il ne respecte pas sa communauté et gouverne pour lui et non pour elle, si il est prévaricateur ou qu’il rejette Dieu de son cœur, car alors il ne peut être le chef.

    Le sole scusanti che potremmo avere per sollevarci contro il nostro capo sono nel caso in cui egli non rispettasse la comunità e governasse per sè e non per essa, o nel caso in cui volesse prevaricare sul suo cuore o rifiutare Dio, poichè allora non può essere il capo.


    Tradotto da Federica. revisionato da Adhominem


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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 2:44 pm    Sujet du message: Répondre en citant

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    Lettera di Tito a Linus seguita da una lettera di Linus ad Anacleto.

    Lettera di Tito a Lino


    Citation:


    Ti scrivo questa lettera dalla mia prigione perchè penso che la mia missione si avvicini alla sua fine.

    Scrivo a te, Lino, amico mio, perchè voglio che tu continui dopo di me ciò che il nostro Salvatore Christos ha cominciato in Giudea e per il quale fu martirizzato.

    Io non so cosa ne è stato degli altri apostoli, ma ti incarico di ritrovarli e di organizzare la diffusione della fede e la formazione dei nostri sacerdoti. Non cedere alla tentazione del ferro, ma non cercare di morire inutilmente come un martire, perchè la vita è un dono prezioso che il nostro Signore ci ha fatto.

    La Chiesa dovrà divenire una società visibile, che si riconoscerà in quattro tratti caratteristici: una, santa, Aristotelica ed apostolica.

    Il legame che tiene unita l'essenza divina per mantenerci vicino al Creatore, esiste solo per volontà Sua e attraverso Christos ed i suoi apostoli. Perchè è a noi che questo legame è stato donato primariamento e sarà trasmesso in virtù della Amore infinito per coloro che rimangono fedeli al messaggio dei profeti.
    Il messaggio divino trasmesso dai profeti deve essere conservato e preservato da coloro che saranno i vescovi tra i vescovi per i quali sia impossibile alla Chiesa di Christos di errare e divenire infedele al Dogma
    E' altresì necessario rimuovere tutte le altre società che usurpano il nome della Chiesa. Poichè essere guidati da uno spirito di eresia o da una creatura senza nome è un errore molto pernicioso sia per la dottrina che per la morale.
    Sarà un lungo cammino, ma ho visto in un sogno che tu andrai a Roma per finire la costruzione di quello che diventerà il cuore della nostra società fedele alla parola che ci è stata insegnata dal Messia stesso.

    Conto su di te, amico mio, per continuare il cammino che ho intrapreso con Chirene, Calandra, Adonia, Elena, Ofelia, Uriana, Thanos, Paolo, Niccolò, Samot e anche con questo infedele di Daju.

    Il latore di questo messaggio ti farà avere anche un mazzo di chiavi, una delle quali apre la cripta dove noi ci incontriamo in segreto, lui potrà guidarti e proteggerti, ma siate discreti perchè i nostri nemici stanno cercando di farci scomparire. In questa cripta troverai anche sette ante, ognuna delle quali si apre con una chiave, dietro la settima porta si trova la lista dei nostri fedeli più sicuri, con cui sarà possibile continuare il nostro lavoro..

    tradotta da Morvan, revisionata da Kali_


    Lettera di Lino ad Anacleto

    Citation:

    Amico Anacleto, fratello mio,

    Io, Lino, successore di Tito, scrivo qui per preservare la memoria di colui che è stato scelto da Christos per sostenere e trasmettere il messaggio divino attraverso i secoli.

    Ero molto giovane, circa 10 annni, quando Christos è stato crocifisso, e all'epoca ero un vagabondo, ma ricordo di avere avuto la sensazione di essere stato trafitto dalla luce di Dio e di aver sentito in me la quintessenza e di essere in comunione con tutti gli Angeli e in me sentivo l'Amore del nostro Creatore. Non si passa indenni da una tale esperienza e così sono diventato un accolito di Tito.

    Tito non era destinato a diventare un missionario, figuriamoci a guidare le fede e così l'umanità.
    Samoth era più grande di me, ma presto diventammo tutti e tre amici nella vera amicizia, quella di cui parlava Aristotele, quella in cui nessuno si aspetta qualcosa in cambio e in cui si condivide tutto.

    Tito ebbe una lunga discussione con Christos e l'altra apostole in merito a portare avanti la loro missione dopo la morte del profeta.
    Tutti sapevano che i Romani non ci avrebbero permesso di continuare il suo lavoro in modo sicuro e che era meglio organizzarci in ombra prima della diffusione della Luce attraverso i confini dell'Impero.

    Eravano venti e il giuramento di elevazione fu firmato con un patto tra di noi che ci avrebbe impegnato al servizio della Chiesa con Dio.
    I seguaci più umili e santi ci chiesero di fondare una Chiesa ma senza riferimento al suo nome poiché voleva essere la guida spirituale, quindi fu stabilita “La Guida Apostolica dei due profeti e presi la croce come segno di distintivo
    Sapendo che ci avrebbero inseguito ci dividemmo per spargere la voce in diverse regioni. Abbiamo venduto tutto ciò che avevamo e a ciò si aggiunsero le donazioni, e fummo rapidi per finanziare i nostri viaggi. Tito prese ciò che era rimasto e andò via per 2 giorni per tornare con 12 anelli fatti in pietra verde smeraldo e viola.
    Noi abbiamo il dovere di adorare doverosamente chi sarà il nostro capo spirituale e quello su cui il lo sguardo di Diò potrà posarsi, come Crhistos ci ha insegnato.
    Nessuno deve essere separato da ciò per cui è stato chiamato a fare e nel corso del tempo altre pietre saranno aggiunte perchè Dio vuole che il nostro numero aumenti..

    Tradotta da Morvan, revisionata da Lululu


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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 2:47 pm    Sujet du message: Répondre en citant

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    Lettera agli Abderitani

    Cari amici,

    Mi sono state riportate le vostre difficoltà con certi sofisti che professano il monismo. Vi voglio aiutare nel vostro compito!

    Il corpo deriva dalla creazione del mondo grazie all'Altissimo. Tutte le creature animate possiedono un corpo, e questo è della stessa natura del resto dell'universo. Esso è materiale, finito, pesante. Possiede tutte le caratteristiche che il grande Aristotele svela di già nei suoi scritti. Per inciso, dovete assolutamente combattere la teoria democritea che vuole che tutta la materia sia formata da particelle inscindibili, ciò che loro chiamano "atomi"! In che modo, in effetti, immaginate che la materia sia formata da queste particelle? Se queste particelle esistono e hanno una dimensione, possiedono delle parti e un centro, si può allora per forza scinderle in queste parti tagliando nel centro. Se la loro inscindibilità corrisponde alla loro assenza di dimensione, allora non possono essere all'origine della materia poiché l'estensione è giustamente la prima caratteristica di quest'ultima.

    Quanto all'anima, allo spirito, è un attributo tipicamente umano. Ciò si ritrova ben spiegato sia ne "La Decisione" sia nel terzo capitolo della Vita di Aristotele. Solo l'uomo ha il potere di decidere, di riflettere, di modificare il suo comportamento. E ciò deriva da un favore divino. Il monismo, nell'identificare l'anima con la materia, confonde la terra con l'etere. L'anima è immateriale, spirituale ed eterna. Un'anima materiale sarebbe pesante, scindibile, sottomessa alle leggi del movimento. Si può immaginare un'anima pesante? Un'anima divisa in due? Un'anima che rimbalza contro il muro? Ma può essere che quella dei monisti ha urtato talmente tanti ostacoli da essere ammaccata, lacerata e tutta in brandelli?

    Amici miei, non deviate mai dalla via tracciata dai due Profeti e conservate sempre la speranza poiché la grande conversione verrà!

    Paolo da Cesarea

    Tradotto da Matteo_Visconti, revisionato da Hipazia


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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 2:48 pm    Sujet du message: Répondre en citant

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    Epistola di Nikolos sul lavoro.

    A Seneca di Tarso, nostro beneamato fratello in Christos, salutem dat!

    Fratello mio, è con un estremo piacere che ho ricevuto poco fa la tua ultima lettera, in cui mi chiedi consigli riguardo alle difficoltà che hai a convincere le genti di Corinto a piegarsi ai lavori quotidiani pretesi dal lavoro tanto manuale quanto intellettuale, tanto la pigrizia sembra esservi come una seconda virtù naturale presso questi popoli, mal sgrossati dal loro antico paganesimo, che rifiutano di ammettere come verità i principi enunciati da Dio nel Libro delle Virtù:« Affinché non dimentichiate mai che questo potere è un Mio regalo, che vi ricompensa così della tua buona risposta, Oane, il lavoro sarà duro, difficile, stancante e faticoso. Ma non ti lamentare della sofferenza che provoca, poiché, in verità, è un bellissimo regalo che vi faccio.. »
    Rinnegando, così come fanno, il lavoro, sono la loro anima e il loro futuro nel Paradiso solare ch'essi compromettono. Il tuo dovere è quindi di salvarli ad ogni costo dal peccato, caro Seneca, e so che ne sei cosciente quanto me, come testimonia la tua richiesta di aiuto.

    Mi permetterai dunque di inviarti il piccolo trattato che segue e che ho scritto specialmente per te, per rafforzare le tue prossime prediche e accompagnare gli abitanti di Corinto a una migliore considerazione del lavoro attraverso la forza dell'argomentazione.

    Il lavoro è il modo più nobile e degno che abbiamo per diventare padroni della nostra sorte; partecipa della libertà che Dio chi ha donata. L'uomo libero è, in effetti, colui che, a immagine di Dio, è capace di costruire e di creare col proprio lavoro i mezzi che gli permetteranno di imporre la sua forza alla natura che lo circonda.

    Risponde anche a questa legge severa della natura: che nulla non si ottiene senza sforzo. Questa legge del lavoro è stata segnata da una formula di maledizione: "Il lavoro sarà laborioso, difficile, usurante e stancante". È dunque a torto che è stato fatto risplendere ai loro occhi il miraggio di una città futura dove non ci sarebbe più posto altro che per il divertimento e il piacere. Una tale società non sarebbe più una società obbediente all'ordine naturale voluto da Dio, ma all'ordine impuro della lussuria, che trascina l'uomo verso i peggiori eccessi fino alla sua caduta finale.

    Attraverso il lavoro, l'attività, l'uomo si libera delle necessità naturali, impara a controllare le sue pulsioni e i suoi desideri, si dà delle regole, impara a costruirsi, si disciplina e allontana così da sè i vizi che l'ozio porta in sè e che lo renderebbero schiavo della Creatura Senza Nome e dei suoi trabocchetti.

    Il lavoro è dunque un beneficio; è, in effetti, una condizione della buona salute morale e fisica, dell'equilibrio e dello sviluppo delle facoltà umane. È un errore credere che si possano conservare intatti i propri doni o le proprie facoltà nell''ozio. Noi sviluppiamo le nostre capacità e aumentiamo le nostre forze solo tramite l'esecizio che diamo loro. La stessa esperienza vale per le nazioni e per gli individui. Non si costruisce una grande nazione grazie a un privilegio o a un favore della fortuna: la si costruisce tale col lavoro continuo di tutti i suoi figli, di generazione in generazione e se la città di Corinto, un tempo, avesse poltrito meno e fosse stata più assidua al lavoro, non si piegherebbe oggi sotto il giogo dell'Impero Romano, punizione che Dio le ha inflitto a causa della sua pigrizia.

    Per di più, un uomo che sa portare a termine un compito con coraggio ed esperienza, rappresenta sempre un valore per i suoi simili e si integra così più facilmente nella città per la considerazione di cui gode. Il più sano orgoglio che si possa provare è di sentirsi utile per un lavoro ben fatto. Nessun privilegio di rango o di fortuna dà a qualcuno altrettanta fiducia nella vita e benevolenza allo sguardo altrui. Contribuisce dunque a sviluppare l'amicizia aristotelica.

    Ciò che ti dico qui vale sia per il lavoro manuale che per il lavoro intellettuale, il quale, pur essendo di un'altra natura, non è meno impegnativo, sfiancante a livello morale e stancante e che, per questo, non è meno benedetto da Dio rispetto all'altro; al contrario.
    Nulla sarebbe, in effetti, più falso che affermare che Dio non prova altro che disprezzo per il lavoro dello spirito. «Le arti e le scienze furono allora concepite per innalzarli ancora di più verso Dio. Impararono a comporre musica, i canti divenivano sempre più belli e gli strumenti che li accompagnavano sempre meglio realizzati. Scoprirono le piante che guarivano le piaghe e le malattie, in modo che la loro salute permettesse loro di glorificare l’Altissimo per più tempo. Inventarono la scrittura, che permise loro di conservare tutto il loro sapere per le generazioni future», ci dice il Libro delle Virtù a proposito degli uomini.

    Istruirsi è uno dei doveri che ci impone il nostro Creatore; è per questo che ha permesso che ciascuno abbia diritto a un'uguaglianza di possibilità e che ciascuno si possa istruire, senza distinzioni dal momento che i frutti legittimi del suo lavoro gli permettono di elevarsi nella società. In questo modo, solo il lavoro e il talento stabilisconono le fondamenta della gerarchia sociale della città ideale sognata da Aristotele. Nessun pregiudizio sfavorevole colpisce nessuno sulla base delle sue origini sociali, a condizione ch'egli si integri nella società e che egli vi apporti un contributo senza riserve.

    Così, ogni uomo che rifiuti di istruirsi o di elevarsi nella società va contro al piano stabilito dal nostro Creatore e si rende ugualmente colpevole dei peccati di pigrizia e di accidia non utilizzando le facoltà di cui il Creatore l'ha dotato; deve anche essere considerato un traditore della società, poiché, sprecando i talenti che Dio ha messo in lui, ne priva una parte dei suoi simili e li penalizza con la sua pigrizia intellettuale.

    Ché queste considerazioni possano, caro Seneca, ispirarti e aprire ai Corinti il cammino della Virtù; gloria a te, in Aristotele e in Christos, per l'eternità dei tempi.

    Traduzione di Sciabola, revisione di Hipazia


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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 2:49 pm    Sujet du message: Répondre en citant

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    Epistola di Niccolò sul culto dei Santi

    Niccolò, fratello in Christos, a Seneca, a Corinto, salutem dat !

    Caro Seneca, ho ricevuto la tua lettera dove ti preoccupi di questa sorta di culto che alcuni dei tuoi nuovi convertiti rendono ai loro martiri e anche ad Oane, che, tu mi dici, essi pregano per ottenerne favori e benedizioni.

    Sotto molti aspetti, ciò mi fa pensare alla rinascita delle pratiche pagane di cui il Libro delle Virtù ci dà testimonianza:
    Citation:

    Ma non vi era amore per i nuovi dei. Questi servivano solo a concedere favori in cambio di sacrifici. Certo, quei pagani rispettavano le loro divinità, ma lo facevano più per paura che per amore (Preistoria VIII - Il paganesimo)


    Se dobbiamo onorare coloro che sono morti per la nostra fede, pregarli aspettando in ritorno un servizio mi sembra essere una pratica molto pericolosa.
    Confesso che, se fossi al tuo posto, terrei loro all'incirca questo discorso:
    "State attenti a che, pregando i santi, non vi inventiate nuovi idoli pagani e che, dimenticando Dio, voi non viviate che di pratiche superstiziose volte ad attirare le loro grazie e a vivere non nell'amore divino, ma nel timore di quest'ultimi, come se fossero dei nuovi idoli.
    Considerate sempre che i santi debbano essere imitati nella loro vita virtuosa e non pregati da mendicanti spauriti che temono di essere altrimenti colpiti da una qualche calamità, poiché sicuramente, dimentichereste in fretta il nome di Dio per lasciare che il timore penetri nei vostri cuori e si sostituisca all'amore".

    I tuoi fedeli devono, in effetti, essere coscienti che essi stanno dimenticando Dio, la sua saggezza e la sua grandezza pregando altri invece di lui, poiché solo Dio dona l'Amore agli uomini, dal momento che egli è l'Unico e che così deve essere anche l’Amore verso di Lui, senza timore d'aver paura di Lui.

    Inoltre, non posso che incoraggiarti a dar loro come modello il Libro delle Virtù, in particolare il passo concernente la morte di Oane, che mostrerà loro quali limiti debbano dare al culto che essi rendono ai nostri martiri e ai nostri grandi uomini:
    Citation:
    Dunque le vostre lacrime non siano di tristezza ma di gioia, poiché l'Altissimo mi fa il più bello dei regali. AmateLo e Lui vi amerà. AdorateLo e Lui vi benedirà. Vivete nella virtù e Lui vi accoglierà al Suo fianco."
    Quindi esalò il suo ultimo respiro. E tutti si guardarono l'un l'altro, senza capire la serenità che ancora si mostrava sul viso della loro guida. Seppellirono il suo corpo in mezzo alla valle, dove avrebbero vissuto a partire da quel momento. Fecero un giuramento: ogni settimana si sarebbero riuniti intorno alla sua tomba, perché li accompagnasse e li guidasse quando avrebbero reso omaggio a Dio. (Preistoria I - Oanilonia).


    Farai notare, Seneca, che Oane insiste molto sul fatto che solo Dio e il legame diretto con Dio, senza passare per i nostri morti, permette di dispensare l'Amore.
    Quanto al ruolo di quest'ultimi, il Libro è chiaro: " accompagnare e guidare coloro che rendono omaggio a Dio", vuol dire che è la loro vita virtuosa che deve essere imitata, servire da guide ed accompagnare il fedele nella sua ricerca di Dio, e le preghiere che si rivolgono a loro non devono avere che un solo scopo: aiutare a trovare il cammino verso Dio ! Non a dispensare questo o quel favore, protezione ... !
    Per il resto, non avere paura di combattere le pratiche superstiziose di questi uomini, e di castigarli duramente a causa di ciò, perché è così che essi realmente comprenderanno in cosa la nostra religione è assolutamente differente da quella che hanno conosciuto.

    Spero che tu stia bene, e che potremmo presto rivederci insieme a Tito, che non mancherà, anche lui, di essere interessato al caso dei fedeli di Corinto;

    Che Aristotele e Christos ti abbiano nella loro Santa Custodia.

    Niccolò.

    Tradotto da Doron, revisionato da Hipazia

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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 2:57 pm    Sujet du message: Répondre en citant

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    10 Meditazioni di San Barnaba


    « Le meditazioni di Barnaba, ovvero l’Odissea del predicatore-pellegrino degli infelici »



    Molti anni abbiamo trascorso sui sentieri del reame di Francia. Durante gli studi da seminarista presso il monastero di San Benedetto, in Normandia, dove abbiamo passato tutta la nostra giovinezza, ci siamo imbattuti in numerosi manoscritti di circa un secolo fa; essi raccontano la vita di un uomo, di nome Barnaba, che ha percorso il reame di Lys per predicarvi una parola particolare e tuttavia pregna di significato.

    Il monaco Pietro Maria, passato a miglior vita 89 anni prima presso il monastero in cui studiavamo, aveva seguito questo personaggio sui generis in una parte del suo viaggio: si era incaricato di mettere per iscritto ogni peregrinazione del giovane predicatore ed il resto se l’era fatto inviare da Barnaba stesso.

    Si trattava semplicemente di bozze, ma avemmo il piacere di scoprire tra di esse alcune lettere dell’ “amico degli infelici”. Fu allora che decidemmo di continuare l’opera di Pietro Maria. A partire dai numerosi frammenti lasciati dal monaco, abbiamo cercato di tracciare il percorso compiuto da Barnaba. Dopo aver riscritto la sua storia ci mettemmo in cammino, non per verificare i dettami della regola cistercense, ma per provare nuovamente le emozioni del predicatore pellegrino. Giorno dopo giorno, villaggio dopo villaggio, ci meravigliavamo di ritrovare le tracce e di rivisitare i luoghi descritti dal monaco e da Barnaba.

    Sconcertati di rivivere ciò che lui per primo aveva provato, ci siamo presi la libertà di completare i frammenti di Pietro Maria. Naturalmente, non ne abbiamo in alcun modo modificato né il senso né la natura, ma vi abbiamo apportato quel tocco che lo ha reso così vivo che noi stessi ci siamo commossi, nell’immaginarlo appoggiato ad un albero, in una sosta del cammino, quel genere di albero che troneggia, solido e calmo, al centro di un campo e che dispensa gradevolmente, dall’alto della sua chioma, ombra e frescura quando il tempo è caldo e che ci aiuta a ritrovare la presenza di Dio…

    Abbiamo apprezzato quel viaggio, che diventava, poco a poco, un pellegrinaggio. E quando tornammo al monastero di San Benedetto, decidemmo di chiamare questo testo “Le meditazioni di Barnaba ovvero l’Odissea del predicatore-pellegrino degli infelici”. Un giorno, forse, quando avremo il tempo di terminare ciò che abbiamo intrapreso, cercheremo di far beatificare quest’uomo, se non addirittura di farlo diventare il santo dei pellegrini…

    Aaron de Nagan, vescovo di Lisieux
    VI febbraio nell’anno di grazia di nostro Signore MCDLIV


    Citation:
      Prima meditazione

      Durante un pellegrinaggio che lo condusse a percorrere in lungo e in largo il suolo francese, Barnaba si fermò, un giorno, in un piccolo villaggio della campagna Borgognona. Appena giunto, egli invitò gli abitanti del borgo ad avvicinarsi:
      “Venite, amici cari, venite!”
      I fedeli cominciarono ad attorniarlo: prima di cominciare la predicazione, Barnaba sollevò uno scudo doro, in modo che tutti lo potessero vedere. Poi chiese:
      “Chi desidererebbe avere questo scudo?”
      Molte mani cominciarono a levarsi. Egli proseguì:
      “Regalerò questo scudo ad uno tra di voi, ma prima devo fare una cosa”
      Morse la moneta e vi sputò sopra. A questo punto, chiese:
      “C’è ancora qualcuno che lo vuole?”
      Le mani rimasero alzate.
      “Molto bene. Ma lo desiderate ancora se faccio questo?”
      E così dicendo, gettò lo scudo per terra, vi saltò sopra con i piedi, schiacciandolo il più possibile, ricoprendolo di polvere, di terra e di sterco di cavallo. Domandò, allora:
      “Chi vuole ancora questo scudo?”
      Ancora una volta, le mani continuarono ad alzarsi, malgrado l’aspetto e l’odore che provenivano dalla moneta, schiacciata al suolo.
      “Amici, avete appena appreso un’importante lezione… Poco importa ciò che faccio con questa moneta. Voi la volete perché il suo valore non è cambiato: vale sempre uno scudo.
      “Pensate a voi stessi, agli altri, alle vostre vite, alle loro vite. Più volte, nel corso dell’esistenza, sarete schiacciati, rifiutati, infangati dalle persone o dagli eventi. Avrete l’impressione di non valere niente, ma in realtà il vostro valore non sarà cambiato agli occhi di coloro che vi amano.
      “Il valore di una persona non si misura da ciò che non ha fatto: potrete sempre ricominciare e cercare di raggiungere i vostri obbiettivi, poiché il vostro valore intrinseco rimarrà intatto per sempre.”


    Citation:
      Seconda meditazione

      Era un giorno pieno di sole. Barnaba camminava già da due giorni. Arrivò a Niort e ne percepì l’atmosfera gioiosa. La piazza e le vie del villaggio ribollivano di gente: era un giorno di festa! Era appena terminata una corsa nella quale si erano misurati tutti gli uomini forti del villaggio ed il vincitore veniva festeggiato ed acclamato dalla folla. Gli sconfitti lo portavano in spalla senza alcuna invidia. Barnaba fu letteralmente catturato dalla folla, partecipando, suo malgrado, alle danze che i cittadini improvvisavano. Alcune ore più tardi, alla fine del pomeriggio, quando gli spiriti si furono calmati, Barnaba prese la parola, come aveva fatto tante altre volte.
      “Amici miei, devo dirvi che questo giorno sarà per me indimenticabile: non mi conoscevate eppure mi avete invitato a condividere la vostra gioia, come se avessi sempre vissuto qui! Vorrei ora raccontarvi una storia:

      Un giorno, in un villaggio nel sud della Francia, si tenne una corsa per giovani orfani.
      L’obiettivo era arrivare in cima ad un’alta collina.
      Molti spettatori si riunirono spontaneamente per seguirli e sostenerli.
      La corsa partì.
      La gente non credeva che degli orfani smagriti e deboli potessero raggiungere la cima ed i commenti più frequenti erano:
      “Che pena, non arriveranno mai!”
      Pian piano, alcuni bambini cominciarono a ritirarsi dalla corsa, tranne uno che continuò ad arrampicarsi.
      La gente continuava a dire: “Che pena, non arriveranno mai!”
      Ed I bambini si arrestarono, vinti, tranne uno, sempre lo stesso, che continuava ad insistere.
      Alla fine, tutti desistettero, tranne uno, che, da solo e con sforzo enorme, raggiunse la cima della collina. La folla e gli altri orfani vollero sapere come aveva fatto.
      Un uomo si avvicinò a lui per chiederglielo e… scoprì che il bambino era sordo!
      Barnaba si fermò e guardò il pubblico riunito intorno a lui. Alcuni, interessati dalla predica, si erano prima avvicinati, poi seduti intorno all’oratore alla luce dei lampioni. Riprese:
      “Morale, non ascoltate le persone che hanno la cattiva abitudine di essere negative, poiché vi rubano dal cuore le migliori speranze!
      Ricordatevi sempre il potere delle parole che ascoltate o dite.
      Siate sempre positivi!
      Siate sempre sordi quando qualcuno vi dice che non potete realizzare i vostri sogni.

      Lasciò riflettere la folla sulle sue parole, richiuse il fagotto nel quale aveva riposto i frutti che la gente gli aveva regalato, e partì.


    Citation:
      Terza meditazione

      Durante uno dei suoi viaggi, Barnaba si fermò in un piccolo villaggio di campagna, nella zona dell’Argonne. Non vi era una chiesa, solo una piccola cappella nella via principale. Barnaba si inginocchiò lì davanti e pregò per diverse ore. Gli abitanti, curiosi, gli si avvicinarono e lo invitarono a bere un bicchiere alla taverna del villaggio. Barnaba accettò e si fermò volentieri a conversare, fino a che, all’inizio della serata, decise di rivolgersi direttamente agli abitanti, prima di lasciarli.
      Indirizzandosi a loro, posò un boccale di grosso diametro sul tavolo davanti a sé.
      Poi estrasse una dozzina di pietre grandi come un pugno e le posizionò con cura, una per una, nel boccale.
      Quando fu pieno fino al bordo, domandò:
      «Questo boccale è pieno?»
      Tutti risposero: «Sì! »
      «Davvero?»
      Tirò fuori, da sotto il tavolo, un secchio di ghiaia, che versò nel boccale. Lo scosse e i granelli caddero negli interstizi, tra le pietre. Sorridendo, domandò al gruppo:
      « Ed ora il boccale è pieno?»
      «Forse no» disse qualcuno.
      Tirò allora fuori un secchio di sabbia e lo verso negli spazi lasciati tra pietre e ghiaia.
      E di nuovo, domandò:
      «Questo boccale è pieno?»
      « No” disse all’unisono il gruppo di cittadini.
      « Bene!» disse di nuovo, tirando fuori una caraffa d’acqua.
      Quando lo ebbe riempito di acqua fino al bordo, guardò il gruppo e domandò:
      «A che serve questa dimostrazione?»
      L’albergatore sollevò il dito e disse, con voce forte e rude:
      «Significa che, per quanto possa essere piena la nostra giornata, se si lavora duro si può sempre fare qualcosa in più»
      «No, la verità espressa da questa storia, è che se non avessi messo per prime le pietre più grosse, non avrei potuto inserire tutto il resto. Se avessi messo la sabbia per prima, non ci sarebbe stato posto per nient’altro. Quali sono le pietre nella vostra vita? Il progetto che desiderate realizzare? Il tempo passato con coloro che amate? Il vostro lavoro? I vostri scudi? Una causa? La compagnia degli amici?
      Domandatevi quali sono le pietre della vostra vita di contadini o in famiglia, poi riempite il boccale. Ricordatevi che se non mettete per prime le pietre, esse non riusciranno a tenere fermo tutto il resto.

      Barnaba salutò allora I cittadini e riprese il suo viaggio sulle strade del reame, verso nuovi villaggi.


    Citation:
      Quarta meditazione

      Sul cammino tra Autun e Chalon, in Borgogna, Barnaba vide in un frutteto due ragazzi che litigavano animatamente, percuotendosi. Osservò la scena, poi decise di raggiungerli: uno sembrava più forte dell’altro, che sembrava lasciarlo fare per paura, per timore. Barnaba li separò e li invitò a spiegarsi. Da quanto raccontarono, si trattava di due buoni amici, che avevano discusso per una stupidaggine e uno dei due si era arrabbiato con l’altro. Considerata l’autorità del più forte sul più tirmoroso, Barnaba decise di raccontare loro una storia, per spegnere l’animosità.

      C’era una volta un ragazzo dal cattivo carattere. Suo padre gli regalò un vaso pieno di chiodi e gli disse di piantarne uno nel recinto del giardino, ogni volta che perdeva la pazienza e litigava con qualcuno. Il primo giorno, egli ne piantò 17 nel recinto.
      Le settimane seguenti, imparò a controllarsi ed il numero di chiodi piantati nel recinto diminuiva, giorno per giorno: aveva scoperto che era più facile controllarsi che piantare chiodi.
      Finalmente, arrivò un giorno in cui il ragazzo non piantò più un chiodo nel recinto. Allora andò a trovare suo padre e gli disse che, per quel giorno, non aveva ancora piantato alcun chiodo. Suo padre, allora, gli rispose di togliere un chiodo dal recinto per ogni giorno in cui non aveva perduto la pazienza.
      I giorni passarono e, finalmente, il ragazzo disse a suo padre che aveva tolto tutti i chiodi dal recinto.
      Il padre condusse suo figlio davanti al recinto e gli disse:
      “Figlio mio, ti sei comportato bene, ma guarda quanti buchi ci sono nel recinto. Non sarà mai più come prima. Quando litighi con qualcuno e gli dici qualcosa di cattivo, gli lasci una ferita come quel buco. Puoi piantare un coltello nelle carni di un uomo e dopo toglierlo, ma gli resterà sempre una ferita. Poco importa quante volte ti scuserai: la ferita rimarrà. Una ferita verbale fa male quanto una ferita fisica. Gli amici sono gioielli rari, ti fanno sorridere e ti incoraggiano. Sono pronti ad ascoltarti quando ne hai bisogno, ti sostengono e ti aprono il cuore”.

      I due ragazzi si misero a piangere e si abbracciarono, confortandosi. Barnaba prese loro le mani e li riaccompagnò fino al villaggio. L’amicizia aveva trionfato, ancora una volta.


    Citation:

      Quinta meditazione

      Dopo aver soggiornato a Bayeux, Barnaba proseguì il suo cammino fino a sera inoltrata e si fermò in un albergo, per passarvi la notte. Meditò a lungo, prima di addormentarsi, su ciò che aveva vissuto a Bayeux, in occasione delle nozze di una giovane coppia. Il ragazzo, di buona famiglia, aveva sposato per amore la figlia di un contadino. Tuttavia, la sua educazione aveva indurito il suo cuore più di quanto non avrebbe dovuto: trattava la sua sposa come se non avesse alcun valore e le faceva costantemente notare che il denaro che possedevano non veniva dalla famiglia di lei, ma da quella di lui.Però l’amava davvero: solo che non sapeva dimostrarlo. Barnaba non riusciva a prendere sonno. Allora si alzò e scrisse una lettera, destinata a quel giovane:

      Mio caro amico
      È notte, e tuttavia io sono sveglio. Ci tenevo a scrivervi alcune parole riguardo al vostro matrimonio, a cui ho assistito a Bayeux, poiché mi è sembrato che voi ignoraste alcuni precetti derivanti dalla sacra unione compiuta davanti a Dio ed agli uomini.
      Il matrimonio non è prodotto del caso o dell’evoluzione delle forze naturali: è una saggia istituzione voluta dal Creatore per realizzare tra gli uomini il suo disegno d’amore. Grazie al dono reciproco di sé che è proprio ed esclusivo di questa unione, gli sposi tendono alla comunione dell’essere per un mutuo perfezionamento personale, in connubio con Dio, che ha come scopo la generazione ed educazione di nuove vite.
      Se lo si considera sotto questa luce, appaiono chiare le esigenze caratteristiche dell’amore coniugale, di cui è assolutamente necessario possedere un’idea quanto più esatta possibile.
      In primo luogo, è un amore pienamente umano, cioè sia sensibile che spirituale: non è solo un trasporto di istinto e sentimento, ma soprattutto un atto di libera volontà destinato a mantenersi e crescere nel tempo, attraverso le gioie ed i dolori del quotidiano, grazie ai quali gli sposi diventano un cuor solo e un’anima sola, raggiungendo insieme la loro perfezione umana.
      In secondo luogo, è un amore totale, ossia una forma specialissima di amicizia personale, attraverso la quale gli sposi condividono generosamente ogni cosa, senza riserve indotte né calcoli egoistici. Chi ama veramente il suo sposo non l’ama solo per ciò che ne riceve, ma per lui o lei, felice di poterlo arricchire del dono di sé.
      Inoltre, è un amore fedele ed esclusivo fino alla morte. Ed è proprio così che lo concepiscono il marito e la moglie, nel giorno in cui assumono, liberamente ed in piena consapevolezza, l’impegno di un legame matrimoniale; è una fedeltà talvolta difficile, ma sempre possibile, sempre nobile e meritoria. Nessuno può negarlo. L’esempio di tanti sposi, nel corso dei secoli, prova non solo la sua conformità alla natura del matrimonio, ma la sua essenza di fonte di profonda e durevole felicità.
      Infine, è un amore fecondo, che non si estingue nella comunione tra sposi, ma che è destinato a continuare, generando nuova vita. Il matrimonio e l’amore coniugale tendono, per loro natura, alla procreazione ed all’educazione dei figli, che sono il dono più eccezionale da esso derivato e contribuiscono grandemente al benessere dei genitori.
      Barnaba

      Posò la penna, piegò la lettera e andò a dormire. Fuori era quasi l’alba. Il gallo cantava…


    Citation:
      Sesta meditazione

      Un giorno, durante il viaggio, Barnaba si accorse di essersi perso. Era una circostanza piuttosto rara, ma sembrava che il suo sesto senso l’avesse abbandonato. Continuò il cammino, fino a raggiungere Aurillac, in Alvernia. Il villaggio era piuttosto animato, per via del mercato. Barnaba ne approfittò per acquistare delle provviste, poi si recò a meditare qualche istante vicino ad una piccola cappella all’angolo della piazza, un po’ discosta ed al di fuori da tutta l’agitazione. La cappella era dedicata a San Francesco, ed in quel momento vi erano raccolti una mezza dozzina di fedeli. Barnaba ne fu stupito e chiese ad un’anziana signora: apprese, quindi, che era il giorno della festa del santo. Egli, allora, approfittò di questa piccola assemblea per predicare.

      Amici miei, giunto nel vostro villaggio, sono stato fortemente colpito dall’onestà dei cittadini. In effetti, ho acquistato in fretta e furia alcuni panini e avevo fatto un errore nel pagarli; il panettiere mi ha gentilmente fatto notare che gli avevo dato troppo. In seguito, dal fruttivendolo, un cieco stava acquistando dei legumi e, anche in questo caso, non ci sono stati furti né inganni, neanche di un centesimo. Credetemi: l’onestà è diventata rara! Vi racconterò una storia, avvenuta ad Aurillac, molto tempo fa...

      Un giorno, un taglialegna stava tagliando un ramo che sporgeva al di sopra di un fiume. Improvvisamente, l’ascia gli sfuggì dalle mani e cadde nell’acqua. L’uomo piangeva così amaramente che Dio gli apparve, chiedendogli il motivo della sua disperazione.
      Il taglialegna gli spiegò che la sua ascia era caduta nel fiume e che, poiché era povero, non aveva i mezzi per acquistarne un’altra. Con sua grande sorpresa, l’uomo vide Dio immergersi nel fiume e riportare in superficie un’ascia d’oro:
      - E’ questa la tua ascia? Gli domandò
      Il taglialegna rispose “No”.
      Allora Dio ritornò nell’acqua e, stavolta, tornò su con un’ascia d’argento:
      - E’ questa la tua ascia? Gli chiese di nuovo.
      E di nuovo il taglialegna rispose “No”.
      Al terzo tentativo, Dio risalì con un’ascia di ferro e gli chiese nuovamente:
      - E’ questa la tua ascia?
      - Sì, gli rispose stavolta il taglialegna.
      Dio, commosso dall’onestà dell’uomo, gli regalò tutte e tre le asce. Il taglialegna tornò felice a casa, contento di aver incontrato Dio, di essere stato onesto e di aver guadagnato due asce.

      Perciò, la vostra onestà vi renderà più ricchi di quanto non siate: non ricchi di monete e preziosi, ma di amore, amicizia e virtù, poiché l’onestà è la base della vita sociale. La menzogna è la peggior cosa: mentire a se stessi o agli altri può distruggere non solo una vita, ma anche un amico, uno sposo. Dio riconoscerà tra di voi i più virtuosi e aprirà loro le porte del Sole.

      Barnaba si inginocchiò davanti alla piccola cappella, mentre gli abitanti lo osservavano con ammirazione, rapiti dalle sue parole; poi ripartì, esattamente com’era arrivato…


    Citation:
      Settima meditazione


      In viaggio tra Saintes e La Rochelle, Barnaba incontrò un uomo, sul bordo della strada: egli sedeva su un tronco e piangeva. Barnaba si fermò e si sedette accanto a lui. L’uomo non si fece pregare e, appena Barnaba si fu seduto, gli raccontò tutte le sue disgrazie, poiché aveva davvero bisogno di parlare. Sua moglie era andata via, il suo raccolto era stato misero, due delle sue quattro vacche erano morte, i suoi amici gli avevano voltato le spalle: in breve, era un periodo veramente difficile per il pover’uomo. Allora, Barnaba gli raccontò questa storia:

      Un giorno, l’asino di un fattore cadde in un pozzo.
      L’animale gemeva ormai da ore ed il fattore si chiedeva cosa poteva fare per salvarlo. Alla fine, considerò che l’animale era vecchio e che, in fin dei conti, il pozzo doveva essere dismesso. Concluse, perciò, che non era utile tentare di recuperare l’asino.
      Chiamò i suoi vicini e chiese loro di venire ad aiutarlo. Ognuno portò una pala, e cominciarono a riempire il pozzo di terra. All’inizio l’asino, rendendosi conto di quello che stava succedendo, si mise a ragliare furiosamente. Poi, meravigliando tutti, tacque.
      Dopo alcune palate di terra, spinto dalla curiosità, il fattore guardò finalmente il fondo del pozzo e ne fu sbalordito...
      Ad ogni palata di terra che gli cadeva addosso, l’asino reagiva immediatamente: si scuoteva la terra di dosso e calpestava, poi, il suolo sotto i suoi zoccoli. Mentre i vicini del fattore continuavano a gettare la terra sull’animale, l’asino se la scuoteva di dosso e saliva sempre più in alto. Presto videro l’asino uscire dal pozzo e trotterellare via!

      La vita cercherà di inghiottirvi sotto ogni tipo di lordura e macerie. Come fare ad uscire dal pozzo? Scuotersele di dosso per poter avanzare. Ognuna delle difficoltà che incontriamo è una pietra che ci permette di progredire. Possiamo uscire dal pozzo più profondo solo se non cessiamo mai di combattere.

      Barnaba si alzò, mise un braccio attorno alle spalle dell’uomo, prese la corda che legava le due vacche del fattore e riportò tutti a Saintes…


    Citation:
      Ottava meditazione

      Verso mezzogiorno, Barnaba giunse a Ponterlier, dove si teneva una festa per l’elezione del sindaco: era stato quest’ultimo, infatti, ad organizzare un banchetto per tutto il paese. Arrivato davanti al municipio, anche Barnaba fu invitato a prendervi parte. Entrò nella sala, ma non poté fare a meno di notare i vagabondi vestiti di stracci che vagavano per le strade mentre tutti si divertivano, alla piccola festa. In sala vi erano solo gioia e felicità: il sindaco era stato eletto con una maggioranza schiacciante ed anche gli avversari erano presenti: c’era un’atmosfera di grande bontà. Erano presenti anche due ricchi mercanti stranieri,, Paolo Isidoro e Giuda d’Iscaria, invitati alla mensa. Alla fine del pranzo, Barnaba si alzò e prese la parola. Si congratulò con il nuovo sindaco e chiese se poteva narrare un breve aneddoto. Tutti gli invitati accettarono con gioia, si trattava di un ulteriore divertimento… Cominciò:

      Avendo sentito parlare delle sue doti di eccellente insegnante, un re invitò un saggio a prendere parte ad un banchetto che sarebbe durato diversi giorni. Alla vigilia dell’invito, il grande maestro si presento a palazzo con l’abito da mendicante che indossava tra i suoi discepoli. Nessuno fece attenzione a lui: entrò ma non riuscì a raggiungere la sala da pranzo poiché i paggi del Re, pensando che con la sua presenza potesse insozzare il suolo reale, lo condussero verso le cucine, dove gli offrirono degli avanzi, probabilmente avariati. Il saggio non disse nulla e se ne andò, così com’era venuto.
      Il giorno dopo, tornò a casa del Re, stavolta vestito del suo abito più bello: gli riservarono un posto d’onore tra i convitati d’alto rango.
      Ma quando i paggi portarono i piatti, la reazione del Saggio sorprese tutti: prese il cibo con le mani, ne fece una palla e lo mise in tasca.
      Il Re scelse di non dire niente ma, appena arrivò l’ultima portata, il grande maestro vi immerse la mano e sollevo il pugno, pieno di ragù, che sparse sul suo mantello, dicendo:
      “Ecco, è per te”.
      Il Re, non riuscendo a trattenersi, gli disse:
      “Dunque, hai perso la ragione, tu che sei considerato così saggio?”
      Dopo un lungo silenzio il maestro rispose:
      “Mi sono presentato a casa tua, ieri, con l’abito da mendicante, e ho ricevuto degli avanzi, come se fossi un cane. Oggi, vengo riccamente vestito e vengo colmato di onori. Dunque, è il mio mantello che avete invitato: è normale che sia lui a nutrirsi”.

      I convitati di Pontarlier rimasero interdetti: che strana storia per un giorno di festa! Il sindaco rimase a bocca aperta. Allora Barnaba riprese…

      Vi starete certamente chiedendo dove intendo arrivare! Dovete solo uscire per strada e comprenderete la mia storia. Dei semplici vagabondi, che non hanno diritto di voto e non sono stati invitati a questa festa.. Io mi chiedo, perché? Invece, due ricchi mercanti, a cui naturalmente non rimprovero nulla, lo sono stati… perché?

      Barnaba finì il suo vino, aprì il suo fagotto, vi versò il contenuto del cesto di pane che era di fronte a lui sotto gli sguardi attenti ed il silenzio imbarazzato dei convitati, lo richiuse, uscì e distribuì il pane ai passanti…

    Citation:

      Nona Meditazione

      Era una bella giornata, estiva o primaverile… la stagione conta poco. Barnaba, tanto per cambiare, era ancora in viaggio sulle strade di Francia. Si trovata tra Saumur e Angers, bellissima regione sulla quale è stato scritto molto. Durante il cammino, egli osservò dei rustici, circondati da alberi e campi, appena prima di arrivare in vista della città. Davanti ad una di queste costruzioni, una donna, seduta su una panca, piangeva tra le braccia di suo marito. Barnaba, commosso dalla scena, si avvicinò a confortare la coppia, domandando loro cosa accadeva. La loro figlia, di sedici anni, era fuggita durante la notte con un giovane di cui era innamorata. I genitori trovavano sconsiderato questo comportamento, considerata l’età della giovane e del ragazzo, che aveva appena un anno più di lei. Per confortarli, Barnaba pensò ad una storia un po’ fuori dalla norma, eppure formidabile poiché davvero rivelatrice di significato. Cominciò:

      Un bel giorno di primavera, la Follia decise di invitare i suoi amici a bere qualcosa a casa sua. Tutti gli invitati si presentarono e, dopo aver bevuto insieme, la Follia propose:
      - Giochiamo a nascondino?
      - Nascondino? Cos’è? Domandò la curiosità.
      - Il nascondino è un gioco. Io conterò fino a 100 e voi vi nascondete. Quando avrò finito di contare, vi cercherò; il primo che troverò sarà il prossimo a contare.
      Tutti accettarono, tranne la Paura e la Pigrizia.
      La Follia cominciò a contare: 1, 2, 3…
      La Fretta si nascose per prima, in un posto qualunque. La Timidezza, riservata come sempre, si nascose in un ciuffo d’erba. La Gioia corse al centro del giardino. La Tristezza cominciò a piangere poiché non trovata un posto appropriato dove nascondersi. L’Invidia accompagnò il Trionfo e gli si nascose accanto, dietro una roccia.
      La Follia continuava a contare mentre i suoi amici si nascondevano. La Disperazione era disperata, vedendo che la Follia era arrivata già a 99…
      - CENTO! Gridò la Follia. Comincio a cercarvi…
      La prima ad essere trovata fu la Curiosità, poiché non aveva potuto trattenersi ed era uscita dal nascondiglio per vedere chi sarebbe stato trovato per primo. Guardando di lato, la Follia vide il Dubbio, sopra un fosso, indeciso su quale lato sarebbe stato il nascondiglio migliore. E così via, scoprì la Gioia, la Tristezza, la Timidezza. Quando furono tutti riuniti, la Curiosità chiese:
      - Dov’è l’Amore?
      Nessuno l’aveva visto. La Follia cominciò a cercarlo: su una montagna, nei fiumi, ai piedi delle rocce. Ma non lo trovò. Cercando in tutti i posti, la Follia vide un roseto e, con un ramo, cominciò a cercare tra i filari, quando improvvisamente udì un grido: era l’amore, che urlava perché le spine gli avevano ferito gli occhi. Non sapendo cosa fare, la Follia si scusò, implorò l’Amore di perdonarla ed arrivò a promettergli che l’avrebbe seguito per sempre. L’Amore accettò.
      Ancora oggi, l’Amore è cieco e la Follia l’accompagna sempre.

      Un grande sorriso abbellì il volto della madre. Il padre si mise a ridere forte. Rientrarono tutti in casa, e Barnaba fu invitato a pranzo.


    Citation:
      Decima Meditazione

      Una madre era disperata, poiché il suo unico figlio era stato colpito dalla tubercolosi e l’arrivo della morte era una questione di giorni. Barnaba, che stava visitando un ospedale a Berry, incontrò questa donna e suo figlio. Si avvicinò alla madre e le si sedette accanto. Prese la mano del ragazzo e poi, rivolgendosi alla madre, le disse:

      Conoscete la storia dei due uomini, entrambi molto malati, che occupavano la stessa stanza in un ospedale di Reims?

      Ella fece segno di no con il capo. Allora, riprese:

      Uno dei due uomini riusciva a stare seduto sul letto un’ora, ogni pomeriggio, per liberare i polmoni. Il suo letto era accanto all’unica finestra della camera. L’altro uomo doveva invece passare le giornate disteso supino. Gli uomini parlavano per ore delle loro spose, delle loro famiglie, delle case, dei mestieri, del loro servizio militare.
      Ogni pomeriggio, quando l’uomo che occupava il letto accanto alla finestra si sedeva, passava il tempo a descrivere al suo compagno tutto ciò che riusciva a vedere fuori. L’uomo nell’altro letto cominciò a vivere, in quelle ore in cui il suo mondo si ampliava ed abbelliva delle attività e colori del mondo circostante.
      La vista della finestra dava su un parco, nel quale vi era un bello stagno. Le oche ed i cigni giocavano sull’acqua, mentre i bambini facevano navigare i loro modellini di barche. I giovani innamorati passeggiavano a braccetto tra i fiori dei colori dell’arcobaleno. Grandi alberi decoravano il paesaggio e, di lontano, si scorgeva la città.
      Mentre l’uomo accanto alla finestra descriveva tutto ciò nei dettagli, l’uomo dall’altro lato della stanza chiudeva gli occhi ed immaginava le scene. Così, un pomeriggio, l’uomo accanto alla finestra descrisse una parata, che passava di là. Benché l’altro non potesse ascoltare la musica, poteva vederla con gli occhi dell’immaginazione, così bene l’aveva dipinta il suo compagno.
      I giorni e le settimane passavano. Un mattino, un’infermiera giunse per portare l’acqua per il bagno e trovò il corpo senza vita dell’uomo accanto alla finestra, probabilmente morto nel sonno. Ne fu rattristata e chiamò il becchino, che ne ritirasse il corpo.
      Poiché riteneva che fosse venuto il momento giusto, l’altro uomo chiese di essere spostato accanto alla finestra. L’infermiera fu felice di trasferirlo e, dopo essersi assicurata che era sistemato per bene, lo lasciò solo. Lentamente, con fatica, si issò verso l’alto, sul gomito, per gettare il primo sguardo fuori, dopo settimane di isolamento. Infine, ebbe la gioia di vedere da solo, voltandosi lentamente verso la finestra, ma tutto ciò che vide fu un muro!
      L’uomo chiese all’infermiera perché il suo compagno morto aveva descritto cose così meravigliose, se non poteva vederle. L’infermiera rispose che l’uomo era cieco, e non poteva nemmeno vedere il muro. Disse: “Forse ha voluto incoraggiarvi”.

      Barnaba si fermò, guardando la madre con attenzione. Poi riprese:

      C’è un’enorme felicità nel rendere felici gli altri, nonostante la nostra situazione. La pena condivisa si dimezza ma la felicità, se condivisa, viene raddoppiata. Se volete aiutare vostro figlio, non piangete sulla sua sorte, che tutti conoscono. Vivete gli ultimi momenti della sua vita con lui, accanto a lui, ma non nella tristezza. L’oggi è un regalo, ecco perché si chiama “presente”.
      Barnaba si alzò, segnò il ragazzo sulla fronte ed abbracciò la madre baciandola sulle guance. Passò poi a visitare altri malati, infine se ne andò. La madre tentò di seguire i suoi consigli. Due giorni più tardi, il ragazzo riaprì gli occhi ed il nono giorno era nei campi ad aiutare sua madre…. Un miracolo? Forse. Lasciamo la risposta a Dio.


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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 3:21 pm    Sujet du message: Répondre en citant

Citation:

    Undicesima meditazione di San Barnaba


    In una brutta notte invernale, ventosa e di tempesta, decisi di restare a pregare presso la casa dell’Altissimo, nel caso in cui qualche pellegrino avesse chiesto rifugio da un tempo così terribile. Quattro candele illuminavano la chiesa: io ero seduto al tavolo per consumarvi un pasto frugale di pane ed acqua e mi ero coperto con una pelle d’animale, per riscaldarmi. Perduto nei miei pensieri, riflettevo sul percorso di San Possidinio, che avevo tradotto. Meditavo sulla guerra, sugli eretici e le lotte tra le religioni diverse, domandandomi anche dov’era diretto il mondo. Quanto tempo ancora Dio avrebbe accettato che i suoi figli affondassero nel peccato?
    Fu allora che la porta si aprì ed entrò un uomo. La luce delle candele lo illuminava troppo debolmente perché io potessi capire chi entrava in questo luogo di fede. Distinguevo soltanto il cappuccio che gli copriva il viso, il sacco che portava sul dorso ed il bastone che aveva in mano, indicandomi la sua condizione di pellegrino. Salutandolo ed accogliendolo come si doveva, mi presentai come Fra Angelo. E fu così che mi rispose:


    Citation:
    "Sono Barnaba e ti porto un messaggio.""


    Incuriosito, immaginai che un mio parente, forse mio padre o mio fratello Ostillio, o forse uno dei miei zii, in stato d’ansia poiché non mi avevano visto rientrare, mi inviassero uno dei loro uomini. Così gli chiesi:

    Citation:
    "Avete un messaggio per me? Vi ascolto."


    Feci cenno al pellegrino di avvicinarsi al tavolo dove erano posati l’acqua ed il pane. Allora, egli mi disse:


    Citation:
    "Il messaggio che ti porto non è indirizzato a te..."


    Fu con meraviglia che osservai l’uomo, certamente enigmatico, che si avvicinava improvvisamente al tavolo. Pensavo che mi avrebbe chiesto da bere o da mangiare, ma invece fissò le candele, ne prese una in mano e mi disse:

    Citation:
    "Vedi questa fiamma ? Simbolegga la pace e nessuno può tenerla accesa."


    Poi soffiò sulla fiamma e la candela si spense. Prese una seconda candela:

    Citation:
    "Vedi questa fiamma? Simboleggia la fede; se non è più indispensabile, non serve lasciarla accesa."


    Poi soffiò sulla fiamma e la candela si spense. Prese quindi una terza candela:

    Citation:
    "Vedi questa fiamma? Simboleggia l’amore. Se gli uomini lo lasciano da parte e non comprendono la sua importanza, non serve a niente tenerla accesa. "


    Soffiò sulla fiamma e la candela si spense. L’uomo cominciava a farmi paura, ero sul punto di domandargli perché mi teneva sulle spine e dirgli che stava per farmi sprofondare nell’oscurità, ma nessun suono uscì dalla mia bocca. Osservandomi, prese la quarta ed ultima candela e mi disse:

    Citation:
    "Vedi questa fiamma? Simboleggia la speranza."


    Poi, afferrandola con la mano, riaccese le altre tre candele utilizzando l'ultima. Per concludere, il pellegrino aggiunse:

    Citation:
    "Dunque, ogni Aristotelico incarna la speranza, ed è la speranza che mantiene la pace, la fede e l’amore. Angelo, svela ai bimbi l’undicesima meditazione rivelata da Barnaba. Che la speranza guidi le loro anime e brilli nei loro cuori."


    Una luce abbagliante mi accecò per qualche istante. Quando aprì gli occhi, l’uomo era scomparso e le quattro candele erano ancora accese. Pensai di aver sognato ma, all’ingresso della chiesa, vidi Corinna, il sindaco del villaggio, immobile, con la bocca aperta e lo sguardo vuoto. Dopo qualche istante, riuscì a riprendersi dall’emozione: mi spiegò il motivo della sua venuta così tardiva; era stata attirata dalla curiosità di vedere una luce brillare nella chiesa e si era preoccupata del fatto che io fossi ancora lì a quell’ora. Aggiunse che, al suo arrivo, aveva visto un pellegrino sparire all’interno di una luce abbagliante ma di breve durata.


    Scritto da Fra Angelo de Montemayor e fratello Bender.R.Rodriguez

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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 3:24 pm    Sujet du message: Répondre en citant

Citation:

    S. Gregorio di Nazianzo: Lettera ad Athénaïs

    Gregorio di Nazianzo, giovane sacerdote, fa le sue raccomandazioni ad Athénaïs. Troviamo in questo testo le tracce della grande esperienza della vita di un chierico studioso che ha studiato e viaggiato. Si raccomanda pertanto di avere un atteggiamento mediano, senza cercare perfezione o l'eccesso opposto in un senso o nell'altro. Egli Invita Athénaïs a proseguire e mettere a fuoco su su se stessa, su di lei, e la sua fede, non concentrandosi su se eventi esterni la cui origine è al di là di noi. Gregorio avendolo sperimentato quattro volte, sa che Dio è la causa prima di tutte le cose. Tuttavia, la comprensione delle cause, non è sempre accessibile per gli esseri umani ed è inutile andare a cercare in esso la risposta ai nostri mali. E 'più conveniente guardare a noi stessi, sotto la guida del santo, il cui messaggio è pieno di buon senso e ricco di insegnamento.

    Lettera ad Athénaïs a écrit:


    Un sacerdote, un amico di Gregorio, aveva una sorella che aveva scelto Gregorio come direttore. Lei gli chiese un insediamento di vita. Egli rispose:

    Ad Athénaïs, fedele pio e devoto della nostra Chiesa,

    Tenete soprattutto nell'anima le afflizioni che riguardano ciò che è più alto.
    Tenete a mente tutto ciò che è estraneo alla virtù e indegno dei vostri pensieri; applicate alla pietà e tutto ciò che è buono; esercitarlo accettate e decidere nulla che non sia stato seriamente preso in considerazione; fortificatevi, in qualsiasi momento ed in qualsiasi modo, attraverso la meditazione e i consigli tracciati dai santi che ci hanno preceduto.

    Percorrete sempre la giustizia contro gli stranieri, come contro gli amici, prima di risentimento e di amicizia.
    Abbiate come amico e compagno inseparabile la temperanza , che deve essere profondamente e saldamente radicata nella tua anima.
    Non cambiare le abitudini con le disuguaglianze e i capricci della vita, perché non è buono perdere la dignità nella povertà, e non siamo certi della nostra coscienza, se siamo orgogliosi della ricchezza. La cosa migliore è applicare la moderazione, quando le cose piacevoli vengono da noi, e la fermezza di fronte al dolore.
    Dovete dimenticare l'opulenza passato,chiedere solo ciò che è necessario, l'amore quello che si è dato, la speranza per il meglio, sopportare delicatamente malattia, mai lamentarti e affliggerti, rendete grazie alla Provvidenza, qualunque cosa accada, chiudete gli occhi circa le cause degli eventi, e non trascurate la vostra dignità. I tuoi occhi su questo, prima di parlare Considera sempre ciò che dovrà essere detto, prima di agire che cosa dovrai fare. Crediamo che i vestiti non sono un ornamento.

    Guarda come vera e solida ricchezza, il sapere che si accontenta di poco. La vera ricchezza, infatti, non consiste nel possedere molte cose, e poi non ne hai bisogno. Questo è tuo; il resto è straniero.
    Regola la decenza del tuo comportamento; la tua morale, i tuoi modi calmi; la lingua, dalla brevità di discorso.

    Adorna la testa coprendola; le sopracciglia, abbassate; gli occhi, non buttino che sguardi veloci e modesti; la bocca, non dica nulla fuori posto; le orecchie ascoltino solo discorsi seri; l'intero viso, coprilo con i colori di modestia.

    Ogni volta e ovunque, restate puro come un tesoro intatto, perché ornamento migliori donne è la solennità, la coscienza e la castità.

    Ogni volta e ovunque, restare puro come un tesoro intatto, perché ornamento migliore per una donna è la solennità, la coscienza e la castità.

    Considerate come piacere più bello e facile avere un cibo strettamente sufficiente. Lodevole in se stesso è 'necessario per una vita pura, una buona salute, utile alla regolarità e per il buon ordine della vita, e per l'istruzione.

    Gregorio di Nazianzo.


    Introduzione del UterPendragon
    Tradotto dalla lettera greca dal vescovo Calixte de Béarn
    Tradotto in italiano da Mons. Napoleone Barberini


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Kalixtus
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MessagePosté le: Mer Oct 18, 2023 10:20 pm    Sujet du message: Répondre en citant

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    Lettera di Lino a Paulos seguita da Lettera di Paulos a Lino

    Citation:

      Amico e maestro Paulos,

      Ti scrivo con il cuore spezzato per darti una notizia terribile. La nostra guida, la roccia di Dio, colui che il salvatore Christos aveva scelto per guidarci, è morto. Come ben sai, l'imperatore pagano lo ha tenuto imprigionato e maltrattato per lungo tempo. Ma anche nei suoi momenti finali, egli è stato guidato dalla fede e ha agito come la guida che era, sacrificando se stesso in cambio della liberazione di molti dei nostri fratelli e sorelle che erano stati catturati con lui. Il malvagio imperatore lo ha fatto condurre al circo, dove aveva fatto collocare nove croci giganti, dicendogli che per ogni croce che avrebbe sradicato, uno dei prigionieri sarebbe stato liberato. Egli sperava che dopo la dura prigionia, Titus non sarebbe stato in grado di salvare la propria vita e quella degli altri, ma, sostenuto dalla fede, il nostro padre è riuscito a sradicare tutte le croci, tranne quella destinata a lui. Ancora una volta, Titus è stato il titano che Christos aveva visto.

      Il nostro amico Samoth lo ha riaccompagnato alla cripta dove ci riuniamo, esausto ma ancora vivo, e lì, dopo tre giorni, si è verificato un ultimo prodigio: i nobili romani, i principi di tutto l'impero, sono venuti a rendere omaggio a Titus, commossi dalla straordinaria forza della sua fede, tutti convertiti al messaggio del messia Joshua. Per giorni hanno continuato ad arrivare, per giorni si sono messi in fila, fino ad oggi, quando nessuno si è presentato e Titus, richiamato dall'Altissimo, ci ha lasciato.

      Durante la sua prigionia egli mi ha inviato una lettera, chiedendomi di continuare la missione di Cristos, la vostra missione, degli apostoli, di trovarvi, di organizzare la diffusione della fede e l'istruzione dei nuovi pastori, affinché il messaggio divino non venga mai più deviato ma custodito da coloro che egli chiamava vescovi tra i vescovi. Titus mi ha lasciato una lista di fedeli su cui posso contare. Cosa devo fare, io, semplice vescovo? Scrivo prima a te, Paulos, perché sei molto saggio e sei l'unico apostolo, oltre a Samoth, che ha già in programma di partire con i suoi discepoli per diffondere la fede in terre lontane, di cui conosco la posizione, dato che sei rimasto a Cesarea. Voi apostoli siete stati le nostre guide, i nostri maestri, ed è per questo che ti chiedo di guidarmi ancora una volta nel compito che Titus mi ha affidato.

      Lino di Roma




    Citation:

      Lino, primo tra noi, nostra guida,

      Ti chiamo così perché è quello che sei ora. Tu non sei più un semplice vescovo, sei il successore di Titus, il successore di Christos, il capo della nostra comunità, della chiesa che noi apostoli, abbiamo fondato con Christos. Come Christos ha scelto Titus tra noi apostoli per guidarci dopo la sua morte, così Titus ha scelto te tra tutti per guidarci ora che la roccia di Dio non è più sulla terra. Non chiedere quindi a noi apostoli di guidarti, perché oggi siamo noi, apostoli, vescovi, sacerdoti e semplici fedeli, che ti chiediamo di guidarci. Come tutti noi siamo stati fedeli a Cristos, siamo stati fedeli anche a Titus e ora saremo fedeli a te, così come tutti i vescovi che abbiamo ordinato e che ci succederanno.

      Noi apostoli eravamo i più stretti discepoli di Christos e i più stretti amici di Titus, ma siamo umani e anche noi moriremo un giorno. Perciò anche tu devi trovare i tuoi apostoli, coloro che ti aiuteranno e ti saranno vicini, proprio come lo siamo stati noi con Christos e Titus. Osserva questi nomi che Titus ti ha lasciato e se ti fidi di loro, falli vescovi e se si dimostrano abili e leali nella fede, mettili al tuo fianco per aiutarti a guidare la chiesa, imponi loro le stesse regole che Cristos ci ha chiesto di seguire come apostoli perché dovranno essere pronti a fare qualsiasi sacrificio per la fede e la chiesa, anche la morte. Saranno così i vescovi tra i vescovi di cui Titus ti ha scritto, le guide della chiesa che insieme a te, pastore dei pastori, manterranno viva e salda la fede. E un giorno, quando anche tu raggiungerai Titus sul Sole, il nuovo capo della chiesa che abbiamo fondato sarà scelto tra questi vescovi tra i vescovi, ed egli a sua volta sceglierà i vescovi tra i vescovi che lo aiuteranno e dai quali sarà scelto il suo successore. In questo modo la missione di Christos sopravviverà e la fede non sarà mai corrotta.

      Paulos di Cesarea



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