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[IT] Il libro dell'agiografia - I Santi antichi
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Kalixtus
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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 12:56 am    Sujet du message: Répondre en citant

Citation:

    Agiografia di San Lazzaro
    è stata redatta dagli abitanti del villaggio di Autun che gli hanno dedicato la loro cattedrale.

    Le sue origini

    Lazzaro sarebbe nato, secondo la tradizione, il 31 agosto 1058, a Costantinopoli (figlio illegittimo di un padre mercante di zucche e meloni di Spagna, e di una madre moresca che muore di parto, dopo essersi fatta investire da un colosso idiota chiamato Jona Lomu). Durante i suoi primi anni, il piccolo Lazzaro seguì il padre che sfortunatamente fu assassinato, schiacciato da dei briganti sulla via di ritorno verso la Linguadoca di cui era originario. Preso in carico da vari gruppi di borseggiatori, perdiamo un po’ le tracce di Lazzaro. Ma è evidente che la sua prima infanzia fu molto dura e lui apprese la resistenza fisica che l'avrebbe reso famoso in età adulta. Salvato dal Prefetto bulgaro al momento dell’arresto dei briganti, fu inviato verso il Regno di Francia, poiché il piccolo Lazzaro non faceva altro che ripetere: “Jo soc del Llengadoc” (“Io vengo dalla Linguadoca”).


    Ritorno a Béziers

    Riapparve ufficialmente a Béziers in Linguadoca nel 1071, quand’era ancora bambino. Fu affidato a un prete locale, che si occupava di orfani e di una piccola squadra locale di Soule. Benché la sua gioventù fra i briganti gli avesse insegnato a sbrogliarsela con modi poco aristotelici, dal momento in cui fu esposto a un ambiente sano, il giovane Lazzaro diede prova del suo spirito rientrando molto velocemente nelle regole di vita sana e un senso morale molto sviluppato. Si dice che in occasione di uno dei suoi viaggi nella foresta, Lazzaro abbia recuperato un uomo quasi morto dal corpo sproporzionato e l’abbia riportato a Béziers portandoselo sulle spalle per una dozzina di chilometri. L’uomo fu salvato. Si scoprì che quest’ultimo era un celebre giocatore di soule che, per ringraziare Lazzaro, lo prese sotto la sua ala e lo portò a giocare con sé a Autun.
    La vita di Lazzaro cambiò allora all'improvviso: immediatamente, Lazzaro si rivela essere un giocatore d’eccezione. Il suo fisico, Lazzaro aveva già quasi la levatura e la forza di un adulto, e la sua resistenza federo di lui il giocatore faro della squadra nonostante la sua giovane età.


    La rivelazione

    Poi, è la rivelazione: secondo le sue stesse parole, “Un Arcangelo mi è apparso dopo un dannato scontro durante una partita di soule”. Da allora, Lazzaro coltivò contemporaneamente la via religiosa così come una fantastica carriera di giocatore di soule. Le sue nomine a Prete e a Capitano della squadra di soule di Autun, all’età di vent’anni, gli valsero il soprannome di Prete Soulard, da cui una certa confusione. Lazzaro divideva dunque il suo tempo e le sue energie fra la fede che predica nella Cattedrale di Autun e i consigli che elargiva sui campi di gioco.

    Infaticabile uomo di chiesa, si adoperava per guidare verso la via Divina tutti i credenti dubbiosi, la leggenda racconta che aveva impegnato l’arbitro come diacono in modo che fischiasse nelle orecchie dei parrocchiani che si addormentavano durante la sua messa. Instancabile giocatore di soule, gli capitava di tenere dei sermoni in mezzo alla partita, mettendo in avanti la soule come fattore di unicità e di aiuto reciproco in seno alla sua parrocchia.

    Le sue prediche erano di una tal forza che si racconta che alcuni fedeli uscivano dalla Cattedrale in piena forma. Alcuni scritti dichiarano: “Padre Lazzaro ci evocava l’amore per il prossimo e il rispetto degli altri, in quei momenti risplendeva di un calore e di una dolcezza enorme. Guardando bene, era possibile vederlo elevarsi di qualche piede sopra il suolo per dominare l’assemblea dei fedeli”.

    Capitano allenatore della squadra di Autun, fece subire un allenamento draconiano alla sua squadra. Una delle sue sessioni preferite fu correre sulla via del mulino ad acqua dal fiume vicino. “Eccellente esercizio di equilibrio e forza”. Il ben noto ordine dell’allenatore Lazzaro, “Tutti alla ruota!”, ha fatto nascere la diceria secondo cui il nome attuale del fiume di Autun, l’Arroux, abbia dunque come origine il richiamo di San Lazzaro!

    Un tale allenamento di ferro ebbe come conseguenza la dominazione senza eguali della Squadra di Autun durante tutto il capitanato di Lazzaro. Le squadre concorrenti, spossate dalle sconfitte e dai colpi ricevuti, finirono per dire che le partite ad Autun somigliavano a dei funerali, ma che con un prete in campo potevano più facilmente confessarsi per riprendere le forze. Da cui, il soprannome della squadra di Autun, in vigore a tutt’oggi: i Becchini!


    La sua morte

    A 33 anni, un brutto tiro preparato da lunga data dall’unica squadra capace di resistere due minuti, e con la complicità dell’arbitro, lo uccise, il corpo completamente ridotto in brandelli da dei giocatori ben contenti di liberarsi infine di questo dannato capitano. Il suo corpo mutilato fu posto in una piccola cappella e lì, durante la notte, apparve uno strano lucore a forma di soule, visibile da tutti gli abitanti di Autun e dai giocatori di soule avversari rimasti in taverna per festeggiare la loro vittoria: non c’era dubbio che fosse una visitazione sportiva divina. Il lucore galleggiava dal campo in prossimità del terreno (dove si decise poi che Lazzaro sarebbe stato sepolto, diventando così il futuro cimitero) fino alla camera mortuaria. Ma questo lucore riportò Lazzaro in vita e, cosa che stupì tutti, in piena forma, pronto a riprendere la partita vinta con l’imbroglio.
    Questo 33° anno doveva però essere fatale a Lazzaro:
    La coppa di soule (ottenuta tante volte) aveva trovato, in modo naturale, il suo posto nella cattedrale di Autun. Lazzaro si occupava di toglierne ogni granello di polvere che arrivava a ricoprirla.
    La sera di questo fatale 29 febbraio 1091, un capitano di una squadra battuta, non sopportando più di non “possedere” la coppa, si introdusse discretamente nella cattedrale, con lo scopo inconfessato di rubare il famoso trofeo.
    Sorpreso con le mani nel sacco, ebbe luogo un terribile combattimento. Il ladro colpì Lazzaro alla testa con il prezioso trofeo, abbandonando poi Lazzaro al suo destino, agonizzando per terra nella navata della cattedrale.
    Si fecero cercare i più brillanti medici che non poterono impedire il suo decesso qualche giorno più tardi. Il ladro, scappando, aveva abbandonato l’arma del delitto, sulla quale venne trovato del sangue di Lazzaro. Le sue ultime parole furono, secondo la tradizione:
    "Forza, piccoli!"

    A oggi, queste poche gocce di sangue sono conservate in una piccola fiala esposta al posto dell’antico trofeo.
    Alcuni direbbero che queste poche goccioline di questo sangue entrano nella bevanda che godeva di alta considerazione fra i Becchini: il liquore di carota, e che ha permesso tante vittorie ai giocatori di soule di questa città!

    S. Lazzaro è il santo patrono del Soule, dei meloni verdi e dei 29 febbraio



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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 12:58 am    Sujet du message: Répondre en citant

Citation:

    Agiografia di Santa Lidia

    Infanzia e persecuzione.

    Lidia nacque a Cipro in Asia minore, a metà del terzo secolo dopo Christos. Figlia di una ricca famiglia convertita all'aristotelismo da circa un secolo, lei crebbe nascondendo la sua fede.
    Lidia, aristotelica convinta, pregava di nascosto. Avendo come unico insegnamento le storie degli apostoli di Christos che sua nonna le raccontava, non possedeva alcun libro. I testi scritti erano vietati da suo padre, che temeva che dei soldati li avrebbero scoperti.
    All'epoca, l'imperatore Numeriano perseguitava e torturava gli aristotelici.In un sogno che era solito fare spesso quand'era giovane, aveva visto un aristotelico rubargli la sua popolarità. Il suo odio ne fu immenso: non esitò a far bruciare delle medaglie di battesimo aristoteliche e, una volta che queste erano ardenti, a incollarle sulla fronte dei presunti aristotelici prima di farli uccidere.


    La sua vita, la sua morte
    Diventata adulta, Lidia divenne uno stimato medico per la sua comunità. Benché frequentasse le famiglie del palazzo e le ricche famiglie della città, continuò a praticare la sua religione di nascosto.
    Un giorno, mentre dava delle cure ai poveri in un edificio che aveva preso in affitto per questo scopo, fu interpellata da dei soldati che le notificarono che l'imperatore l'aveva convocata nel suo palazzo.
    Il figlio di Numeriano era soggetto a una forte febbre da varie settimane. Nessun medicastro della Corte era riuscito a trovare un rimedio, così si era deciso a fare appello a Lidia, avendo sentito dei miracoli che lei aveva compiuto fra i miseri.

    Tre giorni più tardi, grazie alle cure che lei gli fornì, il figlio dell'imperatore si trovò in piedi. Numeriano non credeva ai miracoli e fu intrigato da questa donna che in tre giorni era riuscita dove i suoi medicastri non erano riusciti in varie settimane. Insistette dunque per tenerla al suo fianco ancora qualche giorno, ufficialmente per ringraziarla dandole il titolo di Medicastro Imperiale, ufficiosamente affinché il proconsole potesse spiarla con lo scopo di conoscere il segreto della sua medicina.

    Una sera, mentre il proconsole spiava Lidia, lui la vide in preghiera e la sentì lodare a bassa voce Christos e i suoi apostoli.
    Allorché questo fu rivelato all'imperatore, la sua reazione non si fece attendere: furioso che un'aristotelica avesse alloggiato sotto il suo tetto e mangiato alla sua tavola, la fece arrestare e giustiziare. Si racconta ch'egli prese la medaglia aristotelica trovata addosso a Lidia e la mise a scaldare per poi incollargliela sulla fronte con tanta forza che nessuno poté scollarla poi dalle spoglie.


    La ripercussione.
    Vari giorni dopo quest'avvenimento, Numeriano fu colto dalla stessa febbre di suo figlio. I medicastri non trovarono alcuna soluzione per riportarlo verso la guarigione, ma tutti poterono notare che, giorno dopo giorno, un marchio circolare con una croce al centro prese forma sulla fronte dell'imperatore.
    All'esterno, la situazione era diversa: i poveri non potevano ricevere le cure gratuite come quelle fornite loro da Lidia e morivano a centinaia. I loro cadaveri si accumulavano nella città, a gran scapito dei commercianti e dei cittadini che protestarono davanti al consiglio imperiale e reclamarono che l'imperatore fornisse un medicastro benevolo ai poveri, e gli mettesse a disposizione un edificio, come aveva fatto Lidia.
    Numeriano, preso dai rimorsi per aver fatto uccidere la sola che avrebbe potuto guarirlo e imbarazzato nel vedere una medaglia aristotelica disegnarsi sulla sua fronte, capì vedendo le richieste del popolo che lui stesso era il protagonista del suo stesso incubo premonitore: assassinando Lidia, l'aveva resa più popolare di se stesso.
    Numeriano fece riaprire l'edificio dove Lidia riceveva gli indigenti e vi installò vari medicastri, il tutto a titolo gratuito. Autorizzò la pratica del culto aristotelico e fece trasportare le spoglie di Lidia, così come alcune pergamene che raccontavano la sua vita, a Roma dove sedeva il capo supremo della Chiesa.


    Si racconta che Numeriano guarì dalla sua febbre e che il marchio sulla sua fronte sparì poco dopo. E' anche di pubblico dominio che molte guarigioni miracolose ebbero luogo nell'edificio assegnato ai miseri.


    Simbolo e reliquia
    Santa patrona dei medicastri e della via della medicina.
    Cripta con testi e spoglie scoperta nel (?)
    La sua festa è il 17 aprile, giorno in cui il marchio della medaglia apparve sulla fronte dell'imperatore.


    Scritto basato su testi turchi e latini scoperti in una cripta sotto la Piazza di Aristotele da dei cittadini romani incaricati delle canalizzazioni.

    Traduzione di Sciabola, revisione di Franciscus_bergoglio




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Kalixtus
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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 1:47 am    Sujet du message: Répondre en citant

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    Agiografia di San Marco
    Patrono della Serenissima Repubblica e dei Naviganti

    Nascita ed infanzia
    Marco nacque a Corcira(Corfù) nei primi anni del I secolo d.C. in una famiglia modesta di coltivatori di vite, ma che non gli fece mai mancare niente. Bambino intuitivo e vivace, venne educato fin dall'infanzia agli insegnamenti di Aristotele, ma la sue energia lo portava a concentrarsi piuttosto sulle attività fisiche e sul gioco.
    Crebbe come un bambino pestifero e vagabondo: le sue bravate erano note in tutto il villaggio, la sua intelligenza era impiegata per elaborare scherzi e bravate di ogni genere ai danni della gente del villaggio: rimase famosa la volta in cui, nottetempo, murò la porta della casa del sindaco, con il sindaco stesso e tutta la sua famiglia dentro.


    La visione e la giovinezza
    Si racconta che all'età di 17 anni egli si trovasse in una cantina dove, dopo aver lungamente testato il prodotto fermentato delle viti della sua famiglia, ebbe una visione.
    Gli apparve una donna anziana dal volto saggio e sereno, gli occhi profondi come oceani, circondata da una luce brillante che teneva in mano un bastone d'oro, ella gli disse

    "Sono l'Arcangelo Raffaella, cosa stai facendo qui?

    "euh... non stavo bevend*hips*"

    i tuoi fratelli ti stanno aspettando
    continuò l'Arcangelo senza prestare attenzione alle sue parole
    salpa verso la nuova Oanilonia e raggiungi chi ti attende"
    dopodiché posò il bastone sul capo del giovane ed egli svenne.

    Quando rinvenne Marco non era sicuro se il suo fosse stato soltanto un sogno o una vera visione, ma il terribile mal di testa che lo attanagliava era un segno tangibile che davvero l'Arcangelo l'aveva colpito in testa e che quindi la visione era reale.

    Molto scosso per l'avvenimento decise di seguire le indicazioni e quindi di partire per Roma. Lasciò il suo villaggio e si imbarcò su una nave diretta ad Otranto.
    Durante la traversata Marco, superate le prime difficoltà grazie alla sua energia ed alla sua giovinezza, iniziò ad appassionarsi al suo ruolo di marinaio in cui si trovava piuttosto bene nonostante fosse un principiante. La sua irruenza ben indirizzata dava dei buoni frutti e questo inorgogliva il giovine.

    Una volta arrivato ad Otranto, Marco si trovò travolto dalla realtà di una grande città, un importante porto in cui convergevano moltitudini provenienti da tutto il Mediterraneo. Eccitato da questa atmosfera così distante da quella del suo villaggio iniziò a frequentare le locande del porto e per il suo animo di irruento attaccabrighe fece amicizia con bande di giovani poco raccomandabili dediti alle gozzoviglie ed alla piccola criminalità, fiorente in un grande porto come quello idruntino.
    Ben presto la sua intraprendenza di giovane scavezzacollo lo portò ad unirsi ad un equipaggio di briganti di mare. Marco non era interessato ai beni che raziavano dalle navi che prendevano di mira, quello che lo entusiasmava della vita del pirata erano l'avventura il pericolo e l'azione, oltre alla vita di mare che lo appassionava sempre più.


    La conversione ed il periodo romano
    Tra assalti, fughe ed azioni ardimentose, la carriera da pirata di Marco durò alcuni anni: finché fu catturato dalle forze imperiali romane ed incarcerato a Brindisi.
    L'impatto con la prigione fu uno shock per il giovane che solo in quel frangente si rese conto della gravità dei suoi atti banditeschi.
    La dura vita carceraria ed il contatto con persone miserrevoli e derelitte gli aprì gli occhi sui suoi atti, e gli aprì il cuore alla verità dell'Altissimo.
    Gli anni di carcere lo cambiano profondamente e il Marco che uscì dalle prigioni romani è profondamente diverso da quello che vi era entrato.

    Dopo gli anni della prigionia, rinato nella vera fede aristotelica, Marco decise di raggiungere finalmente Roma, come indicatogli dall'Arcangelo Raffaella nella visione, e di ricongiungersi con la comunità Aristotelica. Giunse infine a Roma dove si unì alla comunità guidata da Tito e Samot.
    In seguito il giovane conquistò la fiducia degli apostoli, poiché in una sua lettera da Roma, Tito salutando gli aristotelici dell'Asia Minore, invia anche i saluti di Marco; egli divenne anche suo fedele collaboratore tanto che fu imprigionato con lui ed assistette al suo martirio essendo uno dei nove salvati dal suo sacrificio.


    La predicazione ed il martirio
    Dopo la morte di Tito, Samot lo inviò a convertire l'Italia settentrionale; giunse ad Aquileia che divenne base della sua predicazione e ne divenne il primo Vescovo Patriarca.
    Marco compiva nuverosi viaggi di predicazione nei territori circostanti che raggiungeva via mare, tornando così al suo grande amore per la navigazione ponendolo al servizio della causa aristotelica, lui stesso si definiva "marinaio dell'Altissimo".
    Durante un suo viaggio fu sorpreso da una tempesta, approdando sulle isole Rialtine (primo nucleo della futura Venezia), dove si addormentò e sognò un angelo che lo salutò: “Pax tibi Marce” ed incoraggiandolo a continuare nella sua opra, gli promise che in quelle isole avrebbe dormito in attesa della fine dei tempi.
    Marco si dedicò alla predicazione lungo le coste dell'adriatico orientale facendo molti proseliti, questo gli procurò l'avversione delle autorità.
    Infine a Durres venne imprigionato dal Prefetto imperiale, fu torturato per costringerlo ad abiurare, ma si rifiutò. Il prefetto allora decise di farne una vittima dei giochi circensi; Marco fu portato nell'anfiteatro dove furono fatti entrare dei leoni feroci, egli si inginocchio al centro dell'arena e si mise a pregare. I leoni allora si quietarono miracolosamente e non lo attaccarono, il prefetto furente entrò nell'arena con la spada sguainata per uccidere Marco, ma non fece che pochi passi che i leoni gli saltarono addosso e lo sbranarono.

    Marco fu riportato in prigione, ma la voce del prodigio avvenuto si diffondeva provocando molte conversioni e seminando inquietudine; le autorità, per evitare problemi, decisero allora di portarlo in segreto in riva al mare dove fu sepolto fino al collo in attesa dell'alta marea
    e poi quando fu sicuro che soltanto agli annegati fosse dato di vederlo disse:
    "Siate marinai finché il mare vi libererà".

    Il suo corpo venne recuperato da alcuni durazzesi che avevano abbracciato la Vera Fede dopo il prodigio dei leoni, e venne sepellito poco fuori della citta. La sua sepoltura divenne luogo di culto e di pellegrinaggio e, in seguito, vi fu edificata una chiesa.


    Il miracolo del leone alato e la fondazione di Venezia
    Nel 452 la città di Aquileia era assediata da Attila e molti fedeli si raccolsero in preghiera nella cattedrale; dopo lunghi giorni di raccoglimento alcuni lasciarono la cattedrale ritenendo che la preghiera non li avrebbe salvati. A coloro che invece erano rimasti, provando la loro fede, apparve tra le volte della cattedrale un leone alato che parlò loro:

    Pace a voi, Marco vi protegge e vi guida come fece in vita. Avete dimostrato la vostra Fede: la sola salvezza.

    Il leone li condusse fuori della città avvolti in una nebbia che li nascose dagli occhi dei nemici.
    Dopo alcuni giorni giunsero sulle isole Rialtine; il leone parlò di nuovo

    Non rimpiangete l'antica gloria di Aquileia, una più grande sorgerà qui, sotto il segno del leone.

    Qui si formerà infatti il primo nucleo da cui sorgerà Venezia.


    Le reliquie
    Nell'828 due mercanti veneziani trafugarono le spoglie e le portarono a Venezia dove, per contenerle, fu costruita una cappelletta che poi fu sostituita nel tempo dalla basilica.

    Patrono:
    dei naviganti, della Serenissima Repubblica di Venezia, della citta di Venezia, della città di Aquileia.




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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 1:49 am    Sujet du message: Répondre en citant

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    Agiografia di Santa Maria Maddalena di Sainte Baum (1266 - ?)


    I. La gioventù di Maria Maddalena

    Maria Maddalena nacque il 6 giugno 1266 a San Massimino in Provenza in un piccolo convento fuori città. Sua madre, suor Maria Teresa, l’intendente del convento, si occupava di ordinare e ricevere i viveri per la comunità di religiose.

    La nascita di Maria Maddalena in seno al convento sollevò molti interrogativi sulla validità del voto di castità di sua madre, molte inchieste furono condotte, ma non fu trovata prova alcuna della colpevolezza di nessuno. Suor Maria Teresa si difese asserendo di non aver mai avuto un legame corporale con il panettiere locale, il solo sospettato, poiché era l’unico uomo che effettuava consegne al convento: la sorella fu dichiarata innocente per mancanza di prove, ma il dubbio restava. La questione fu chiusa e si decise che suor Maria Teresa avrebbe cresciuto la figlia in segreto.

    L’educazione di Maria Maddalena si svolse dunque nei meandri della piccola cucina e del piccolo ufficio d’intendenza dove lavorava la madre. L’apprendistato della gestione dei viveri, del loro giusto utilizzo e della loro equa suddivisione fra le suore fu la sua principale occupazione durante i primi quindici anni della sua esistenza. Maria Maddalena conosceva un numero incommensurabile di ricette, dall’insalata di olive alla torta di fichi, passando dal ragù di capra, e compiva miracoli quando si trattava di fare i conti: manipolava in effetti le cifre con tale agio che sua madre le affidò l’incarico totale dell’intendenza senza parlarne a nessuno.

    Maria Maddalena a écrit:
    "Quando studiavo le complessità delle scritture contabili mi sono poco a poco resa conto che non era sufficiente utilizzare normali formule ed espressioni per calcolare le scorte di frutta del convento. Fu per me un reale avanzamento!"


    2. L’esilio di Maria Maddalena

    Il giorno dei suoi quindici anni, la piccola comunità del convento prese una decisione per l’avvenire di Maria Maddalena. Lei non poteva diventare dignitosamente una delle loro suore, la gelosia celata per tanti anni a causa della gravidanza di Maria Teresa, era così forte che nessuna di loro l’avrebbe mai accettata: perché aveva potuto procreare lei e non loro? Fu dunque presa la decisione di bandire dal convento la povera piccola che era a dieci leghe dall’immaginare un tale odio nei suoi confronti. Le suore stimavano che a quindici anni e con delle conoscenze utili, la sfortunata se la sarebbe cavata.

    Una notte senza luna dell’estate 1281 Maria Maddalena fu dunque condotta fuori dal convento da due suore volontarie. Prestò preventivamente giuramento di non dire ad alcuno da dove provenisse e di non tornare mai più al convento, pena una pubblica umiliazione. Le due suore l’accompagnarono a dorso d’asino fino a dietro il massiccio della Sainte Baume e la deposero vicino a un sentiero con un fagotto riempito di provviste, poi senza pronunciare una sola parola loro se ne tornarono al convento.

    Maria Maddalena a écrit:
    ”La paura di affrontare il proprio odio è più dura da affrontare dell’odio stesso.”


    La prima notte di Maria Maddalena, sola sul limitare del massiccio della Sainte Baume, fu lunga e piena di amarezza. Ma sin dall’indomani si riscosse e se ne andò verso nord, unica destinazione accettabile se non voleva avere problemi. Nel giro di qualche giorno di cammino, arrivò al piccolo villaggio di Correns. Parlò con alcuni autoctoni, nella taverna locale, dai quali scoprì che il Signore di Correns cercava una cuoca; si recò dunque a Forte Gibron dove risiedeva il Signore, e ottenne senz’alcuna difficoltà la direzione delle cucine: non le ci volle più di qualche minuto per comporre un’insalata che rallegrò le papille gustative del Signore, non lasciandogli scelta quanto a chi assumere.

    3. Il successo di Maria Maddalena

    La sua giovane età avrebbe potuto essere un impedimento per lei, ma seppe adattarsi e si integrò senza alcun problema grazie ai suoi talenti culinari ereditati dalla madre: la fama della sua attitudine a preparare dei piatti succulenti per il signore del forte e per la sua corte si sparse come una una macchia d'olio e molti curiosi arrivarono allora a Correns con la speranza di assaggiare ciò che LA Maria Maddalena preparava ogni giorno.
    Il suo padrone e Signore, felice di vedere tanta gente alla sua porta ma preoccupato del prezzo che sarebbero costati i festini che avrebbe dovuto organizzare per aumentare il suo prestigio, chiese a Maria Maddalena di inventare un dolce unico che lei avrebbe dovuto confezionare in grandi quantità. La sua idea era di creare una ghiottoneria locale che sarebbe stata conosciuta attraverso tutti i Regni, sperando così di ricavarne sostanziosi profitti.

    Maria Maddalena, da esperta culinaria qual era, non impiegò molto tempo a trovare ciò che il suo padrone voleva: facile da fare, economico ma squisito, tale era il piccolo dolce che lei inventò. Era a forma di conchiglia, di colore dorato, e il suo aroma lasciò letteralmente di stucco l’assaggiatore del Signore di Correns. La produzione in massa cominciò allora e i buongustai si precipitarono alle porte del Forte Gibron, portando così dei buoni introiti finanziari. Il Signore di Correns decise di rendere onore alla sua serva e decise di chiamare ufficialmente questo piccolo dolce “madeleine”.

    Maria Maddalena a écrit:
    ”Con lo sguardo ch’egli ha quando mi guarda, mi domando cosa faccia alle mie ‘madeleine’ quando è solo” (nei confronti di un guardiano delle cucine)


    4. La disillusione di Maria Maddalena

    Sempre più gente veniva a Correns a scoprire la Madeleine della Sainte Baume. Maria Maddalena non usciva più dalla sua cucina tanto era impegnata a cucinare delle Madeleines e malgrado tutto l’aiuto di tutti i ragazzi e ragazze ai suoi ordini, conobbe ben poco riposo: i fornelli del castello non avevano più segreti per lei e il suo successo era ormai incontestabile. Ma il bisogno di riconoscimento di Maria Maddalena e la sua voglia di soddisfare gli altri non le portarono fortuna. In effetti, poiché era l’unica che riuscisse a fare questo dolce e poiché lei dipendeva dalla buona volontà del suo padrone, restò rinchiusa per quasi trent’anni nella cucina di Forte Gibron. Mai in questo periodo ella uscì all’esterno, mai ebbe il piacere di incontrare un solo amatore di Madeleines a parte il suo padrone che veniva a controllare la qualità del suo lavoro, mai poté tornare al convento di San Massimino per mostrare alle suore di cos’era stata capace con le sue sole forze, mai non rivide la madre…

    Il Signore di Correns a écrit:
    ”Maria Maddalena era ben troppo occupata a confezionare delle Madeleines per voi, ma siate certi che nel momento in cui ne avrà il tempo, lei vi fornirà più ampie informazioni sulla sua vita.”


    Le sue preghiere indirizzate all’Altissimo e ad Aristotele non furono mai ascoltate durante questi lunghi trent’anni. Il suo nome era conosciuto da tutti ma nessuno l’aveva vista, e coloro che avevano visto il suo viso quand’era arrivata a Correns non potevano dare dettagli da quando era comparsa il gran giorno. Cominciarono a circolare delle chiacchiere sul suo conto, alcuni ad esempio pensavano che Maria Maddalena non fosse mai esistita e che il Signore di Correns era un mago che stregava i visitatori con i suoi dolci avvelenati. Questa diceria fu d’altronde quella che ruppe l’isolamento di Maria Maddalena. La reputazione del suo padrone cominciava a costarle caro, la vendita delle Madeleines cominciava ad affievolirsi: tutti volevano vedere colei che le cucinava, l’attenzione era diretta unicamente su di lei e non più sui suoi dolci e sul suo padrone. Allora quest’ultimo cedette alla pressione e organizzò una cerimonia di presentazione.


    5. La fuga di Maria Maddalena

    Molti erano coloro che vennero ad assistere alla cerimonia di presentazione di Maria Maddalena il 12 dicembre 1311: il cortile del Forte Gibron era stracolma e la folla traboccava tutt’intorno, invadendo ogni angolo di Correns. Per Maria Maddalena era difficile superare la sua paura di incontrare i suoi ammiratori e aveva passato la notte in preghiera per farsi forza. Il suo padrone aveva sentito la sua paura, e avendo pensato a tutto ciò che circondava i suoi interessi, aveva posto delle guardie davanti alla cucina dove lei aveva la sua branda per impedirle di defilarsi durante la cerimonia. Senza dubbio egli avrebbe dovuto lasciarla fuggire poiché l’indomani, quando lei vide i presenti al momento della cerimonia, fu travolta dalla paura: tutti erano obesi! Dal più giovane al più vecchio, uomini e donne, ricchi e poveri, tutti avevano un corpo deforme e adiposo.
    Maria Maddalena capì di colpo che questo fenomeno era stato causato dalle sue Madeleines deliziosamente composte da burro ben grasso. Ma era decisamente troppo tardi per tornare indietro, queste persone ne avevano mangiate talmente tante! Lei prese coscienza della situazione e riuscì a fuggire da Correns correndo con tutta l’energia che aveva. La pancia appesantita dai dolci, i suoi inseguitori abbandonarono la caccia e non si sentì più parlare di Maria Maddalena.

    Gilberto Vesiculo a écrit:
    ”Se mai la beccassi, quella, le farei mangiare la mia brioche!” (sentita il giorno della fuga di Maria Maddalena.)



    6. L’inchiesta dell’Ordine Teutonico su Maria Maddalena Cambiati tempi verbali


    Una cinquantina d’anni più tardi, alcuni membri dell’Ordine Teutonico ebbero sentore della storia e vi s’interessarono da vicino. Dopo aver aperto un’inchiesta, interrogato gli abitanti di Correns, e consultati gli archivi di Forte Gibron, si fecero un’opinione tutta aristotelica di cosa fosse accaduto alla scomparsa. Abbandonata dalle suore del convento dov’era nata, era riuscita suo malgrado a essere conosciuta in tutti i Regni. Sequestrata nella sua cucina dal suo padrone, si era messa d’impegno, per trenta lunghi anni, per fornire ai suoi ammiratori delle sontuose Madeleines sacrificando la sua stessa vita. Sarebbe vissuta attraverso le sue creazioni per portare gioia.
    Aveva dato prova di amicizia e di dono di sè consacrandosi alla confezione del suo famoso dolce, di conservazione trovando il mezzo di sussistenza, di temperanza accettando la sua condizione e, obbedendo al suo padrone, di giustizia cercando di fare più Madeleines possibili affinché ognuno ne avesse, di piacere facendo ciò che piaceva a lui ossia cucinare, e di convinzione credendo che agire come faceva avrebbe reso il mondo migliore, e durante tutto questo tempo gli ammiratori di Madeleines peccavano a oltranza! Il Signore di Correns in primo luogo: egoista perché pensava solo alla sua ricchezza e invidioso perché si attribuiva tutti i meriti di Maria Maddalena. Ma gli ammiratori di Madeleines non erano innocenti nemmeno loro: egoisti perché pensavano alle Madeleines e non a Maria Maddalena, golosi perché si ingozzavano di questi dolci e adepti della lussuria mentre abusavano dei piaceri della carne.
    La punizione fu generale: il Signore di Correns perse la sua unica fonte di guadagno e di prestigio e tutti coloro che avevano abusato di Madeleines erano colmi di rimorsi e di rimpianti. La povera Maria Maddalena, vedendo le conseguenze disastrose dell’utilizzo eccessivo della sua creazione, reagì nel modo più logico, scappando quel giorno. Ma non partì senza lasciare nulla: bisogna sapere che era riuscita a teorizzare matematicamente la tecnica utilizzata con la sua frusta per preparare l’impasto delle Madeleines: v = (Im(f*)df/dx)/|f|². Quindi molti furono i carpentieri di ogni Regno a incidere questa formula su dei remi, nessuno sa perché bisognava che fosse fatto su un remo, ma fu sempre fatto così. Il giorno in cui Maria Maddalena fuggì da Forte Gibron, tutti questi remi si volatilizzarono e la formula fu dimenticata da tutti! Poi, una trentina d’anni dopo, alcune persone cominciarono ad assistere a uno strano fenomeno: un remo appariva di notte da loro (e questo in modo aleatorio), e la formula vi era sempre incisa sopra. Solo Aristotele può avere una logica sufficiente per imparare e comprendere questo fenomeno: il Signore spera forse che la Madeleine ricompaia in modo da mettere gli umani alla prova una seconda volta?

    7. La grotta di Maria Maddalena


    Una spedizione fu dunque inviata il 24 aprile 1362 nei dintorni di Correns per trovare dove Maria Maddalena avrebbe potuto andare a nascondersi. Il massiccio della Sainte Baume fu completamente rastrellato e, dopo alcuni lunghi mesi di ricerche infruttuose, la spedizione incappò su una grotta isolata, in una scarpata discreta del massiccio. In fondo alla grotta trovarono uno scheletro. Lo analizzarono a lungo e riuscirono a determinare che era quello di una donna. Poi, frugando un po’ di più nella grotta, trovarono i resti di una cucina con degli stampi a forma di conchiglia, esattamente identici a quelli conservati nell’ala “Maria Maddalena” del Museo di Correns, così come un remo con sopra un’iscrizione cancellata. La deduzione fu dunque agevole e unanime, erano in possesso del corpo di Maria Maddalena della Sainte Baume!
    A breve sarà passato un secolo da quando tornarono i remi, i più grandi matematici sono impegnati sul problema e cercano di decifrare questa formula.

    Traduzione di Sciabola, revisione di Hipazia




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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 1:51 am    Sujet du message: Répondre en citant

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    Agiografia di San Martino


    La vita di San Martino

    Martinus, (che noi chiamiamo Martino) nasce nell’anno 316 dell’era Aristotelica della Fondazione, nella provincia Romana di Pannonia. Suo padre si chiamava Martinus come lui ed era un ufficiale superiore dell’esercito imperiale.
    Di sua madre non si sa quasi nulla, tranne che si chiamava Benetta ed era buona come il pane. Morì quando il piccolo Martino aveva 3 anni, lasciando così il padre nei guai.
    I Martini sono una famiglia devota all’Imperatore la quale praticava la fede dei loro antenati adorando ogni tipo di dio. Praticavano anche il culto dell’Imperatore. Vivevano dunque nel peccato.
    Talvolta entrarono in contatto con comunità aristoteliche locali, ma non me compresero né i riti, né il santo messaggio.
    Il padre ed i figli attraversarono allora l’Europa occidentale, secondo gli incarichi, da città a città, da guarnigione a guarnigione.


    Vita nell'esercito

    A 15 anni,dal momento che Martinus aveva mostrato un interesse per il mestiere delle armi, suo padre decise di far arruolare nella legione suo figlio come soldato.
    Lì conobbe la disciplina militare e la vera vita da soldato.
    Durante i periodi di congedo, gli venne affidato, come agli altri legionari, un piccolo appezzamento di terra perché lo coltivasse.
    Martino cominciò ad annettere, con le buone o con le cattive, i campi dei suoi vicini, fortificò il suo dominio con una massiccia palizzata e ne fece un santuario al quale nessuno poteva avvicinarsi senza provocare la sua collera.
    Tutte le volte che qualcuno provò disturbarlo, corse fuori come un pazzo e si difese corpo a corpo dagli intrusi, qualunque fosse il loro numero.
    Amò la guerra, attenzione a colui che incrocerà la sua spada!

    Partecipò ad una campagna contro i Germani pagani e barbari dove si distinse per il suo coraggio e per il numero di nemici che uccise con le sue mani.
    Il suo comandante, di nome Marcus Bonus Pistonnus, lo promosse allora al grado di Circitor, ufficiale subalterno incaricato di guidare le ronde notturne ed ispezionare le guardie. Fu un posto di fiducia che di rado venne affidato ad uomini giovani, Martinus aveva allora appena vent’anni.
    Destinato in Gallia, forse per la sua conoscenza del gallico, fu durante una di queste ronde notturne che una sera d’inverno del 338 ad Amiens, venne toccato dalla grazia.
    La sua strada, infatti, incrociò un vecchio uomo nella neve rigido a causa del freddo. Martino si avvicinò a lui, delicatamente. Martino, il guerriero, quello che tutti temevano comprese. Comprese che l'Amicizia è più forte di tutto. Dinanzi a quest'essere misero e rassegnato a morire, conobbe lo stupore.
    Si avvicinò al vecchio, estrasse la spada del fodero, slacciò il suo mantello e lo tagliò per dividerlo. Da quel momento la sua vita venne dedicata ai poveri ed a Christos.
    Ma quest'epoca fu turbata da continue invasioni barbariche.
    Nel marzo 354, Martinus partecipò alla campagna sul Reno contro gli Allemanni a Rauracum.
    Le sue nuove convinzioni religiose gli proibirono di versare il sangue e rifiutò di battersi. Per provare che non era un codardo e che credeva nella protezione divina, propose di fungere da scudo umano. Venne legato ed esposto al nemico e, per un motivo inspiegabile, i barbari chiesero la pace.
    L’anno successivo si fece battezzare a Pasqua ed entrò così nella grande comunità aristotelica.


    Vescovo di Tours

    Dopo 20 anni di buono ed onesto servizio nella legione, prende la sua pensione e riceve in proprietà un pezzo di terra non lontano da Tours, in Gallia.
    Molto presto accorsero molti fedeli, poiché la sua reputazione l’aveva preceduto.
    Passarono molti anni.
    Nel 370 a Tours, il vescovo in carica morì. Gli abitanti vollero eleggere Martino ma quest'ultimo aveva scelto la strada dell’umiltà e non aspirava ad essere vescovo.
    Gli abitanti allora lo presero e lo proclamarono a forza vescovo il 4 luglio 371 senza il suo consenso.
    Nonostante alcuni colpi furiosi portati dal santo (il suo carattere marziale risorse) e il lancio di pietre ed altri oggetti, l'entusiasmo popolare non diminuì. Al contrario, gli oggetti ricevuti diventarono subito reliquie che ci si strappavano di mano. Martino finì per accettare pensando che si trattava senza dubbio della volontà divina.
    Passerà il resto della sua vita a viaggiare instancabilmente attraverso la sua diocesi, convertendo incessantemente i pagani, allora molto numerosi nelle campagne di quell’epoca.
    Si impose una vita di disciplina ed organizzata secondo un rituale militare che non lo lascerà mai: alzarsi ad ore stabilite, preghiere, pasto di semola ed un bicchiere d'acqua ed aceto.
    Radunò attorno a lui alcuni discepoli che lo seguirono nelle sue peregrinazioni.

    Martino aveva doni da guaritore? Certamente, altrimenti come spiegare tutti i miracoli che gli vengono attribuiti: si dice che egli facesse “scaturire fonti, che egli curasse paralitici, gli indemoniati, i lebbrosi, resuscitasse i bambini, facesse parlare i muti, potesse anche curare a distanza, o tramite un oggetto che lui stesso avesse toccato. Calmasse gli animali furiosi ed anche la grandine.”

    Un giorno, vedendo alcuni Martin pescatori disputarsi dei pesci, spiegò ai suoi discepoli che i demoni si disputano nello stesso modo le anime dei fedeli sulla Luna. Gli uccelli presero così il nome del vescovo.

    Sfinito da questa vita di soldato di Dio, Martino morì alla fine dell’autunno, l'8 novembre 397, su un letto di cenere come muoiono gli uomini santi; disputato tra gli abitanti di Poitiers e di Tours, il suo corpo venne trafugato da quest'ultimi che in silenzio e con difficoltà lo fecero passare per una finestra della cappella dove era deposto e venne rapidamente trasportato sul fiume fino a Tours dove è sepolto.
    Al passaggio del suo corpo sulla Loira tra Poitiers e Tours, i fiori sbocciarono in pieno novembre. Questo fenomeno miracoloso darà vita all’espressione:“estate di san Martino„!

    Simboli associati:

    Reliquie: Il mantello, quello che ha diviso con il povero il giorno della rivelazione, attualmente nella cattedrale di Tours.

    Elementi legati: Il coraggio, la forza, la compassione.
    Primo missionario a diffondere l’aristotelismo in Gallia.

    Citazioni:
    - Le battaglie perse si riassumono spesso in due parole: troppo tardi
    - Ho amato troppo la guerra
    - Sono nato per condividere l'amicizia e non l’odio
    - Più si divide e più si possiede
    - Io ho diviso il mio mantello, voi riceverete tutto!
    Nota riguardante quest'ultima citazione: fu pronunciata da Martino quando i fedeli vollero farlo vescovo a forza. Ne seguì una pioggia di oggetti su loro. Ma bisogna comprendere che questa è una parabola. Riceveremo tutto il regno di Dio sul Sole!



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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 1:52 am    Sujet du message: Répondre en citant

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    Agiografia di San Moderano

    S. Moderano Vescovo di Rennes
    Patrono di Fornovo
    (? – 730 C.)


    1. S. Moderano un fedele figlio di Nobili


    Fin dalla più tenera età, Moderano fu avviato attraverso gli studi verso la carriera ecclesiastica.
    Ultimo di nove figli il padre aveva già dato in sposa le figlie ad altre nobili famiglie francesi di quel periodo mentre i suoi fratelli erano stati avviati due alla vita Militare ed altri due alla vita di stato.
    Se François suo fratello più grande era morto nel tentativo di difendere la suo Comté invece Ricard aveva avuto successo diventando prima Barone e poi Conte di Arnais un piccolo possedimento nel territorio di Rennes donatogli dal Re francese per aver salvato la sua vita in battaglia.
    Ricard che era stato un uomo retto fino a quel momento era però stato abbagliato dal potere ed aveva iniziato a stuprare le sue cortigiane ed a mettere tasse sempre più pesanti sfinendo sia le tasche dei suoi proprietari terrieri sia gli stomaci dei poveri contadini che non potevano più tenere le parti di raccolto che raccoglievano se non in minima parte e comunque troppo poca per mantenersi per l’inverno.
    Moderano di venticinque anni più giovane del fratello un giorno si recò a trovarlo nel suo castello nella Contea di Arnais insieme al padre.
    Quando arrivò e fino a sera vide il fratello nella sua vita dissoluta maltrattare contadini, palpeggiare cortigiane e picchiare i sui sudditi. Il suo cuore piangeva e non sapeva come affrontarlo in fondo lui era solo un bambino come mai avrebbe potuto convincere un adulto?
    Quella notte andò a dormire con la ferita nel suo cuore, data dal comportamento del fratello, che non smetteva di sanguinare.
    Nel sonno agitato ci racconta il Flodoardo che ebbe la sua prima visione pare che verso le cinque del mattino si sveglio o così gli parve ed una luce filtrava da una finestra egli sgranò gli occhi e davanti a lui si materializzò l’immagine di una persona, che solo più tardi avrebbe riconosciuto in San Remigio, con una colomba in una mano. Flodoardo ci racconta anche che il piccolo Moderano prese la visione come un messaggio pacificatore che doveva portare al fratello ed al mondo. Capì che l’amore verso l’Altissimo era l’unico che poteva salvare il fratello così il mattino dopo lo affrontò a viso duro spiegandogli che stava cedendo al demonio, che avrebbe dovuto amare i suoi simili se voleva essere amato da loro così come nel suo cuore doveva amare l’Altissimo perché egli di rimando l’amasse. Il fratello per tutta risposta si fece un grassa risata e spintonò il piccolo Moderanno il quale cadendo si ruppe la gamba sinistra la quale gli resto zoppa per tutta la vita.
    Fu proprio questa dissolutezza del figlio Ricard in contapposione al carattere mite e dedito alla Fede di Moderano a Convincere Eugène a dare il giovane figlio alla vita ecclesiastica alla sola età di sei anno facendolo studiare in un Monastero.
    Inizialmente Taciturno, il giovane apprendeva celermente le arti della religione ed in particolar modo l’oratoria e la predicazione.
    All’età di quindici anni era già tesoriere del Monastero ed a diciassette insegnante per i novizi.
    La sua oratoria era talmente convincente da riuscire malgrado le difficoltà a risollevare anche gli animi dei più infelici, la sua vita era talmente dedicata all’Altissimo che spesso i Monaci più anziani spesso incaponiti sulle vecchie idee sentendo nelle sue parole un segno di freschezza e di bontà Divina, si lasciavano convincere. Sembrava quando parlava Moderano che le parole venissero direttamente dall’Altissimo e questo portava Fede ed Amore dentro e fuori il Monastero.
    Questa condotta esemplare alle sola età di ventuno anni gli valse la chiamata dalla più importanti Eminenze della Chiesa francese che gli proposero di mettere la sua arte al servizio della Cattedrale di Rennes come Vescovo.

    2. La tentazione dell’ombra e la Chiamata di S. Remigo


    Moderano non sentendosi pronto ad affondare questa prova di Fede chiese al Cardinale di concedergli del tempo in cui pensare alla sua generosa offerta.
    Tornato al Monastero si chiuse nella sua cella ed ivi restò per sessanta giorni.
    In contemplazione leggendo i sacri scritti Moderano ponderava come gestire questa situazione quando al nono giorno un ombra gli apparve nelle cella, l’ombra sembrava formarsi dal riflesso della Luna su suo letto e gli si stagliava davanti.
    Moderano rimase impietrito, l’ombra parlò: “Moderano se non accetterai l’incarico io potrò farvi diventare Abate del convento”.
    Moderano prese fra le sue mani il rosario e pregò fino a mattino quando alzò gli occhi nessun ombra era più nella sua cella.
    Al trentatreesimo giorno l’ombra ricomparve questa volta sembrava che la luna si riflettesse sul inginocchiatoio Moderano sobbalzò spaventato chiese: “cosa vuoi di nuovo da me ombra demoniaca?” e l’ombra rispose: “Moderano tu hai un abile oratoria, un intelligenza vivace se mi seguirai la strada verso la fama sarà tua e tuo sarà il posto del Cardinale!” Moderano per tutta risposta disse: “ La mia è Fede nell’Altissimo e lui deciderà la mia strada. Se dovrò diventare Cardinale o solo un povero monaco e nelle sue mani misericordiose”. Rimessosi a pregare l’ombra sparì.
    Al cinquantottesimo giorno l’ombra rifece la sua comparsa.
    “Moderano se tu mi seguirai io ti donerò le chiavi della Chiesa terrestre. Tu dominerai la fede ed i fedeli saranno tuoi sudditi soggetti alle tue leggi. Vuoi tu seguirmi?” e Moderano disse: “ La Fede mi domina ed io sono suddito dei miei fedeli, io guido le loro anime poiché loro possano salvare la mia ”
    Stremato ormai dai morsi della fame e della sete al cinquantanovesimo giorno alla scoccare della mezzanotte mentre gli altri Monaci si preparavano a recarsi a dire le preghiere nella Chiesa del Monastero Moderano si addormentò ed ebbe un sogno premonitore.
    Racconta Moderano nelle sue memorie giunte a noi post mortem “ la mia Fede cedette ed io mi addormentai il cinquantanovesimo giorno della mia espiazione ed in sogno vidi San Remigo il quale mi sorrise e mi porse i paramenti da Vescovo. Al risveglio dopo aver nutrito ed abbeverato le mie spoglie mortali altro non potei fare che accettare la proposta fattami dal Cardinale”.

    3. La pigrizia del Clero e la predicazione di San Moderano

    Accettato l’incarico di Vescovo decise per prima cosa di fare un sopralluogo per la sua Diocesi.
    Viaggio da nord a sud e da est ad ovest per verificare l’operato dei parroci e di tutti i suoi sottoposti rendendosi però sempre più conto di un Clero asettico, spesso senza risposte per il popolo, quasi mai presente in Chiesa e dedito soprattutto al riempirsi la pancia più che a salvare le anime dei fedeli.
    Memore della sua visione gli fu chiaro lo scopo del suo incarico così Moderano riprese nuovamente il cammino ed ovunque si recava dal più piccolo dei villaggi alla più grande delle città della sua Diocesi cominciò a predicare. Grazie alla sua grande arte oratoria subito molti fedeli lo ascoltarono ed ammirarono avvicinandosi nuovamente alla Chiesa Aristotelica.
    I Parroci erano estasiati dalle sue parole e molti di loro lo seguirono per imparare a predicare la Fede, altri semplici popolani chiesero di entrare in Monastero o se troppo anziani per farlo si fecero leggere le sacre scritture dai loro ecclesiasti.
    Dopo solo due anni la Fede brillava nuovamente nella sua Diocesi, le Chiese erano sempre piene e lui era spesso invitato a recitare omelie da un parroco in una piccola Chiesa di campagna piuttosto che da un Abate in un grande Monastero ed egli sempre accettava pur di portare la parola dell’Altissimo ai fedeli.

    4. Moderano per ringraziare l’Altissimo si reca in pellegrinaggio

    Per ringraziare l’Altissimo decise di compiere pellegrinaggio a Roma per onorare la sepoltura dell'Apostolo Pietro così il Vescovo Moderano lasciò la sua città e si spinse verso il Mezzogiorno. Lungo la sua strada c'era Reims, la città dov'era sepolto San Remigio, Santo che gli era apparso in sogno e l’aveva spinto al Vescovato, il convertitore dei Franchi Moderano vi si fermò per pregare il Santo e ringraziarlo. L’Abate lo riconobbe e chiese a Moderano se poteva prendere alcune reliquie, da portare con sé verso Roma. Moderano lo prese per un segno divino e non poté che accettare per rendere gloria a San Remigo oltre che per fare un modesto favore all’Abate il quale ormai anziano più avrebbe potuto raggiungere la Città Santa.
    Giunto al Passo della Cisa, si fermò per riposarsi, ed attaccò ai rami di un albero le reliquie di San Remigio. Ripartendo, si dimenticò di quel prezioso bagaglio e quando, accortosene, tornò indietro per riprenderle trovò che non poteva più raggiungere il ramo, inspiegabilmente sollevatosi.
    Visto inutile ogni sforzo, il pellegrino promise di donare le reliquie, se avesse potuto riottenerle, alla Chiesa della vicina Fornovo, e soltanto allora il ramo si abbassò, permettendo a Moderano di raccogliere le reliquie, come un prodigioso frutto di santità.
    Fu così che Fornovo, nota località montana sull'Appennino parmense, venne ad avere, nella sua Chiesa alcuni resti di San Remigio, mentre il Vescovo di Rennes, Moderano, venne nominato da Liutprando, Re dei Longobardi, Parroco di quella stessa Chiesa.
    Moderano tornò in Francia, ma non per rimanervi. A Reims, per ringraziare l’Abate di quel compito affidatogli, fece simbolico dono della Chiesa di Fornovo all'abbazia di San Remigo
    Tornato a Rennes, un giorno durante l’ora dei Vespri mentre era assorto in preghiera ebbe una nuova apparizione di San Remigo che gli indicò con la mano il sud. Moderano interpretò l’apparizione come il volere del Santo di farlo recare nuovamente in Italia nella Chiesa al Santo dedicato così dette le dimissioni da Vescovo, e fece eleggere un successore.
    Poi tornò a Fornovo, e vi restò fino alla morte, sopraggiunta pochi anni dopo.
    A tutt’oggi le sue reliquie ed il suo corpo si conservano nella Pieve di Fornovo.

    5. Gli ultimi anni di Moderano a Fornovo

    Moderano passò gli ultimi di vita nella tranquillità della Chiesa Fornovese vicino al passo della Cisa.
    Ma fu tutt’altro che inoperoso infatti grazie alla sua oratoria egli riuscì a portare la Fede fra questi monti ed inoltre grazie alle Reliquie di San Remigio presenti nella Pieve di Fornovo riuscì ad instaurare pellegrinaggi verso questa Chiesa.
    La Chiesa divenne così famosa nei Regni a suo tempo da rendere Fornovo uno dei più importanti luoghi di culto del suo Ducato e da rendere la cittadina di Fornovo uno dei più importanti porti commerciali di scambio fra il Ducato di Milano, la Repubblica di Genova ed il Ducato di Modena.
    Moderano morì in estatica preghiera inginocchiato davanti alle Reliquie del santo il giorno ventidue Ottobre 730.


    Data Ricorrenza: 22/10
    Reliquie di S. Moderano: Corpo del santo
    Paramento Vescovile



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Dernière édition par Kalixtus le Ven Juil 28, 2023 2:36 am; édité 1 fois
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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 1:54 am    Sujet du message: Répondre en citant

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    Agiografia di Santa Nitouche
    contro i Bogomili

    La Chiesa Aristotelica è nata dal sacrificio di Christos. Ma anche altri credenti, i santi martiri, diedero la loro vita per la fede rivelata da Aristotele e Christos. Una di loro fu Santa Immacolata, vittima di Abadone, giustamente soprannominato "il flagello".

    Mentre la fede aristotelica si diffondeva nel mondo, un setta chiamata "Bogomili" imperversava nei Balcani. Essi maltrattavano i veri credenti e bruciavano le loro chiese. Alla loro testa si trovava Abadone, il flagello, uomo la cui follia fu in seguito raramente eguagliata.

    Christos fu il secondo e ultimo uomo a trasmettere ai suoi contemporanei la parola di Dio. La forza della sua fede era tale che si diffondeva tanto sui corpi che sulle anime di coloro che lo circondavano. Gli storpi si alzavano per andare ad ascoltarlo e i malati si ritrovano guariti udendo le sue prediche.

    Ma i Bogomili predicavano ovunque andavano che Christos, da loro chiamato con il nome di Jeshua Cristo, era in realtà l'incarnazione di Dio all'interno di un mero involucro di carne, di un corpo umano. Dunque, secondo loro, Dio Stesso era disceso sulla terra per predicare la Sua parola ed era morto sacrificato sull'altare del peccato umano.

    Abadone e i suoi discepoli credevano fermamente che Christos avesse attraversato Gerusalemme resuscitando i morti e camminando sulle acque. Poiché, secondo loro, Christos era Dio, ritenevano inutile che ci fosse stata una prima rivelazione e negavano così lo status di profeta ad Aristotele.

    Immacolata, ragazza virtuosa, era una coltivatrice di mais e sindaco dell'incantevole villaggio di Sarajevo. Ella viveva ancora nella fattoria di famiglia ed era fidanzata con Igor di Zagabria, piccolo mercante croato, che l'amava teneramente. Quando Abadone e i suoi adepti fecero tappa nella fattoria dei genitori della santa, tentarono di convertirli tutti quanti. Ma Immacolata, i suoi genitori e il suo fidanzato erano dei veri credenti. Fedeli alla Chiesa Aristotelica, rifiutarono qualsiasi compromesso con quegli eretici.

    Santa Immacolata domandò loro: "Perché Dio si sarebbe costretto in un corpo umano, visto che Egli è l'Onnipotente, infinito ed eterno?"

    Chiese inoltre: "Perché Dio avrebbe Egli stesso trasmesso il Suo messaggio visto che l'aveva in precedenza già rivelato a un uomo, il profeta Aristotele?"

    Infine, domandò: "Se Dio si era incarnato, per quale motivo si sarebbe lasciato martirizzare ed uccidere visto che Egli è immortale e onnipotente?"

    A quelle domande, gli eretici, come gli animali della Creazione, non seppero dare risposta. Bollivano di rabbia davanti a un fede così pura. Allora, verosimilmente aizzati dalla Creatura Senza Nome, i Bogomili si avventarono su di lei, sulla sua famiglia e sul suo fidanzato. Fecero subire loro terribili atrocità, dando libero corso al peccato di cui erano pieni.

    Fu così che santa Immacolata morì martire, subendo tutte le sevizie possibili ed immaginabili da parte di quei demoni. Si scatenarono su di lei con somma barbarie. La loro violenza oltrepassò ciò che nessun essere umano saprebbe sopportare. Le grida di dolore dei genitori e del fidanzato fecero eco alle urla bestiali dei Bogomili.

    Ma Santa Immacolata non emise alcun suono. Dentro di lei, pregava Dio di perdonare la loro corruzione. Essi non sapevano quello che stavano facendo, poiché erano stati corrotti dal peccato, per mezzo della Creatura Senza Nome. Una sola lacrima le rigò il viso, proprio quando le fiere eretiche s'apprestavano a compiere le ultime sevizie sul suo corpo agonizzante.

    Ma Dio non permise che una tale fede in Lui fosse schernita in tal modo. La luna apparve nel cielo nascondendo la luce del sole. Mentre Santa Immacolata moriva, un'oscurità demoniaca rapì gli eretici per condurli all'Inferno tra le loro urla di terrore. Solo il corpo senza vita della santa restò illuminato dalla luce dei giusti, il dolce calore del sole.

    Supyso


    Traduzione di Jul., revisione di Hipazia




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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 1:57 am    Sujet du message: Répondre en citant

Citation:

    Agiografia di Sant'Olcovidio (106-138)

    Santo e Martire

    Un infanzia molto pia.

    Olcovidius è nato in una famiglia romana aristotelica. E’ stato quindi molto presto allevato nella fede. Suo padre, un uomo di nome Lucio, si era convertito all’età di venti anni sotto la spinta della sua futura moglie, Camelia. Era il loro unico figlio. Certamente non era una famiglia proprio molto ricca , ma ne avevano a sufficienza per vivere bene e per avere lo status di cittadini romani. Vivevano a Roma, ma quando il giovane Olcovidius aveva sei anni, la persecuzione da parte dell’imperatore li costrinse a cercare rifugio a Ostia, a pochi passi da Roma. Qui Olcovidius crebbe e la sua fede con lui, attraverso le visite, quasi giornaliere, al diacono Falco, che gli insegnò la saggezza di Aristotele e azioni della santità di Christos.

    Un giovane talento per l'arte, il sogno di dedicare la sua vita all'amore di Dio.

    I suoi genitori, volendogli aprire la mente, gli fecero leggere Ovidio, e Seneca , invece che Aristotele e Platone, che misero alcune sue idee in confusione per un po’ di tempo, ma alla fine alcune idee finirono per prendere il sopravvento sulle altre, egli era anche appassionato di pittura e di musica, dove mostrò un talento particolare nel suo strumento: l’arpa, che rimase con il passare degli anni la sua principale distrazione. Infatti dopo i quindici anni, dedicò più tempo alla preghiera, anche mettendosi a scrivere, tra le altre cose , la più famosa è “Credo” della Chiesa, composizione aristotelica scritta all’età di diciassette anni, nel 123 dC. Sempre a questa età ha annunciato la sua vocazione ai suoi genitori: il suo desiderio di dedicare la sua vita a Dio e ad insegnare il suo amore verso i pagani. Inoltre decise, con grande sbigottimento generale della sua famiglia, che non avevano discendenza, la volontà di rimanere nubile per appartenere solo a Dio e non essere attaccato alla terra perché sapeva che la sua missione avrebbe portato la sofferenza e la morte proprio nel fiore della sua vita.

    La vita di un uomo: un diacono al servizio degli umili, un predicatore della fede fino al martirio.

    Quando aveva 21 anni, il diacono Falco morì di una malattia che nessun medico poteva curare: l'usura, la fatica di cercare di convincere gli empi a cambiare la loro vita e per sfuggire alla loro persecuzione. Il giovane rimase al suo fianco fino alla fine e raccolse le sue ultime parole: "Figlio mio, amico mio, perdona gli uomini. Qualunque cosa facciano a voi a causa della vostra fede, perdona loro, ancora e ancora .... "
    Al funerale del vecchio nelle catacombe, il Vescovo di Roma chiese alla comunità dei credenti chi avrebbero voluto come nuovo pastore. Accalamarono Olcovidius all'unanimità e il Vescovo contento di questa scelta, immediatamente lo ordinò. Successivamente, Olcovidius continuò a scrivere salmi, ma scrisse anche i testi più polemici contro coloro che perseguitavano gli aristotelici, contro coloro che si rifiutavano di aprire il loro cuore alla vera fede, ma anche contro coloro che vivevano egoisticamente la loro fede credendo di essere salvati perché erano stati battezzati. Ma sempre nei suoi scritti, esortò i suoi fratelli e la di Dio alla misericordia per i peccatori. Perchè Dio aveva creato gli uomini troppo imperfetti per essere degni di lui e dei suoi fratelli, perché “bisogna guardare la trave nel proprio occhio, prima che la pagliuzza nell'occhio del vicino”
    Il giovane diacono voleva essere un esempio per il suo gregge. Visse con umiltà, dunque, mangiando solo due volte al giorno e rimanendo a digiuno la domenica. Non era ricco, ma la sua porta era sempre aperta per vagabondi respinti dalla città o al paziente del quale nessunovoleva alleviare la sofferenza. Andò anche per strada in giro per Roma e Ostia, prendendo il suo bastone, e visitò i borghi e villaggi della campagna latina. Si incontrò con i contadini poveri e gli schiavi, e spiegò loro la verità, perché pensava di poter aprire la mente e il cuore di tutti gli uomini perchè la specie di Oane venisse salvata. I poveri ascoltarono, e anche se la maggior parte rimase legata nel paganesimo, un barlume era stato acceso nel loro cuore.
    Tuttavia, la sua fede e la sua predicazione intransigente gli portarono non solo amici. Molti cittadini ricchi, aristotelici in parte, giurarono di rovinarlo. Così il 14 febbraio 138, una decuria venne ad arrestarlo a casa sua con i suoi parenti e amici.

    Un martire della Fede

    Insieme, essi furono processati davanti al flamine, il sacerdote del culto di Augusto. Chiese loro di rinunciare alla loro fede e giurare per Giove, il re dei loro falsi idoli d'oro e di marmo. Gli amici di Olcovidius passarono per primi, qualcuno giurò e venne assolto, altri rifiutarono di abiurare la loro fede santa, e vennero condannati a morte. E venne poi il turno di Olcovidius per essere interrogato.
    Il flaminio, ispirato dalla creatura senza nome, disse per provocarlo: "Giura, tu che ti dici diacono del vostro dio dell'amore come dite voi, e tu non morirai. Egli non vuole che tu muoia, se è amore. E se tu hai detto di vivere in amicizia con quelli che sono stati appena giudicati e che sono innocenti, raggiungili e vivi senza problemi con loro, approfittando dei beni che gli dei ci hanno messo a disposizione. Salva te stesso!"
    Olcovidius sembrò placarsi, ma fu solo lo spazio di un momento. Per un momento, si sarebbe potuto pensare che sarebbe ceduto alla tentazione, ma si rilevò ancora più grande.
    "Sì", rispose il santo diacono, ispirato dall'Altissimo, "Alcuni dei miei amici si sono salvati! E che peccato che altri abbiano fatto la scelta sbagliata ... Sì, sono d'accordo con loro ... il mio errore è stato di non gridare ancora più forte in faccia al mondo:

    Io credo in Dio l'Altissimo Onnipotente,
    Creatore del Cielo e della Terra,
    Degli Inferi e il Paradiso,
    Giudice delle nostre anime nell'ora della morte.

    E in Aristotele, suo profeta,
    Figlio di Nicomaco e Phaetis,
    Mandato a insegnare le sapienza
    E le leggi divine dell'universo agli uomini che erano nell'errore.

    Credo anche in Christos,
    Nato da Miriam e Ioseph.
    Ha sacrificato la sua vita per mostrarci la via del Paradiso.
    Così, dopo aver sofferto sotto Ponzio,
    morì martire per salvarci.
    Si è unito al sole dove Aristotele era in attesa alla destra dell' Altissimo.

    Io credo nell' azione divina,
    Nella Santa Romana Chiesa aristotelica, una e indivisibile,
    Nella comunione dei Santi
    Nella remissione dei peccati
    Nella Vita Eterna.

    Nel dire questo, il suo volto si rischiarò come illuminato dall'interno. I suoi amici che avevano tradito la loro fede per paura della morte avevano capito cosa era la vera morte e ripeterono il Credo con lui. I soldati li picchiarono, ma loro non stettero in silenzio. Cantarono lodi anche quando i loro aguzzini gli riaccompagnarono tutti dentro l'infame prigione.

    La mattina del 20 febbraio, mentre pioveva a Roma, li portarono nell'arena, e là vennero dati in pasto ai leoni tranne Olcovidius. Egli dovette subire la vista dei suoi genitori e dei suoi amici divorati e infine, venne consegnato anche lui.

    Allora si diresse verso il centro dell'arena e, in ginocchio, pregava, mettendo la sua vita nelle mani di Dio. I leoni erano intorno a lui, ma non lo toccavano. Gridando esclamò: "Mio Dio, Tu sei il Padre degli uomini, perdona i tuoi figli e trasmetti a loro la fede!". Queste sono state le ultime parole che disse in questa vita, perché Dio non volle che lui soffrisse gli donò la morte.
    Poi smise di piovere e la luce del cielo cominciò a illuminarsi come a giugno. Un raggio di sole rischiarì ancora di più di quelli che non avevano tradito la loro fede.

    Nell'Arena, mentre un minuto prima la folla ancora gridava: "A morte!", calò un silenzio meraviglioso. E, infine, si sentirono canti venire dal nulla per accompagnare l'anima di un giusto verso il sole.

    Tra coloro che videro questo miracolo, molti si interessarono alla parola trasmessa da Aristotele e Christos. La comunità dei fedeli di Ostia si arricchi' di molti convertiti.

    Tradotto da Cardinal Alessandro III de Montemayor detto "Giarru senza Terra"



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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 1:59 am    Sujet du message: Répondre en citant

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    Agiografia di San Patrizio
    Patrono d'Irlanda


    La nascita e i primi anni

    San Patrizio nacque nell'anno 415.

    Nacque nel nord dell'Inghilterra nei pressi del confine irlandese, suo padre era un diacono e sua madre era una semplice fanciulla di campagna. Dalla madre ha acquisito i tratti dell'umiltà, e da suo padre ha acquisito il grande coraggio, testimoniato nella predicazione del padre ai pagani violenti nelle terre allora selvagge del nord, che convertì alla fede.

    Nonostante questo, suo padre era un pastore di successo e riuscì a fare il suo dovere verso la chiesa, la famiglia, e la città sempre in egual misura.

    Patrizio era orgoglioso di suo padre e voleva seguire le sue orme, ma purtroppo una banda di mercanti di schiavi lo rapì.

    Schiavitù

    A 16 anni una banda di razziatori celti rapirono lui e la gente della sua città e furono fatti tutti schiavi per lavorare nei campi d'Irlanda. Lui lo fece per 6 anni, assistendo in prima persona alle atrocità e alle falsità di cui il popolo d'Irlanda è stato oggetto, atrocità non più grandi della sua stessa schiavitù.

    Fu durante questo periodo che Patrizio venne illuminato e che alcune delle sue più grandi idee si svilupparono con la convinzione di porre fine alla miseria del suo popolo.

    Un giorno, mentre stava leggendo alcune prediche dal libro di suo padre, un trifoglio cadde sul suo mantello e atterrò sulla pagina. Atterrò ordinatamente nel mezzo di 3 parole, in modo che ciascuna delle sue foglie indicasse una parola. Una foglia indicò la parola di Dio, un'altra foglia puntato verso la parola di Aristotele e la terza puntata verso la parola di Christos.

    Guardando ciò, Patrizio lo prese come un segno e un modo per convertire i pagani. Questi pagani adoravano il trifoglio e lo vedevano come segno fortunato. Ora Patrizio aveva un modo di collegarlo alla sua fede.

    Chiudendo il libro lo pressò rigido in modo che la pagina rimanesse macchiata con il colore verde del trifoglio.
    Patrizio colorò tutte le sue opere in quel modo, con un trifoglio che indicava Dio, Christos e Aristotele.

    Patrizio aveva capito che il trifoglio era anche un riflesso delle lezioni della vita di suo padre che gli ha insegnato la devozione alla Chiesa, alla famiglia e alla comunità.

    Patrizio riuscì a fuggire.

    Una notte sognò una barca che era in attesa di portarlo via. La mattina dopo, mentre pascolava le sue pecore davanti a una spiaggia, incontrò un vecchio che gli offrì un viaggio in barca verso la Francia.
    Non prese altro che il suo verde (come il trifoglio) mantello, un bastone bianco che usava per aiutare il gregge di pecore, alcuni semi di trifoglio, il suo campanaccio, e Patrizio prese la barca e si diresse verso la Francia.

    Il tempo in Francia

    Patrizio trascorse molto tempo in diversi monasteri. Erano tempi frustranti per Patrizio in quanto lui era un uomo attivo, preferendo imparare dall'esempio e dall'ascolto durante il lavoro, piuttosto che stando seduto e leggendo.
    Suo padre gli aveva insegnato bene, ma il nord dell'Inghilterra e dell'Irlanda erano distanti e lontani dai centri di apprendimento di Roma e della Francia, in cui Patrizio aveva imparato così tanto. Il popolo aveva vagato lontano dalla caduta di Oanilonia, ed era facile per loro cadere vittime di falsi insegnamenti. Non si erano creani discendenti di Noame in Irlanda, il che significa che la scintilla della vera fede non aveva raggiunto la lontana isola.

    In Francia Patrizio ebbe una visione di un uomo che veniva da lui. L'uomo portava un trifoglio, e un pò di whisky irlandese. Portava una lettera, il cui titolo era "La voce degli irlandesi." Dopo aver bevuto il whisky, Patrizio iniziò a sentire i suoni e le voci del popolo d'Irlanda. Stavano chiamando lui: "Vieni e cammina in mezzo a noi Patrizio, abbiamo bisogno di te. "

    Ciò indusse Patrizio a darsi da fare. Aveva tutti i libri scritti, in rilievo con quadrifogli, che avrebbe usato per diffondere la fede in Irlanda. Aveva un mantello fatto in modo che sembrasse come fatto di quadrifogli. Fu un'altra sua idea per aiutarlo a confondersi con i pagani. Come un pastore egli indossava un mantello verde per mimetizzarsi con l'erba e le pecore. Questo gli permise di riposare in pace perché non c'erano colori vivaci.

    Andò a Roma e incontrò Papa Leon.e Il Santo Padre, vide che sincero nella sua fede e lo nominò missionario in Irlanda nel 458. Per quest'occasione fu consacrato vescovo.

    Ritorno in Irlanda

    Al suo ritorno in Irlanda, Patrizio iniziò a predicare ogni giorno riguardo la vita di Aristotele e Christos. Raccontò molte storie al popolo mentre si riposavano dalla loro fatica nei campi, e la maggior parte dei giorni li assisteva con il loro lavoro e raccontava sempre le storie per innalzare il loro spirito. Quando camminava il suo campanaccio suonava, come un pastore che guida il gregge del Signore.

    Ma lui non ebbe molta fortuna nel convertirli. Lo ascoltarono e lo tolleravano poichè vedevano dal suo mantello, il suo bastone e il suo campanaccio che era una persona per bene.

    Un giorno, mentre stava predicando in una stalla fredda e congelata vicino il mare, venne aggredito da una banda di pagani. Questi pagani portavano il simbolo di un serpente sui loro mantelli e scudi.
    I pagani Serpenti erano il più grande dei clan pagani in Irlanda, istituiti in passato da coloni provenienti dalla caduta di Oanilonia che avevano assistito alla morte di molti dei loro familiari e amici proprio a causa di alcuni serpenti che erano stati abbondanti nelle terre in Irlanda.
    In molte notti durante le quali sarebbe venuto un serpente, uno del popolo sarebbe morto al suo morso.
    Infine attraversarono il mare Irlanda, e non trovarono serpenti. Non si capisce il collegamento, ma hanno iniziato ad adorare il serpente come un dio.

    Appena arrivarono i Druidi, Patrizio tirò fuori il suo bastone bianco, lo sollevò davanti ai Druidi e cominciò a recitare le storie di Christos. In quel momento il sole fece capolino da dietro le nuvole e splendette dritto verso i Druidi. Patrizio parlò in modo così potente, battendo il suo bastone rumorosamente a terra a tempo con il suo canto, che molti dei Druidi rimasero ipnotizzati. Il battito del bastone, creò molto rumore, e complice il sole, un grande ice-berg si sciolse, travolgendo molti dei druidi. Il resto fuggì, e coloro che si salvarono cominciarono a raccontare la storia dei rumori forti che tenevano i serpenti lontani.

    Dopo che il popolo aveva sentito parlare della manifestazione, per Patrizio fu più facile convertirli. Ordinò molti sacerdoti, divise il paese in diocesi, tenne i consigli della Chiesa, fondò alcuni monasteri ed esortò continuamente il suo popolo a mostrare sempre maggiore devozione ad Aristotele, Christos e Dio.

    Ovunque piantasse il suo bastone li sarebbe cresciuto un frassino, e ciò costituì la base del giardino per il monastero e la chiesa.

    La gente avrebbe ascoltato il suo campanaccio attendendo di sentire la verità che si diffondeva.

    Il Veleno di Serpente

    Si dice che durante i suoi viaggi in Irlanda, Patrizio una volta arrivò ad una roccaforte di pagani. In questa roccaforte pagana si celebravano le loro credenze bevendo la più forte, più acuta, e disgustosa birra mischiata a whisky amaro. I pagani chiamavano questa bevanda "Veleno di Serpente". Tutti quelli che riuscivano a berlo venivano accettati nella gerarchia e venivano date loro alte posizioni.
    Molti tentavano di bere, ma la maggior parte la sputava via, irritandogli gli occhi e il naso, proprio come gli effetti del morso dal serpente.

    Patrizio si sarebbe avvicinato a queste fortezze e avrebbe sfidato il leader locale dei pagani a una gara di bevute. La persona che avrebbe bevuto più veleno di serpente sarebbe stato il vincitore.

    Patrizio, in una pausa, avrebbe recitato una preghiera a Christos, Aristotele e Dio affinché benedicessero la bevanda per poi procedere a berla col pagano. Patrizio riuscì a bere sempre di più, mentre il leader Pagano cadde a terra svenuto, e, dopo poco, morto.

    Coloro che assistettero rimasero stupiti, e iniziarono a credere che, benedicendo il veleno di serpente, come aveva fatto Patrizio, avrebbero anche loro potuto berne di più.

    Prima di partire, Patrizio, avrebbe poi raccolto tutto il "Veleno di Serpente" e acceso un fuoco, distruggendo tutto. E 'per questo che oggi le birre e whisky irlandesi sono le migliori del mondo.

    E 'anche per questo che gli irlandesi benedicono le loro bevande prima di consumarle.

    La morte

    Patrizio sopravvisse allo scontro con i pagani. Il suo personale bastone e la sua campana gli diedero sia coraggio che forza. Il suo manto di quadrifogli aiutò il popolo a fargli vedere che egli era come loro.
    Morì nella contea di Down il 17 marzo 493. La città fu in seguito ribattezzata Downpatrick in suo onore.

    Reliquie
    Anche se purtroppo il suo mantello di quadrifogli è da tempo scomparso, alcune reliquie sono state conservate.

    Il suo bastone è conservata nel luogo di sepoltura a Downpatrick.
    Il campanaccio è conservato a Killkenny, ove ebbe la visione della barca.

    Ci sono 2 testi che sono sopravvissuti.

    Uno racconta le storie delle battaglie con i fedeli pagani.

    Un altro racconta le storie della creazione delle chiese e l'importanza di Christos.

    Detti famosi

    Citation:
    "Per ogni petalo del trifoglio.
    questi portano un segno per la tua fede:
    Christos, Aristotele, e Dio
    Oggi e per tutti i giorni.
    "



    Citation:
    "Non seguire il serpente
    Perché è falso,
    Segui Christos,
    Poiché egli ci ha baciato.
    "


    ---

    San Patrizio è
    Patrono dei Pastori, dei Predicatori, dei Birrai, e dell'Irlanda
    Giorno di festa: 17 Marzo



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    Agiografia di San Possidonio (330 - 412 PCN)


    La giovinezza


    San Possidonio nacque col nome di Possidio circa trecento trent’anni dopo la venuta di Christos in una cittadina della Spagna, sotto il dominio di Roma. La sua famiglia era una delle più importanti della regione ed egli in gioventù potè così vivere nel lusso e nello sfarzo.
    Suo padre morì presto e, ancora giovane, Possidio divenne proprietario di tutte le terre del padre, che comprendevano vasti campi e numerosi allevamenti. Possidio divenne noto per il modo in cui sfruttava la manodopera locale senza alcun giudizio: difatti non era raro che assumesse per 12 soldi braccianti per raccogliere il grano, o che per molto meno facesse macellare le sue mucche; eppure, questi atti di schiavismo non erano criticati apertamente dalla popolazione, poiché Possidio era ricco e potente e faceva paura.

    L’incontro con l’Aristotelismo


    Un giorno, tra i braccianti assoldati da Possidio, vi era un vecchio che era stato destinato al lavoro negli orti. Possidio nel vederlo rimase sorpreso, poiché era vecchio e debole, ma rimase ancora più sorpreso quando lo vide lavorare senza alcuna lamentela, mentre tutti gli altri braccianti erano soliti lamentarsi per la durezza dei lavori svolti e per la misera paga. Quando la giornata di lavoro fu conclusa, Possidio volle andare personalmente dal vecchio per pagarlo con i 12 soldi stabiliti, ma il vecchio li rifiutò.
    “Come, vecchio? Ti sei spaccato la schiena nel mio orto per tutto il giorno, e rifiuti i miei soldi? Vuoi forse dire che son troppo pochi?” gli domandò Possidio.
    “Ho lavorato con piacere nel tuo campo, giovanotto, perché il lavoro manuale aiuta ad elevare lo spirito” rispose il vecchio.
    “Almeno accetta i 12 soldi per il lavoro, o si dirà in giro che non pago i miei braccianti!” ordinò Possidio.
    “In verità, li paghi poco, giovanotto, ma nessuno osa dirtelo per paura” ribattè ancora il vecchio.
    Allora Possidio lo afferrò per le vesti e lo guardò con aria minacciosa, ma il vecchio riprese: “Non accetterei comunque i tuoi soldi, neppure se fossero il giusto prezzo per il mio lavoro. Non è ai beni terreni che noi uomini dobbiamo guardare, ma ai beni della nostra anima e alle virtù. Essere ricchi e compiere soprusi sui deboli non ci aiuterà a giungere alla vera felicità e alla salvezza. Rifletti su questo, giovanotto”
    Furibondo, Possidio ordinò che il vecchio fosse incarcerato e si ritirò nelle sue stanze. Nella solitudine della notte, però, le parole del vecchio cominciarono a farsi largo nella sua mente e nel suo cuore, ed egli cominciò a riflettere. In effetti, nonostante fosse ricco e potente, non si sentiva affatto felice, sentiva che qualcosa mancava alla sua anima, e lentamente cominciò ad accettare questa condizione a lungo nascosta persino a sé stesso.
    Ordinò quindi che il vecchio fosse liberato e condotto innanzi a lui il giorno dopo, e quando lo ebbe di fronte gli domandò: “Conosci tu forse un modo per trovare la salvezza di cui hai tanto parlato senza ricorrere ai beni terreni?”
    Allora il vecchio annuì ed espose a Possidio le virtù aristoteliche, e parlò a lungo dell’unico vero Dio che è Amore incommensurabile e dell’Amicizia aristotelica, gli raccontò delle vite dei due Profeti e degli apostoli che dopo Christos avevano dato la vita per diffondere il suo messaggio di fede, e accennò alle agiografie di tutti quei seguaci che, pur perseguitati dai Romani, continuavano a diffondere la parola dell’Altissimo.
    Possidio fu colpito da quelle parole e nel suo cuore nacque il desiderio di approfondirle, cosicchè nominò il vecchio suo maestro e da allora trascorse intere giornate chiuso nelle sue stanze con lui, ascoltando la parola dei due Profeti e la via delle Virtù.


    L’ordinazione e i viaggi


    All’epoca, la fede aristotelica non era più perseguitata dai Romani, e dunque i suoi chierici potevano predicare e svolgere le loro funzioni alla luce del Sole, senza alcun timore. Possidio trascorse un intero anno facendosi istruire dal vecchio, finchè non decise che per lui era giunto il momento di intraprendere quella via di cui tanto aveva appreso e che sentiva di desiderare con tutto il cuore.
    Si affacciò dal balcone del suo palazzo e, fatti riunire sotto di esso tutti i braccianti che avevano lavorato nei suoi campi, annunciò: “Fratelli, ho deciso finalmente di intraprendere la via della Chiesa. Negli anni passati mi sono comportato male con voi, vi ho tartassati e non vi ho pagati quanto meritavate per il vostro lavoro; ma adesso, poiché nella via che seguirò le ricchezze materiali non contano, lascio tutto questo a voi. Prendete i miei campi, i miei allevamenti, le mie terre, divideteli fra voi, e prosperate!”
    Fatto ciò, Possidio era pronto per partire. Lui e il vecchio si recarono a Valencia, che era la capitale di quella provincia e il luogo dove il giovane avrebbe compiuto i suoi studi. Lì Possidio cambiò il suo nome in Possidonio e ricevette il sacramento dell’ordinazione, pronunciando i quattro voti di castità, carità, umiltà e mansuetudine, rinunciando per sempre ai piaceri della carne, ai vizi e alla violenza. Studiò per due lunghi anni le basi filosofiche e teologiche del pensiero aristotelico, apprendendo i segreti del Libro delle Virtù e studiando la logica, la morale, l’ontologia, la metafisica, la teologia.
    Per apprendere le virtù e le idee trascendentali, dovette invece studiare il greco antico; ma poiché non tutti i libri erano reperibili in Valencia, dovette viaggiare a lungo in quasi ogni parte dell’Impero, tanto a Oriente che in Occidente. Durante i suoi numerosi viaggi, sempre fatti assieme all’inseparabile vecchio maestro, Possidonio diede prova di grande carità e solidarietà verso i più poveri: in particolare, donava 5 soldi alla fine di ogni messa, e non vi fu chiesa nell’Impero nella quale non fece tale donazione.

    Possidonio a Mirandola


    Sulla strada per Roma, dove Possidonio avrebbe ricevuto la nomina a vescovo direttamente dal Sant Padre, i due vennero assaliti da un gruppo di briganti, i quali li spogliarono dei loro miseri beni e li lasciarono nella polvere, senza neppure degnarsi di aiutarli a rimettersi in piedi.
    Possidonio, che dei due era il meno dolorante, si caricò sulle spalle il vecchio maestro e proseguì a piedi per tutta la giornata, ignorando la stanchezza, finchè non giunse in un piccolo borgo con un rigoglioso frutteto. I guardiani della città raccolsero i due viaggiatori ormai stremati e li condussero in una locanda a riposare, avvertendo il governatore locale del loro arrivo. Questi si recò dai due chierici non appena essi si furono ripresi, e fu molto sorpreso quando seppe che non avevano voluto sporgere alcuna denuncia ai viceprefetti circa l’identità dei briganti che li avevano assaliti; ma ogni suo dubbio svanì quando seppe che erano davvero due ecclesiastici, noti per la loro carità e umiltà.
    “Vedete, Mirandola manca di una guida spirituale da molto tempo” disse il sindaco “Sarei onorato se, per qualche tempo, fino al ritorno del parroco partito per un viaggio a nord, voi rimaneste qui a ricoprire la sua carica. I fedeli si sentono abbandonati dalla Chiesa e temiamo che pericolose eresie possano diffondere fra la popolazione”
    Senza indugi Possidonio accettò, scartando per qualche tempo l’idea di recarsi a Roma. Nella cittadina di Mirandola rimase tre mesi, svolgendo al meglio il suo compito, finchè il vecchio parroco non tornò; seppe farsi amare dalla popolazione, si fece notare per i suoi accesi sermoni, rivolti sempre al popolo basso che ormai era arrivato ad amare, e soprattutto amministrò il culto aristotelico e i sacramenti con molta serietà, ricevendo il plauso dello stesso arcivescovo di quella regione.
    Durante quella sosta, però, vi fu un triste evento che oscurò la felicità di Possidonio, ossia la morte del suo vecchio maestro, ormai giunto alla fine dei suoi giorni dopo una lunga vita trascorsa a predicare per il mondo la dottrina di Aristotele e Christos. Possidonio vegliò sul suo corpo per tre notti, piangendo la morte del caro amico a cui doveva tutto, poi celebrò una messa semplice e toccante in suo onore, e quando il parroco rientrò in città ripartì subito, il cuore contrito, verso Roma.


    L’elezione a vescovo


    A Roma, Possidonio giunse preceduto dalla sua fama di uomo misericordioso e caritatevole, che aveva retto la parrocchia di Mirandola, che aveva diffuso il verbo aristotelico fra i poveri e aveva fatto consistenti donazioni a favore dei poveri. Venne così ricevuto dal Santo Padre, e il giorno stesso ricevette la nomina a vescovo della città di Valencia, nella terra di Spagna da cui era venuto.
    Durante la sua breve permanenza a Roma, il vescovo Possidonio venne invitato a presenziare un processo contro alcuni briganti pagani noti per i loro crimini contro gli Aristotelici, accusati fra l’altro di aver bestemmiato l’Altissimo e di aver depredato una Chiesa, tutte colpe legalmente punibili. Quando Possidonio vide i colpevoli, riconobbe in essi i briganti che avevano aggredito lui e il suo maestro sulla via per Roma, e disse subito: “Fermi, non puniteli! È più facile infatti insegnare la via della virtù e dell’Amicizia attraverso il perdono, che con la punizione. Fratelli, pentitevi dei vostri peccati e abbracciate la fede nell’Altissimo, che a differenza dei vostri miseri dei pagani vi perdonerà e vi purificherà”
    Al che, i predoni si pentirono e umilmente richiesero il battesimo, che venne celebrato da Possidonio in quello stesso luogo. Di questi briganti, tre divennero poi a loro volta ecclesiastici e santi, a dimostrazione di quanto penetrante fosse il messaggio di Aristotele e di Christos per mezzo delle parole di Possidonio, servo dell’Altissimo.


    L’invasione dei Vandali e l’esilio



    Per molti anni dopo il suo rientro in Spagna, Possidonio amministrò la diocesi di Valencia con impegno e dedizione; avrebbe potuto ricevere molte alte cariche, essere fatto arcivescovo o cardinale, o persino Papa, ma ogni volta che gli veniva proposta una cosa del genere lui rifiutava, per timore di allontanarsi troppo dai poveri fedeli di Valencia che amava come figli e ai quali era diretto tutto il suo amore.
    Nell’anno 412 dopo la venuta di Christos, però, quella regione della Spagna venne invasa da una popolazione barbara, i Visigoti, i quali misero a ferro e fuoco molte città popolose e ricche. Il re dei Visigoti era un fervente sostenitore della religione pagana predicata soprattutto fra i barbari del Nord, e non vedeva di buon occhio l’Aristotelismo professato dai vescovi di quella regione, così ordinò ad essi di convertirsi immediatamente alla sua religione. Tutti accettarono, tutti tranne Possidonio, che, ormai vecchio ma non ancora indebolito né nel corpo né nello spirito, venne condotto dinanzi al re dei barbari.
    “Tu osi sfidarmi continuando a seguire la tua dottrina, pazzo di un vescovo!” lo rimproverò il re “Forse che la tua vita non conti nulla per te?”
    “In verità, se io rinunciassi alla mia fede salverei il mio corpo, ma non la mia anima” rispose Possidonio “La vera forza non sta nelle armi con cui mi minacci, ma nella volontà con cui rimango fedele alla mia dottrina anche sotto minaccia”
    Il sovrano barbaro rimase colpito dal disprezzo per la morte di Possidonio e ordinò che venisse immediatamente esiliato; se mai fosse tornato nel regno che i Vandali si erano appena conquistati, sarebbe stato giustiziato.


    La fonte d’acqua


    Possidonio si mise dunque in viaggio, da solo, verso il confine, dopo aver giurato al re dei barbari che non sarebbe più tornato. Avvolto in vesti lacere e consunte, con un misero bastone da passeggio e poche provviste, giunse a un piccolo villaggio. Qui, nonostante la popolazione sembrava versare in uno stato di miseria, fu accolto festosamente e venne invitato a trattenersi lì qualche giorno, invito che non declinò.
    Purtroppo, sul villaggio si era abbattuta una terribile disgrazia: da quasi due anni non vi era più acqua che sgorgasse dal terreno, il fiumiciattolo del villaggio si era prosciugato inspiegabilmente e le piogge erano scarse. Eppure, Possidonio vedeva che gli abitanti del luogo gli offrivano sempre la loro acqua, rinunciando a berla per dare prova di ospitalità con lo straniero. Commosso da quel gesto, Possidonio decise di ricompensare gli abitanti del villaggio, che avevano dato prova di grande carità e di virtù.
    Si fece condurre al centro del villaggio e qui sollevò il bastone e invocò l’Altissimo: “O Signore, che Ti Sei manifestato in mezzo a noi grazie all'intercessione dei Tuoi due Profeti, fa scendere la Tua solenne benedizione su questa terra e dona a questa popolazione l’acqua, simbolo di vita ma anche di purificazione dal peccato”
    Allora battè il bastone sul terreno, ed ecco che subito sgorgò acqua in abbondanza dal terreno stesso. I cittadini del piccolo villaggio cominciarono a festeggiare e a inneggiare al loro salvatore, ma purtroppo tale schiamazzo attirò anche le guardie vandale che erano di stanza lì, e quando esse riconobbero in Possidonio il responsabile di tale disordine lo arrestarono, per ricondurlo a Cartagine, dal loro re.
    In tale occasione, un giovane armato di un bastone si parò di fronte al vecchio e fece per difenderlo, ma lo stesso Possidonio gli intimò di fermarsi: “Non gettare la tua vita così, giovanotto! Si vede che il mio tempo volge al termine, il tuo è appena cominciato. Non versate sangue innocente per me, ora che sono felice di aver compiuto la mia missione fino in fondo”
    Così, venne arrestato.


    Il martirio


    Quando il re dei Visigoti si vide nuovamente di fronte il vecchio vescovo che aveva scacciato, fu pieno di rabbia e ordinò immediatamente che fosse condotto in pubblico per essere giustiziato, non volendo sentire alcuna ragione. Possidonio si lasciò guidare dai suoi carnefici senza opporsi, poiché non aveva affatto paura della morte.
    Venne condotto nella piazza centrale di Valencia e lì, dinanzi a una grande folla, decapitato. Le tue ultime parole furono rivolte all’Altissimo: “Signore, accogli la mia anima al Tuo fianco, non dimenticarti di me quando chiamerai a Te i giusti e i virtuosi, permettimi di contemplare la Tua luce e la sapienza dei Tuoi due Profeti”
    Così morì, nell’anno del Signore 412. La folla, essendo composta in buona parte da Aristotelici che nascondevano la loro fede solo per timore di essere perseguitati dai Visigoti, assalirono i carnefici quando essi minacciarono di buttare in una fossa comune il corpo del vescovo, riuscendo a portare via la testa del martire, che venne nascosta per qualche tempo in casa di un ricco mercante della città, un tempo amico di Possidonio; quanto al corpo,uno degli stessi consiglieri di corte del re, mosso a pietà e colpito dall’insofferenza dell’uomo di fronte alla morte, fece in modo che i suoi fedeli potessero trovarlo e dargli degna sepoltura.
    Molti anni dopo, il corpo e il teschio furono ricomposti assieme al bastone che Possidonio aveva usato per operare il suo miracolo. Quando anche gli Arabi invasero quella zona dell’Africa e minacciarono di distruggere le spoglie mortali del santo, un pio fedele fece in modo che le reliquie fossero condotte sane e salve a Mirandola, dove venne eretta una chiesa in suo onore.


    Simbologia e reliquie


    Nell’iconografia religiosa, San Possidonio è raffigurato come un uomo vestito di un abito lungo e lacero, simbolo della sua umiltà e sobrietà anche quando ricoprì la carica di vescovo. Il suo simbolo più importante è il bastone, col quale compì il miracolo della fonte.
    Le reliquie attribuite al santo sono varie. A Mirandola si trovano, oltre alle spoglie mortali del santo e al bastone con cui compì il suo miracolo, il sobrio calice con cui egli celebrò le messe a Mirandola durante la sua permanenza lì; anche la casa dove il santo visse per qualche tempo è ancora in piedi ed è stata inglobata nell’attuale chiesa di San Possidonio.
    A Valencia sono conservati invece un dito del santo e un orlo del suo abito da vescovo, custodito per secoli da alcuni suoi fedeli e ora anch’esso sulla via per Mirandola.



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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 2:01 am    Sujet du message: Répondre en citant

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    Agiografia dei santi Quirico e Giulitta (? – 304 PCN)


    La Fuga dalla Turchia
    Giulitta, madre di Quirico rimase vedova quando il bambino era ancora piccolo. Essendo di famiglia Nobile e di conseguenza ricca poté permettersi di mantenere il bambino senza troppi problemi, salvo le male lingue che intorno lei imperversavano. Essi vivevano in Turchia nella città di Iaconio durante il periodo in cui Diocleziano perseguiva gli aristotelici.
    Essendosi ella convertita alla Chiesa Aristotelica ed avendo dato il battesimo Aristotelico al figlio temeva per la loro vita. Così decise di donare tutte le sue ricchezze alla città e di fuggire insieme a due ancelle ed al figlio di soli tre anni che ancora non parlava.

    Il Lungo Pellegrinaggio

    Partita alla volta di Massa ove sapeva che un suo amico si era trasferito e viveva facendo il commerciante, senza un ducato e senza cibo inizio un lungo cammino che la portò a scontrasi con molte avventure.
    Dopo pochi giorni di viaggio si imbatté in alcuni briganti sulle sponde di un lago i quali vedendola bella, giovane e senza protezione pensarono di derubarla e violentare lei e le sue ancelle.
    Giulitta vistasi accerchiata e senza via di scampo si mise in ginocchio e pregò l’Altissimo che proteggesse se non lei almeno il bambino.
    Quando i briganti si avvicinarono per violentarla la pozza d’acqua iniziò a ribollire ed un fiotto altissimo cerco di raggiungere il cielo dal centro di essa i briganti spaventati fecero per ritirarsi ma il bambino che ancora non parlava li indicò e disse:
    Citation:
    “Sarete giudicati uno a uno quando morirete, ma non sarà sempre così. Infatti, ho concesso alla creatura a cui non ho dato un nome la possibilità di dimostrare la verità delle sue parole, secondo cui il più forte deve dominare il debole. Se ancora una volta un così gran numero di voi si allontana da me, ciò che hai visto nello specchio d’acqua si compirà. Se vi dimenticate di nuovo dell’amore che Io provo per voi e se non mi amaste più, ciò si avvererà. Se la Mia Parola, rivelata da Aristotele e Christos, non sarà più ascoltata, distruggerò il mondo e la vita, poiché non sarà più l’amore a governarli. Allora, fai in modo di non lasciare che la Mia Parola si perda nell’abisso dell’oblio”.


    I briganti colti nel vivo da queste parole caddero in ginocchio e chiesero di essere battezzati, Giulitta non poteva ma disse loro che lungo la strada avrebbero certamente un Abbazia ove avrebbero potuto espiare i propri peccati ed essere quindi battezzati nella Fede.
    I briganti diedero loro cibo ed si unirono alla donna offrendole protezione.
    Dopo quattro giorni di cammino incontrarono un monaco che viveva in un abbazia il quale messo al corrente dei fatti prese con se i briganti ormai redenti per inserirli nel suo ordine monacale e renderli servi di Christos ed Aristotele. I briganti chiesero di poter far trascrivere il miracolo a cui avevano assistito alla donna e lei disse: “ non serve che lo scriviate, tenetelo a mente sia di monito ed insegnamento nella vostra nuova vita.”
    Giunta in Italia si trovo ad affrontare problemi nuovamente nella repubblica della Serenissima ove la gente pur di non morire di fame si vedeva costrette a vendere sotto costo ogni genere di bene e sopraffatta dall’opulenza si stava lasciando andare ad una vita di ozio.
    Così decise di fermarsi li alcuni giorni nella capitale per capire se era solo un momento di debolezza della gente o se invece stavo perdendo la Fede nel Signore. Dopo alcuni giorni le fu chiaro che ormai l’ozio aveva preso posto nel cuore della gente e non sapendo cosa fare si mise in piazza per predicare la Fede in Aristotele ma nessuno sembrava ascoltarla.
    Dopo ore di predicazione quando ormai era stanca e spossata dal cielo una luce invase la piazza e le ancelle cominciarono a brillare di una luce splendente. Una donna di nome Raffaella che non voleva credere nemmeno davanti a tanta manifestazione divina grido: “ SONO STREGHE!!! CONDANNIAMOLE A MORTE!!!” e dalla bocca delle ancelle uscirono queste parole:
    Citation:
    “Trattieni le lacrime, Raffaella, questo momento è per la gioia, credevi male ma almeno restavi fedele alle tue idee. Ora che hai visto, la tua convinzione ti salverà e mostrerà a molti altri il cammino che ho tracciato per loro.”

    “Padre, perché non ti sei mai mostrato, perché non mi hai mai detto che c’eri?”
    “Te l’ho detto, figlia mia, ma le tue orecchie non volevano ascoltare, mi sono mostrato a te ma i tuoi occhi non volevano vedere, ti ho preso per mano ma non me l’hai stretta; allora mi sono rivelato al tuo cuore e tu hai creduto.
    Ti ho lasciato scegliere poiché eri libera, non volevi accogliermi, non mi sono imposto.
    Mi hai cercato e mi sono rivelato.
    Molte domande si agitano ancora in te ma sii paziente, risponderò nel profondo del tuo cuore quando verrà il momento.
    Vai, poiché ora sai che sono con te fino alla fine dei tempi.
    Se cadi, ti rialzerò.”


    Al che la donna cadde in ginocchio e prego la Giulitta di perdonarla e di renderle la Fede .

    Giunse in fine a Massa e dopo essersi rifoccilata in una taverna chiese in formazioni e raggiunse il suo caro amico a casa nel centro della città.
    Come però questo aprì la porta soldati inviati da Diocleziano a Massa l’accolsero e la portarono presso il tribunale presieduto da Alessandro per farla condannare o per fare in modo che rinunciasse alla sue fede.

    Il Martirio

    Alessandro tenne un processo sommario e dopo aver diciso di condannarla disse alla donna che se voleva salvarsi doveva accettare di sacrificare il figlio. Giulitta ovviamente rifiutò ed allora il giudice decise di provare a convincerla rinnegare la sua fede tramite tre giorni e re notti di frustate.
    Alessandro assisteva al martirio con il bambino Quirico in braccio sulle sue gambe.
    Così da convincere la madre a cedere ma più lui la faceva frustare più il lei si rinsaldava nella sua Fede aristotelica al terzo giorno mentre Alessandro le diceva: “ pentiti e rinuncia alla tua fede fallo per il bambino”.
    Quirico che ancora non sapeva parlare disse : “ Sono Aristotelico anch’io!” Il Giudice spaventato dalle parole del bambino lo scaglio sul sagrato ed il bambino sbatte violentemente la testa e morì. Alessandro disse: “ se tu avessi rinunciato alla tua fede questo non sarebbe accaduto!”
    Ma Giulitta non si scompose si raccolse in preghiera e ringraziò l’Altissimo poiché il figlio l’aveva preceduta nel Paradiso Solare.
    Il Governatore pieno di ira allora fece decapitare la madre dal boia.
    Le due ancelle che assistettero alla scena di nascosto la notte trafugarono i corpi e li nascosero nei dintorni della città di Massa. Alla morte di Alessandro li mostrarono e cantarono le lodi della donna che ben presto divenne una vera e proprio Santa protettrice della città di Massa e dai soprusi.

    Reliquie: Frusta del martirio e corpi dei Santi conservati a Massa.




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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 2:03 am    Sujet du message: Répondre en citant

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    Agiografia di San Ripolin


    Molto tempo fa, a Toledo, in Spagna, un uomo di nome Arimanne si definiva un profeta. Egli affermava che le sette incarnazioni del peccato, erano governate da un Re degli Inferi chiamato Diavolo. Se Asmodeus sovrintendeva all'ingordigia, Azazel all'avidità, Belial alla superbia, all'accidia Lucifero, Belzebù all' avarizia, Leviathan e Satana alla rabbia e all'invidia, questo Diavolo raggruppava in sé tutti questi vizi, fino al punto di essere il Signore del Peccato.

    Questo falso profeta diceva a chi era così folle da ascoltarlo che, giunto il Giudizio Universale, l'Apocalisse e quindi la fine del mondo, i peccatori sarebbero andati all'Inferno, ad ingrossare le fila delle forze demoniache. Egli aggiungeva che Dio e la sua nemesi si stavano preparando a un conflitto che avrebbe deciso il futuro di tutta la creazione.

    In questo conflitto, che sarebbe durato mille anni, quindi si sarebbero opposti i due eserciti supremi. L'esercito demoniaco, composta di peccatori e Demoni, sarebbe stato condotto dalle sette incarnazioni del peccato, agli ordini del Diavolo, loro Re. La Legione Celeste avrebbe visto i giusti e gli Angeli guidati dal arcangeli Gabriele, Michele e Giorgio, agli ordini di Dio.

    Ma l'Altissimo, nella sua grande magnificenza, aveva condottto in quel paese il futuro santo Ripolino, la cui virtù brillava sui suoi contemporanei. Il predicatore prese il bastone da pellegrino, si mise i sandali, ed entrò nella città di Toledo per estirpare l'eresia. Nella piazza centrale della città, vide Arimanne predicare alla folla la sua crudele eterodossia. Allora il santo Ripolino si fece strada verso l'eretico e parlò come segue:

    "Bugiardo! La tua predicazione è falsa, sei impuro nella tua parola, contamini le anime di coloro che sono qui ad ascoltare. Le Scare Scritture non fanno mai cenno a questo tuo Dio malvagio, quello che chiami il Diavolo. Perché devi affermare tali assurdità! Piuttosto, impara la Parola di Dio invece di inventare in sua vece!"

    "I peccatori andranno all'Inferno, quando Dio giudicherà, non per combattere contro il loro Creatore, ma per subire la loro giusta punizione. La tua lingua è biforcuta e e la tua predica empia! Segui l'esempio degli Arcangeli: Goorgio, Michele e Gabriele, e prega Dio di perdonare te del tuo peccato. Perché altrimenti sarao ben compromesso quando Dio ti giudicherà; capirai come i peccatori non combattono, ma soffrono per l'eternità. "

    "Dio, l'Altissimo, è tutto e tutto è in lui. E 'l'inizio e la fine del mondo. Egli è solo Amore per le sue creature, e Lui le ama. Percé mai avrebbe dovuto combattere per affermare la sua Onnipotenza quando Lui ha solo da dire "Non sia più", affinchè il mondo cessi di esistere? Non ha concepito il Paradiso, gli Inferi e il Purgatorio per far combattere l'uno contro l'altro coloro che saranno giudicati. "

    "Così, l'Apocalisse, ci dice che tutti gli uomini e tutte le donne moriranno prima di essere giudicati. Come possono combattere se non si possono uccidere? Come può un essere umano morire se è già morto? Allora, pentitevi dei vostri errori, perché quando arriverà il Giudizio Divino, essi saranno ben pesanti sul piatto della bilancia! ".

    Allora Arimanne alzò il bastone per colpire San Ripolino. Ma mentre il cielo era azzurro e le nuvole erano rade, il fulmine colpì l'eretico che cadde stecchito. Nulla rimase, se non un mucchietto di polvere. Così tutti appellarono Ripolino come un Santo e quelli che avevano ascoltato la sua predica verso l'infedele, lodarono l'Onnipotente per il Suo amore.
    Egli inginocchiò rimase pregare per la salute delle loro anime.

    Ysupso

    Traduzione ad opera di Pascal



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MessagePosté le: Ven Juil 28, 2023 2:05 am    Sujet du message: Répondre en citant

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    Agiografia di San Tertulliano l'Apologeta
    Patrono di Concordia e Cartagine


    Fiorentio Tullio Tertio nacque a Cartagine tra il secondo e il terzo secolo.. Nato da una famiglia di Equites numida ricca e potente; i suoi genitori, entrambi alti ufficiali del Patriziato Romano, ambivano a fare di lui un burocrate imperiale affinchè si affermasse a Roma.
    All'età di ventisei anni, sappiamo con certezza che aveva già seguito la Via dello Stato, che frequentava i corsi di oratori importanti e che aveva ricoperto almeno una volta il ruolo del Pubblico Ministero nella Provincia d'Africa.
    In questo periodo egli si convertì alle religioni dei culti d'Oriente, che includevano la filosofia di Aristotele accanto ad altri profeti.

    A trentasette anni, conscio di aver già realizzato il massimo della sua carriera politica in Africa, decise di trasferirsi a Roma, ove risiedevano i più elevati funzionari di Stato.
    Appena giunto, oltre ad iniziare lo studio approfondito del Diritto Romano, continuò a frequentare circoli di religioni alternative.
    Fu in questo modo che venne a conoscenza dei Fedeli di Aritotele e Christos, la cosiddetta "Chiesa Aristotelica."

    Tra gli artefici della sua conversione alla Chiesa, pare fu decisiva una lunga notte di dialogo con Padre Montano, mistico aristotelico, ed il successivo incontro col Papa Vito I.

    Battezzatosi col semplice nome di Tertulliano e nominato diacono, il Santo rimase famoso per i suoi scritti essenziali nel delineare modi e fini di istituzioni future come la Nunziatura o l'Inquisizione.
    La sua enorme conoscenza giuridica, infatti, fu messa al servizio del Diritto Canonico, che egli trascrisse in latino, secondo la forma rigorosa dei giuristi del tempo.

    Il diacono Tertulliano, avendo gettato alle ortiche la propria carriera nella Via dello Stato, un giorno fu convocato in Tribunale per offese alla religione pagana.
    Perse la causa e dovette pagare una ammenda pecuniaria, ma divenne famoso per la sua frase rivolta al Giudice del processo, considerato un inetto:

    Citation:
    "So che ritieni assurdo ciò in cui io credo: questa è l'ennesima prova che ho ragione."


    San Tertulliano rimase famoso, infatti, per l'ardore delle sue parole e per le sue posizioni intransigenti; lasciò ai posteri una moltitudine di manuali e scritti minori, dove ad esempio dava consigli alle famiglie aristoteliche su come vivere a Roma.

    La sua opera più famosa fu L'Apologeticum, una interessante rilettura di Aristotele e dell'assedio di Aornos alla luce deila situazione di Roma a lui contemporanea.
    San Tertulliano, infatti, aveva notato come tutte le religioni minoritarie, specialmente l'Aristotelismo, venissero ai tempi perseguitate velatamente, ma con sistematicità dalla giustizia, che quasi sempre ne incriminava gli adepti.
    Egli si rendeva conto che ormai la Chiesa era diventata il capro espiatorio per ogni disgrazia che accadeva a Roma, e nei suoi libri metteva in risalto l'illogicità delle sentenze dei Tribunali.
    Egli diceva:

    Citation:
    "Dio ha schifo della corruzione romana, ed invia calamità e sventure, per ricordare a tutti gli uomini che la Fine del Mondo è vicina, ma l'Imperatore mente ai sudditi, dice loro che è la nostra presenza a infastidire gli Dei; ecco allora che l'Uomo si dimentica di Dio, imbraccia le armi e ci colpisce ai fianchi, dove siamo scoperti: questa è l'essenza del nostro silenzioso martirio."


    Un altra sua frase famosa in merito, fu:

    Citation:
    "Voi dite che venerare Dio sia peccato mortale. Allora, perchè non venite e ci sterminate tutti? Avete forse paura di cosa possa succedere dopo?"


    Per la sua difese spassionate dei fedeli aristotelici alla Corte di Roma, egli si guadagnò il titolo di Apologeta. Partecipò ad oltre cento cause, perdendole quasi tutte, ma ogni volta che perdeva pagava di tasca sua eventuali sanzioni monetarie.

    Fu ordinato presbitero all'età di cinquantadue anni, e morì una decina di anni dopo mentre aveva deciso di ritornare tra la sua gente africana, molto vicino a diventare Arcivescovo e Primate d'Africa.

    In molti lo ricordano come un uomo imponente, dalla pelle scura ed i capelli raccolti sotto un turbante.
    Inizialmente, egli adottò la toga romana, ma andando avanti con gli anni, ritornò alla toga cartaginese, che era più austera e meno elegante.
    Anche in età avanzata, rimase un uomo sano e muscoloso.
    Infatti aveva adottato il detto di Roma: "Anima Sana in Corpore Sano"; ovvero: la Virtù s'esercita col corpo.

    Il miracolo

    Un giorno Tertulliano stava facendo un viaggio di piacere verso Concordia, in quella regione che noi oggi chiamiamo Veneto.
    Giunto in loco, scoprì che era presente un nucleo aristotelico molto ligio alla Parola di Dio.
    Entrò nella casa del Vescovo, per dialogare con lui, e trovò l'anziano uomo, che tutti dicevano avesse conosciuto S. Titus, nonostante questo fosse impossibile, disteso per terra, schiacciato da una libreria.
    Il forzuto Tertulliano con le sue grosse braccia sollevò lo scaffale e tentò di rianimare il Vescovo, che sembra assolutamente incapace di riprendersi dall'imprevisto.
    Il Vescovo allora aprì gli occhi e disse solo: "Vai a Dire Messa!", dopodiché, evidentemente defunse.
    Tertulliano portò il cadavere in Chiesa, dove stranamente la folla di fedeli lo attendeva, e tutti dicevano: "Il Vescovo! Il Vescovo è qui con noi!"
    Tertulliano, che al tempo era solo una diacono, fu colto alla sprovvista, chiese allora ai fedeli cosa fare: essi gli risposero che tutti loro si aspettavano la messa del mercoledì da lui.
    Allora Tertulliano, pur conoscendo poco il messale, fu in grado di eseguire una Messa in Chiesa per la commemorazione dell'anziano defunto.
    Durante la messa, mentre i fedeli pregavano, i paramenti sacri indossati da Tertulliano, che appartenevano al Vescovo, iniziarono a brillare di luce intensissima, molto più del normale, fino ad accecare i presenti.
    E coloro che mantennero aperti gli occhi, videro l'immagine del Vescovo che baciava la mano destra di Tertulliano.
    Uno di loro esclamo: "Res Parendo!"
    La leggenda vuole che Tertulliano lasciò un appunto sull'episodio con scritto: "Missa In Gratebus"; e da allora si adotta la terminologia "In Gratebus" e "Res Parendo".

    È il Patrono di Concordia e di Cartagine.
    Viene ricordato come amico delle persone di colore.

    Si festeggia il 15 Marzo.

    Trascritto da Luciano P. Monforte O.P.



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    Agiografia di Sant'Ubertino, patrono degli eretici pentiti

    Sant Ubertino nacque nel villaggio che diventerà Rochechouart, che c'era già da qualche secolo, vale a dire all'epoca in cui la Gallia conosceva solamente molto poco il culto aristotelico ed in cui i missionari erano travolti spesso in ridicolo dale famiglie di pagani che preferivano lodare ancora i loro dei empi. Santo Ubertino fu cresciuto in una di queste famiglie. Suo padre faceva il soldato e sua madre la cuoca per il capo del villaggio, anche se tutti sapevano che ella aveva un rapporto più intimo che professionale con il suddetto capo. Il padre, egli, chiudeva gli occhi, preferendo assicurarsi la sua ascensione sociale piuttosto che far valere il suo onore. Tale era il clima nel villaggio, feste annaffiate, concubine numerose e varie e peccati di orgoglio e di lussuria diventati costume. Ubertino venne cresciuto in questo mondo di orge e peccato. In età adulta, fece come tutti i suoi compagni ed imparò tanto bene sia a maneggiare le armi sia ad apprendere il lavoro di campi. Adulto, si sposò con una donna frivola e superba che morì poco dopo l'unione il cui nome si perse, trascinato dal soffio del tempo a poco a poco. Ubertino allevava polli e tutto andava bene finché arrivò un missionario aristotelico.


    La tribù empia accolse il povero missionario con colpi, trascinandolo nel fango ed infliggendogli molti supplizi, e questo finché muorì, sotto gli occhi pieni ma tanto affamati di odio dei pagani.Questo missionario il cui nome non ci è pervenuto fu più tardi santificato con il nome di Sconosciuto. L'Altissimo, testimone del grado di perversione dei suoi figli, inflisse tutte le inimmaginabili piaghe alla tribù, ed in modo ripetuto.
    I campi non davano più germogli, gli animali morirono, il tempo era pessimo e tutte le malattie, anche alcune che erano ancora sconosciute, vennero a contaminare il villaggio e a riempire le fosse comuni.
    Una di queste malattie colpì anche il capo della tribù. Esasperati ed affamati, addirittura sul filo della carestia, i pagani chiamarono Ubertino alla sua successione, riconoscendo la sua prestanza ma anche il suo stato di bastardo del precedente capo, sebbene ciò non fosse vero, ma ciononostante accontentava Ubertino pienamente. Tuttavia, è probabile che la reale ragione dietro questa nomina sia la speranza di prendere uno dei polli di Ubertino, le uniche creature che sembravano essere state risparmiate dai flagelli divini.

    Per la sua prima notte come capo, Ubertino si circondò di alcune belle pagane. Tuttavia, la collera di Dio si abbattè su di esse e furono fulminate. Ubertino era terrificato, ma Dio gli parlò con un tono calmo.
    "Ubertino, devi rispettare e devi diffondere i Sacramenti. Ti ho scelto per questo compito perché il poco rispetto che i tuoi fratelli hanno verso di te, sei tu che l'hai ispirato loro." Hubert non osò rispondere.
    "Ubertino, la tua missione, se l'accetti, sarà di convertire tutti questi pagani che sono i tuoi sudditi. Per far ciò, ti propongo che mi presenti loro nel modo che comprendono, vale a dire sotto la forma di nutrimento. Devi sapere che sono io che ho creato questo mondo, io lo controllo. Vi ho inflitto tutti questi flagelli perché non ho tollerato che abbiate maltrattato uno dei miei figli, vostro fratello, tanto più che questo era venuto solo per insegnarvi la santa ed unica verità divina aristotelica."

    Ubertino, impaurito, si ripromise di convertirsi a questa religione che conosceva solamente molto poco. "Signore, voi, come posso assolvere questo compito?"
    "Caro Ubertino, figlio mio, scoprirai, creando un piatto culinario, che la verità aristotelica è unica e vera. Ti suggerisco un' insalata umile e diversificata, un piatto che rappresenta bene la nostra Chiesa. Dovrai porti tuttavia una domanda prima di tutto: Cremosa o Tradizionale?"
    "Padre, Ubertino aveva deciso di chiamare così quello che lo aveva appena chiamato "figlio mio", la punizione non può più niente."
    "Figlio, cred in me, sii aristotelico. Se lo sarai veramente, vedrai fino a perdita d'occhio dei cavoli"
    Su questo, Dio ne ritornò al sole, lasciando Ubertino perplesso.

    Ubertino uscì allora e quale non fu la sua sorpresa nel vedere dovunque delle centinaia di cavoli. Ne prese alcuni uni e si portò alle cucine. Aveva mescolato un'insalata che sembrava davvero più squisita, ma non sapeva se doveva prepararla con una salsa cremosa o tradizionale come gli aveva chiesto l'Altissimo. Il sole si alzava e Ubertino non aveva ancora soluzioni. Fu con un'insalata incompleta che andò dunque all'incontro con i suoi abitanti. Spiegò loro il suo sogno e tutti compresero allora i loro errori e si ripromisero, come estrema punizione, per esprimere il loro sincero pentimento, di mangiare solamente dell'insalata benedetta dall'Altissimo e preparata da Ubertino. Tuttavia, il villaggio soffrì di un vivo dissenso tra i sostenitori di un'insalata cremosa ed i sostenitori che preferivano un'insalata tradizionale. Ubertino non sapendo che fare, e per onorare la sua nuova fede per l'Altissimo, propose di offrire agli abitanti la possibilità di scegliere. Quest' idea piacque a tutti ed il villaggio intero così si nutrì di questa deliziosa insalata per i tutti i mesi che durò il loro digiuno. Ubertino, quanto a lui non cessò di affidarsi all'Altissimo, come tutti i suoi fratelli che lo seguirono in questa via. Molto rapidamente, le terre ridivennero fertili e le malattie sparirono. I'Altissimo benediceva il villaggio di Rochechouart.


    Più tardi, dopo la visita di parecchi missionari che furono ben accolti al villaggio, Ubertino decise di intraprendere un pellegrinaggio alla sede della nuova primazia delle Pertiche per chiedere al vescovo di battezzarlo, assolverlo dei suoi peccati passati e di ordinarlo prete, ciò che fu fatto poi nella più grande pietà e con molta fierezza per Ubertino.
    Prese l'abito ripromettendosi di costruire il più rapidamente possibile una chiesa nel suo villaggio. Tuttavia, purtroppo, sulla strada del ritorno, Ubertino fu aggredito dai briganti senza pietà che l'uccisero e lo lasciarono sul posto, dove il suo corpo fu divorato dagli avvoltoi. Come reliquia, restavano solamente i vestiti che aveva al suo arrivo davanti al primate che sono stato perso all'epoca della costruzione della nuova cattedrale.


    Avendo avuto notizia della sua ultima volontà, gli abitanti di Rochechouart costruirono una chiesa che battezzarono in onore di Ubertino. Il primate creò allora la parrocchia di Rochechouart che ottenne il suo primo curato poco tempo dopo. Questi battezzò ufficialmente la maggior parte degli abitanti. Ben più tardi negli anni, la chiesa bruciò. I parrocchiani costruirono allora la chiesa di cui oggi Rochechouart si vanta. Una leggenda locale vorrebbe che un missionario abbia portato i resti del corpo di Ubertino, trovati su una strada, e l'abbia riportato affinché fosse seppellito sotto la chiesa.
    Sebbene nessuno corpo sia stato trovato sotto la chiesa di Rochechouart, numerosi scritti, per la maggior parte dei racconti o giornali, sembrano provare che un corpo sia stato portato al villaggio da un missionario e sia stato presentato come quello di Ubertino, parecchi elementi portano a credere che invece era solamente il corpo di un mendicante, scambiato per Ubertino considerando le similari circostanze della loro morte. Suddetto missionario sarebbe anch' egli stato santificato sotto il nome di Santo Sconosciuto.

    Tradotto da Kali_




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    Agiografia di San Valentino


    Si conosce poco della vita di San Valentino prima dell'anno 268, Più che altro si sapeva che era vicino all’ aristotelismo a Roma e che ha pacificamente esercitato il suo sacerdozio per molti anni.

    E 'in questo anno che, a capo dell'Impero Romano fu posto un nuovo Imperatore, col nome di Claudio II. Questo duro capo militare pagano aveva emesso una legge cattiva e crudele: con il pretesto di fornire all’esercito nuove forze usando quei giovani con la giusta età per combatterei, aveva proibito loro il matrimonio.
    L'Imperatore si era giustificato affermando che gli uomini che entravano a far parte di una vita matrimoniale e familiare non diventavano poi esattamente dei buoni soldati, dato che avevano gli interessi della famiglia, che non potevano lasciarsi alle spalle.

    Accadde che il sacerdote San Valentino violò gravemente questa condizione antidemografica. Infatti, l'editto imperiale era stato apertamente deriso da lui, riunendo attorno a se tutti i giovani che facevano domanda di matrimonio, cosicché che aveva riempito la chiesa di giovani innamorati.

    Ai giovani amanti che andarono a far visita a Valentino, questi diceva loro:

    Citation:
    Dio creò l'uomo e la donna affinchè formassero una coppia. Ma la felicità sperimentata dalle coppie innamorate è divina perché viene da Dio. Se si è consapevoli che l'amore ardente ha la sua fonte in Dio, che è come l'amore di Dio, per amor di Dio, che dicono sia maggiormente apprezzato, unendosi davanti a lui nella sua Chiesa attraverso il sacramento del matrimonio. Pertanto, il giorno del suo matrimonio, la sua entrata in Chiesa sarà un ringraziamento a Dio perché il suo amore ha la sua fonte in Dio ed egli sarà il centro della celebrazione religiosa.


    Ciò che poi avvenne: il buon prete San Valentino, probabilmente denunciato da un amante non corrisposto, doveva comparire davanti l'imperatore Claudio. Quest'ultimo gli chiese "Che cosa è questo, Valentino. Perché hai disobbedito al mio editto che vietava il matrimonio?”

    Al che Valentino rispose:

    Citation:
    "L'uomo e la donna uniti da un amore puro e felice si devono sposare, perché, nel matrimonio, che è uno dei sacramenti divini, c’è lo stesso Dio, sorgente di ogni amore, che è glorificato. Chiedendomi di non sposare colore che si amano, tu mi fai andare contro Dio, e cosa che io non posso fare. Se tu conoscessi la grazia di Dio, giammai parleresti così, ma rinunceresti agli idoli per adorare il vero Dio che è nel Sole."


    Dunque il Prefetto di Claudio disse: "Cosa hai da dire, San Valentino, sulla santità dei nostri dèi?"

    Citation:
    "Non ho nulla da dire se non che erano uomini miserabili e senza onore".



    Davanti a questa elevazione blasfema agli occhi del pagano Claudio, chiamò uno dei suoi ufficiali più crudeli, chiamato Asterius, e gli chiese di portarlo fuori dalle mura di decapitarlo.

    Dopo questa dichiarazione di blasfemia agli occhi d Claudio, questi chiamò Asterius, ritenuto un crudele prefetto, llamado Astérius, e gli ordinò di mettere Valentino a muro per torturarlo.

    Asterius non poteva trattenere una smorfia di disperazione. Da qualche tempo, aveva promesso alla moglie, una ficcanaso di genere piuttosto blando, di trascorrere la sera con la famiglia. Se non fosse tornato in tempo, la moglie del prefetto avrebbe potuto arrivare a immaginare un sacco di cose!

    Fu poi deciso di portare San Valentino a casa sua e affrontare il giorno dopo il suo calvario.

    Quando Valentino entrò in casa, disse:

    Citation:
    "Signore Dio, che sei la luce vera, illumina questa casa, affinché possiate essere riconosciuto come il vero Dio".



    Il prefetto disse sorpreso: "Tu mi lasci stupito quando ti sento dire che il vostro Dio è la luce. Se mia figlia, che è cieca da qualche tempo, recupererà la vista, farò tutto ciò che mi chiederai."

    Portarono la ragazza a San Valentino, il quale, mettendole la mano sugli occhi, fece questa preghiera:

    Citation:
    "Dio creatore di tutte le cose, permetti alla ragazza di contemplare ciò che è la bellezza della vostra creazione, e che le cose sono copie delle Idee".


    Davanti a queste parole, subito riacquistò la vista, e Asterius e sua moglie, correndo ai piedi del loro benefattore, lo supplicarono, dato che avevano conosciuto il vero Dio per la sua grazia, di dir loro cosa fare affinché potessero essere salvati. Il Santo raccomandò loro di abbandonare tutti gli idoli che avevano seguito, e di perdonare tutti coloro che li avevano offesi, così finalmente si potevano battezzare, garantendosi così la salvezza. Asterius fece tutto quello che gli era stato raccomandato, liberò tutti gli Aristotelici fatti prigionieri, e fu battezzato con tutta la sua famiglia, composta da quarantasei persone.

    Valentino fece amicizia con la figlia di Asterius e le diede alcune foglie che ricordavano la forma di un cuore e si firmò: dal vostro Valentino.

    Purtroppo, l'imperatore, informato di questo cambiamento, temeva una sedizione in Roma, e prese Asterius e tutti coloro che erano stati battezzati, e li condannò a morte mediante vari tipi di tortura.

    Per San Valentino, il padre e maestro di questi bambini benedetti e discepoli, dopo essere stato a lungo in un carcere ristretto, venne stato torturato con bastoni nodosi e fu infine decapitato in via Flaminia il 14 febbraio 270.

    L'imperatore Claudio venne punito da Dio per la macellazione, e morì di peste durante l'agosto seguente.

    E fu per onorare il suo sacrificio per l'amore che si decise di canonizzare San Valentino come patrono degli innamorati.

    Nell'XI secolo, si portò la testa di San Valentino all’ abbazia Jumièges, della diocesi di Rouen; Baudry, vescovo di Dolo nel 1020, mise per iscritto la storia di questa trascrizione e dei miracoli che ne seguirono.
    Lady Alessia tradusse questo testo dalla lingua spagnola.
    A cura di Luciano P. Monforte O.P.




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