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[RP] {Regio S. Eustachii} Palatium Liliorum [Am. Fiorentina]

 
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Jul.



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Localisation: Pisa, Palazzo de' Medici

MessagePosté le: Mer Mai 07, 2014 11:56 pm    Sujet du message: [RP] {Regio S. Eustachii} Palatium Liliorum [Am. Fiorentina] Répondre en citant

aℓatium iℓiorum [Sedes ℱlorentinae ℒegationis ℛomae]
aℓazzo ∂ei Ɠigℓi [Sede ∂ell'Ambasciata ℱiorentina a ℛoma]
aℓais ∂es is
[Siège ∂e la ℱlorentine Ambassade à ℛome]
aℓace oƒ iℓies [Abode oƒ ℱlorentine ℰmbassy in ℛome]


    {ℙomeriggio del 1 aggio}

Il palazzo consisteva in un ammasso di casolari medievali, messo uno sopra all'altra senza un ordine o un disegno preciso, ma era cosa normale e in effetti il tutto era in perfetta concordia con il paesaggio circostante fatto di stamberghe, case raffazzonate e mezzo costruite con antiche rovine romane, palazzi nobiliari che ancora conservavano i ricordi delle lotte del Comune di Roma e del perenne scontro per il potere nelle loro alte mure, dure e chiuse, e nelle loro torri che svettavano superbe nel cielo. Ma né questi né le chiese che ogni tanto si potevano incontrare riuscivano a dare tono a una città più morta che viva, più immobile che mobile. La sensazione era un eterno sonno, nonostante il vociare dei bottegai e l'industria degli artigiani, la città pareva esser in preda a uno strano torpore e c'era da chiedersi se l'ultima immagine che avesse visto prima di chiudere gli occhi fosse quella dei barbari che la laceravano con saccheggi e distruzioni.

Anche il palazzo che la Nunziatura aveva riservato all'ambasciata fiorentina aveva una torre, non elevatissima ma faceva comunque la sua buona figura. Chissà magari quell'edificio era appartenuto a qualcuno di importante in passato. I due servi del segretario della Deversi-Aslan Borgia aiutarono a scendere dalla carrozza sia lui che la madre ed introdussero la legazione all'interno del palazzo. La prima impressione fu quasi si soffocamento, anche se da fuori pareva di una certa dimensione l'interno era fatto di corridoi angusti. Le stanze, come ebbero poi da vedere, non si rivelarono migliori: strette e piccole. Insomma pareva strano ai fiorentino, abituati alle spaziose arcate della loro villa follonichese che qualche essere umano potesse vivere in quelle condizioni ma i due servi, nel mostrare il luogo, parevano trovarsi a loro agio anzi, parevano che trovassero la dimora assai confortevole. I due, quindi, si congedarono dicendo che li avrebbero attesi fuori dal palazzo per scortarli alla Nunziatura appena si sarebbero ritenuto pronti.

La Signora di Firenze prese subito in mano la situazione sia in quanto madre sia in quanto autorità più alta tra quelle mura: ordinò di sistemare stendardi e stemmi attorno al palazzo in modo da mostrare pubblicamente che quella era la sede dell'ambasciata fiorentina, comandò quindi che i doni destinati alle varie Eminenze ed Eccellenze fossero delicatamente trasportati al di dentro, in un luogo sicuro da eventuali (e forse neanche tanto) malandrini, imperò che i cavalieri si sistemassero nella stanze riservate alla servitù, mentre invece le loro montature avrebbero soggiornato nelle stalle retrostanti al palazzo ed infine chiamò a se i servi perché coadiuvassero lei e il figlio Giuliano nel prepararsi al grande incontro. Ludovico invece sarebbe rimasto nel palazzo a sistemare le ultime cose.

Dovevano essere nella loro forma migliore, era infatti importante che dessero anche fisicamente un ottima impressione, in fondo rappresentavano sia nel corpo che nelle parole la Gloriosa Repubblica di Firenze. Una volta pronti e sistemati si diressero all'entrata del palazzo dove i due servi del Cancelliere li attendevano con incredibile solerzia.

"Andiamo" disse quindi la Signora di Firenze salendo insieme al figlio più giovane sulla carrozza.

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Jul.



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Localisation: Pisa, Palazzo de' Medici

MessagePosté le: Jeu Mai 08, 2014 1:17 am    Sujet du message: Répondre en citant

    {omeriggio del 7 aggio}

Era ormai da quasi una settimana che si trovava a Roma, nel centro del mondo e della Aristotelicità. Giuliano, in quel lasso di tempo, aveva potuto assaporare giorni che sembravo durare secoli: in quanto ambasciatore, infatti, sebbene decenne, era costretto a responsabilità che un bimbo non è solito sopportare: le lunghe seduto di discussione, i discorsi impregnati di argomenti difficili e complicati di cui lui aveva potuto godere solo di un infarinatura prima della partenza da Piombino, il cerimoniale da rispettare sempre e d'ovunque (tranne che nell'intimità delle stanze della madre e del fratello Ludovico). I momenti di svago erano pochi ed, inoltre, gli era stato proibito di lasciare il Palazzo (che i romani, con quella loro usuale confidenza verso tutto e tutti, per via degli stendardi appesi, avevano cominciato a chiamare "Palazzo dei Gigli") a meno di importanti occasioni ufficiali.

Fu così che per ordine della madre passò la mattina a prepararsi per una cerimonia che avrebbe visto il giuramento di alcuni nuovi membri della Marina Pontificia. L'evento aveva una certa importanza (sottolineata dal luogo prescelto: la Cappella Milites Dei della Basilica di san Tito) e di certo Firenze non poteva non essere rappresentata. Giuliano, nel frattempo che i servitori lo vestivano e lo preparano, si ripeteva nevralgico le formule di cortesia, i gesti, i movimenti da fare nel caso si trovasse davanti a un vescovo o a un cardinale oppure a nobile romano o a un alto ufficiale dell'esercito papale. Il cuore, per l'ansia, gli era salito in gola: infatti si sarebbe trovato a rappresentare la sua Patria davanti a un numero non ben definito, ma comunque assai ampio, di persone, tutte importantissime e illustrissime. Un po' di aria gli si fermò vicino al pomo di Oane. Per lo meno nelle sedute per discutere il concordato il numero di presenti era piccolo e limitato ma ora sarebbe stato totalmente diverso, era, infatti, la prima volta che doveva mostrarsi "degno" davanti a così tanti occhi e non poteva smettere di implorare i santi che gli dessero la forza e la fortuna di esserlo.

Ovviamente nessuno poteva carpire cosa turbinava nell'animo del piccolo, il padre gli aveva insegnato a nascondere qualunque moto dell'animo: i sentimentalismi erano roba per villici, non per nobili! Né lui avrebbe mai osato confessare la cosa alla madre o al fratello: temeva di deluderli e questo era l'ultima cosa che voleva far loro. Gli voleva troppo bene per arrecargli dolore, di qualunque genere esso fosse.

In quella valanga di pensieri, il suo cervello si inceppò all'improvviso e per qualche attimo fu il buio. Trascorrere del tempo con Ludovico era la cosa che lo aveva spinto maggiormente a partire ma si era però ben presto reso conto che tra impegni diplomatici e altri eventi, avevano passato pochissimo tempo insieme. Ed Enrica? Mancava solo lei e il padre per riunire tutta la famiglia. Sospirò ma si riprese subito. Lui aveva un dovere, non poteva disattenderlo, se i genitori lo avevano voluto in quel posto era sicuro che ci fosse un motivo più che buono, era lui che dalla sua piccolezza non poteva carpirlo come l'uomo non può carpire il disegno della Provvidenza. Ne era sicurissimo.

Una volta pronto, fu quindi accompagnato alla carrozza, scortata per l'occasione da 4 cavalieri su destriero e ovviamente drappeggiata con i gigli di Firenze. Non ci sarebbe voluto molto per giungere presso la Basilica di San Tito.

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